Intercettazioni ed il giudicato cautelare formatosi in punto di inutilizzabilità

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|13 gennaio 2021| n. 1125.

In tema di intercettazioni, il giudicato cautelare formatosi in punto di inutilizzabilità degli esiti captativi, a seguito di pronuncia della Corte di cassazione, non produce alcun effetto preclusivo e vincolante sulle determinazioni del giudice dibattimentale del procedimento principale, che provvede con autonomia piena a rivalutare le relative questioni, anche in ordine alla legittimità del mezzo di prova.

Sentenza|13 gennaio 2021| n. 1125

Data udienza 25 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: REATI CONTRO LA PERSONA – DELITTI CONTRO LA LIBERTA’ INDIVIDUALE – PROSTITUZIONE (SFRUTTAMENTO)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nata il (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/11/2018 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CORBETTA Stefano;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale SECCIA Domenico, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Palermo confermava la decisione resa dal G.u.p. del Tribunale di Palermo all’esito del giudizio abbreviato e appellata dagli imputati, la quale aveva condannato (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia, perche’ ritenuti colpevoli dei delitti di concorso nel reclutamento, nell’introduzione in territorio italiano, nel favoreggiamento e nello sfruttamento della prostituzione di una pluralita’ di donne, condotte aggravate ai sensi della L. n. 75 del 1958, articolo 4, n. 1 e n. 7 e del L. n. 146 del 2006, articolo 3, (capo A), nonche’ di partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di tali delitti (capo B).
2. Avverso l’indicata sentenza, gli imputati, per mezzo del comune difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), propongono ricorso per cassazione, articolando motivi per larga parte coincidenti.
3. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a tre motivi.
3.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), in relazione all’articolo 268 c.p.p., comma 1, articolo 271 c.p.p., comma 1 e articolo 89 disp att. c.p.p.. Assume il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe errato nel rigettare l’eccezione di inutilizzabilita’ dei risultati delle intercettazioni telefoniche, eseguite in esecuzione del decreto n. 1107/14 del G.i.p. del Tribunale di Palermo, per omessa indicazione nei verbali di inizio e fine servizio delle operazioni di intercettazione relative alle utente indicate delle generalita’ dell’interprete, che ha proceduto alla traduzione delle conversazioni in lingua rumena. A tal proposito, il ricorrente richiama la decisione che la Corte di Cassazione ha reso nel procedimento cautelare relativo a taluni coimputati, laddove, in accoglimento della relativa eccezione, ha dichiarato l’inutilizzabilita’ delle intercettazioni telefoniche per omessa indicazione delle generalita’ dell’interprete. La sentenza dovrebbe percio’ essere censurata nella parte in cui la Corte d’appello non si e’ uniformata al principio enunciato nel procedimento de libertate, in violazione del cd. “giudicato cautelare”.
3.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), in relazione agli articoli 267 e 271 c.p.p.. Lamenta il ricorrente che il decreto autorizzativo n. 1107/14 emesso dal G.i.p. l’11 giugno 2014 sarebbe carente di motivazione con riferimento alla sussistenza degli indizi di reato, in quanto si basa sulle risultanze di cui alla nota della Questura di Palermo del 26 maggio 2014, la quale richiama sia un’asserita richiesta di assistenza giudiziaria all’A.G. rumena di cui non e’ dato conoscere il contenuto, sia gli esiti di servizi di osservazioni che non troverebbero riscontro negli atti; aggiunge il ricorrente che gli organi di polizia si sono limitati ad acquisire gli esiti delle operazioni di intercettazione, da considerarsi illegittime, senza svolgere alcuna ulteriore attivita’ di investigazione.
