Costruzione di immobili eseguiti senza rispettare la concessione edilizia

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 20 agosto 2020, n. 17457.

La massima estrapolata:

In tema di contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti senza rispettare la concessione edilizia, occorre distinguere le ipotesi di difformità totale e parziale: nel primo caso, che si verifica ove l’edificio realizzato sia radicalmente diverso per caratteristiche tipologiche e volumetrie, l’opera è da equiparare a quella posta in essere in assenza di concessione, con conseguente nullità del detto contratto per illiceità dell’oggetto e violazione di norme imperative; nel secondo caso, invece, che ricorre quando la modifica concerne parti non essenziali del progetto, tale nullità non sussiste

Ordinanza 20 agosto 2020, n. 17457

Data udienza 6 dicembre 2019

Tag/parola chiave: APPALTO PRIVATO – DIFFORMITA’ E VIZI DELL’OPERA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 9646/2016 R.G. proposto da:
(OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – rappresentato e difeso in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 221 – 13/18.3.2015 della corte d’appello di Salerno, udita la relazione nella camera di consiglio del 6 dicembre 2019 del consigliere Dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto notificato il 31.7.1992 (OMISSIS) citava a comparire innanzi al tribunale di Salerno (OMISSIS).
Esponeva che con scrittura in data 6.3.1991 la convenuta, proprietaria di un fabbricato in (OMISSIS), alla localita’ (OMISSIS), gli aveva affidato in appalto l’esecuzione dei lavori di ricostruzione del rustico del fabbricato in conformita’ al progetto da predisporsi dall’architetto contestualmente incaricato.
Esponeva che, ultimati i lavori, alla stregua della contabilita’ finale delle opere predisposta dal direttore dei lavori, era risultato creditore della committente per l’importo di lire 70.472.092, importo alla cui corresponsione nondimeno la controparte non aveva provveduto.
Chiedeva che la convenuta fosse condannata a pagargli l’importo anzidetto, oltre interessi e spese.
1.1. Si costituiva (OMISSIS).
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
1.2. All’esito dell’istruzione probatoria, con sentenza n. 409/2012 l’adito tribunale condannava la convenuta a pagare all’attore la somma di Euro 34.705,50, oltre interessi.
2. Proponeva appello (OMISSIS).
Resisteva (OMISSIS).
2.1. Con sentenza n. 221 dei 13/18.3.2015 la corte d’appello di Salerno – tra l’altro – rigettava l’iniziale domanda dell’attore, compensava per intero le spese del doppio grado e poneva le spese di c.t.u. a solidale carico di ambedue le parti.
2.2. Evidenziava la corte che l’esperita c.t.u. dava ragione indiscutibilmente della difformita’ delle opere realizzate rispetto alle opere previste in progetto, difformita’ scaturite, alle stregua degli esiti delle assunte prove per testimoni, dalle direttive impartite dalla parte committente.
Evidenziava dunque che era stata realizzata un’opera diversa da quella originariamente prevista, sicche’ le parti avevano concordemente modificato l’originario contratto e fatto luogo all’esecuzione di un manufatto dissimile da quello di cui alla concessione edilizia, come tale senz’altro illegittimo.
Evidenziava inoltre che non aveva valenza alcuna la valutazione espressa in data 30.11.1992 dall’ufficio tecnico del Comune di (OMISSIS).
Evidenziava infine che anche sull’appaltatore incombe l’obbligo giuridico del rispetto della normativa edilizia, sicche’ l’appellato non aveva titolo, in dipendenza della nullita’ del contratto, per domandare il corrispettivo.
3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS); ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
(OMISSIS) ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimita’.
4. Il ricorrente ha depositato memoria.
Parimenti ha depositato memoria la controricorrente.
5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso, erroneo esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.
Deduce che la corte di merito ha travisato le risultanze della c.t.u. e quindi del tutto erroneamente ha opinato per la totale diversita’ dell’opera realizzata rispetto a quella prevista nella concessione edilizia.
Deduce che la corte di merito ha errato a ritenere che alla stregua delle rilevate difformita’ le parti hanno inteso siglare un nuovo e diverso contratto.
Deduce che la corte di merito ha valutato erroneamente le risultanze dell’accertamento eseguito dal tecnico del Comune di (OMISSIS) in data 30.11.1992, accertamento con il quale e’ stata attestata “la conformita’ delle opere fino a quel momento realizzate al progetto” (cosi’ ricorso, pag. 6).
Deduce che pur a seguito dell’accertamento eseguito dal tecnico del Comune di (OMISSIS) non e’ stato assunto alcun provvedimento sanzionatorio con riferimento al manufatto oggetto del contratto di appalto.
6. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1346, 1418, 1659, 1660, 1661 e 1668 c.c., e della L. n. 47/2985, articoli 7, 8 e 12; denuncia altresi’ il vizio di motivazione.
Deduce che, se difformita’ rispetto alle prefigurazioni della concessione edilizia vi sono state, sono semmai da qualificare come “variazione non essenziale”, sicche’ il contratto d’appalto non puo’ essere considerato nullo.
Deduce ancora che la corte di merito non ha motivato in ordine alla natura della difformita’, ovvero non ha esplicitato se trattasi di nullita’ totale o parziale.
7. Si premette che non si terra’ conto delle argomentazioni difensive di cui alla memoria depositata nell’interesse del ricorrente.
Infatti la memoria risulta depositata in data 28.11.2019, oltre il termine di “non oltre dieci giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio” fissata per il giorno 6.12.2019.
La memoria quindi e’ stata depositata in violazione di quanto prescritto dall’articolo 380 bis. 1 c.p.c..
8. Si premette inoltre che il ricorso – contrariamente all’assunto della controricorrente (cfr. controricorso pagg. 15 – 16) – e’ stato proposto tempestivamente.
8.1. E’ fuor di contestazione che la sentenza n. 221/2015 in questa sede impugnata non e’ stata notificata.
