La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|6 maggio 2021| n. 17598.

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato diviene irrevocabile allorquando sia portata a conoscenza dell’autorità giudiziaria, in quanto, una volta scelta la via del giudizio sul merito a fronte della potenziale estinzione del reato, la rinuncia esplica i suoi effetti “hic et nunc”, dando immediatamente luogo all’espletamento dell’attività processuale volta ad accertare la consistenza del tema di accusa.

Sentenza|6 maggio 2021| n. 17598. La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

Tag – parola chiave: Reato – Estinzione (cause di) – Prescrizione – Rinunzia alla prescrizione portata a conoscenza dell’autorità giudiziaria – Revocabilità – Esclusione – Ragioni.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato – Presidente

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

Dott. DE AMICIS G. – rel. Consigliere

Dott. PATERNO’ RADDUSA Benedett – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/12/2018 della Corte di appello di Roma;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Gaetano De Amicis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Pirrelli Francesca Romana, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso proposto dal (OMISSIS) e, in relazione al ricorso del (OMISSIS), l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione, con l’assorbimento di tutti gli altri motivi;
uditi i difensori: Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso e, in subordine, associandosi alla richiesta del Procuratore generale in ordine alla declaratoria di intervenuta prescrizione; Avv. (OMISSIS), per (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO. “La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato”

1. Con sentenza del 5 dicembre 2018 la Corte di appello di Roma ha parzialmente riformato la decisione del Tribunale di Roma del 6 luglio 2015, appellata dagli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ dal P.M. e dal Ministero dell’Interno costituito parte civile, assolvendo il (OMISSIS), agente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Roma, dal reato di cui al capo 6) – estorsione continuata in concorso con altri coimputati in danno dell’imprenditore (OMISSIS) – perche’ il fatto non sussiste e rideterminando in anni tre di reclusione la pena irrogatagli, ritenuto piu’ grave il reato di corruzione propria di cui al capo 1); ha inoltre dichiarato inammissibile l’appello della parte civile e rigettato gli appelli del P.M. e del (OMISSIS), ispettore della (OMISSIS), condannato in primo grado alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione per i reati di concorso in tentata violenza privata e rivelazione di segreti d’ufficio di cui ai capi 2) e 8), dichiarando i predetti imputati interdetti dai pubblici uffici per la durata della pena principale, con la confisca di quanto in sequestro.
1.1. Le conformi decisioni di merito hanno affermato la responsabilita’ dei predetti imputati per avere: a) in concorso tra loro e con altri coimputati, compiuto atti idonei diretti a costringere l’on. (OMISSIS) ad intervenire presso i magistrati di Bologna che dovevano esaminare l’istanza di revisione relativa ad una sentenza di condanna per calunnia pronunciata nei confronti di (OMISSIS), facendogli riferire dal giornalista (OMISSIS) che, in caso contrario, sarebbe stato divulgato un dossier – materialmente predisposto dagli imputati – nel quale veniva falsamente ricostruita l’intera vicenda relativa alla morte dell’ispettore dei N. O.C.S. (OMISSIS), affermandosi, fra l’altro, che l’ispettore era stato ucciso dai suoi stessi colleghi e che l’intera operazione era stata predisposta e realizzata con l’avallo dei vertici della Polizia di Stato e dell’on. (OMISSIS), senza riuscire nell’intento per cause indipendenti dalla loro volonta’ (capo 2); b) in concorso tra loro e con altri coimputati, abusato delle loro qualita’ rivelando notizie che dovevano rimanere segrete, ed in particolare consegnando a (OMISSIS) un dischetto contenente la copia digitale del verbale delle dichiarazioni rese al (OMISSIS) dal collaboratore (OMISSIS) circa le sue accuse all’on. (OMISSIS), atti relativi a piani di sicurezza e di protezione predisposti per la tutela di varie personalita’, nonche’ la copia di una nota della Squadra Mobile della Questura di Roma, contenente i numeri di telefono di numerosi funzionari di Polizia (capo 8); c) il solo (OMISSIS), in concorso con altri coimputati, per avere ricevuto ed accettato promesse di rilevanti somme di denaro da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS), e per loro tramite da (OMISSIS), al fine di compiere piu’ atti contrari ai propri doveri d’ufficio, quali l’effettuazione di servizi di scorta in favore dei predetti e dei loro accompagnatori e la trasmissione di informazioni e documenti riservati (note su servizi di protezione, verbali di informazioni assunte da un detenuto pentito, predisposizione di dossier, accertamenti tramite le strutture di Polizia, note contenenti i numeri di cellulare di funzionari di Polizia ecc.) (capo 1); d) il solo (OMISSIS), in concorso con altri coimputati, per avere promesso a (OMISSIS), funzionaria della sala operativa della Questura di Roma, che non accettava l’offerta, utilita’ non dovute (quali il trasferimento presso un ufficio di suo gradimento, con l’ottenimento di maggiori compensi economici e la possibilita’ di avvalersi, per sue esigenze personali, di un legale di fiducia, senza doverlo pagare), per indurla a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio, riferendo loro informazioni che le sarebbero state successivamente richieste (capo 4); e) il solo (OMISSIS), in concorso con il (OMISSIS), per avere sottratto ed occultato documenti pubblici originali custoditi negli uffici della Questura di Roma, relativi a servizi di protezione e vigilanza predisposti in favore di (OMISSIS), piani di sicurezza predisposti per la visita di esponenti palestinesi, schede contenenti informazioni su interventi effettuati da organi di Polizia ecc. (capo 7).