3.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione agli articoli 125 e 192 c.p.p., articolo 416 c.p. e L. n. 146 del 2006, articolo 3. Deduce il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe erroneamente confermato la penale responsabilita’ per il delitto associativo, adagiandosi sulla sentenza di primo grado, senza considerare che le intercettazioni telefoniche intercorse in un ristretto arco temporale tra il 24 giugno 2014 e il 23 settembre 2014 non sarebbero dimostrative dell’esistenza del contestato sodalizio criminoso, trattandosi, al piu’, di condotte frammentarie, isolate e seriali, in materia di prostituzione.
4. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a quattro motivi.
4.1. I primi tre motivi sono identici a quelli dedotti dal coimputato (OMISSIS), alla cui trattazione si rinvia.
4.2. Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione agli articoli 125 e 192 c.p.p., articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e L. n. 75 del 1958, articolo 3, comma 1, nn. 4, 6, 7, 8, 4, nn. 1 e 7. L. n. 146 del 2006. Evidenzia il ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe fornito un’adeguata risposta al motivi di appello con cui si contestava l’affermazione della penale responsabilita’ per il reato di cui al capo A), non rivestendo alcun valore probatorio le conversazioni telefoniche e gli sms intercorsi tra il (OMISSIS) e la (OMISSIS).
5. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a quattro motivi.
5.1. Anche in tal caso, i primi tre motivi sono identici a quelli dedotti nell’interesse dei computati, sopra illustrati.
5.2. Con il quarto motivo si censura la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione agli articoli 125 e 192 c.p.p., articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e L. n. 75 del 1958, articolo 3, comma 1, nn. 4, 6, 7, 8, 4, nn. 1 e 7. L. n. 146 del 2006. Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe erroneamente confermato la penale responsabilita’ per il delitto di cui al capo A) fondandosi esclusivamente su materiale probatorio (conversazioni telefoniche, messaggi sms ed esiti di alcuni servizi di p.g.) ritenuto privo di sicura concludenza.
6. Il ricorso proposto nel comune interesse di (OMISSIS) e di (OMISSIS) e’ affidato a quattro motivi, i primi tre coincidenti con quelli dedotti nell’interesse dei coimputati.
6.1. Con il quarto motivo si censura la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione agli articoli 125 e 192 c.p.p., articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e L. n. 75 del 1958, articolo 3, comma 1, nn. 4, 6, 7, 8, 4, nn. 1 e 7. L. n. 146 del 2006. Evidenziano le ricorrenti come, in maniera illogica, con riferimento al delitto di cui al capo A), la Corte territoriale abbia ritenuto che la (OMISSIS) e la (OMISSIS) rivestano il duplice e inconciliabile ruolo di imputate e di persone offese del reato, e non emergendo alcun elemento da cui desumere il loro coinvolgimento nelle attivita’ di reclutamento o di induzione alla prostituzione.
7. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ affidato a quattro motivi e, anche in tal caso, i primi tre motivi sono comuni a quelli dei coimputati.
7.1. Con il quarto motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione agli articoli 125 e 192 c.p.p., articolo 110 c.p., articolo 112 c.p., n. 1 e L. n. 75 del 1958, articolo 3, comma 1, nn. 4, 6, 7, 8, 4, nn. 1 e 7. L. n. 146 del 2006. Il ricorrente contesta la sentenza impugnata, laddove ha confermato la penale responsabilita’ per il capo A) unicamente sulla base di tre conversazioni telefoniche intercettate tra il 26 e il 15 luglio, e sugli esiti di alcuni operazioni di controllo; osserva inoltre il ricorrente: che dalle conversazioni intercettate non emergerebbe che le somme di denaro indicate da (OMISSIS) derivassero dall’attivita’ di sfruttamento della prostituzione; che i tre controlli con (OMISSIS) avrebbero carattere neutro; che non vi e’ prova che le somma di denaro trasferite in Romania derivassero dall’attivita’ di meretricio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso presentato nell’interesse di (OMISSIS) e’ infondato.
