Interposizione fittizia: simulazione con terzo contraente

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|25 novembre 2024| n. 30239.

Interposizione fittizia: accordo simulatorio con terzo contraente

Massima: In tema d’interposizione fittizia di persona, la simulazione ha come indispensabile presupposto la partecipazione all’accordo simulatorio non solo dell’interposto e dell’interponente ma anche del terzo contraente, che deve dare la propria consapevole adesione all’intesa raggiunta tra i primi due soggetti assumendo i diritti e gli obblighi contrattuali nei confronti dell’interponente, ragion per cui la prova dell’accordo simulatorio deve avere ad oggetto la partecipazione del terzo all’accordo stesso, con la conseguenza che, in caso di compravendita immobiliare, la domanda diretta all’accertamento della simulazione, ai fini dell’invalidazione del negozio simulato “inter partes”, non può essere accolta se l’accordo simulatorio non risulti da atto scritto proveniente anche dal terzo contraente.

 

Ordinanza|25 novembre 2024| n. 30239. Interposizione fittizia: accordo simulatorio con terzo contraente

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto – Efficacia del contratto – Simulazione – Interposizione fittizia di persona – Compravendita immobiliare – Accordo trilatero – Necessità – Riflessi sul regime probatorio – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dai Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Rel./Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA

sul ricorso 28901-2021 proposto da:

Or.Al., rappresentata e difesa dall’Avvocato GI.CA. per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DI EL. Di.Co. E Gi.St. Snc E DEI SOCI Gi.St., Co.St. E Pi.Gi., rappresentato e difeso dall’Avvocato GI.FO. per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

nonché

Or.Ef., Or.Va., Or.Mi. E Or.Ma. e DO.DE. Srl;

– intimati –

avverso la SENTENZA n. 368/2021 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI, depositata il 2/9/2021;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO nell’adunanza in camera di consiglio del 15/10/2024;

Interposizione fittizia: accordo simulatorio con terzo contraente

FATTI DI CAUSA

1.1. Il Fallimento della EL. Di.Co. e Gi.St. Snc e dei soci Gi.St., Co.St. e Pi.Gi. ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Cagliari, Or.Al., deducendo, tra l’altro, che, con atto in data 3/8/2006, Co.St. aveva venduto alla convenuta, all’epoca sua convivente, un appartamento in E e che sussistevano tutti presupposti richiesti dagli artt. 66 legge fall. e 2901 c.c. per la revoca di tale atto.

1.2. Or.Al., dal suo canto, ha chiesto il rigetto della domanda di revoca deducendo che: – Co.St., come emergeva da una controdichiarazione avente data certa e sottoscritta da tutte le parti, non era l’effettivo proprietario dell’immobile in questione, avendolo, in realtà, acquistato, con atto del 28/5/2002, “solo formalmente”; – la vera acquirente dell’immobile era, in effetti, la convenuta; – nel 2004, il Di.Co. si era trasferito con la Or.Al. nell’immobile, procedendo alla sua ristrutturazione e contraendo un mutuo con la Banca Sa.Pa., garantito da ipoteca sull’immobile in questione; – nel 2006, tuttavia, quando la “relazione sentimentale era entrata temporaneamente in crisi”, il Di.Co. e la Or.Al. avevano deciso di dare “veste formale di atto pubblico ai descritti accordi”, stipulando il contratto impugnato dal Fallimento; – tale atto, quindi, non aveva arrecato alcun pregiudizio ai creditori in quanto il Di.Co., a fronte della natura simulata del suo acquisto, non era mai stato l’effettivo proprietario dell’immobile, mentre la vendita del 2006 non era stata altro che la mera “ricognizione” degli accordi dissimulati a suo tempo sottoscritti.

1.3. Il Tribunale, con sentenza del 2018, ha dichiarato l’inefficacia dell’atto in quanto compiuto in pregiudizio dei creditori del venditore poi fallito.

Interposizione fittizia: accordo simulatorio con terzo contraente

1.4. Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto che: – la controdichiarazione prodotta in giudizio dalla convenuta non poteva rilevare agli effetti invocati dalla stessa; – “la vendita”, infatti, “era stata effettuata dagli allora comproprietari Or.Ef., Or.Va., Or.Ma. e Or.Mi. (essendo questi ultimi due all’epoca minorenni, il padre Or.Ef. aveva sottoscritto anche nella veste di esercente la potestà in via esclusiva, munito di autorizzazione del Giudice Tutelare)”; – la controdichiarazione, pur se munita di data certa in ragione del timbro postale del 28/5/2002, non era stata, tuttavia, sottoscritta da tutti i venditori del “contestuale atto pubblico”; – Or.Ef., in effetti, aveva dichiarato di agire per conto dei figli minori ma non risultava a tal fine autorizzato dal giudice tutelare, mentre mancava la sottoscrizione della figlia maggiorenne Or.Va.; – tale atto, in definitiva, non era sufficiente a documentare la simulazione della vendita al Di.Co.; – la vendita del 2/8/2006 doveva essere, pertanto, revocata sussistendo i presupposti richiesti dall’art. 2901 c.c., e cioè il danno alle ragioni di creditori, la scientia damni del venditore e il consilium fraudis dell’acquirente.