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

2. Nell’interesse di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo con unico motivo violazioni di legge e vizi della motivazione, anche in ragione della mancata assunzione di una prova decisiva, per avere la Corte d’appello: a) erroneamente rigettato l’eccezione relativa alla revoca della rinuncia alla prescrizione, rilevandosi al riguardo un contrasto giurisprudenziale per la cui risoluzione si chiede di rimettere la relativa decisione alle Sezioni Unite; b) erroneamente utilizzato, in violazione del contraddittorio, documenti (corrispondenza epistolare tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) non sequestrati all’imputato e a lui non riferibili; c) affermato la responsabilita’ in relazione al reato di corruzione propria di cui al capo 1) pur in assenza di riscontri circa l’espletamento di servizi di pedinamento da parte dell’imputato – avuto riguardo al fatto che l’unica testimonianza sul punto e’ quella resa da un funzionario dell’U.C.I.G.O.S., (OMISSIS), che ha successivamente ritrattato la sua deposizione – e in assenza di prove in merito alla ricezione ovvero all’accettazione della promessa di rilevanti somme di denaro da parte del (OMISSIS) e del (OMISSIS); d) omesso di tener conto, in ordine al reato di cui al capo 2), che in alcuno dei documenti sequestrati risultavano l’intervento e la presenza dell’imputato, la cui affermazione di responsabilita’, peraltro, era smentita dalla stessa documentazione acquisita in dibattimento, considerato che il falso dossier “(OMISSIS)” cui si fa riferimento nell’imputazione era in realta’ un dossier vero e non rappresentava in alcun modo un atto idoneo diretto a tentare una violenza privata nei confronti dell’on. (OMISSIS), essendo il suo contenuto ormai di pubblico dominio da circa un anno; e) affermato la responsabilita’ in ordine al reato di istigazione alla corruzione di cui al capo 4), sebbene alcuno dei testi avesse mai riferito elementi utili al riguardo e nonostante i profili di inattendibilita’ e contraddittorieta’ emersi nella deposizione testimoniale resa da (OMISSIS), funzionaria della sala operativa della Questura di Roma, rispetto alle dichiarazioni del suo diretto superiore, (OMISSIS); f) affermato la responsabilita’ in ordine al reato di sottrazione e occultamento di documenti riservati di cui al capo 7) – relativamente a servizi di protezione e vigilanza in favore di Luigi (OMISSIS), predisposizione di piani di sicurezza per la visita di esponenti palestinesi ecc. – sebbene l’unica persona che risultava aver accesso alle aree riservate della Questura di Roma fosse il (OMISSIS) ed i relativi documenti fossero stati a lui sequestrati; g) affermato la responsabilita’ in ordine al reato di divulgazione di segreti d’ufficio di cui al capo 8), sebbene fosse emerso in dibattimento che il floppy disk oggetto della contestazione non era integro ed era anzi a disposizione dell’U.C.I.G.O.S., che l’aveva “aperto” il 14 giugno 1999 senza avvertire l’ufficio del P.M. e le difese, sicche’ l’unica possibilita’ di riscontro a sostegno dell’accusa era rappresentata dalla richiesta – dai Giudici di merito non accolta – di espletamento di una consulenza tecnica volta a verificarne l’esatto contenuto e la presenza di eventuali manipolazioni.

 

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

3. Nell’interesse di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo quattro motivi il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato.
3.1. Con il primo motivo si censurano plurimi vizi della motivazione in punto di affermazione della responsabilita’ circa il reato di tentata violenza privata di cui al capo 2), atteso che la funzionaria (OMISSIS) non ha fatto riferimento al ricorrente e che l’indagine “riservata” che ella sarebbe stata chiamata a svolgere non lo ha riguardato; nessun contributo cognitivo sul ruolo che il (OMISSIS) avrebbe assunto nella vicenda e’ stato offerto dal teste Raffaele (OMISSIS), ne’ vi hanno fatto riferimento le deposizioni rese da altri testimoni qualificati ( (OMISSIS) e (OMISSIS)). Si sottolinea, inoltre, che gli appunti vergati a mano dal ricorrente in merito all’operazione “(OMISSIS)” non sono stati inseriti in alcun verbale di sequestro e non sono stati rinvenuti nella disponibilita’ del (OMISSIS), del (OMISSIS), di (OMISSIS) o di altri, ne’ risultavano idonei per il loro contenuto ad esercitare pressioni illecite nei confronti di alcuno.
3.2. Con un secondo motivo si deducono violazioni di legge e vizi della motivazione in ordine alla configurabilita’ degli elementi costitutivi del predetto reato, difettando sia il requisito dell’univocita’ della condotta, sia il dolo di partecipazione, avuto riguardo al fatto che il ricorrente non ha intrattenuto alcun genere di rapporti con il giornalista (OMISSIS) – autore di dichiarazioni nel corso del processo – e che egli si e’ limitato a raccogliere ed assemblare degli appunti su alcune voci che all’epoca circolavano nell’ambiente della Polizia di Stato in merito alla morte dell’Ispettore dei N.O.C.S. (OMISSIS), per poi arrivare alla stesura di un libro che, tuttavia, non venne portata a compimento.
3.3. Con un terzo motivo si lamentano plurime violazioni di legge processuale ai sensi dell’articolo 348 c.p.p., comma 2, articolo 354 c.p.p., comma 2, articolo 352 c.p.p., comma 1-bis e articolo 360 c.p.p., relativamente alle modalita’ di acquisizione, utilizzo e valutazione del contenuto di un floppy disk sequestrato presso l’abitazione del (OMISSIS), che, in tesi, avrebbe dovuto contenere le sommarie informazioni rese all’odierno ricorrente da un collaboratore di giustizia, (OMISSIS), che accusava l’on. (OMISSIS): dischetto, questo, che sarebbe stato aperto dal personale della Polizia il 14 giugno 1999, senza la compilazione di alcun verbale attestante le operazioni compiute e senza alcun accertamento sulla provenienza e genuinita’ del suo contenuto.
3.4. Con l’ultimo motivo, infine, si deduce la violazione dell’articolo 157 c.p., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto irrevocabile il diniego precedentemente espresso dall’imputato in ordine alla rinuncia alla prescrizione.