2. Il primo motivo, comune anche agli altri coimputati, con cui si eccepisce l’inutilizzabilita’ delle captazioni delle conversazioni per l’omessa indicazione, nel verbale di cui all’articolo 268 c.p.p., delle generalita’ dell’ausiliario incaricato di provvedere alla traduzione, non ha pregio.
2.1. Invero, il Collegio e’ ben consapevole che, secondo alcune sporadiche decisioni di questa Corte, alcune delle quali pronunciate nella fase cautelare del presente procedimento, l’omessa indicazione, nel verbale di esecuzione, delle intercettazioni delle generalita’ dell’interprete di lingua straniera che abbia proceduto all’ascolto, traduzione e trascrizione delle conversazioni, rende inutilizzabili tali operazioni per l’impossibilita’ di desumere la capacita’ dell’ausiliario di svolgere ed eseguire adeguatamente l’incarico affidatogli (Sez. 3, n. 31454 del 04/11/2015 – dep. 21/07/2016, Burcea, Rv. 267738; Sez. 3, n. 28216 del 04/11/2015 – dep. 07/07/2016, (OMISSIS), Rv. 267448; Sez. 3, n. 49331 del 12/11/2013 – dep. 09/12/2013, Muka e altro, Rv. 257291).
2.2. Peraltro, il Collegio ritiene di aderire e dare continuita’ al contrapposto orientamento, di gran lunga maggioritario e ancora recentemente ribadito mentre le decisioni dell’opposto indirizzo si fermano al 2015, il che esime dal sottoporre la questione alla Sezioni Unite, non essendo il contrasto attuale secondo cui l’omessa indicazione, nel verbale di esecuzione delle intercettazioni, delle generalita’ dell’interprete di lingua straniera che abbia proceduto all’ascolto, traduzione e trascrizione delle conversazioni, integra una mera irregolarita’ (tra le piu’ recenti, Sez. 5, n. 7030 del 16/01/2020, dep. 21/02/2020, Polak, Rv. 278659; Sez. 5, n. 15472 del 19/01/2018, dep. 06/04/2018, Kochev, Rv. 272683; Sez. 5, n. 11060 del 17/11/2017, dep. 13/03/2018, Kovacs, Rv. 272863; Sez. 6, n. 5197 del 10/11/2017 – dep. 02/02/2018, Feretti e altri, Rv. 272151; Sez. 6, n. 31285 del 23/03/2017 – dep. 22/06/2017, Lleshaj, Rv. 270570; Sez. 3, n. 24305 del 19/01/2017 – dep. 17/05/2017, Mifsud e altri, Rv. 269985; Sez. 5, n. 25549 del 15/04/2015 – dep. 17/06/2015, Silagadze e altro, Rv. 268024).
2.3. A sostegno di tale orientamento, a cui correttamente si e’ uniformata al Corte territoriale, si osserva, con solidi argomenti, in primo luogo che la traduzione delle conversazioni, attivita’ logicamente e cronologicamente successiva alla captazione di queste, non e’ una delle operazioni previste dall’articolo 89 disp. att. c.p.p., con la conseguenza che quello dell’interprete non fa parte dei nominativi che devono essere annotati nel verbale delle operazioni previsto dall’articolo 268 c.p.p., comma 1.
In secondo luogo, va evidenziato che la severa sanzione dell’inutilizzabilita’ e’ prevista solo per i casi tassativamente indicati dall’articolo 271 c.p.p., e, quindi, non puo’ estendersi alle ipotesi non espressamente previste, e considerato che, nel caso in esame, non tratta di prova assunta in violazione dei divieti previsti dalla legge, in quanto la prova e’ costituta dalle conversazioni captate nella loro lingua originale, come trasfuse su idonei supporti tecnici, e non dall’attivita’ di traduzione.