1.5. Or.Al. ha proposto appello avverso tale sentenza, che la Corte distrettuale, con la pronuncia in epigrafe, ha rigettato.

1.6. La Corte, in particolare, dopo aver ritenuto che, in linea di principio, nell’interposizione fittizia di persona, la partecipazione all’accordo simulatoria non può essere limitata all’interponente e all’interposto ma deve necessariamente coinvolgere anche il terzo contraente, nel senso che questi deve dare, contestualmente o anche successivamente alla formazione di quell’intesa, purché antecedentemente o contestualmente al negozio simulato, la propria espressa adesione all’intesa raggiunta tra interposto e interponente, ha rilevato, quanto al caso in esame, che: – la controdichiarazione prodotta in giudizio non risultava sottoscritta dalla comproprietaria Or.Va., né risultava acquisita la necessaria autorizzazione del giudice tutelare ad Or.Ef. a porre in essere tale atto in nome e per conto dei minori Or.Mi. e Or.Ma.; – l’atto di disposizione del 3/8/2006 non poteva essere, pertanto, considerato come una “mera retrocessione finalizzata all’intestazione del bene in favore della reale acquirente”.

1.7. La Corte, infine, ha accertato che: – l’atto del 3/8/2006 aveva pregiudicato le ragioni dei creditori per effetto della mera “uscita del bene dalla massa a causa dell’atto dispositivo”; – l’immobile in questione “risultava avere un valore dichiarato (ed effettivo) molto superiore rispetto al mutuo” contratto dal fallito e garantito dall’ipoteca iscritta “a vantaggio del creditore privilegiato”, a prescindere dal fatto, rimasto privo di prova, che il Di.Co. non avrebbe, in realtà, mai incassato gli assegni bancari indicati nell’atto, tanto più che, se così fosse, “l’effettivo incasso degli assegni confermerebbe l’eventus damni in ragione della volatilità del denaro liquido (difatti non reperito) e della sua suscettibilità ad essere agevolmente occultato e sottratto alla massa”.

Interposizione fittizia: accordo simulatorio con terzo contraente

1.8. La Corte, quindi, rigettato l’appello.

2.1. Or.Al., con ricorso notificato l’8/11/2021, ha chiesto, per otto motivi, poi illustrati da memoria, la cassazione della sentenza della Corte d’Appello, assumendone la notifica il 9/9/2021.

2.2. Il Fallimento ha resistito con controricorso.

2.3. Sono rimasti intimati Or.Ef., Or.Va., Or.Mi. e Or.Ma. nonché la DO.DE. Srl

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e l’errata applicazione dell’art. 1399 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto che la controdichiarazione prodotta in giudizio non risultava sottoscritta dalla comproprietaria Or.Va. e che non era, dunque, idonea a dimostrare la natura simulata dell’atto d’acquisto in capo al fallito dell’immobile che lo stesso aveva poi venduto, omettendo, tuttavia, di considerare che Or.Ef., padre di Or.Va., aveva, in realtà, sottoscritto la controdichiarazione anche in nome e per conto di quest’ultima e che tale atto, in quanto compiuto da un falsus procurator, era inefficace, a norma dell’art. 1399 c.c., soltanto nei confronti della rappresentata ma non anche verso i terzi estranei, come il Fallimento, al quale, pertanto, è pienamente opponibile.

3.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e l’errata applicazione degli artt. 112, 167, 183 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto che la controdichiarazione era priva di efficacia nei suoi confronti in quanto priva della sottoscrizione della comproprietaria Or.Va., senza, tuttavia, considerare che l’eccezione d’inefficacia della controdichiarazione perché non sottoscritta da tutti i venditori era stata sollevata dal Fallimento solo in grado d’appello e che la stessa, in quanto eccezione in senso stretto, non poteva essere sollevata per la prima volta solo in grado d’appello.

3.3. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.

3.4. La sentenza impugnata, infatti, non risulta aver in alcun modo trattato la questione dell’applicazione dell’art. 1399 c.c. alla invocata controdichiarazione in ragione della dedotta sottoscrizione della stessa da parte di Or.Ef. anche in nome e per conto della figlia Or.Va. La ricorrente, dal suo canto, non ha (con la dovuta specificità) illustrato, in ricorso, (né ha dimostrato) di aver sollevato, nel corso del giudizio di merito, la questione della rilevanza di tale sottoscrizione ai fini, così come dalla stessa invocati in questa sede, previsti dall’art. 1399 c.c. Ed è, invece, noto che i motivi del ricorso per cassazione non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse, come quella in esame, postulano accertamenti in fatto (e cioè l’intervenuta sottoscrizione da parte di Or.Ef. della controdichiarazione in dichiarata rappresentanza anche della figlia Or.Va.) non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti (tanto più in difetto di riproduzione in ricorso della invocata dichiarazione) dai limiti funzionali del giudizio di legittimità (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 16742 del 2005; Cass. n. 22154 del 2004; Cass. n. 2967 del 2001).

