La notificazione della sentenza di primo grado non rientra fra gli atti interruttivi

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 novembre 2022| n. 33222.

La notificazione della sentenza di primo grado non rientra fra gli atti interruttivi

La notificazione della sentenza di primo grado non rientra fra gli atti interruttivi della prescrizione contemplati dai primi due commi dell’articolo 2943 del codice civile (notifica della domanda introduttiva del giudizio e domanda proposta nel corso di un giudizio già pendente) e, pertanto, può spiegare autonoma efficacia interruttiva della prescrizione solo quando presenti i connotati dell’atto di costituzione in mora, a norma del citato articolo 2943, quarto comma, del codice civile: soltanto, cioè, allorché, alla stregua della forma e del contenuto specifico dell’atto, possa dirsi che esso contenga l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare la volontà del creditore di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato.

Ordinanza|10 novembre 2022| n. 33222. La notificazione della sentenza di primo grado non rientra fra gli atti interruttivi

Data udienza 29 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Sentenze – Notificazione della sentenza di primo grado – Atti interruttivi della prescrizione contemplati dai primi due commi dell’art. 2943 c.c. – Esclusione – Autonoma efficacia interruttiva della prescrizione – Condizioni – Connotati dell’atto di costituzione in mora a norma dell’art. 2943, quarto comma, c.c.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4628/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), domiciliata ex lege in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione; rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), in virtu’ di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS), domiciliata ex lege in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione; rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), in virtu’ di procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2480/2019 della CORTE di APPELLO di CATANIA, depositata il 12 novembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29 settembre 2022 dal Consigliere Relatore Dott. Paolo SPAZIANI.

La notificazione della sentenza di primo grado non rientra fra gli atti interruttivi

FATTI DI CAUSA

Il 7 marzo 2011 (OMISSIS) notifico’ alla sorella (OMISSIS), figlia ed erede universale di (OMISSIS), un atto di precetto con cui le intimava il pagamento dell’importo di Euro 17.815,95, pari alla somma dovutale dal comune genitore, sulla base di una sentenza di condanna emessa dal Pretore del lavoro di Siracusa nel 1987.
La precettata propose opposizione all’esecuzione, che il tribunale di Siracusa in primo grado accolse, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione del credito vantato dalla precettante.
Osservo’ il primo giudice che la creditrice, dopo aver notificato per l’ultima volta a (OMISSIS) un atto di precetto in data 30 agosto 1994, aveva notificato il solo titolo esecutivo a (OMISSIS) in data 2 marzo 2002 e le aveva poi notificato il precetto solo il 7 marzo 2011.
Tra la notifica del precetto al debitore originario e quella all’erede universale era, dunque, intercorso un intervallo di circa 17 anni.
Nel corso di questo periodo la creditrice aveva provveduto a notificare all’erede universale del debitore defunto esclusivamente la sentenza spedita in forma esecutiva.
La mera notifica del titolo esecutivo – avvenuta, come detto, in data 2 marzo 2002 – non costituiva pero’ valido ed efficace atto interruttivo della prescrizione, in quanto non rientrava in alcuna delle categorie previste dall’articolo 2943 c.c..
In seguito all’impugnazione di (OMISSIS), la Corte di appello di Catania ha integralmente riformato la decisione di primo grado e, riconosciuta l’efficacia interruttiva della prescrizione alla notifica del titolo esecutivo, ha dichiarato il diritto della precettante di procedere ad esecuzione forzata sulla base della sentenza del 1987, sia pure per una somma inferiore rispetto a quella indicata nel precetto (Euro 14.494,94, anziche’ Euro 17.815,95), previa rideterminazione della stessa attraverso CTU.
Il secondo giudice ha ritenuto, per un verso, che la notificazione della sentenza di condanna, ai sensi dell’articolo 479 c.p.c., si differenzia, sotto il profilo teleologico, da quella fatta in funzione della sua impugnazione, avendo il fine esclusivo di indicare alla controparte la volonta’ di procedere in executivis nei suoi confronti, per consentirle l’adempimento spontaneo; per altro verso, che, nell’ipotesi di titolo esecutivo emesso contro il defunto, la sua notificazione all’erede deve sempre precedere quella dell’intimazione ad adempiere, ai sensi dell’articolo 477 c.p.c..
Propone ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di nove motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
La trattazione del ricorso e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo, il secondo, il terzo, il quinto, il sesto, il settimo e l’ottavo motivo, in quanto attengono alla validita’ del rapporto processuale e della sentenza impugnata hanno carattere pregiudiziale e devono essere esaminati prima del quarto motivo, che concerne la questione preliminare di merito dell’estinzione, o no, per prescrizione del credito vantato dalla creditrice precettante.
1. Con il primo motivo (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, e articolo 158 c.p.c., nullita’ della sentenza impugnata per vizio di costituzione del giudice.
Evidenzia che tra i membri del collegio della Corte etnea che ha emesso la sentenza di appello figurava un giudice ausiliario che aveva assunto anche la qualita’ di relatore ed estensore, in violazione del divieto costituzionale di inserire i magistrati onorari negli organi giudicanti collegiali.