Infine, va rilevato come la capacita’ dell’interprete di svolgere adeguatamente il compito assegnato sia un dato obiettivo, desumibile dalla correttezza della traduzione eseguita e trascritta, di talche’ l’identificazione del traduttore appare del tutto indifferente ai fini del controllo dell’attivita’ da costui svolta e non comporta alcuna violazione dei diritti difensivi, in quanto, ove avessero voluto contestare la traduzione operata dall’interprete, gli imputati ben avrebbero potuto affidare una consulenza tecnica a un proprio interprete di fiducia, ovvero chiedere la nomina di un perito.
2.4. Nel caso in esame, come osservato dalla Corte d’appello, le difese non hanno sollevato alcuna specifica doglianza ne’ sul lavoro di traduzione dei dialoghi dalla lingua rumena a quella italiana, ne’ sulla persona dei due ausiliari di p.g. – il cui nominativo emerge dai verbali di conferimento dell’incarico – ai quali era stato affidato il relativo compito.
3. Ne’ ha pregio l’argomentazione secondo cui la Corte d’appello sarebbe stata vincolata dalle decisioni assunte dalla Corte di Cassazione nel giudizio cautelare.
Ricorrendone i presupposti, il cd. “giudicato cautelare” non puo’ che trovare applicazione in relazione solamente, appunto, alla fase cautelare, senza che possa dispiegare un qualche effetto nella fase di merito, stante la netta cesura tra la fase delle indagini preliminari e il giudizio di merito, il che comporta l’autonomia di valutazione in relazione alle questioni di carattere giuridico, come quelle attinenti all’utilizzabilita’ del materiale captativo, di cui siano investiti il giudice della cautela e il giudice del merito.
Del resto, proprio con riferimento al caso che ci occupa, la giurisprudenza prevalente e’ orientata nel senso il giudicato cautelare formatosi in punto di inutilizzabilita’ dei risultati intercettativi, con pronuncia della Corte di cassazione, non produce alcun effetto preclusivo e vincolante sulle determinazioni del giudice del procedimento principale, che provvede con autonomia piena a rivalutare la questione (Sez. 1, n. 40301 del 14/06/2012, dep. 15/10/2012, Alma, Rv. 253842; in senso conforme Sez. 3, 18/10/2018, dep. 01/02/2019, Aloisi, Rv. 275694-02). In altri termini, le pronunce sulla validita’ e utilizzabilita’ del mezzo di prova compiuto in sede di giudizio incidentale promosso per il riesame di misure cautelari personali, anche all’esito del giudizio di legittimita’, non possono ritenersi vincolanti per il giudice del dibattimento. Ne deriva che, in relazione alla validita’ delle intercettazioni disposte nel corso delle indagini preliminari e alla loro utilizzabilita’, qualsiasi decisione adottata in sede cautelare non puo’ travalicarne i limiti fino a giungere a precludere al giudice del dibattimento il potere-dovere di un’autonoma e indipendente valutazione della prova, anche sotto il profilo della legittimita’ delle procedure acquisitive (Sez. 5, n. 16285 del 16/03/2010, ud. 26/04/2010, Baldissin, Rv. 247265).
4. Il secondo motivo, pure comune agli altri ricorrenti, con cui si lamenta il vizio di motivazione relativamente alla sussistenza degli indizi di reato del decreto autorizzativo n. 1107/14 emesso dal G.i.p. l’11 giugno 2014, e’ manifestamente infondato.
I ricorrenti non si confrontano con la puntuale motivazione addotta dalla Corte territoriale, laddove, nel confutare le censure difensive, qui riprodotte, ha osservato, per un verso, che la doglianza relativa agli esiti della richiesta di assistenza proveniente dall’A.G. rumena, e’ – e rimane – del tutto generica, non avendo i ricorrenti indicato in modo specifico eventuali vizi delle attivita’ tecniche svolte nell’ambito della rogatoria; per altro verso, che l’eventuale assenza delle singole annotazioni di p.g. non incide in alcun modo sulle risultanze contenute nella nota investigativa, la quale da’ atto dell’esito dei servizi di o.c.p..
