La nullità del contratto è rilevabile d’ufficio anche in grado di appello

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 febbraio 2023| n. 4174.

La nullità del contratto è rilevabile d’ufficio anche in grado di appello

Nelle controversie promosse per far valere diritti che presuppongono la validità di un determinato contratto, la nullità del contratto stesso è rilevabile d’ufficio, anche in grado di appello, rientrando nel potere-dovere del giudice la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione, indipendentemente dall’attività assertiva delle parti, e senza incorrere in vizio di ultrapetizione se il contratto configura un elemento costitutivo della domanda (dovendo il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità coordinarsi con quello della domanda). In una tale prospettiva, la questione relativa alla nullità del contratto può integrare una mera allegazione difensiva volta a sollecitare il potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità, con la conseguenza che, in mancanza di una esplicita richiesta di declaratoria di nullità del contratto, non si rendono applicabili le regole delle preclusioni o limitazioni per la proposizione di domande nuove o di eccezioni in senso stretto

Ordinanza|10 febbraio 2023| n. 4174. La nullità del contratto è rilevabile d’ufficio anche in grado di appello

Data udienza 12 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Mandato – Oggetto – Indeterminatezza – Contratto – Clausole vessatorie – Interpretazione – Art. 1341 comma 2 cc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 629-2022 proposto da:
(OMISSIS), ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1165/2021 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 26/10/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/10/2022 dal Consigliere Relatore Dott. Stefano Giaime GUIZZI.

 

La nullità del contratto è rilevabile d’ufficio anche in grado di appello

Ritenuto in fatto

– che (OMISSIS) ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1165/21, del 26 ottobre 2021, della Corte di Appello di Lecce, che – accogliendo il gravame esperito da (OMISSIS) avverso la sentenza n. 160/18, del 5 febbraio 2018, del Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di (OMISSIS) – lo ha condannato a pagare al (OMISSIS) la somma di Euro 42.000,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.;
– che, in punto di fatto, l’odierno ricorrente riferisce di essere stato convenuto in giudizio da (OMISSIS), perche’ fosse condannato al pagamento della somma di Euro 42.000,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, sostenendo l’attore di aver conferito mandato, ad esso (OMISSIS), a provvedere alla ricerca di un istituto di credito, al fine di procedere all’istruttoria di una richiesta di finanziamento in favore del mandante, nelle forme piu’ idonee alle esigenze dello stesso e per l’importo di Euro 2.000.000,00;
– che concessa, inizialmente, dall’adito Tribunale ordinanza ex articolo 186-ter c.p.c. (sul presupposto che l’incarico fosse stato espletato dal mandatario con successo), la stessa veniva poi revocata, atteso che il giudizio di primo grado si concludeva con il rilievo della indeterminatezza della pattuizione relativa al tasso di interesse e, dunque, riconoscendo al (OMISSIS) solo il minor importo – liquidato in via equitativa – di 5.000,00;
– che il gravame proposto dall’attore veniva accolto, sicche’ in riforma della sentenza impugnata veniva confermata l’ordinanza gia’ pronunciata dal primo giudice ex articolo 186-ter c.p.c.;
– che avverso la sentenza della Corte salentina ricorre per cassazione il (OMISSIS), sulla base – come detto – di due motivi;
– che il primo motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360, comma 1, nn. 3) e 5), c.p.c. – violazione degli articoli 1346, 1418 e 1708 c.c., censurando la sentenza impugnata per aver escluso che l’odierno ricorrente avesse eccepito l’indeterminatezza dell’oggetto del mandato conferito al (OMISSIS), con riferimento alla indicazione del tasso di interesse e all’utilita’ del finanziamento;
– che il ricorrente, difatti, assume di aver eccepito ed argomentato – nella propria comparsa di costituzione e risposta – la nullita’ del mandato per indeterminatezza dell’ oggetto, per non aver avuto esso (OMISSIS) alcuna “formale scienza delle condizioni del contratto proposto e non avendo potuto riscontrare alcuna convenienza del tasso passivo di interessi proposto dallo stesso”;
– che, secondo il ricorrente, deve escludersi la validita’ di una clausola con cui si incarichi il mandatario di trovare un finanziamento a “tasso di mercato” e nelle “forme piu’ idonee alle nostre esigenze”;
– che, difatti, nel contratto in esame – prosegue il ricorrente – “non viene indicato il benche’ minimo parametro che possa portare almeno alla determinazione di un “range””, che potesse concedere ad esso (OMISSIS) “la possibilita’ di ritenere adeguato alle proprie esigenze la percentuale di interesse da applicare al finanziamento”;
– che il secondo motivo denuncia ai sensi dell’articolo 360, comma 1, nn. 3) e 5), c.p.c. – violazione dell’articolo 1341 c.c.;
– che il (OMISSIS) assume di aver eccepito, nuovamente sin dal suo primo scritto difensivo, la vessatorieta’ della clausola che prevede il pagamento del compenso al mandatario anche in mancanza dell’ottenimento del finanziamento;
– che trattandosi, infatti, di clausola che “impone un certo obbligo sottraendo uno dei contraenti alla possibilita’ di recedere dal contratto o comunque decidere di non usufruire del finanziamento in caso di non convenienza”, essa necessitava di “duplice approvazione per iscritto”;
– che ha resistito all’impugnazione., con controricorso, il (OMISSIS), chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., e’ stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 12 ottobre 2022;
– che entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

