La mancata citazione del teste per l’udienza

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 17 maggio 2019, n. 21788.

La massima estrapolata:

La mancata citazione del teste per l’udienza non comporta la decadenza della parte richiedente dalla prova, salvo che quest’ultima sia superflua o la nuova autorizzazione alla citazione per un’udienza successiva comporti il ritardo della decisione. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso volto a denunciare l’inutilizzabilità della prova orale assunta a seguito del rinvio concesso dal giudice dopo la mancata citazione dei testi da parte del pubblico ministero).

Sentenza 17 maggio 2019, n. 21788

Data udienza 4 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. IMPERIALI Lucian – rel. Consigliere

Dott. DI PAOLA Sergio – Consigliere

Dott. PARDO Ignazio – Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2825/2016 CORTE APPELLO di GENOVA, del 18/05/2017;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/10/2018 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. LORI Perla, che ha concluso per rinvio per intervenuta precrizione e conferma delle statuizioni civili;
udita per la parte civile, l’avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avvocato (OMISSIS), che si e’ riportato alle conclusioni scritte;
udito il difensore avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha chidesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18/5/2017 la Corte di Appello di Genova ha confermato il giudizio di penale responsabilita’ espresso il 22/9/2015 dal Tribunale cittadino nei confronti di (OMISSIS) in ordine al delitto di appropriazione indebita aggravata ai danni dell’agenzia assicurativa presso cui era impiegata, in relazione a somme incassate per premi assicurativi e non versate, parzialmente riformando la predetta sentenza con una riduzione della provvisionale disposta dal giudice di primo grado in favore della costituita parte civile.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, sollevando quattro motivi di impugnazione:
2.1. Violazione di legge per essere state utilizzate prove assunte dopo la mancata citazione dei testi ed il rinvio concesso dal giudice, nonche’ prove acquisite in violazione del diritto di difesa, senza che le parti avessero concordato alcuna inversione dell’ordine di assunzione delle prove ed altresi’ acquisendo dichiarazioni scritte di pugno da numerosi clienti, assunte in violazione del diritto di difesa.
2.2. Vizio di motivazione con riferimento al riconoscimento della penale responsabilita’ dell’imputata, con particolare riguardo all’individuazione nella (OMISSIS) della persona a cui sono state versate le somme dai clienti e, soprattutto, allo storno di queste che le e’ stato attribuito.
2.3. Violazione di legge con riferimento alla condanna al risarcimento del danno ed alla provvisionale, pur avendo la Corte, ad avviso della ricorrente, dato atto dell’avvenuto pagamento con surrogazione.
2.4. Vizio di motivazione con riferimento alla quantificazione della pena ed alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso e’ inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell’impugnazione di legittimita’ stabiliti dall’articolo 606 c.p.p..
3.1. Il primo motivo di ricorso, infatti, e’ manifestamente infondato, non potendo la ricorrente dolersi della mancata declaratoria di decadenza di una delle parti dal diritto alla prova: secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, la mancata citazione del teste per l’udienza non comporta la decadenza della parte richiedente dalla prova, salvo che quest’ultima sia superflua o la nuova autorizzazione alla citazione per un’udienza successiva comporti il ritardo della decisione. (Sez. 3, n. 13507 del 18/02/2010 – dep. 09/04/2010, Cirullo, Rv. 246604).
Allo stesso modo, giova ricordare che, stante il principio di tassativita’ delle nullita’, la violazione dell’ordine di assunzione delle prove, disciplinato dall’articolo 496 c.p.p., non e’ presidiata da alcuna sanzione di carattere processuale (Sez. 6, n. 9072 del 22/10/2009 – dep. 06/03/2010, Bianco e altro, Rv. 246169).
3.2. Il secondo motivo di ricorso e’, invece, inammissibile in. quanto, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U., 30/4/1997, n. 6402, Rv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, Rv. 229369). Le doglianze della ricorrente tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni che, sulla base delle testimonianze sia dei clienti dell’agenzia, che di colleghi della stessa (OMISSIS), hanno portato ad individuare in questa la persona che riceveva i versamenti per conto dell’agenzia, e che, poi, ne ha effettuato lo storno.
3.3. Anche il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile, in quanto, assumendo che la Corte territoriale avrebbe “dato atto dell’avvenuto pagamento surrogazione”, non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata che, invece, con riferimento alla deduzione difensiva secondo cui le parti private avrebbero gia’ ottenuto un risarcimento, evidenziava, invece, che “non appare dimostrato per quale entita’ e per quali soggetti”: da qui l’aspecificita’ e la manifesta infondatezza del motivo di ricorso. Per mera completezza di esposizione, peraltro, con specifico riferimento alla statuizione relativa alla provvisionale, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il provvedimento con il quale il giudice di merito, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non e’ impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento. (Sez. 2, n. 49016 del 06/11/2014 – dep. 25/11/2014, Patricola e altro, Rv. 261054; Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015 – dep. 06/05/2015, D. G., Rv. 263486).
3.4. Anche l’ultimo motivo di ricorso e’ inammissibile, in quanto la doglianza relativa alla mancata concessione delle attenuanti generiche non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello, secondo quanto e’ prescritto a pena di inammissibilita’ dall’articolo 606 c.p.p., comma 3, come si evince dall’atto di appello. La richiesta di riduzione di pena, invece, veniva formulata in termini assolutamente immotivati e generici (“nel caso di conferma della responsabilita’ penale, salvo gravame, voglia diminuire la pena inflitta”), tali da renderla inammissibile, sicche’ la Corte territoriale non era tenuta a rispondere sul punto: e’ comunque inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello che risulti ab origine inammissibile, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014 – dep. 11/03/2015, Bianchetti, Rv. 263157).
4. L’inammissibilita’ del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266). Ad essa consegue, invece, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende, nonche’ alla rifusione in favore della parte civile Agenzia assicurativa (OMISSIS) s.n.c. delle spese del grado che liquida, come da richiesta in Euro 3000,00 oltre spese forfettarie nella misura del 15%, c.p.A. ed IVA.

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