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Eccepisce l’illegittimita’ costituzionale – in riferimento agli articoli 3, 24, 25, 102 e 106 Cost. – delle norme di legge istitutive delle figure dei giudici ausiliari presso le Corti di appello.
1.1. Il motivo e’ infondato.
La questione e’ gia’ stata sottoposta all’attenzione della Corte costituzionale, la quale, nel dichiarare l’incostituzionalita’ di quelle disposizioni, contenute nel Decreto Legge n. 69 del 2013 (convertito, con modificazioni, nella L. n. 98 del 2013), che conferiscono al giudice ausiliario di appello lo status di componente dei collegi nelle sezioni delle Corti di appello, nella parte in cui non prevedono che esse si applichino fino a quando non sara’ completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal Decreto Legislativo n. 116 del 2017, articolo 32, ha peraltro statuito che le Corti di appello potranno legittimamente continuare ad avvalersi dei giudici ausiliari fino a quando, entro la data del 31 ottobre 2025, si perverra’, appunto, alla riforma complessiva della magistratura onoraria; fino a quel momento, infatti, la temporanea tollerabilita’ costituzionale dell’attuale assetto e’ volta ad evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le Corti di appello dei giudici onorari al fine di ridurre l’arretrato nelle cause civili (Corte Cost. 17/03/2021, n. 41).
Di conseguenza, per un verso, non sussiste il dedotto vizio di costituzione del giudice; per altro verso, una nuova questione di costituzionalita’ delle predette norme, la cui reductio ad legitimitatem e’ stata operata attraverso la richiamata sentenza additiva della Corte costituzionale, si palesa manifestamente infondata (Cass. 28/05/2021, n. 15045; Cass. 05/11/2021, n. 32065).
2. Con il secondo motivo, (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, e articoli 156-162 c.p.c., nullita’ del procedimento e della sentenza, nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli articoli 169, 189, 190, 279, 280, 352, 101, 115 c.p.c. e dell’articolo 111 Cost..
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui, nel dare atto della circostanza che la comparsa conclusionale avversaria risultava depositata in data 26 settembre 2019, non ha ritenuto invalido tale tardivo deposito, sebbene il relativo termine fosse scaduto, per le comparse conclusionali, il 26 agosto e, per le memorie di replica, il 16 settembre precedenti.
Lamenta l’indebita lesione del suo diritto al contraddittorio, sul rilievo che la Corte di merito avrebbe deciso la controversia tenendo conto della documentazione contenuta nel fascicolo di parte appellante (in particolare, della copia autentica della sentenza del Pretore del lavoro di Siracusa del 1987, recante la formula esecutiva e la relata di notifica), non ostante il fascicolo stesso fosse stato ritirato in data 20 giugno 2019 e restituito, unitamente al deposito della comparsa conclusionale, il 26 settembre 2019, allorche’ era scaduto il termine anche per il deposito delle memorie di replica.