La nullità del contratto è rilevabile d’ufficio anche in grado di appello

Considerato in diritto

– che il ricorso va dichiarato inammissibile;
– che non ostano, infatti, rispetto a tale esito, indicato nella proposta del consigliere relatore (che i) collegio ritiene di fare propria, sebbene con motivazione in parte differente), i rilievi svolti dal ricorrente nella memoria ex articolo 38C-bis, comma 2, c.p.c.;
– che il primo motivo e’ inammissibile, ancorche’ per ragioni diverse da quelle eccepite dal controricorrente;
– che, difatti, non coglie nel segno il rilievo relativo alla mescolanza, nel medesimo motivo, di censure eterogenee, dato che la circostanza che “un singolo motivo di ricorso sia articolato in piu’ profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per se’, ragione d’inammissibilita’ dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati”;cosi’ Cass. Sez. Un., sent. 6 maggio 2015, n. 9100, Rv. 635452-01; in senso sostanzialmente analogo, sebbene “a contrario”, si veda anche Cass. Sez. 3, ord. 17 marzo 2017, n. 7009, Rv. 643681-01);
– che, nella specie, il primo motivo di ricorso si articola in due autonome doglianze, censurando, innanzitutto, la sentenza impugnata per aver ritenuto – nello scrutinare il primo motivo del gravame allora proposto dal (OMISSIS) – che il (OMISSIS) non avesse tempestivamente sollevato l’eccezione di nullita’ del mandato per indeterminatezza del suo oggetto;
– che, invece, siffatta eccezione -. assume il ricorrente – sarebbe stata sollevata sin dal primo grado di giudizio, cio’ che il controricorrente, tuttavia, contesta. rilevando che, se il (OMISSIS) avesse “integralmente riprodotto il passaggio dal quale pretende di desumere assolto l’onere di contestazione della pattuizione asseritamente invalida, si rileverebbe agevolmente che egli in tale laconico passaggio non lamentava affatto un vizio genetico del contratto intercorso con il Dott. (OMISSIS)”;
– che, tuttavia, a prescindere dalla circostanza della tempestivita’ di tale iniziativa, deve, qui, ribadirsi che, nelle controversie promosse per far valere diritti che presuppongono la validita’ di un determinato contratto, “la nullita’ del contratto stesso e’ rilevabile d’ufficio, anche in grado di appello, rientrando nel pptere-dovere del giudice la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione, indipendentemente dall’attivita’ assertiva delle parti, e senza incorrere in vizio di ultrapetizione se il contratto configura un elemento costitutivo della domanda (dovendo il principio della rilevabilita’ d’ufficio della nullita’ coordinarsi con quello della domar da)”, sicche’, in tale prospettiva, “la questione relativa alla nullita’ del contratto puo’ integrare una mera allegazione difensiva volta a sollecitare il potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullita’, con la conseguenza che, in mancanza di un’esplicita richiesta di declaratoria di nullifico del contratto, non si rendono applicabili le regole delle preclusioni o limitazioni per la proposizione di domande nuove o di eccezioni in senso stretto” (cosi’ Cass. Sez. 2, sent. 6 agosto 2003, n. 11847, Rv. 565684-01; Cass. Sez. Lav., sent. 23 agosto 2006, n. 18374, Rv. 591657-01);
– che, tuttavia, la Corte salentina – dopo aver affermato “che il convenuto non aveva mai eccepite che la pattuizione degli interessi a tasso di mercato e delle condizioni piu’ idonee alle esigenze del mutuatario rendessero indeterminato o indeterminabile il contenuto della convenzione” – non si e’ sottratta al dovere di esaminare siffatta eccezione di nullita’, che ha pero’ rigettato;

