La consulenza tecnica di parte è ammissibile anche in appello

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|15 febbraio 2022| n. 4933.

La consulenza tecnica di parte è ammissibile anche in appello.

La consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, sicché la sua produzione, in quanto sottratta al divieto di cui all’articolo 345 del Cpc, è ammissibile anche in appello.

Sentenza|15 febbraio 2022| n. 4933. La consulenza tecnica di parte è ammissibile anche in appello

Data udienza 14 gennaio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Diritti reali – Proprietà – Danni – Ripristino – Procedimento ex art. 702 c.p.c. – Scelta del rito

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 10979-2017 proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS), e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 608/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 14/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 14/01/2022 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;
uditi l’avv. (OMISSIS), per parte ricorrente, la quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso, e l’avv. (OMISSIS), per parte controricorrente, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il P.G., nella persona del Sostituto Dott. PEPE ALESSANDRO, il quale ha concluso per il rigetto del primo motivo, l’inammissibilita’ del secondo, terzo e quinto e per l’accoglimento del quarto motivo del ricorso.

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FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex articolo 702 c.p.c. del 14.7.2014 (OMISSIS) evocava in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS), proprietari di un fondo confinante con il suo, innanzi il Tribunale di Alessandria, lamentando che i convenuti avessero eseguito opere di sbancamento per la realizzazione di un nuovo vigneto, alterando il dislivello naturale tra i fondi e causando l’erosione del ciglio della scarpata posta a confine tra le due proprieta’. Su tali premesse, il ricorrente invocava la condanna dei predetti convenuti al ripristino dello stato dei luoghi antecedente all’esecuzione degli interventi di cui anzidetto.
Il Tribunale, con ordinanza del 28.10.2015, resa nella resistenza dei convenuti, accoglieva la domanda, condannando questi ultimi ad eseguire le opere correttive e di ripristino indicate dal C.T.U.
Interponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS) e la Corte di Appello di Torino, con la sentenza impugnata, n. 608/2017, resa nella resistenza dell’originario attore, rigettava il gravame.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS) e (OMISSIS), affidandosi a cinque motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimita’ dell’udienza pubblica.
All’udienza del 14 gennaio 2022 la parte ricorrente ha concluso per l’accoglimento del ricorso, quella controricorrente per il rigetto, mentre il P.G. ha concluso per il rigetto del primo motivo, per l’inammissibilita’ del secondo, terzo e quinto e per l’accoglimento del quarto.

 

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RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 702 ter, 702 quater c.p.c. e articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe dovuto accogliere il motivo di gravame con il quale era stata censurata la decisione di prima istanza, nella parte in cui il Tribunale non aveva ravvisato l’esigenza di mutare il rito, da sommario in ordinario, in funzione della complessita’ degli accertamenti istruttori da compiere.
Il primo motivo e’ infondato.
Va premesso che la scelta del rito, sommario o ordinario, da applicare al singolo giudizio e’ riservata al giudice di merito, che ne valuta la complessita’ e sceglie, in ragione di essa, se sia opportuna la trasformazione del rito o se, in ragione delle caratteristiche della domanda, sia possibile proseguire con il rito sommario. In tale eventualita’, il giudice di merito non e’ tenuto a decider allo stato degli atti, ma puo’ dare ingresso all’attivita’ istruttoria ritenuta necessaria ai fini della decisione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1904 del 29/01/2014, Rv 629866).
Inoltre, nel caso di specie la Corte di Appello ha affermato che gli appellanti non avevano argomentato sulla complessita’ della causa che, a loro dire, richiedeva una istruttoria non sommaria (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata), ne’ avevano dimostrato, nel motivo di appello, quale pregiudizio avrebbero subito per effetto della mancata modificazione del rito in prima istanza (cfr. pag. 8). La contestazione che era stata mossa alla decisione di prime cure, dunque, e’ stata ritenuta generica dalla Corte territoriale, e – sotto questo profilo – il motivo in esame non si confronta adeguatamente con la decisione impugnata.
Gli odierni ricorrenti, infatti, si limitano ad affermare, nella doglianza in esame, che la complessita’ della causa era in re ipsa e che, proprio per questo, essi avevano chiesto alla Corte di Appello di ammettere alcune prove orali e di rinnovare la C.Testo Unico esperita in prime cure. Tali deduzioni, tuttavia, non sono sufficienti a dimostrare quale pregiudizio, in concreto, sarebbe derivato agli (OMISSIS) dalla mancata modificazione del rito, anche perche’ le richieste di prova orale che – secondo i ricorrenti – sarebbero state proposte in appello non vengono neppure riprodotte nella censura; il collegio, di conseguenza, non e’ in condizione di valutare la decisivita’ delle predette istanze.
Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 702 quarter, 112 c.p.c. e articolo 41 c.p., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente confermato la decisione di prime cure, che a sua volta si era fondata sull’accertamento del C.T.U., senza considerare i rilievi mossi dal C.T.P. degli odierni ricorrenti, incentrati sulla modesta entita’ delle opera di sbancamento eseguite dagli (OMISSIS) e sull’assenza di qualsiasi regimazione delle acque di ruscellamento meteorico all’interno della proprieta’ (OMISSIS).
La censura e’ inammissibile.