Si applica ratione temporis alla fattispecie il termine “lungo” di un anno, atteso che il giudizio in prime cure ha avuto inizio in epoca antecedente al 4.7.2009 (cfr. Cass. (ord.) 6.10.2015, n. 19969, secondo cui, in tema di impugnazioni, la modifica dell’articolo 327 c.p.c., introdotta dalla L. n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, e’ applicabile, ai sensi dell’articolo 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio).
Ai fini della determinazione della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale la modifica di cui al Decreto Legislativo n. 132 del 2014, articolo 16, comma 1, (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 162 del 2014), che, sostituendo la L. n. 742 del 1969, articolo 1, ha ridotto il periodo di sospensione da 46 giorni a 31 giorni (dall’1 al 31 agosto di ciascun anno), trova applicazione, in mancanza di una disciplina transitoria, a partire dalla sospensione dei termini relativa al periodo feriale dell’anno solare 2015, non rilevando, a tal fine, la data dell’impugnazione o quella di pubblicazione della sentenza (cfr. Cass. (ord.) 11.5.2017, n. 11758).
8.2. Alla luce di tali rilievi si rimarca quanto segue.
Da un canto, la sentenza in questa sede impugnata e’ stata depositata e quindi pubblicata il 18.3.2015.
D’altro canto, il ricorso e’ stato notificato il 15.4.2016.
Il ricorso dunque e’ stato proposto tempestivamente, senza dubbio entro la scadenza di un anno e 31 giorni.
9. I motivi di ricorso sono strettamente connessi, siccome anche il secondo mezzo si qualifica in relazione alla previsione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Invero, per un verso, pur con il secondo mezzo il ricorrente, allorche’ assume che trattasi al piu’ di “variazione non essenziale”, censura sostanzialmente il giudizio “di fatto” cui la corte distrettuale ha atteso, allorquando ha affermato che e’ stata realizzata un’opera diversa dal quella prevista nella concessione edilizia.
Invero, per altro verso, e’ propriamente il motivo di ricorso ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).
Invero, per altro verso ancora, questa Corte spiega che, in tema di contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti senza rispettare la concessione edilizia, occorre distinguere le ipotesi di difformita’ totale e parziale: nel primo caso, che si verifica ove l’edificio realizzato sia radicalmente diverso per caratteristiche tipologiche e volumetrie, l’opera e’ da equiparare a quella posta in essere in assenza di concessione, con conseguente nullita’ del detto contratto per illiceita’ dell’oggetto e violazione di norme imperative; nel secondo caso, invece, che ricorre quando la modifica concerne parti non essenziali del progetto, tale nullita’ non sussiste (cfr. Cass. (ord.) 27.11.2018, n. 30703; Cass. 31.1.2011, n. 2187).
Evidentemente la surriferita differenziazione non puo’ che postulare un “giudizio di fatto” del giudice del merito, “giudizio di fatto” censurabile in sede di legittimita’ nei limiti, appunto, dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si giustifica dunque la disamina contestuale di ambedue i motivi di ricorso. Comunque ambedue i motivi sono privi di fondamento e vanno respinti.
10. Nei termini teste enunciati le addotte ragioni di censura sono evidentemente da vagliare nel solco dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.
Ebbene in quest’ottica si osserva quanto segue.
Da un lato, e’ da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia a sezioni unite teste menzionata, possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte territoriale ha ancorato il suo dictum.
Con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte di Salerno ha – siccome si e’ gia’ in precedenza evidenziato – compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.
In particolare, a riscontro della totale difformita’ dell’opera – rispetto alle prefigurazione di cui alla licenza edilizia n. 7282 rilasciata dal Comune di (OMISSIS) il 10.8.1990 – la corte salernitana ha dato atto della “costruzione di una scala in c.a. in posizione diversa da quella prevista; (dell’)apertura sul solaio di un vano di m. 2,50 x 2,80; (dell’)apertura di vani finestre e porte sui setti murari a quota inferiore a 0,00; (del) mancato reinterro del piano seminterrato e del soprastante piano sul lato ovest” (cosi’ sentenza d’appello, pag. 2).
Dall’altro, la corte di Salerno ha sicuramente disaminato il fatto decisivo caratterizzante in parte qua la res litigiosa, ossia l'”an” ed il “quantum” delle difformita’ dell’opera eseguita rispetto a quanto previsto nella licenza edilizia.
11. In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte d’appello, risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo e esaustivo sul piano logico – formale.
Si tenga conto, da un lato, che del tutto ingiustificato e’ l’asserito difetto di motivazione – veicolato dal secondo mezzo – in ordine alla natura totale o parziale delle riscontrate difformita’: alla luce del passaggio motivazionale dapprima testualmente riferito la corte di merito ha dato conto univocamente che si e’ al cospetto di difformita’ concernenti parti essenziali del progetto.
Si tenga conto, dall’altro, che il ricorrente censura l’asserita distorta ed erronea valutazione delle risultanze di causa (In particolare le risultanze della c.t.u. e le risultanze dell’accertamento eseguito dal tecnico del Comune di (OMISSIS) in data 30.11.1992).
E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ne’ in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).
12. In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimita’; la liquidazione segue come da dispositivo.
13. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica cit., se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, (OMISSIS), a rimborsare alla controricorrente, (OMISSIS), le spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in complessivi Euro 4.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica cit., se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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