Interposizione fittizia: accordo simulatorio con terzo contraente

3.5. La ricorrente, del resto, pur avendo (ai fini esposti) lamentato la mancata o erronea valutazione da parte del giudice di merito della controdichiarazione in quanto, a suo dire, sottoscritta da Or.Ef. in nome e per conto della figlia Or.Va. (cfr. la memoria, p. 2-5), non ha, tuttavia, provveduto alla riproduzione in ricorso del relativo testo. Ed è, invece, noto che i requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, nn. 3, 4 e 6, c.p.c., devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga ovvero indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso (Cass. n. 29093 del 2018). Il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, pertanto, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., il duplice onere, imposto a pena d’inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte (Cass. n. 26174 del 2014; Cass. n. 19048 del 2016; in precedenza, Cass. n. 2966 del 2011). Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., quale corollario del requisito di specificità dei motivi (anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28/10/2021) se, in effetti, non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, nondimeno impone che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (cfr. Cass. SU n. 8950 del 2022). Sono, pertanto, inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure che, come quelle in esame, sono dichiaratamente fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamarli ma non ne riproduca il contenuto nel ricorso (Cass. SU n. 34469 del 2019; Cass. n. 18695 del 2021), a meno che (ma non è questo il caso) si tratti di un documento avente un contenuto prestabilito (Cass. n. 12259 del 2022).

Interposizione fittizia: accordo simulatorio con terzo contraente

3.6. Quanto al resto, la Corte si limita a osservare che: – l’inopponibilità al Fallimento della controdichiarazione in quanto non sottoscritta da tutti i venditori, a partire dalla comproprietaria Or.Va., era stata già affermata dal Tribunale proprio sul rilievo, tra l’altro, che mancava la sottoscrizione di quest’ultima; – la nullità di tale statuizione, in quanto resa (a dire della ricorrente) nonostante la rilevabilità della relativa eccezione solo ad iniziativa del Fallimento, che non l’aveva però sollevata, doveva essere, pertanto, dedotta (contrariamente a quanto risulta dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso per cassazione) quale motivo d’appello (art. 161, comma 1, c.p.c.), con la conseguenza che, in mancanza, la stessa risulta, di fatto, sanata, rimanendo, pertanto, del tutto irrilevante il fatto che, a dire della ricorrente, il Fallimento avrebbe sollevato tale eccezione solo nel corso del giudizio d’appello.

3.7. Il terzo ed il quarto motivo, con i quali la ricorrente, lamentando la violazione e l’errata applicazione degli artt. 320, 322, 1441, 1442, 1414 e 1417 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché degli artt. 112, 167, 183 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto che la controdichiarazione era priva di efficacia nei confronti del fallimento in quanto la sottoscrizione di Or.Ef. in nome e per conto dei figli minori Or.Mi. e Or.Ma. era priva dell’autorizzazione del giudice tutelare, rimangono, invece, assorbiti, a fronte della mancanza (accertata in via ormai definitiva) della sottoscrizione della venditrice Or.Va. e della statuizione, (altrettanto definitiva) conseguentemente assunta, d’inefficacia della predetta controdichiarazione in ragione, appunto, della sua mancata sottoscrizione da parte di tutti i venditori.

3.8. La ricorrente, in effetti, non ha censurato la statuizione della Corte d’Appello secondo cui, nell’interposizione fittizia di persona, la partecipazione all’accordo simulatorio non può essere limitata all’interponente e all’interposto ma deve necessariamente coinvolgere anche il terzo contraente, nel senso che questi (attraverso la partecipazione di tutti i comproprietari) deve dare, contestualmente o anche successivamente alla formazione di quell’intesa, purché antecedentemente o contestualmente al negozio simulato, la propria espressa adesione all’intesa raggiunta tra interposto e interponente.