 

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati e vanno rigettati per le ragioni di seguito esposte.
2. Infondate, preliminarmente, sia pure per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione della decisione impugnata, devono ritenersi le comuni doglianze mosse in ordine alla dedotta erroneita’ della ritenuta irrevocabilita’ dell’intervenuta rinuncia alla prescrizione da parte di entrambi gli imputati.
2.1. Al riguardo la decisione impugnata ha respinto i rilievi difensivi evocando una linea interpretativa di recente tracciata da questa Suprema Corte (Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019, Alessandrini, Rv. 275756; Sez. 5, n. 11071 del 09/10/2014, dep. 2015, Solimene, Rv. 262875; Sez. 6, n. 30104 del 11/07/2012, Barcella, Rv. 253256), secondo cui la rinuncia alla prescrizione e’ revocabile a condizione che la dichiarazione che esprime tale volonta’ non abbia gia’ prodotto i suoi effetti, per essere stata valorizzata in un provvedimento del giudice riguardante la regiudicanda.
Nel richiamare il contenuto sostanziale di tali indicazioni della giurisprudenza di legittimita’, la Corte di appello ha in primo luogo osservato che le revoche delle rinunce alla prescrizione sono state formulate da uno degli imputati (il (OMISSIS)) il 6 luglio 2015 – ossia in occasione dell’udienza conclusiva del giudizio di primo grado, in seguito allo svolgimento di una complessa, laboriosa e pluriennale istruzione dibattimentale, quando nei confronti degli altri coimputati era stata gia’ dichiarata l’estinzione dei reati per prescrizione e le parti risultavano aver formulato le rispettive richieste conclusive di condanna o assoluzione – e dall’altro imputato (il (OMISSIS)) nell’ambito del processo di appello, dopo che entrambi avevano dichiarato di rinunciare alla prescrizione sin dall’udienza celebrata dinanzi al primo Giudice in data 11 gennaio 2008.
Sotto tale profilo, inoltre, la decisione impugnata ha posto in evidenza il fatto che le rinunce a suo tempo formulate dagli odierni ricorrenti avevano portato il Tribunale a svolgere la conseguente attivita’ processuale, tradottasi, proprio per effetto delle rispettive manifestazioni di volonta’, nell’adozione di innumerevoli provvedimenti, avendo il primo Giudice non solo disposto la separazione delle posizioni processuali degli altri coimputati, per i quali venne adottata una declaratoria di improcedibilita’, ma svolto in seguito anche una lunga, complessa ed articolata attivita’ di istruzione probatoria conclusasi con la pronuncia della sentenza di primo grado in data 6 luglio 2015.

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

Sulla base di tali premesse argomentative, infine, la Corte di appello, dopo aver richiamato un piu’ rigoroso indirizzo interpretativo seguito da questa Suprema Corte (Sez. 5, n. 33344 del 24/04/2008, Randazzo, Rv. 241389) – indirizzo, peraltro, integralmente condiviso dal Giudice di primo grado – secondo cui la rinuncia alla prescrizione inequivocabilmente portata a conoscenza dell’organo procedente e’ irrevocabile, ha correttamente concluso affermando, sul punto, che sia nell’ipotesi in cui si aderisca a tale, piu’ risalente, linea interpretativa, sia qualora si accolga il piu’ recente orientamento emerso nella giurisprudenza di legittimita’, le rinunce hanno in entrambi i casi prodotto il risultato cui le correlative manifestazioni di volonta’ ab initio miravano, ossia l’espletamento dell’istruttoria dibattimentale attraverso l’acquisizione delle prove richieste, l’adozione di innumerevoli provvedimenti e, nel caso del (OMISSIS), finanche la pronuncia di una decisione (quella, cioe’, assunta in primo grado) sul merito dell’imputazione: attivita’ processuali, queste, che non possono esser poste “nel nulla dall’intesse dell’imputato ad incidere ex post sull’esito sfavorevole di un giudizio che egli aveva chiesto si celebrasse con pienezza di cognizione” (Sez. 5, n. 11071 del 09/10/2014, dep. 2015, Solimene, cit.).
2.2. Pur corretta nella soluzione della questione, l’impostazione ermeneutica accolta nella sentenza impugnata si fonda sulla parziale adesione ad una linea interpretativa di recente tracciata da questa Corte, che il Collegio tuttavia non condivide e dalla quale, pertanto, intende discostarsi per le ragioni di seguito precisate.
Secondo un tradizionale orientamento di questa Corte (Sez. 5, n. 33344 del 24/04/2008, Randazzo, Rv. 241389), la dichiarazione di rinuncia alla prescrizione, inequivocabilmente portata a conoscenza dell’organo procedente, non e’ piu’ revocabile, non essendo consentito all’interessato una volta che si sia avvalso del diritto a rinunciarvi, a prescrizione verificatasi e quindi essendo nelle condizioni di valutarne appieno le conseguenze, di rideterminare a suo piacimento l’oggetto di un giudizio di cui aveva avuto la possibilita’, unica, di disporre per meglio tutelare la propria posizione sostanziale.
Entro tale prospettiva, dunque, si ritiene che non sia piu’ in potere dell’interessato, una volta scelta la via del giudizio sul merito a fronte della potenziale estinzione del reato e constatato l’esito sfavorevole del complessivo giudizio, ridefinire nuovamente i contorni del giudizio, revocando la precedente scelta e chiedendo la declaratoria di estinzione del reato.
Analoga soluzione esegetica e’ stata altresi’ individuata con riferimento all’ipotesi estintiva dell’amnistia (Sez. 3, n. 11215 del 08/10/1995, Zadra, Rv. 203220), sul rilievo che la rinuncia e’ un negozio giuridico processuale unilaterale recettizio perche’ produce i suoi effetti allorche’ perviene all’autorita’ giudiziaria procedente: dopo tale momento la rinuncia diventa irrevocabile in quanto i(negozio giuridico si e’ perfezionato in tutti i suoi elementi, sicche’ non e’ nella disponibilita’ dell’interessato annullarne o modificarne i contenuti. L’amnistia, peraltro, costituisce una deroga di carattere eccezionale al principio dell’obbligatorieta’ dell’azione penale, sicche’ e’ da escludere che, attraverso la revoca della rinuncia, possa esser fatta valere oltre i limitati casi previsti dalla legge.