 

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Con essa, infatti, i ricorrenti invocano un riesame del merito, proponendo in sostanza una ricostruzione, in fatto, alternativa rispetto a quella, non implausibile, prescelta dalla Corte di Appello, senza considerare il principio secondo cui il motivo di ricorso non puo’ risolversi in una istanza di revisione della valutazione di merito svolta dalla Corte distrettuale e del convincimento dalla stessa espresso, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alla finalita’ del giudizio di legittimita’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).
Ne’ e’ ammissibile la censura rivolta all’apprezzamento delle prove da parte del giudice di merito, posto il principio per cui “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonche’ la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilita’ dei testi e sulla credibilita’ di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).

 

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Peraltro, va considerato anche che la deduzione secondo la quale nel fondo (OMISSIS) non esisterebbero opere atte a regolare il ruscellamento delle acque meteoriche non e’ assistita dall’indicazione degli elementi atti a comprovare l’assunto, ne’ dalla indicazione del momento processuale in cui essi sarebbero stati acquisiti agli atti del giudizio di merito, con conseguente carenza di specificita’ della doglianza (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8569 del 09/04/2013, Rv. 625839; conf. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015 Rv.636120; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 18679 del 27/07/2017 Rv. 645334; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4980 del 04/03/2014 Rv. 630291).
Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 702 quater e 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile l’elaborato peritale di parte prodotto dagli odierni ricorrenti in grado di appello, tesa ad evidenziare la lacunosita’ degli accertamenti svolti dal C.Testo Unico in prime cure, e non avrebbe quindi disposto la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, invocate invece dagli (OMISSIS).
Con il quinto motivo, suscettibile di trattazione unitaria con il terzo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 702 quater c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto non indispensabili, ai fini della decisione, i documenti prodotti dagli odierni ricorrenti solo in seconda istanza, senza considerare che essi erano diretti a contestare l’accertamento svolto dal C.Testo Unico e dunque erano decisivi.
Le due censure sono inammissibili.
Con esse, i ricorrenti si dolgono, in sostanza, del fatto che la Corte di Appello non abbia ritenuto ammissibile il deposito, effettuato in secondo grado, di un elaborato peritale di parte e di alcuni documenti, il cui contenuto non viene riportato nelle due censure in esame.
Con riferimento alla perizia di parte, occorre correggere in parte la motivazione della Corte di Appello, la quale e’ incorsa in errore, nella parte in cui ha affermato l’inammissibilita’ del deposito dell’elaborato in appello (cfr. pag. 14 della sentenza impugnata). Va infatti ribadito il principio secondo cui “La consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, sicche’ la sua produzione, in quanto sottratta al divieto di cui all’articolo 345 c.p.c., e’ ammissibile anche in appello” (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 13902 del 03/06/2013, Rv. 626469; in senso conforme, cfr. anche Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20347 del 24/08/2017, Rv. 645101). La produzione di detto documento in secondo grado, dunque, non era inammissibile, in quanto non soggetta al limite di cui all’articolo 345 c.p.c.
La svista, tuttavia, non e’ decisiva ai fini dell’esito del giudizio, poiche’ la perizia di parte non ha alcun valore probatorio autonomo, e dunque la sua mancata ammissione non e’ di per se’ rilevante, se la parte interessata non ne specifica la decisivita’, riportando nella censura in Cassazione almeno i passaggi salienti del documento in esame. Per esso, infatti, vale il principio – posto per tutti i documenti dei quali si censuri l’omessa considerazione e gia’ richiamato in relazione al secondo motivo di ricorso – per cui “Qualora il ricorrente, in sede di legittimita’, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisivita’, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18506 del 25/08/2006, Rv. 591899; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21621 del 16/10/2007, Rv. 600199 e Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13625 del 21/05/2019, Rv. 653996, tutte gia’ citate).