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2.1. il motivo e’ infondato.
Premesso che la mancata assegnazione, da parte del giudice, dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e/o delle memorie di replica, nonche’ la pronuncia ante tempus della sentenza, in violazione dei suddetti termini, ove concessi, determina la nullita’ della sentenza medesima per lesione del contraddittorio (Cass., Sez. Un., 25/11/2021, n. 36596) – e premesso, altresi’, che il tardivo deposito dei predetti atti difensivi conclusivi ne comporta l’invalidita’, stante il carattere perentorio del termine (Cass. 13/01/2006, n. 509), anche esso previsto in funzione della tutela del diritto al contraddittorio – va pero’ precisato che, nel primo caso, la nullita’ colpisce direttamente la sentenza, mentre nel secondo colpisce l’atto di parte (comparsa conclusionale o memoria di replica) e si propaga alla sentenza solo ove tra l’atto di parte e l’atto del giudice si instauri un rapporto di dipendenza (articolo 159 c.p.c.), nel senso che la decisione sarebbe stata diversa in mancanza di quell’atto difensivo.
Nel caso di specie, la ricorrente lamenta, non che il giudice abbia deciso (anche) sulla base delle allegazioni contenute nella comparsa conclusionale, ma che abbia tenuto conto, dopo averlo esaminato, del fascicolo di parte appellante e della documentazione in esso contenuta, tra cui, principalmente, la copia autentica della sentenza costituente l’originario titolo esecutivo.
Questa documentazione, pero’, diversamente dalla comparsa conclusionale, alla stessa stregua delle deduzioni della ricorrente, non era stata depositata irritualmente, ma era stata soltanto ritirata, unitamente al fascicolo in cui era contenuta, per poi essere nuovamente depositata insieme alla comparsa conclusionale.
Si trattava, dunque, di documentazione gia’ nota all’appellata e in quanto tale certamente non nuova, sicche’ la circostanza che fosse stata temporaneamente ritirata, nell’esercizio di una facolta’ attribuita alla parte, non determinava alcuna nullita’ processuale, ne’ la circostanza che la restituzione del fascicolo fosse avvenuta dopo la scadenza del termine per il deposito egli atti difensivi conclusivi puo’ ritenersi, di per se’, lesiva del diritto al contraddittorio.
Il motivo di censura va, pertanto, rigettato.
3. Con il terzo motivo, (OMISSIS) denuncia ancora, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, articoli 156-162 c.p.c., nullita’ del procedimento e della sentenza, nonche’, inoltre, violazione e/o falsa applicazione della L. n. 742 del 1969, articolo 3 e dell’articolo 92 ord. giud..
La ricorrente indugia, ulteriormente, sul tardivo deposito della comparsa conclusionale avversaria (effettuato in data 26 settembre 2019, dopo che il relativo termine era scaduto il 26 agosto precedente), per censurare la sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe ritenuto applicabile, al riguardo, la sospensione dei termini processuali per il periodo feriale.
3.1. Il motivo e’ inammissibile.
La doglianza, infatti, difetta di specificita’ in relazione al tenore della statuizione impugnata, poiche’ la Corte di appello, nel dare atto del deposito della comparsa conclusionale di parte appellante in data 26 settembre 2019, non ha affermato che tale deposito dovesse ritenersi tempestivo in ragione dell’operativita’ dell’istituto della sospensione feriale dei termini processuali.
4. Il quinto, il sesto e il settimo motivo devono essere sottoposti ad esame congiunto, in quanto reciprocamente connessi.
5. Con il quinto motivo (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 183 c.p.c., comma 6, e articolo 153 c.p.c., comma 2, nonche’, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, nullita’ del procedimento e della sentenza.
6. Con il sesto motivo, oltre a ribadire la dedotta violazione di norme di diritto e la dedotta nullita’, denuncia violazione dell’articolo 112 c.p.c. (per omessa pronuncia), violazione dell’articolo 115 c.p.c. (per lesione del principio di non contestazione) e omesso esame di fatto decisivo e controverso.
7. Con il settimo motivo, la ricorrente, oltre a ribadire la dedotta violazione dell’articolo 183 c.p.c., comma 6, denuncia quella dell’articolo 111 Cost., per violazione del diritto alla prova, del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio.
7.1. I motivi ora sinteticamente illustrati (il quinto, il sesto e il settimo) sono inammissibili.
Con essi la precettata si duole: del rigetto del motivo di appello incidentale con cui aveva censurato la statuizione del primo giudice che aveva revocato l’ammissione delle istanze istruttorie formulate con la memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 3, dirette a provare i fatti posti a fondamento delle sollevate eccezioni di pagamento e di compensazione; del rigetto del motivo di appello incidentale con cui aveva censurato il diniego della richiesta rimessione in termini per produzioni istruttorie, basata su un legittimo impedimento; della statuizione di inammissibilita’ delle eccezioni di pagamento e compensazione, resa dal giudice di appello sul rilievo della tardivita’ delle prove dedotte per dimostrare i fatti su cui esse erano fondate.