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

Da tale linea interpretativa si e’ progressivamente distaccato un orientamento che, pur mantenendo fermo il principio della irrevocabilita’ degli effetti della dichiarazione di rinuncia, mira ad attenuarne la portata applicativa in presenza di determinate condizioni.
Si e’ cosi’ affermato – in relazione ad un quadro assai variegato e piuttosto disomogeneo di evenienze procedimentali e senza esplorare l’ipotesi che la prescrizione possa eventualmente maturare in sede di indagini preliminari, con il conseguente obbligo per il P.M., una volta intervenuta la rinuncia, di continuare a svolgere le attivita’ d’indagine necessarie ai sensi dell’articolo 326 c.p.p. che la rinuncia alla prescrizione e’ revocabile a condizione che la dichiarazione esprimente tale volonta’ non abbia gia’ prodotto i suoi effetti per essere stata valorizzata in un provvedimento del giudice riguardante la “regiudicanda” (Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019, Alessandrini, Rv. 275756, in relazione ad una revoca ritenuta giustificata da un sopravvenuto mutamento di giurisprudenza; Sez. 5, n. 11071 del 09/10/2014, dep. 2015, Solimene, Rv. 262875, con riguardo alla inefficacia di una revoca intervenuta dopo una sentenza di condanna pronunciata a seguito di rinuncia alla prescrizione; Sez. 6, n. 30104 del 11/07/2012, Barcella, Rv. 253256, relativamente ad una rinuncia presentata dopo la richiesta di rinvio a giudizio e ad una revoca successivamente intervenuta, ma considerata legittima in quanto formulata prima della declaratoria di estinzione del reato da parte del G.u.p.).
Siffatta impostazione ermeneutica muove dalla valorizzazione del principio generale dell’ordinamento giuridico secondo il quale ogni soggetto puo’ revocare una propria dichiarazione di volonta’, idonea a produrre effetti giuridici, laddove tali effetti non si siano ancora prodotti.
Si rileva, d’altro canto, che l’ordinamento riconosce una certa “stabilita’” ad una dichiarazione di volonta’ in tutti i casi in cui la medesima, prima di aver prodotto i suoi effetti, possa aver determinato una situazione di “affidamento” in un altro soggetto. Ma tale effetto di vincolativita’, per l’autore della dichiarazione, dovrebbe essere espressamente fissato dalla legge, come si verifica, a mo’ di esempio, nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 447 c.p.p., comma 3.
2.3. Ora, e’ pacifico nel nostro sistema che la rinuncia alla prescrizione sia consentita solo dopo il maturare della causa estintiva (ex multis v. Sez. 6, n. 2815 del 21/01/1999, Mingon, Rv. 213472).
Ed e’ parimenti evidente che la disposizione di cui all’articolo 157 c.p., comma 7, introdotto a seguito della riforma operata con la L. 5 dicembre 2005, n. 251, articolo 6, comma 1, nello stabilire che “la prescrizione e’ sempre espressamente rinunciabile dall’imputato”, non prevede affatto la possibilita’ di una revoca della stessa rinuncia.
Ne’ vi si prevedono forme di rinuncia condizionata, poiche’ la possibilita’ di ricorrere a tale istituto, di per se’ eccezionale la’ dove consente all’interessato di rimuovere l’intervenuto arresto della procedibilita’ dell’azione penale, esplica i suoi effetti hic et nunc, dando immediatamente luogo all’espletamento dell’attivita’ processuale volta ad accertare la consistenza del tema d’accusa ovvero il merito dell’imputazione.

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

Una volta intervenuta la rinuncia, dunque, gli effetti di tale scelta si sono gia’ prodotti ed un successivo blocco dell’attivita’ processuale rimesso alla discrezionalita’ dell’imputato non rientra nel novero dei diritti di cui egli possa liberamente disporre perche’ la potesta’ punitiva dello Stato – a fronte di un’ipotesi di reato che non potrebbe piu’ essere oggetto di una declaratoria di estinzione per intervenuta prescrizione – si e’ ormai riattivata ed il suo esercizio attraverso l’attuazione del correlato obbligo di accertamento dell’innocenza ovvero della eventuale responsabilita’ dell’imputato deve trovare il suo naturale decorso nelle forme ordinarie previste dall’ordinamento.
Se infatti, sul piano piu’ specificamente sostanziale, la prescrizione si configura come causa di estinzione del reato, sul versante processuale essa determina l’arresto della procedibilita’ dell’azione penale (Corte Cost., sent. n. 278 del 23 dicembre 2020).
Il legislatore, come affermato da questa Suprema Corte (Sez. U, n. 18953 del 25/02/2016, Piergotti, Rv. 266333), ha previsto che la rinuncia alla prescrizione penale debba essere formulata espressamente, proprio perche’ si tratta di un atto dismissivo gravido di conseguenze per l’imputato.
Ed infatti, rinunciare ad un diritto gia’ maturato, ossia a quello di far valere gli effetti dell’estinzione del reato per il decorso del termine prescrizionale, significa esercitare il “diritto al processo” e, quindi, alla prova, nell’ambito dell’inalienabile diritto alla difesa sancito dall’articolo 24 Cost., in sintonia, peraltro, con la presunzione di innocenza di cui all’articolo 27, comma 2, della stessa Carta costituzionale ed all’articolo 6, par. 2, CEDU.
Nella richiamata decisione si e’ altresi’ affermato che “La rinuncia implica, dunque, opzione per la prosecuzione del processo verso l’epilogo di una pronuncia nel merito della regiudicanda e comporta, pertanto, anche rivitalizzazione della pretesa punitiva statuale, altrimenti affievolita dal decorso del termine di prescrizione.”.
Si e’ dinanzi ad una prospettiva assiologica che deve essere ovviamente collocata nel quadro della ragionevole aspettativa, per l’imputato (od indagato), di conseguire un risultato piu’ vantaggioso rispetto alla maturata causa estintiva, ossia una pronuncia assolutoria nel merito.
Sotto altro, ma connesso profilo, la Corte ha poi osservato che la gravita’ degli effetti dell’atto dismissivo puo’ cogliersi anche in ragione della possibilita’ che, inopinatamente, al processo segua la condanna e non gia’ l’auspicata assoluzione.

