Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 345.
La nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio ma si estende a qualsiasi opera tra le quali anche una piscina
In tema di distanze legali, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio ma si estende a qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata; ne consegue che in presenza di norma del piano regolatore generale, integrativa rispetto alla disciplina dettata dal codice civile nelle materie regolate dagli artt. 873 e seguenti c.c., che stabilisce una determinata distanza minima delle costruzioni dal confine del fondo deve computarsi, per la misurazione di detta distanza, altresì la piscina, solo in parte interrata e contenuta da un terrapieno di riporto e da un muro in calcestruzzo armato, trattandosi di opera che rivela i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo e che si connota per uno spazio ben definito, strutturalmente limitato in maniera definitiva e non precaria.
Ordinanza|| n. 345. La nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio ma si estende a qualsiasi opera tra le quali anche una piscina
Data udienza 21 dicembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Proprieta’ – Limitazioni legali della proprieta’ – Rapporti di vicinato – Distanze legali (nozione) – Nelle costruzioni – In genere calcolo delle distanze legali – Nozione di costruzione – Piano regolatore generale contenente norma integrativa delle disposizioni del c.c. – Piscina solo in parte interrata – Computo ai fini della misurazione delle distanze – Sussistenza – Fondamento.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere Rel.
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27100/2021 R.G. proposto da:
Ra.Ma., elettivamente domiciliata in ROMA VIA (…), presso lo studio dell’avvocato MA.PI., che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VE.PA.
– ricorrente –
contro
Sa.Vi., rappresentata e difesa dall’avvocato ME.GI.
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GE. n. 943/2021 depositata il 20/09/2021 .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal Consigliere ANTONIO SCARPA.
La nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio ma si estende a qualsiasi opera tra le quali anche una piscina
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Ra.Ma. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 943/2021 della Corte d’appello di Ge., depositata il 20 settembre 2021.
Resiste con controricorso Sa.Vi.
2. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4 – quater, e 380 – bis.1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
3. La Corte d’appello ha dichiarato nulla per carenza di motivazione la sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Genova n. 2102/2018, che aveva condannato Ra.Ma. alla demolizione del muro di contenimento della piscina da lei realizzata nel 2017 sul fondo identificato con il mappale 1557 del foglio 15 del nuovo Catasto terreni del Comune di Genova, in violazione delle distanze dalla proprietà dell’attrice Sa.Vi. La domanda di Sa.Vi. è stata comunque accolta anche dalla Corte d’appello di Ge., ordinando a Ra.Ma. la demolizione del manufatto costituito da terrapieno di riporto e muro in cemento armato. I giudici di appello hanno ravvisato la violazione dell’art. 15 del PUC del Comune di Genova, che prescrive per le nuove costruzioni la distanza di metri 5 dal confine, disattendendo l’argomentazione difensiva della convenuta secondo cui l’art. 873 c.c. prevede la distanza tra costruzioni, mentre, nella fattispecie concreta, al confine con la proprietà Sa.Vi. vi è un terreno. La sentenza impugnata ha considerato, quindi, che la norma locale, che prevede la distanza di metri 5 della costruzione dal confine, è norma integrativa applicabile al caso in esame. Né rileva in senso, contrario, secondo la Corte d’appello, che la costruzione denunciata sia una piscina, alla stregua del punto 23 dell’articolo 11 delle norme generali del PUC, il quale sottrae alla disciplina delle distanze previste dal regolamento le “piscine a carattere pertinenziale e invasi d’acqua da intendersi quali manufatti inseriti nel terreno realizzati nel rispetto della morfologia del terreno”. Ciò perché, hanno spiegato i giudici di appello, le risultanze della c.t.u. avevano evidenziato che “la piscina oggetto di causa ha caratteristiche che non le consentono di rientrare in questa deroga. La deroga, infatti, è riferita a piscine interrate nel profilo naturale del terreno, non in terrapieni artificiali realizzati mediante la costruzione di manufatti di contenimento di una certa consistenza. Dagli accertamenti effettuati dallo stesso consulente e non oggetto di contestazione, risulta che il manufatto oggetto di causa “si costituisce di una piscina interrata a forma di “fagiolo” avente dimensioni massime in larghezza metri 3,90 e lunghezza di metri 7,00 con profondità costante di metri 1,10 La vasca è di tipo prefabbricato appoggiata su un basamento in cls realizzato in opera, contornata da un terrapieno retto da un muro di sostegno in calcestruzzo armato.” Si tratta, dunque, di una piscina “per buona parte inserita nel profilo del terreno esistente e per un’altra fuori dallo stesso, contenuta da un terrapieno di riporto e un muro in c.a.” (pag. 15 ctu). L’elaborato planimetrico allegato alla c.t.u. rende ampiamente le significative dimensioni dell’opera strutturale in cemento armato, che non può, pertanto, sfuggire alla disciplina regolamentare, non potendo essere inquadrata in nessun manufatto per cui è prevista la deroga al regime delle distanze”.
La nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio ma si estende a qualsiasi opera tra le quali anche una piscina
4. Il primo motivo del ricorso di Ra.Ma. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 11 comma 19 del Piano Urbanistico Comunale del Comune di Genova, in quanto integrativi dell’art. 873 c.c., anche con riferimento alla violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e 2697 c.c. La censura segnala che “l’art. 15 del Piano Urbanistico Comunale del Comune di Genova stabilisce che: “la distanza tra filo di fabbricazione di una costruzione fuori terra e la linea di confine della proprietà non può essere inferiore a metri 5,00, per tutti gli edifici, comprese le serre, salvo diversi accordi con i confinanti’, nel riferirsi ‘alla distanza dal confine’, non fa riferimento alla nozione di costruzione, ma a quella di edificio”. Si aggiunge che “né la piscina, né il terrapieno di contenimento hanno alcun superficie agibile, tantomeno maggiore di 20 mq, né una tale caratteristica era stata mai dedotta e/o provata, da controparte”.
Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 comma 23 del Piano Urbanistico Comunale del Comune di Genova e dell’art. 38 del Regolamento Edilizio del Comune di Genova, in quanto integrativi dell’art. 873 c.c., anche con riferimento alla violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e 2697 c.c. In forza della prima norma, “i manufatti diversi dagli edifici non sono soggetti al rispetto delle distanze stabilite dal PUC”, comprendendosi tra tali manufatti esonerati le “piscine a carattere pertinenziale, con dimensione massima di 30 mc. di invaso di acqua, e invasi d’acqua da intendersi quali manufatti inseriti nel terreno realizzati nel rispetto della morfologia del terreno evitando il più possibile le trasformazioni dell’andamento del suolo …”. Viene altresì richiamata la nozione di edificio dettata dall’art. 38 del Regolamento Edilizio del Comune di Genova
5. I due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono palesemente infondati.
La nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio ma si estende a qualsiasi opera tra le quali anche una piscina
5.1. L’art. 15 delle Norme generali del Piano Urbanistico del Comune di Genova prescrive una distanza tra filo di fabbricazione di una costruzione fuori terra e linea di confine della proprietà non inferiore a m. 5,00 per tutti gli edifici.
Si tratta, dunque, di norma dello strumento urbanistico che integra la disciplina dettata dal codice civile nelle materie regolate dagli artt. 873 e ss. c.c., stabilendo la distanza minima delle costruzioni dal confine del fondo e non tra contrapposti edifici, al fine di armonizzare l’interesse pubblico ad un ordinato assetto urbanistico del territorio con l’interesse privato relativo ai rapporti intersoggettivi di vicinato. La violazione di tali norme comporta la condanna ad arretrare la costruzione sino al rispetto della distanza prevista quale minima dal confine dal piano regolatore generale del Comune (Cass. Sez. Unite n. 20107 del 2014).
In tema di distanze legali, peraltro, esiste, ai sensi dell’art. 873 c.c., una nozione unica di costruzione, consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata. I regolamenti comunali, invero, essendo norme secondarie, non possono modificare tale nozione codicistica, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, poiché il rinvio contenuto nella seconda parte dell’art. 873 c.c. ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza maggiore (Cass. n. 23843 del 2018; n. 144 del 2016; n. 19530 del 2005).
Né, dunque, ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dagli artt. 873 e seguenti c.c., la nozione di costruzione può identificarsi con quella di edificio (Cass. n. 15972 del 2011; n. 23856 del 2018).
Da ciò l’irrilevanza dei riferimenti che fa la ricorrente alle definizioni di “costruzione”, “edificio”, “piscine a carattere pertinenziale”, contenute nelle norme edilizie locali.
6. In presenza, quindi, di norma del Piano regolatore Generale, integrativa rispetto alla disciplina dettata dal codice civile nelle materie disciplinate dall’art. 873 e segg., che stabilisce una determinata distanza minima delle costruzioni dal confine del fondo, è da computare per la misurazione di detta distanza, in quanto rientra nel concetto civilistico di costruzione, altresì la piscina, solo in parte interrata, contenuta da un terrapieno di riporto e da un muro in calcestruzzo armato (nella specie avente dimensioni in larghezza di metri 3,90, in lunghezza di metri 7,00 ed in profondità di metri 1,10), trattandosi di opera che rivela i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, e che si connota per uno spazio ben definito, strutturalmente limitato in maniera definitiva e non precaria, sia con riferimento alla sua base che alle pareti circostanti, in modo da assicurare la possibilità del contenimento dell’acqua.
La nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio ma si estende a qualsiasi opera tra le quali anche una piscina
7. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, regolandosi secondo soccombenza le spese processuali del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo in favore della controricorrente.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione dalla controricorrente, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 dicembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2024.
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