5. Il terzo motivo, parimenti comune anche agli altri ricorrenti, con cui si contesta la sussistenza del delitto associativo di cui al capo B), e’ manifestamente infondato perche’ generico e fattuale.
6. In premessa, vale osservare che si e’ in presenza di una “doppia conforme” statuizione di responsabilita’, il che limita all’evidenza i poteri di rinnovata valutazione della Corte di legittimita’, nel senso che, ai limiti conseguenti all’impossibilita’ per la Cassazione di procedere ad una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perche’ e’ estraneo al giudizio di cassazione il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati probatori, si aggiunge l’ulteriore limite in forza del quale neppure potrebbe evocarsi il tema del “travisamento della prova”, a meno che (ma non e’ questo il caso, alla luce dei motivi di ricorso) il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale.
Va ulteriormente precisato che, ai fini del controllo di legittimita’ sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 – dep. 04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 – dep. 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615).
7. Va poi ricordato il controllo del giudice di legittimita’ sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando invece preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).
Il controllo di legittimita’ sulla motivazione non attiene percio’ ne’ alla ricostruzione dei fatti, ne’ all’apprezzamento del giudice di merito, ma e’ limitato alla verifica della rispondenza dell’atto impugnato a due requisiti, che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorieta’ della motivazione o di illogicita’ evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, Siciliano, Rv, 251760).
8. Cio’ posto, i giudici di merito, con doppia valutazione convergente (cfr. sentenza di primo grado p. 20 ss.; sentenza di appello p. 8 ss.), hanno ritenuto provata l’esistenza di una struttura organizzativa, caratterizzata dall’apprestamento di strumenti e mezzi comuni e dello stabile accordo intervenuto tra una pluralita’ di soggetti, ognuno dei quali investito di propri compiti, in vista della realizzazione di una serie indeterminata di reati in materia di prostituzione, come si desume sia dal copioso materiale captativo, puntualmente indicato, sia dagli esiti dei servizi di o.c.p., sia dalle verifiche compiute sui trasferimenti di denaro dall’Italia dalla Romania, da cui emerge: il reclutamento in Romania di giovani donne da destinare alla prostituzione; il trasferimento delle ragazze a Palermo, con anticipazione delle spese di viaggio, che poi avrebbero dovuto restituire con i proventi dell’attivita’ di meretricio; il reperimento a Palermo di appartamenti da destinare all’alloggio delle ragazze; lo svolgimento, da parte delle ragazze medesime, dell’attivita’ di prostituzione; la predisposizione di un sistema di regole disciplinanti il quotidiano esercizio del lavoro con relative sanzioni in caso di inosservanza; la spartizione dei proventi dell’attivita’ di meretricio, pari a non meno di 20.000 Euro, somma che rappresenta il sicuro provento dell’attivita’ di sfruttamento di prostituzione e che e’ stata inviata dall’Italia alla Romania – dove si trovavano, in quel periodo, (OMISSIS), il capo dell’associazione, (OMISSIS) e (OMISSIS) – tra il (OMISSIS).
Si tratta, diversamente da quanto ritenuto dai ricorrenti, non di azioni isolate e frammentarie, ma di condotte strettamente collegate le une alle altre, poste in essere in vista, appunto, della commissione di una serie indeterminata di reati in materia di prostituzione.
9. I restanti motivi, con cui (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) contestano la penale responsabilita’ per il reato scopo loro ascritto al capo A), sono manifestamente infondati.
Le censure, pur formalmente deducendo la violazione di legge ed il vizio di motivazione, richiamando l’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), si risolvono, anche in tal caso, nella richiesta di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e nell’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti, attivita’ entrambe precluse nel giudizio di legittimita’, non potendo la Corte di cassazione ripetere l’esperienza conoscitiva del giudice del merito, bensi’ esclusivamente riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilita’ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e’ avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.