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

Secondo la richiamata decisione, proprio in ragione di tali rilevanti implicazioni, “e per la chiara venatura di aleatorieta’ che, in filigrana, pervade l’istituto, si e’ affermato, nella giurisprudenza di legittimita’, che la rinuncia alla prescrizione rientra nell’alveo dei diritti “personalissimi”, che possono essere esercitati dall’interessato personalmente o, al piu’, con il ministero di un procuratore speciale, restando dunque estranea alla sfera delle facolta’ e dei diritti esercitabili dal difensore, ai sensi dell’articolo 99 c.p.p., comma 1, in nome e per conto del suo assistito (Sez. 1, n. 21666 del 14/12/2012, dep. 2013, Gattuso, Rv. 256076). E si e’ anche sostenuto che la rinuncia alla prescrizione non e’ esercitabile dal difensore neppure nell’ipotesi in cui sia formulata alla presenza dell’imputato, che rimanga silente (Sez. 2, n. 23412 del 09/06/2005, Avallone, Rv. 231879)”.
Tanto piu’, prosegue la Corte, a fronte dell’affermazione di principio racchiusa in altra pronuncia delle Sezioni Unite secondo cui, alla luce del nuovo dettato normativo, “la rinuncia alla prescrizione richiede una dichiarazione di volonta’ espressa e specifica che non ammette equipollenti; che, pertanto, non si puo’ desumere implicitamente dalla mera proposizione del ricorso per cassazione” (Sez. U, n. 43055 del 30/09/2010, Dalla Serra, Rv. 248379).
Nella medesima direzione ermeneutica tracciata dalla giurisprudenza di legittimita’ si e’ mossa ormai da tempo la Corte costituzionale, che gia’ prima della riforma del 2005 aveva dichiarato l’incostituzionalita’ dell’articolo 157 c.p. – nella sua originaria formulazione – la’ dove non prevedeva la possibilita’ per l’imputato di rinunciare alla prescrizione.
Con la sentenza n. 275 del 31 maggio 1990, infatti, il Giudice delle leggi, nel rilevare come le cause che portano nel tempo alla prescrizione raramente siano ascrivibili all’imputato, ha ritenuto priva di ragionevolezza, rispetto ad una situazione processuale normalmente improntata a discrezionalita’, l’evenienza per la quale l’interesse generale dell’ordinamento a non piu’ perseguire il reato (sorto a causa di circostanze eterogenee e comunque non dominabili dalle parti) debba prevalere su quello dell’imputato, con la conseguenza di privarlo del diritto fondamentale al giudizio e, con esso, di quello alla prova.
Una volta soddisfatto, con l’affermazione della rinunciabilita’ della prescrizione, l’interesse sostanziale dell’imputato ad una sentenza di merito, la Corte costituzionale ha dichiarato “assorbita ogni altra richiesta di intervento sull’articolo 152 c.p.p., comma 2 del 1930 (articolo 129 c.p.p. vigente)”, ritenendo “… ovvio che, in presenza della rinuncia alla estinzione, il giudice non potra’ dare ad essa immediata applicazione perche’ il reato non e’ estinto, e dovra’, percio’, dare ingresso alle prove richieste e pronunciarsi sulla imputazione”.

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

Ne discende che, intervenuta la rinuncia alla prescrizione quale atto dismissivo attraverso cui l’interessato estromette un diritto gia’ acquisito nella propria sfera giuridica, la rinuncia non e’ piu’ revocabile e la non operativita’ della causa estintiva deve considerarsi definitiva perche’ superata da una contraria manifestazione di volonta’ il cui contenuto, solo in apparenza negativo, esprime in realta’ l’esercizio del diritto dell’imputato ad ottenere un bene maggiore, ossia un giudizio nel merito, con l’eventuale riconoscimento della sua piena innocenza attraverso il proscioglimento dall’addebito.
Una volta intervenuta la dichiarazione espressa di rinuncia, infatti, egli “autorizza” sostanzialmente la prosecuzione dell’azione penale nei suoi confronti e non puo’ sottrarsi alle conseguenze, ed agli inevitabili rischi, derivanti dalla scelta reiettiva precedentemente operata, rimanendo assoggettabile anche alla possibilita’ di una conclusione sfavorevole della propria vicenda processuale.
Nel richiedere l’espletamento del processo esercitando il suo diritto al giudizio, l’imputato, in definitiva, accetta la possibilita’ di andare incontro a tutte le possibili definizioni dello stesso in conformita’ a legge, ivi compresa quella che del reato e del fatto che in concreto lo realizzi sia accertata l’esistenza (cfr., in tema di concessione dell’amnistia, Corte Cost., sent. n. 52 del 27 maggio 1968, in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica 4 giugno 1966, n. 332, articolo 14).
2.4. Sulla base delle su esposte considerazioni deve pertanto enunciarsi il seguente principio di diritto: “L’effetto di irretrattabilita’ della dichiarazione di rinuncia alla – gia’ maturata – prescrizione del reato si realizza nel momento in cui la dichiarazione e’ portata, nei modi di legge, a conoscenza dell’autorita’ giudiziaria. Da quel momento la rinuncia esplica i propri effetti e il divieto di procedere e’ sostituito dal dovere di procedere (la prosecuzione dell’azione penale), che trae la propria fonte da una “autorizzazione” dell’imputato e che non puo’ essere dal medesimo neutralizzato attraverso una dichiarazione di revoca della rinuncia”.