 

La nullità del contratto è rilevabile d’ufficio anche in grado di appello

– che essa, infatti, ha affermato che dal contratto, “non emerge la indeterminatezza rilevata dal Tribunale perche’ il tasso proposto nel finanziamento (5%) non era superiore ai massimi ed e’ irrilevante che sia stato, dopo un anno, individuato un mutuo a un tasso del 4%”;
– che il ricorrente, tuttavia, non si confronta adeguatamente con siffatta (e aggiuntiva, come correttamente rileva il controricorrente) “ratio decidendi”, se non prospettando un vizio motivazionale;
– che il (OMISSIS), infatti, lamenti, con la seconda censura in cui si articola il primo motivo di ricorso (come ha inteso ribadire nella propria memoria), “della telegraficita’ e della mancanza di motivazione”, insistendo nel sottolineare di aver “eccepito la nullita’ del contratto sottoscritto per indeterminatezza dell’oggetto”, sicche’ e’ “su questo che il Giudice era chiamato a rispondere e cosi’ oggi la Suprema Corte”;
– che questa Corte, pero’, ha affermato che “l’accertamento della determinatezza dell’oggetto del negozio e’ affidata al giudice di merito, la cui valutazione sul punto e’ sindacabile in sede di legittimita’ quando la motivazione offerta sia priva di contenuto” (Cass. Sez. 1, sent. 1 marzo 2007, n. 4849, Rv. 596469-01);
– che, pertanto, una simile doglianza non puo’ che tenere conto, oggi, dei limiti che incontra il sindacato di questa Corte sulla motivazione della sentenza;
– che, sul punto, va rammentalo che ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – nel testo “novellato” dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile “ratione temporis” al presente giudizio) – il sindacato di questa Corte e’ destinato ad investire, ormai, la parte motiva della sentenza solo entro il “minimo costituzionale” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonche’, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01);
– che il difetto di motivazione e’, dunque, ipotizzabile solo nel caso in cui la parte motiva della sentenza risulti “meramente apparente”, evenienza configurabile, oltre che nell’ipotesi di “carenza grafica” della stessa, quando essa, “benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” (Cass. Sez. Un., serit. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv. 641526-01, nonche’, piu’ di recente, Cass. Sez. 6-5, ord. 23 maggio 2019, n. 13977, Rv. 654145-01), o perche’ affetta da “irriducibile contraddittorieta’” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940, Rv. 645828-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 25 settembre 2018, n. 22598, Rv. 650880-01), ovvero connotata da “affermazioni inconciliabili” (da ultimo, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16111, Rv. 64962801), mentre “resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. 2, ord. 13 agosto 2018, n. 20721, Rv. 65001801);
– che il ricorrente non ha evidenziato quali siano i profili di irriducibile contraddittorieta’ o di manifesta illogicita’ che renderebbero incomprensibile la motivazione della sentenza della Corte salentina, nella parte in cui ha escluso l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto di mandato, donde, quindi, l’inammissibilita’ della censura;
– che pure il secondo motivo di ricorso – anch’esso articolato in due diverse censure, proposte ai sensi dei nn. 3) e 5) del comma 1 dell’articolo 360 c.p.c., entrambe tese a dimostrare la vessatorieta’ della clausola che prevedeva il pagamento del compenso al mandatario anche in mancanza dell’ottenimento del finanziamento – si presenta inammissibile, per una serie di concorrenti ragioni;

