Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 6 aprile 2016, n. 13719

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nata a (OMISSIS);

avverso la sentenza 471/2014 del Tribunale di Udine del 3 marzo 2014;

letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita a relazione fatta dal Consigliere Dott. GENTILI Andrea;

sentito il PM, in persona de Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa DI NARDO Marilia, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

sentito, altresi’, per la ricorrente l’avv. (OMISSIS), del foro di Roma, che ha insistito per l’accoglimento dei ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 3 marzo 2014 il Tribunale di Udine ha applicato, ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., a (OMISSIS), imputata per il reato di cui all’articolo 81 cpv c.p. e al Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, comma 1-bis, la pena di mesi 6 di liberta’ controllata in sostituzione della pena detentiva di mesi 3 di reclusione ed Euro 300,00 di multa.

Ha proposto ricorso per cassazione avverso detta sentenza la (OMISSIS) deducendo la erronea applicazione dell’articolo 444 c.p.p. in quanto la pena su cui era intervenuto l’accordo fra lei ed il Pubblico Ministero era quella di mesi uno di reclusione ed Euro 200,00 di multa, in continuazione con le pene irrogate dal Tribunale di Udine con sentenza del 25 settembre 2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato e, pertanto, esso va accolto con il conseguente annullamento della impugnata sentenza.

Effettivamente, secondo quanto risulta essere stato documentato nel verbale della udienza tenutasi in data 3 marzo 2014, fra l’imputata ed il Pm era stata concordata, ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., l’applicazione della pena di mesi uno di reclusione ed Euro 200,00 di multa; tale pena doveva intendersi come aumento, ai sensi dell’articolo 81 cpv c.p., della pena gia’ irrogata dal medesimo Tribunale di Udine a carico delle medesima prevenuta con la precedente sentenza n. 1261/2013 del 25 settembre 2013.

Viceversa, previa ratifica del predetto accordo, il Tribunale di Udine non solo applicava alla (OMISSIS) una pena diversa da quella concordata, pari a mesi 3 di reclusione ed Euro 300,00 di multa, ma provvedeva altresi’ a sostituire la predetta pena con quella di mesi sei di liberta’ controllata.

Cio’ posto rileva la Corte che secondo il suo costante insegnamento, stante a struttura in larga parte negoziale che domina il procedimento di applicazione di pena ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., al giudice, il quale e’ terzo rispetto al negozio bilaterale posto a fondamento del procedimento, e’ consentito esclusivamente di ratificare ovvero di negare la propria ratifica ai termini concordati fra le parti, ma e’ assolutamente inibito di modificarli motu proprio, anche attraverso integrazioni, se non negli aspetti del proprio decisum che conseguano necessariamente per legge; cosi’ nel caso delle pene accessorie obbligatorie e predeterminate ex lege per specie e durata (in tal senso si veda: Corte di cassazione, Sezione 2 penale, 23 settembre 2015, n. 38713, la quale, ritenendo possibile l’inserimento delle statuizioni in materia di pene accessorie, omesse in sede di ratifica del patteggiamento, anche in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 619 c.p.p. presuppone che analoga possibilita’ competeva anche al giudice del patteggiamento), ovvero per le ipotesi di confisca (cfr. Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 4 novembre 2013, n. 44445); e’ stato, infatti chiarito che nel procedimento di applicazione di pena su richiesta, le parti non possono vincolare il giudice con un accordo avente ad oggetto anche le pene accessorie, le misure di sicurezza o la confisca, essendo dette misure fuori dalla loro disponibilita’; ne consegue che, nel caso in cui il consenso si riferisca anche ad esse, il giudice non e’ obbligato a recepire o non recepire per intero l’accordo, rimanendo vincolato soltanto ai punti concordati riguardanti elementi nella disponibilita’ delle parti (Corte di cassazione, Sezione 5 penale, 13 gennaio 2014, n. 1154).

Ma, come accennato, siffatta deroga alla intangibilita’ del negozio processuale intercorso fra imputato e Pm e collocato alla base della procedura per l’applicazione concordata della pena non opera per gli altri aspetti dell’accordo stesso, essendo questi caratterizzati non dalla predeterminazione legislativa del loro contenuto ma dalla discrezionalita’ della scelta di esso.

Cosi’, in particolare per cio’ che attiene alla entita’ della riduzione premiale della pena, laddove si e’ rilevato che la misura della riduzione della pena per la scelta del rito ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., costituisce oggetto essenziale dell’accordo tra le parti sicche’, in assenza del relativo computo ovvero di dissenso del giudice sulla incidenza di esso ai fini della determinazione della pena risultante, compete a questo di rigettare la richiesta, ma non puo’ egli procedere di sua iniziativa alla rideterminazione della pena proposta (cfr., Corte di cassazione, Sezione 4 penale, 26 aprile 2013, n. 18669).

Analogamente per cio’ che attiene, come nel caso di specie, alla sostituzione della pena proposta con altra sanzione, pur astrattamente consentita dall’ordinamento, ovvero alla sospensione condizionale di quella (nei termini che precedono: Corte di cassazione, Sezione 5 penale, 13 aprile 2011, n. 15079; ma, gia’ da molto tempo, ex multis, anche: idem Sezione 5 penale, 5 ottobre 1998, n. 4121; idem Sezione 1 penale, 6 agosto 1996, n. 4370).

Poiche’ nel caso che interessa il Tribunale di Udine – facendo cattivo governo dei propri poteri in relazione alla specifica vicenda processuale ha modificato il contenuto dell’accordo intercorso fra l’imputata ed il Pm, sia con riferimento alla entita’ della pena sia con riferimento alla sua sostituzione con misura alternativa – la impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio ma con trasmissione degli atti al medesimo Tribunale a quo che, in diversa composizione personale, rivalutera’ l’accoglibilita’ o meno, senza operare proprie illegittime interferenze, sia pur tenendo, comunque, conto delle eventuali sopravvenienze normative, della istanza concordata fra le parti di applicazione della pena a carico della (OMISSIS), in relazione al fatto a lei contestato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Udine.

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