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

3. Manifestamente infondate e genericamente formulate devono ritenersi le ulteriori doglianze nei rispettivi ricorsi enunciate, avendo la sentenza impugnata congruamente ed esaustivamente illustrato le ragioni giustificative del percorso motivazionale sulla cui base ha preso in esame e disatteso le medesime obiezioni difensive che sono state in questa Sede riproposte, senza articolare un confronto criticamente orientato a confutare in maniera puntuale e specifica il complesso delle argomentazioni illustrate a sostegno della decisione impugnata.
3.1. Nel richiamare le molteplici ed inequivoche risultanze del compendio probatorio vagliato nella prima decisione in relazione ai reati di cui ai capi 1) e 7) – la’ dove si dava contezza dell’esistenza di una struttura piramidale al cui vertice sedeva (OMISSIS), che dal carcere impartiva istruzioni e richieste ai coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS) e, attraverso loro, al (OMISSIS) e ad altro appartenente alla Polizia di Stato, che a loro volta miravano ad ottenere vantaggi economici dalla prestazione di una serie di servigi consistiti nella commissione di una pluralita’ di atti contrari ai doveri d’ufficio (come, ad es., i servizi di scorta effettuati in favore del (OMISSIS) e del (OMISSIS), come pure dei loro accompagnatori; l’aver fornito informazioni e documenti riservati in merito ai servizi di sicurezza ed ai piani di protezione predisposti per personalita’ ritenute a rischio; l’aver consegnato al (OMISSIS) la copia digitale del verbale delle dichiarazioni rese all’Ispettore (OMISSIS) da un collaboratore di giustizia detenuto, (OMISSIS); l’aver divulgato gli elenchi esistenti presso la Squadra Mobile relativi ai numeri di telefono dei cellulari anche personali di numerosi funzionari di Polizia ecc.) – la sentenza impugnata ha posto in evidenza come tali comportamenti fossero non solo indicativi di un palese contrasto con i doveri di fedelta’, segretezza, vigilanza, imparzialita’ ed onesta’ del pubblico ufficiale, ma rivelassero anche l’offerta di un consapevole, stabile e parallelo “servizio esterno” prestato dall’odierno ricorrente in favore di un’organizzazione clandestina.
Sulla base di argomentazioni linearmente esposte ed immuni da vizi in questa Sede rilevabili, la sentenza impugnata ha spiegato come presso l’abitazione del (OMISSIS) in Firenze siano stati rinvenuti diversi documenti in originale della Questura di Roma e numerosi atti attestanti la consultazione dei terminali del Ministero dell’Interno, che i testimoni escussi in dibattimento hanno confermato essere autentici e provenienti proprio dagli uffici della struttura cui apparteneva il (OMISSIS) (ad es., un piano di protezione predisposto in occasione di una visita a Roma di esponenti palestinesi; i servizi di vigilanza e protezione predisposti nei confronti di personalita’ di rilievo, come (OMISSIS); schede di intervento che ricostruivano la dislocazione del personale in servizio sul territorio ecc.): documenti di natura riservata, che sarebbero dovuti rimanere nella cognizione e disponibilita’ dei soli funzionari preposti allo svolgimento dei relativi servizi e sulla cui sottrazione e consegna al (OMISSIS) da parte del (OMISSIS) i Giudici di merito hanno diffusamente motivato anche sulla base del fatto che essi si trovavano custoditi in una cartella intitolata con l’indicazione di un soprannome indiscutibilmente utilizzato per identificare lo stesso (OMISSIS).

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

Analoghe considerazioni sono state dai Giudici di merito espresse in relazione: a) al contenuto della documentazione rinvenuta all’interno dell’abitazione dei genitori del (OMISSIS) in Firenze, ove erano conservate missive ricevute da (OMISSIS) e (OMISSIS) in cui si esponevano una serie di problematiche e il ruolo che, al fine di risolverle, avevano svolto e avrebbero potuto continuare a svolgere il (OMISSIS) ed altro coimputato – anche in tal caso pacificamente individuati sulla base dell’utilizzo di diminutivi ad essi ritenuti riferibili in forza di argomentazioni logicamente esposte ed esenti da vizi rilevanti nel giudizio di legittimita’ – facendo leva proprio sull’utilizzo di elementi informativi che erano nella loro diretta disponibilita’ grazie al ruolo da essi rivestito negli uffici della Polizia di Stato; b) ai numerosi accompagnamenti effettuati nell’espletamento del cd. “servizio scorta” assicurato dal (OMISSIS) agli altri componenti del gruppo gravitante attorno al (OMISSIS), sulle cui caratteristiche e modalita’ hanno concordemente riferito i testimoni qualificati escussi in dibattimento alla luce dei risultati emersi dallo svolgimento dei correlativi servizi di osservazione e pedinamento nei confronti degli imputati (accompagnamenti, peraltro, documentalmente riscontrati in alcuni casi anche dal contenuto di annotazioni rinvenute nell’abitazione del (OMISSIS)).
A fronte di tale continuativa e sistematica attivita’ di collaborazione contraria ai doveri d’ufficio, la Corte distrettuale ha puntualmente posto in rilievo le risultanze delle verifiche svolte sulle disponibilita’ economiche dell’imputato, il cui conto corrente registrava, esclusi gli emolumenti percepiti per ragioni di servizio, la presenza di somme rilevanti di ignota origine e provenienza (oltre sessanta milioni di lire) nell’arco temporale ricompreso fra il mese di aprile del 1998 e il mese di aprile del 1999, ivi confluite con versamenti a cadenza mensile, la cui unica possibile causale e’ stata motivatamente ricollegata al suo costante asservimento agli interessi dei predetti coimputati, anche in ragione degli ulteriori elementi di fatto costituiti dalle promesse di elargizioni patrimoniali che lo stesso imputato ha ammesso di aver ricevuto dal (OMISSIS) in relazione ai vantaggi che gli sarebbero derivati dalla realizzazione di una truffaldina operazione finanziaria progettata dallo stesso (OMISSIS), dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS) ai danni di un istituto di credito (la banca “(OMISSIS)” di (OMISSIS)).