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Deduce che la revoca del provvedimento di ammissione delle prove era fondata su un overruling giurisprudenziale (manifestatosi con la sentenza n. 12119 del 2013 di questa Corte) con cui era stato sconfessato il precedente pacifico orientamento che consentiva che le richieste di prova contraria rispetto a tutte le allegazioni avversarie fossero articolate nella terza memoria istruttoria; sostiene che, in ogni caso, avrebbe avuto diritto ad essere rimessa in termini in ragione dell’improvvisa malattia (cecita’) che l’aveva colpita appena cinque giorni prima della notifica del precetto; deduce omessa pronuncia sulle eccezioni di pagamento e di compensazione, erroneamente dichiarate inammissibili ancorche’ sollevate gia’ nella citazione in opposizione e nella seconda memoria di cui all’articolo 183 c.p.c..
Al riguardo va, in primo luogo, escluso che, in ordine alle preclusioni istruttorie, con la sentenza n. 12119 del 2013 di questa Corte si fosse verificato il dedotto overruling processuale, venendo in considerazione una piana interpretazione della norma processuale e non essendovi alcun consolidato orientamento contrario.
In secondo luogo, va evidenziato che non e’ sindacabile il diniego, formulato in primo grado e confermato in appello, di rimessione in termini per deduzioni e produzioni istruttorie, atteso che esso trova fondamento nel motivato rilievo, che costituisce apprezzamento di merito incensurabile, secondo il quale la malattia dedotta quale legittimo impedimento era risalente nel tempo e tale circostanza era stata accertata all’esito di CTU medico-legale.
Infine, non sussiste la dedotta omessa pronuncia sulle sollevate eccezioni di compensazione e pagamento, sulle quali il giudice del merito si e’ espressamente pronunciato: la pronuncia negativa su queste eccezioni (da qualificare come rigetto e non come inammissibilita’) trova fondamento nella ritenuta carenza di prova in ordine ai fatti su cui le stesse erano fondate, e dunque su un apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimita’.
8. Con l’ottavo motivo, (OMISSIS) denuncia nuovamente, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 2943 e 1219 c.c., nonche’ degli articoli 477 e 479 c.p.c.; denuncia, inoltre, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2943 c.c., articolo 477 c.p.c., nonche’ dell’articolo 137 c.p.c., comma 1, e articolo 148 c.p.c..
La ricorrente deduce l’inesistenza e la nullita’ della sentenza impugnata (o comunque la sua invalidita’ ai fini dell’interruzione della prescrizione) in ragione del fatto che la richiedente la notifica era persona diversa dalla creditrice.
Evidenzia, in proposito, che nella relata di notifica della sentenza, in data 2 marzo 2002, era scritto che la stessa veniva eseguita ad istanza di (OMISSIS), residente in (OMISSIS), mentre la creditrice, successiva precettante, era residente in (OMISSIS).
8.1. Il motivo e’ manifestamente infondato.

La notificazione della sentenza di primo grado non rientra fra gli atti interruttivi