Infine, sempre con riferimento alla produzione dell’elaborato tecnico di parte, va evidenziato che essa – per stessa ammissione della parte ricorrente: cfr. pagg. 11 e s. del ricorso – tendeva a dimostrare le lacune dell’operato del C.T.U., al fine di avvalorare l’istanza di rinnovazione della consulenza tecnica; ma, sul punto, la Corte di Appello afferma che gli (OMISSIS) avrebbero sollevato critiche all’operato dell’ausiliario soltanto in appello (cfr. pag. 11 della sentenza). Tale affermazione e’ contestata dagli (OMISSIS), i quali affermano, per contro, di aver mosso osservazioni alla C.Testo Unico in modo tempestivo (in particolare, con memoria del loro C.T.P. in prime cure in data 21.12.2013: cfr. pag. 9 del ricorso), ma anche in questo caso la doglianza non riporta il contenuto del documento al quale fa riferimento, con conseguente ulteriore profilo di carenza di specificita’.
Con il quarto motivo, invece, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 908, 913 c.c. e articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, perche’ la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare che l’alterazione del regime naturale di scolo delle acque sarebbe stata causata non gia’ dagli (OMISSIS), con le modeste opere da essi poste in essere, bensi’ dall’originario attore (OMISSIS), che aveva modificato sensibilmente i luoghi per realizzare un’opera edilizia.
La censura e’ fondata.
I ricorrenti richiamano il passaggio della C.Testo Unico con il quale l’ausiliario ha individuato “il meccanismo di innesco costituito dalle intense precipitazioni (a carattere alluvionale) verificatesi nel periodo 15-16 marzo 2011 che hanno sicuramente determinato il verificarsi di significativi fenomeni erosivi e di infiltrazione di acque di ruscellamento diffuso… Dunque, in definitiva, l’evento alluvionale del 2011 incidendo sulla originaria morfologia dell’area caratterizzata da elevate acclivita’ e da sistemi di regimazione delle acque non adeguatamente mantenuti in corrispondenza dei fondi di entrambe le parti, unitamente alle caratteristiche intrinseche del terreno, puo’ avere determinato i modesti fenomeni di dissesto di che trattasi, sui quali puo’ avere avuto una incidenza assolutamente minimale l’ipotetico scalzamento del piede della scarpata” (cfr. pag. 7 del ricorso). La sentenza impugnata conferma che l’ausiliario abbia esaminato anche i lavori eseguiti dal (OMISSIS) sul proprio fondo, ma afferma che “non era emerso alcun elemento idoneo a rappresentare gli stessi come concausa efficiente” (cfr. pag. 15 della sentenza impugnata). Viceversa, il passaggio dell’elaborato peritale riportato da parte ricorrente dimostra che il C.Testo Unico aveva ritenuto che il dissesto della scarpata fosse stato causato innanzitutto dalla carente regimazione delle acque esistente sui fondi di ambo le parti. In tal modo, l’ausiliario ha individuato una concausa efficiente, che il Giudice di merito non ha tenuto in considerazione, discostandosi -senza fornire adeguata motivazione – da quanto accertato dal consulente tecnico. Sul punto, giova ribadire che il giudice di merito e’ libero di recepire le indicazioni del consulente tecnico, ma – in presenza di specifiche censure mosse dalla parte, ovvero quando intenda discostarsi dalle valutazioni tecniche dell’ausiliario – e’ tenuto ad indicare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione ad una specifica conclusione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1975 del 22/02/2000, Rv. 534215; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5344 del 16/03/2004, Rv. 571217; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4797 del 01/03/2007, Rv. 596664; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10688 del 24/04/2008, Rv. 603249; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23637 del 21/11/2016, Rv. 642660; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 15147 del 11/06/2018, Rv. 649560; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 25526 del 12/10/2018, Rv. 651060; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11917 del 06/05/2021, Rv. 661257). Ne’ puo’ essere condivisa l’affermazione -contenuta alle pagg. 15 e 16 della sentenza impugnata – secondo cui la questione relativa all’esistenza di possibili concause del dissesto della scarpata di cui si discute, individuate negli scoli provenienti dal fondo di proprieta’ Corbara, sarebbe nuova perche’ dedotta per la prima volta in appello. La tematica dell’individuazione delle cause del fenomeno oggetto di causa, infatti, costituisce l’oggetto del giudizio: la Corte di Appello, dunque, era stata certamente investita dagli appellanti, odierni ricorrenti, della questione, rispetto alla quale i predetti avevano pieno titolo di indicare l’esistenza di possibili concause, la cui efficienza causale avrebbe dovuto essere valutata dal giudice di secondo grado con riferimento al profilo della prova.
Da quanto precede deriva l’accoglimento del quarto motivo e la cassazione della decisione impugnata, in relazione alla censura accolta, con conseguente rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Torino, in differente composizione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibili il secondo, terzo e quinto motivo ed accoglie il quarto. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Corte di Appello di Torino, in differente composizione.

 

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