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

3.2. Richiamato il quadro argomentativo congruamente delineato nella decisione di primo grado, la sentenza impugnata ha inoltre preso in esame e puntualmente disatteso le analoghe obiezioni e censure in questa Sede genericamente riproposte dal predetto ricorrente in ordine al reato di cui al capo 4), spiegando le ragioni giustificative della ritenuta attendibilita’ delle dichiarazioni testimoniali rese da (OMISSIS), funzionario della sala operativa della Questura di Roma, in ordine alla vicenda storico-fattuale enucleata nel correlativo tema d’accusa, allorquando ella si determino’ a riferire al dirigente dell’ufficio e, per il suo tramite, agli uffici direttivi della D.I.G.O.S. di Roma, di esser stata contattata dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS) (anch’egli funzionario della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Roma), che, al fine di assicurarle la possibilita’ di una sistemazione maggiormente redditizia e a lei piu’ confacente presso altro ufficio, la informarono di far parte di un’organizzazione parallela ai servizi istituzionali di informazione, proponendole, in cambio del prospettato trasferimento, di fornire loro informazioni riservate in merito al servizio che la stessa avrebbe dovuto svolgere presso la nuova struttura.
Dichiarazioni, quelle teste’ richiamate, che non sono state smentite da contrari elementi di prova e che hanno trovato diretto riscontro, come evidenziato dai Giudici di merito, non solo in quelle rese dal dirigente del suo ufficio, (OMISSIS), e nel contenuto delle relative annotazioni di servizio in motivazione analizzate, ma anche in una lettera inviata dal (OMISSIS) al (OMISSIS) il 21 luglio 1998, ove il primo chiedeva al secondo un aiuto per far trasferire la funzionaria alla D.I.A., collegando siffatta richiesta alla redazione di un dossier da utilizzare al fine di ricattare l’on. (OMISSIS) perche’ intervenisse sui giudici di Bologna per la revisione di un processo ivi celebrato nei confronti dello stesso (OMISSIS).
Coerenti al riguardo devono pertanto ritenersi le conclusioni cui la Corte distrettuale e’ pervenuta nel sottolineare, alla luce di una valutazione analitica e globale delle risultanze del compendio probatorio, come la prospettata assegnazione ad un incarico piu’ prestigioso e meglio remunerato integrasse un vantaggio suscettibile di una valutazione di ordine patrimoniale rilevante anche in relazione alla contestata fattispecie delittuosa di cui all’articolo 322 c.p., laddove la contropartita legata al soddisfacimento della richiesta di rivelazione di informazioni riservate inerenti allo svolgimento delle funzioni nel nuovo ufficio cui la predetta funzionaria sarebbe stata assegnata costituiva il corrispettivo integrante una palese violazione dei doveri di riserbo e segretezza derivanti dal tipo di qualifica e dai compiti ad essa riconnessi.
4. Analoghe considerazioni devono svolgersi in ordine alle doglianze dai ricorrenti genericamente prospettate a fronte della puntuale disamina dalla Corte distrettuale effettuata riguardo alle vicende storico-fattuali oggetto delle imputazioni loro ascritte a titolo concorsuale nei capi 2) e 8).

 

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

4.1. In relazione al tentativo posto in essere dal (OMISSIS) per indurre l’on. (OMISSIS) ad intercedere in suo favore presso i giudici del Tribunale di Bologna che avrebbero dovuto esaminare una richiesta di revisione relativa ad una sentenza di condanna per calunnia pronunciata nei confronti del (OMISSIS), la Corte distrettuale ha richiamato i numerosi tasselli del quadro probatorio gia’ compiutamente vagliato in primo grado (ad es., una lettera inviata dal (OMISSIS) al (OMISSIS) ove si faceva riferimento alla possibilita’ di ricorrere a due agenti – “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)” – nella costituzione di dossier completi; il sequestro del dossier presso le abitazioni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); una perizia grafica che attribuiva al (OMISSIS) la materiale stesura dello scritto e le ammissioni dello stesso (OMISSIS) circa il fatto che la relazione manoscritta sequestrata al (OMISSIS) era stata da lui redatta; due post-it collocati sullo stralcio di una relazione sequestrato al (OMISSIS), uno dei quali riportava l’annotazione: “consegnatomi a (OMISSIS) da (OMISSIS) per conto di (OMISSIS)”; un biglietto ferroviario sequestrato presso l’abitazione del (OMISSIS), sul quale comparivano, fra l’altro, delle annotazioni scritte con riferimenti al (OMISSIS), alla (OMISSIS) e a (OMISSIS); altro biglietto ferroviario che recava una scritta relativa alla indicazione del giorno in cui il (OMISSIS) venne a Roma per incontrare il (OMISSIS), ecc.) ed ha linearmente illustrato le ragioni addotte a sostegno del ritenuto coinvolgimento dei predetti imputati nella predisposizione di un dossier contenente la falsa ricostruzione delle circostanze relative alla morte dell’Ispettore (OMISSIS), analizzando l’insieme degli elementi di prova coerentemente ritenuti indicativi della piena consapevolezza dell’uso che di esso sarebbe stato fatto attraverso la consegna di una copia della relazione al giornalista (OMISSIS).
Entro tale prospettiva, inoltre, la sentenza impugnata ha confutato con ampiezza di argomentazioni le medesime obiezioni in questa Sede solo genericamente reiterate dai ricorrenti ed ha ricostruito in maniera dettagliata la storia della progressiva elaborazione della falsa relazione sul sequestro (OMISSIS) nelle sue varie versioni, dando conto delle aggiunte via via inseritevi e spiegando come al (OMISSIS) – che avrebbe dovuto farsi portavoce delle intenzioni del (OMISSIS) presso l’on. (OMISSIS) – venne consegnata una versione della relazione rinvenuta nell’abitazione del (OMISSIS), integrata con ulteriori aggiunte e con l’inserimento di una piantina del locale disegnata negli appunti poi sequestrati.
A tal proposito, in particolare, la Corte distrettuale ha evidenziato come in una missiva del 28 settembre 1998 il (OMISSIS) informasse il (OMISSIS) dell’ampliamento della relazione con altri dettagli ed ulteriori nominativi di persone che avevano preso parte all’operazione.
Sulla base dei plurimi e convergenti elementi documentali globalmente vagliati attraverso l’analisi incrociata delle loro specifiche inferenze probatorie, i Giudici di merito hanno attribuito l’intero materiale relativo alla formazione del falso dossier all’attivita’ al riguardo svolta dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), ponendo in evidenza come la consegna del materiale ad una persona che non aveva alcun rapporto con case editrici e che sosteneva di appartenere a strutture collegate ai servizi segreti non lasciava alcun dubbio sull’utilizzo a fini ricattatori della predetta relazione.