Premesso, in generale, che legittimati a richiedere la notificazione di un atto giudiziario, ai sensi dell’articolo 137 c.p.c. e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1229 del 1959, articolo 104, comma 2, sono la parte personalmente ed il suo difensore munito di procura, nonche’ qualunque persona da loro incaricata pure verbalmente, purche’ non vi sia incertezza assoluta sull’istante e si possa individuare la parte a richiesta della quale la notifica e’ eseguita (Cass. 04/02/2020, n. 2415 del 2020; in precedenza v. Cass. 08/03/2016, n. 4520), nel caso di specie la circostanza che la notificazione provenisse da persona legittimata si evinceva direttamente dal titolo, avuto riguardo all’identificazione della richiedente la notifica con la persona che risultava essere la parte vittoriosa in favore della quale era stata pronunciata la condanna; tale identificazione non poteva ragionevolmente ritenersi essere stata messa in forse dalla mera inesattezza sull’indirizzo di residenza indicato nella relata di notificazione.
9. Puo’ essere ora esaminato il quarto motivo di ricorso, che attiene all’eccezione preliminare di merito sollevata dalla debitrice precettata, in ordine alla prescrizione del diritto di credito vantato dalla creditrice precettante.
Con esso (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 2943 e 1219 c.c., nonche’ degli articoli 477 e 479 c.p.c..
Lamenta che la Corte di appello avrebbe attribuito alla notifica della sentenza del Pretore del lavoro di Siracusa del 1987 (titolo esecutivo azionato da (OMISSIS)) l’efficacia di atto interruttivo della prescrizione esclusivamente sulla base di considerazioni astratte, fondate sul disposto degli articoli 479 e 477 c.p.c., senza procedere all’esame del contenuto della sentenza notificata, per accertare, sulla base di un giudizio di merito riferito alla specifica fattispecie, se la notificazione del titolo esecutivo presentasse, nel caso concreto, i requisiti della costituzione in mora richiesti dall’articolo 2943 c.c., comma 4.
9.1. Il motivo e’ fondato, nei limiti che si vanno a specificare.
La Corte territoriale ha formulato, in guisa di principio generale, il rilievo che la sentenza notificata a sensi dell’articolo 479 c.p.c., avrebbe la finalita’ esclusiva di manifestare alla controparte la volonta’ di procedere in executivis e di suscitarne l’adempimento spontaneo, traendone l’implicazione che a tale notifica deve attribuirsi efficacia interruttiva della prescrizione; analoga implicazione ha tratto dall’ulteriore rilievo, sempre formulato a mo’ di principio generale, secondo il quale, allorche’ venga in considerazione un titolo esecutivo emesso contro il defunto, la sua notifica nei confronti dell’erede deve precedere quella dell’intimazione ad adempiere.
Nel formulare questi rilievi, la Corte territoriale ha, pero’, disapplicato l’opposto principio – affermato da questa Corte sin da epoca risalente, recentemente ribadito e condiviso dalla dottrina, al quale il Collegio intende dare continuita’ – secondo il quale la notificazione della sentenza di primo grado non rientra fra gli atti interruttivi della prescrizione contemplati dai primi due commi dell’articolo 2943 c.c. (notifica della domanda introduttiva del giudizio e domanda proposta nel corso di un giudizio gia’ pendente) e, pertanto, puo’ spiegare autonoma efficacia interruttiva della prescrizione solo quando presenti i connotati dell’atto di costituzione in mora, a norma del citato articolo 2943 c.c., comma 4 (Cass., Sez. Un., 24/06/1981, n. 4108; Cass. 24/0572018, n. 12983): soltanto, cioe’, allorche’, alla stregua della forma e del contenuto specifico dell’atto, possa dirsi che esso contenga l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare la volonta’ del creditore di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato (Cass. 25/08/2015, n. 17123; Cass. 14/06/2018, n. 15714; Cass. 07/09/2020, n. 18546; Cass. 31/05/2021, n. 15140). E tanto, per l’evidente inadeguata univocita’ di tale condotta ai fini della significazione della volonta’ che dovrebbe sorreggere ed orientare ogni azione rilevante a fini interruttivi.
In applicazione di questo principio, la Corte territoriale, chiamata a delibare l’eccezione di prescrizione sollevata dalla precettata e a decidere se essa fosse stata o meno interrotta dalla notifica del solo titolo esecutivo effettuata dalla precettante in data 2 marzo 2002, non avrebbe, dunque, dovuto deciderla sulla base di argomentazioni astratte, ma avrebbe dovuto valutare in concreto, sulla base di un vero e proprio apprezzamento di merito, se, avuto riguardo alle modalita’ e ai tempi della notifica e al contenuto dell’atto notificato, emergesse o meno l’univoca volonta’ della notificante di esigere il credito, e cioe’ se la notifica presentasse o meno, nel caso concreto, i connotati della costituzione in mora.
Negli specificati termini, il motivo in esame va pertanto accolto e la sentenza va cassata in relazione ad esso, con rinvio alla Corte etnea, in diversa composizione, che rinnovera’ il giudizio sull’eccezione di prescrizione del credito azionato, sulla base dell’indagine di merito precedentemente omessa ed in applicazione del principio di diritto appena piu’ sopra ribadito.
10. L’accoglimento del quarto motivo implica l’assorbimento del nono, con cui e’ stata denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c. e dei principi sulla causalita’ e sulla soccombenza in tema di regolazione delle spese del giudizio, nonche’ nullita’ della sentenza limitatamente al capo sulle spese: la cassazione della sentenza, in dipendenza dell’accoglimento del quarto motivo, travolge infatti pure ogni statuizione sulle spese, il cui regolamento dovra’ essere rinnovato dal giudice del merito in considerazione complessiva dell’esito finale della lite.
11. In definitiva, deve essere accolto il quarto motivo di ricorso, rigettati il primo, il secondo, l’ottavo, dichiarati inammissibili il terzo, quinto, sesto e settimo, ma assorbito il nono.

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La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, che si atterra’ agli enunciati principi e, dopo aver proceduto all’apprezzamento di merito precedentemente omesso, rispondera’ alla questione se, nel caso concreto, la notifica del titolo esecutivo abbia prodotto o meno l’effetto interruttivo della prescrizione del diritto di credito per cui si e’ proceduto.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’ (articolo 385 c.p.c., comma 3).

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso, rigetta il primo il secondo, l’ottavo, dichiara inammissibili il terzo, il quinto, il sesto e il settimo e dichiara assorbito il nono; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

 

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