 

La nullità del contratto è rilevabile d’ufficio anche in grado di appello

– che a prescindere, infatti, dal rilievo – formulato nella proposta del consigliere relatore – circa la mancata deduzione del difetto di sottoscrizione proprio di tale clausola (rilievo basato sulla constatazione che il (OMISSIS), nel ricostruire, nella parte del proprio ricorso dedicata all’illustrazione dei fatti di causa, il contenuto delle difese effettuate in primo grado, afferma di aver eccepito “la nullita’ del mandato e comunque di gran parte delle clausole apposte perche’ vessatorie”, senza migliore specificazione delle stesse, cio’ che potrebbe ingenerare dubbi circa l’effettiva sussistenza del suo interesse a proporre una simile questione; cfr. Cass. Sez. 3, ord. 8 giugno 2017, n. 14279, Rv. 644642-01), l’esito dell’inammissibilita’ del motivo in esame discende dalle seguenti considerazioni;
– che, per un verso, deve ribadirsi come il ricorrente non abbia riprodotto il testo di tale clausola, non potendo al riguardo valere il rilievo (espresso, invece, dal (OMISSIS) nella propria memoria) “che il contratto non contiene clausole numerate”, giacche’ cio’ non esimeva, di certo, il ricorrente dall’onere di riprodurre “in parte qua” – ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6) – il testo del contratto concluso con il (OMISSIS);
– che, difatti, “sono inammissibili le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito” — tale essendo, all’evidenza, il contratto corrente “inter partes” – “qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso”, in misura necessaria ad illustrare la censura formulata, “ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimita’” (Cass. Sez. Un., seni. 27 dicembre 2019, n. 34469, Rv. 656488-01);
– che, in secondo luogo, il motivo di ricorso relativo alla vessatorieta’ della clausola “de qua” deve ritenersi inammissibile per un’ulteriore ragione;
– che, difatti, “la censura di omessa valutazione di vessatorieta’ di una clausola contrattuale e’ inammissibile, per mescolanza non scindibile di vizio motivazionale e violazione di legge, in quanto implicante indissolubilmente sia l’interpretazione, spettante al giudice di merito e riguardante l’accertamento dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, che la qualificazione della clausola, comportante la valutazione in termini di squilibrio del rapporto fra diritti ed obblighi” (Cass. Sez. 3, sent. 10 febbraio 2017, n. 3554, Rv. 642860-01);
– che, infine, il ricorrente neppure chiarisce a quali delle condizioni di contratto individuate dall’articolo 1341, comma 2, c.c. – con elencazione, peraltro, tassativa, come tale non suscettibile di interpretazione analogica (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 4 giugno 2013, n. 14038, Rv. 626728- 01; nello stesso senso gia’ Cass. Sez. Un., sent. 14 giugno 1990, n. 5777, Rv. 467729-01) — debba ricondursi la clausola in esame, cio’ che rende il presente motivo pure privo di specificita’, a norma dell’articolo 366, comma 1, n. 4), c.p.c.;
– che, in conclusione, il ricorso e’ inammissibile;
– che le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
– che in ragione della declaratoria di inammissibilita’ del ricorso va dato atto – ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 6571)8-01), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, px7i a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando (OMISSIS) a rifondere, a (OMISSIS), le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidandole in Euro 5.2t,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, piu’ 15% per spese generali ed accessori di legge.

 

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