9.1. Quanto a (OMISSIS), del tutto assertiva, oltre che erronea, e’ l’affermazione secondo cui le conversazioni telefoniche e gli sms intercorsi tra il (OMISSIS) e la (OMISSIS) non rivestirebbero valore probatorio pieno; per contro, la Corte d’appello ha correttamente evidenziato come dalle conversazioni intercettate sia emerso che il ricorrente gestisse l’attivita’ di prostituzione di tre donne, come si desume, appunto, dagli esiti dell’attivita’ di captazione, da cui risulta, ad esempio, che una delle ragazze (la (OMISSIS)) rendicontasse al (OMISSIS) le prestazioni sessuali effettuate (i “caffe'”) e gli chiedesse l’autorizzazione per terminare anticipatamente il lavoro e rientrare a casa.
9.2. Con rifermento ad (OMISSIS), la Corte territoriale ha accertato che costui gestiva direttamente una prostituta, identificata in (OMISSIS), impartendole con durezza ordini afferente le modalita’ di svolgimento del lavoro, come emerge dalle conversazioni indicate a p. 11 della sentenza.
9.3. In relazione alla posizione di (OMISSIS) e di (OMISSIS), la Corte ha confermato la penale responsabilita’ delle ricorrenti, essendo emerso che la (OMISSIS) avesse un ruolo attivo nella sorveglianza delle altre prostitute, nella contabilizzazione dei proventi, nell’invio a (OMISSIS) del denaro che gli spettava, come pacificamente emerge dall’ampio materiale captativo indicato nella motivazione.
Quanto alla (OMISSIS), la Corte territoriale ha desunto la sua partecipazione al delitto di cui al capo A) in primo luogo dal contenuto di due conversazioni telefoniche, intercorse l’una con il capo del sodalizio (effettuata il 18 luglio 2014 e riportata a p. 28 della sentenza di primo grado), l’altra con la (OMISSIS), conversazioni il cui contenuto e’ stato ritenuto altamente significativo, in quanto, dalla prima conversazione emerge un rapporto preferenziale con (OMISSIS), che le consentiva di riservare a se’ una parte dei proventi dell’attivita’ di meretricio superiore alla meta’ ordinariamente fissata, e, dalla seconda, si desume il legame tra le due donne, le quali, insieme, avrebbero dovuto effettuare l’operazione di trasferimento di denaro in Romania in favore dal (OMISSIS), come da costui espressamente richiesto; oltre a cio’ la Corte ha messo in luce come la (OMISSIS) sia menzionata in numerosi dialoghi come colei chiamata a sorvegliare le altre prostitute all’interno degli appartamenti e a tenere i conti.
Non ha pregio l’argomentazione secondo cui le due donne rivestivano la veste di persone offese dal momento che entrambe esercitavano l’attivita’ di prostituzione, in considerazione non solo del trattamento privilegiato che era loro riservato, ma anche del fatto che, nonostante i piu’ ampi margini di movimento loro concessi, non abbiano mai reciso i legami con l’associazione, prestando liberamente le condotte sopra indicate in danno di altre prostitute, condotte che integrano altrettanti contributi causali nel delitto loro contestato al capo A).
9.4. Quanto, infine, a (OMISSIS), il ricorrente non si confronta con la motivazione, laddove ha evidenziato come al ricorrente fossero stati affidati incombenze materiali, come aggiustare una porta di un appartamento in cui lavoravano le prostitute e ritirare dalle ragazze, su incarico del (OMISSIS), il denaro ricevuto dai clienti, che poi spediva in Romania – circostanze che emergono dalle conversazioni intercettate nel periodo 26 giugno e 18 luglio 2014 (riportate a p. 12 della sentenza impugnata)-, il che risconta quanto su di lui riferito dal capo dell’associazione, ossia che e’ “un ragazzo che va di qua e di la’”.
10. Per i motivi sin qui indicati, i ricorsi devono percio’ essere rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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