3.9. Questa Corte, del resto, ha già avuto modo di affermare che: – in tema d’interposizione fittizia di persona, la simulazione ha come indispensabile presupposto la partecipazione all’accordo simulatorio non solo dell’interposto e dell’interponente ma anche del terzo contraente, che deve dare la propria consapevole adesione all’intesa raggiunta tra i primi due soggetti assumendo i diritti e gli obblighi contrattuali nei confronti dell’interponente, ragion per cui la prova dell’accordo simulatorio deve avere ad oggetto la partecipazione del terzo all’accordo stesso, con la conseguenza che, in caso di compravendita immobiliare, la domanda diretta all’accertamento della simulazione, ai fini dell’invalidazione del negozio simulato inter partes, non può essere accolta se l’accordo simulatorio non risulti (come, appunto, nel caso in esame) da atto scritto proveniente anche dal terzo contraente (cfr. Cass. n. 25578 del 2018); – la configurabilità di una simulazione relativa sotto il profilo soggettivo, infatti, richiede un accordo non solo tra l’interponente e l’interposto, ma anche con il terzo, il quale deve consentirvi (con l’intervento di tutti i comproprietari del bene venduto), esprimendo la propria adesione nella debita forma, che, per i trasferimenti immobiliari, è quella scritta (Cass. n. 7537 del 2017).

Interposizione fittizia: accordo simulatorio con terzo contraente

3.10. Ed una volta esclusa (ormai definitivamente) la dedotta simulazione dell’atto d’acquisto in capo al Di.Co. del 28/5/2002, risultano, evidentemente, assorbiti anche il quinto ed il sesto motivo con i quali la ricorrente, lamentando la violazione e l’errata applicazione dell’art. 1418 c.c., in relazione all’art. 1325 c.c., nonché degli artt. 101, comma 2, c.p.c. e dell’art. 1421 c.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello non ha rilevato, d’ufficio, la nullità del contratto concluso tra il fallito e la convenuta in data 3/8/2006 perché, a suo dire, privo della causa propria e tipica della compravendita trattandosi, in realtà, dell’atto con il quale il titolare apparente si è limitato a trasferire l’immobile in favore dell’effettiva acquirente in esecuzione dell’accordo dissimulato stipulato nel 2002.

3.11. Con il settimo e l’ottavo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e l’errata applicazione degli artt. 2901 c.c. e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., e il vizio di motivazione per omesso esame di una prova decisiva, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto che il contratto del 3/8/2006 era revocabile in quanto pregiudizievole per i creditori in ragione dell’avvenuto incasso degli assegni da parte del venditore e della volatilità del denaro rispetto all’immobile ceduto, senza, tuttavia, considerare che, come la convenuta aveva dimostrato in giudizio a mezzo dei documenti prodotti, il Di.Co. non aveva, in realtà, incassato gli assegni bancari emessi in suo favore e menzionati nell’atto in questione poiché la compratrice aveva pressoché integralmente estinto il mutuo contratto dal fallito e garantito da ipoteca di primo grado.

3.12. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.

Interposizione fittizia: accordo simulatorio con terzo contraente

3.13. La ricorrente, invero, non si confronta realmente con la sentenza che ha impugnato: la quale, infatti, ha ritenuto che l’atto impugnato aveva danneggiato i creditori del venditore sul rilievo, rimasto privo di censure, che l’immobile trasferito era stato come tale sottratto alla massa e che lo stesso “risultava avere un valore dichiarato (ed effettivo) molto superiore rispetto” all’ipoteca di primo grado iscritta dal fallito “a vantaggio del creditore privilegiato” a garanzia di un mutuo contratto dallo stesso.

3.14. Questa Corte, del resto, ha già avuto modo di affermare che: – ai fini della revoca della vendita di beni effettuata dall’imprenditore successivamente fallito, l’eventus damni è in re ipsa e deriva (come ha rilevato la Corte d’Appello) dal fatto stesso che il bene a causa dell’atto dispositivo non è stato poi acquisito alla massa (cfr. Cass. n. 11652 del 2018; Cass. n. 25571 del 2010); – in tema d’azione revocatoria ordinaria, l’esistenza di un’ipoteca sul bene oggetto dell’atto dispositivo non esclude la connotazione dell’atto stesso quale eventus damni, posto che la valutazione tanto dell’idoneità dell’atto dispositivo a costituire un pregiudizio, quanto della possibile incidenza della causa di prelazione sul valore del bene, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell’atto ma attraverso un giudizio prognostico proiettato verso il futuro, per apprezzare (come ha fatto, in sostanza, la Corte d’appello) l’eventualità del venir meno o di un ridimensionamento della garanzia ipotecaria (Cass. n. 5815 del 2023) nonché, a fortiori, della residua capienza del bene alienato rispetto al valore del diritto di prelazione costituito sullo stesso in favore del creditore privilegiato.

4. Il ricorso, per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev’essere dichiarato.

5. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. La condanna al relativo pagamento, a fronte dell’ammissione del Fallimento al patrocinio a spese dello Stato, è pronunciata, a norma dell’art. 133 del D.P.R. n. 115/2002, in favore dello Stato.

6. La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna la ricorrente a pagare allo Stato le spese del giudizio, che liquida nella somma di Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 15 ottobre 2024.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2024.

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