 

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

Ulteriori elementi di conferma sono stati dalle sentenze di merito ricavati sulla base della deposizione resa dal (OMISSIS), la’ dove ha dichiarato che il (OMISSIS) gli chiese, nel corso di un colloquio svoltosi nel carcere di (OMISSIS), di contattare l’on. (OMISSIS) per intercedere sui Giudici di Bologna al fine di favorire l’accoglimento della su richiamata istanza e che, nei successivi incontri avvenuti a Roma, gli venne consegnata dagli emissari del (OMISSIS) (da lui riconosciuti in sede di individuazione fotografica nelle persone del (OMISSIS) e del (OMISSIS)) la relazione che, a detta dei suoi interlocutori, conteneva elementi che avrebbero potuto nuocere all’on. (OMISSIS), sicche’ questi, per evitarne la divulgazione, sarebbe stato costretto a svolgere la richiesta opera di convincimento.
Pur assicurando i suoi interlocutori che avrebbe incontrato il predetto uomo politico, il (OMISSIS) comprese che lo si voleva coinvolgere in una operazione ricattatoria architettata in suo danno e ne parlo’ con una delle segretarie dell’uomo politico, ma, nonostante i solleciti da essi rivoltigli, non fece poi nulla per incontrarlo.
Del contenuto del dossier, peraltro, hanno dato ampiamente conto le sentenze di merito, ponendo in rilievo come vi fossero falsamente ricostruite le circostanze relative alla morte dell’Ispettore (OMISSIS), per far sembrare verosimile non solo la circostanza che nel corso dell’operazione di Polizia finalizzata all’arresto dei sequestratori del (OMISSIS) egli fosse stato ucciso dai suoi stessi colleghi e non, come sostenuto all’epoca dagli inquirenti, dai sequestratori, ma anche il fatto che di tale vicenda fossero da considerare ispiratori e responsabili occulti diverse personalita’ con alte responsabilita’ istituzionali, tra cui l’allora Presidente della Camera dei Deputati.
Evidente, dunque, come osservato dai Giudici di merito, il grave pericolo che da un coinvolgimento nella vicenda sarebbe potuto derivare per l’uomo politico, infangandone la reputazione per un apprezzabile lasso temporale ed ostacolandone il raggiungimento di obiettivi ed altri prestigiosi incarichi cui egli poteva aspirare in quel momento.
Cio’ posto, deve rilevarsi come, alla luce delle su richiamate emergenze probatorie, le conformi decisioni di merito abbiano fatto buon governo dei principi al riguardo stabiliti da questa Suprema Corte (ex multis v. Sez. 5, n. 40782 del 11/07/2013, C., Rv. 257201; Sez. 5, n. 34124 del 06/05/2019, C., Rv. 276903), secondo cui ai fini della configurabilita’ del tentativo di violenza privata non e’ necessario che la minaccia abbia effettivamente intimorito il soggetto passivo determinando una costrizione, ancorche’ improduttiva del risultato perseguito, ma e’ sufficiente che si tratti di minaccia idonea ad incutere timore e diretta a costringere il destinatario a tenere, contro la propria volonta’, la condotta pretesa dall’agente.
4.2. A non diverse conclusioni deve giungersi in relazione al reato di cui agli articoli 110 e 326 c.p. contestato ai predetti imputati nel capo 8), avendo le conformi decisioni di merito puntualmente ricostruito l’intera vicenda sulla base delle univoche risultanze probatorie, sia di fonte orale che documentale, in motivazione richiamate.
In tal guisa, muovendo dalla disamina del verbale di sequestro e dei correlativi atti processuali, la sentenza impugnata ha ripercorso i tempi e le modalita’ di acquisizione delle prove, confutando le obiezioni difensive sulla base di sequenze argomentative solo aspecificamente contestate dai ricorrenti e dando conto, segnatamente: a) delle modalita’ del rinvenimento, nell’abitazione romana del (OMISSIS), di un supporto magnetico sul quale era stato registrato un verbale contenente le dichiarazioni rilasciate dal (OMISSIS) al (OMISSIS), e ad un altro suo collega, nella qualita’ di Ispettore della (OMISSIS) di Roma; b) del fatto che il relativo dischetto magnetico venne consegnato al (OMISSIS) dal (OMISSIS), il quale lo aveva a sua volta ricevuto dal (OMISSIS) proprio al fine di farlo recapitare al (OMISSIS) per il perseguimento di illecite finalita’ ideate dal (OMISSIS); c) del carattere di estrema riservatezza delle dichiarazioni rese dal predetto collaboratore, in ragione dell’ipotizzato coinvolgimento di personalita’ di grande rilievo politico in vicende di criminalita’ organizzata; d) della circostanza di fatto che il file contenente le predette dichiarazioni venne letto, ma non modificato, all’atto del rinvenimento in data 14 giugno 1999, cosi’ escludendo la fondatezza della ventilata ipotesi che potesse essere stato creato dal personale della Polizia che aveva proceduto alle operazioni di perquisizione e sequestro; e) del fatto che il dischetto originale e’ stato sempre custodito presso la cassaforte del Tribunale su disposizione del Presidente del Collegio; f) dell’assenza di qualsiasi elemento idoneo a suffragare una ricostruzione alternativa a quella dai Giudici di merito specificamente argomentata.

 

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

Deve in definitiva rilevarsi come l’intima coerenza e la complessiva tenuta logica delle ragioni giustificative illustrate nella decisione impugnata non siano state validamente censurate dai ricorrenti, limitatisi ad enunciare una serie di obiezioni gia’ esaustivamente disattese dai Giudici di merito ed a formulare critiche e rilievi sulle valutazioni espresse in ordine alle risultanze offerte dal materiale probatorio sottoposto alla loro cognizione, prospettandone tuttavia una diversa ed alternativa lettura, il cui vaglio delibativo, come e’ noto, esorbita dai limiti assegnati al giudizio di legittimita’.
5. Al rigetto dei ricorsi consegue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione del reato

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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