In tema di misure cautelari personali

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|24 marzo 2021| n. 11448.

In tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta, il tempo trascorso dalla commissione del fatto deve essere determinato avendo riguardo all’epoca in cui le condotte illecite sono state poste in essere e non al momento in cui è intervenuta la dichiarazione di giudiziale di insolvenza, la quale, anche se determina il momento consumativo del reato, non costituisce riferimento utile per vagliare il comportamento dell’indagato, ai sensi dell’articolo 274 del Cpp, collocandosi fuori della sua sfera volitiva.

Sentenza|24 marzo 2021| n. 11448

Data udienza 5 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Bancarotta – Esigenza di misure cautelari – Rilevanza del tempo della commissione delle condotte – Dichiarazione di insolvenza – Non è momento consumativo del reato

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PEZZULLO Rosa – Presidente

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. MOROSINI E. M. – rel. Consigliere

Dott. MAURO Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI AGRIGENTO;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 19/08/2020 del TRIBUNALE di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MOROSINI Elisabetta Maria;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale LOY Maria Francesca, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore dell’imputato, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 19 agosto 2020, il Tribunale di Palermo, Sezione per il riesame, ha annullato l’ordinanza del Giudice delle indagini Preliminari di Agrigento del 25 luglio 2020, che aveva applicato a (OMISSIS) (classe (OMISSIS)) la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione gli addebiti per i reati di cui:
– all’articolo 416 c.p., comma 1, (capo 1), per avere promosso ed organizzato un’associazione criminale operante in Agrigento, permanente dal 2010 e fino all’attualita’, dedita alla commissione di plurimi delitti di bancarotta, commessi in frode ai creditori delle societa’ facenti parte del gruppo “(OMISSIS)”;
– di cui alla L.Fall., articolo 216, commi 1 e 2, L.Fall., articoli 223 e 219, come concorrente esterno, in qualita’ di amministratore di diritto della cessionaria (OMISSIS) s.r.l., in relazione alla distrazione, mediante cessione, dell’azienda, dei beni e dell’attivo, della societa’ “(OMISSIS)” s.rl., dichiarata fallita il (OMISSIS), nonche’ alla sottrazione delle scritture contabili della fallita (capo 4), come amministratore di diritto, prima, e di fatto, poi, con riguardo alla distrazione di rami di azienda, beni e attivo, della (OMISSIS) s.r.l. dichiarata fallita il 4 agosto 2015, alla sottrazione delle scritture contabili della fallita (capo 5), alla causazione del fallimento della predetta societa’ con dolo e per effetto di operazioni dolose (capo 6); come amministratore di diritto della societa’ “(OMISSIS) s.r.l. dichiarata fallita il (OMISSIS) e della societa’ “(OMISSIS) s.r.l.” dichiarata fallita il (OMISSIS), con riferimento a condotte di distrazione del patrimonio delle societa’ e di sottrazione delle scritture contabili (rispettivamente capi 9 e 13).
A sostegno della decisione assunta, il Tribunale ha motivato evidenziando, quanto all’addebito di cui al capo 1), che gli elementi di fatto prospettati dall’accusa e valorizzati dal Giudice delle indagini preliminari per adottare la misura coercitiva non erano tali da integrare i gravi di indizi di colpevolezza in relazione al delitto di associazione per delinquere. Non erano stati, infatti, enucleati dati ulteriori e diversi dalla mera reiterazione dei delitti di bancarotta fraudolenta contestati e dai legami familiari esistenti tra coloro che ne erano resi autori, tanto non consentendo di ravvisare l’esistenza di una struttura, pur rudimentalmente organizzata, capace di imporsi come entita’ autonoma e distinta dal gruppo familiare, e percepita come tale dai componenti del gruppo stesso, predisposta allo specifico scopo di attuare il programma criminale degli aderenti.
Quanto agli addebiti di cui ai capi 4), 5), 6), 9) e 13), il Tribunale ha escluso che sussistesse l’attualita’ del pericolo di recidiva, essendo state commesse le condotte di bancarotta contestate all’indagato negli anni 2013, 2014 e 2015 e senza che fossero desumibili dagli atti elementi di segno contrario.
2. Ricorre il Procuratore della Repubblica di Agrigento, articolando due motivi.
2.1. Con il primo denuncia la violazione dell’articolo 273 c.p.p. e articolo 416 c.p. e il vizio di motivazione, deducendo che il Tribunale del Riesame aveva escluso che ricorressero gravi indizi di colpevolezza in relazione al delitto di cui al capo 1), senza indicare quali fossero gli elementi di fatto posti a fondamento della conclusione rassegnata; di contro, gli elementi emergenti dalla documentazione acquisita, dalla consulenza tecnica disposta, dagli accertamenti bancari effettuati dimostravano che i componenti della famiglia (OMISSIS), valendosi anche di persone ad essa estranee (la commercialista (OMISSIS)), avevano elaborato un preciso programma di spoliazione delle societa’ facenti parte del “gruppo (OMISSIS)”, loro riconducibile, ed attraverso una precisa strategia, che prevedeva un’accorta suddivisione dei ruoli, a seconda delle contingenti esigenze, avevano costituito una struttura, distinta da quella della famiglia, destinata ad attuare il detto programma criminale; il ruolo di organizzatore dell’associazione ascritto a (OMISSIS) era poi comprovato dalla funzione gestionale occulta delle societa’ del gruppo e dal suo ruolo di preminenza, con compiti decisionali, assunto all’interno del sodalizio.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente fa valere la violazione dell’articolo 274 c.p.p., lettera c) e articolo 292 c.p.p., lettera c) e il vizio di motivazione, deducendo che il concreto ed attuale pericolo di reiterazione di reati della stessa specie era desumibile:
– dalla sistematicita’ con cui erano state poste in essere le condotte di spoliazione delle societa’ del gruppo – di volta in volta create per ricevere i beni di altre societa’ nel frattempo decotte e, poi abbandonate a loro stesse, dopo essere state a loro volta svuotate di ogni attivita’, drenata a favore di nuove societa’, riferibili sempre agli stessi membri del gruppo familiare;
– dalla circostanza che al momento della esecuzione del sequestro preventivo nell’ambito di questo procedimento, si e’ accertato che le societa’ attive, che si erano illecitamente avvantaggiate del fallimento di quelle pregresse, erano in fase di “svuotamento”, essendo gia’ state poste in essere le condotte di cessione e sottrazione delle patrimonialita’ esistenti in favore, tra le altre, della (OMISSIS) s.r.l.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Secondo la giurisprudenza della Corte di legittimita’, in tema di connotati distintivi dell’associazione per delinquere rispetto al reato meramente concorsuale, il fatto che una pluralita’ di fatti delittuosi siano stati commessi da appartenenti allo stesso gruppo familiare non comporta di per se’ l’esistenza di un “pactum sceleris” e di un generico programma criminoso, necessari elementi costitutivi del reato associativo. E’ necessario, infatti, al fine di distinguere se i componenti della stessa famiglia abbiano agito in concorso tra loro ovvero se ad essi sia riferibile anche il delitto associativo, accertare se della preesistente organizzazione familiare essi si siano di volta in volta avvantaggiati per la commissione dei vari reati, ovvero se, nell’ambito della medesima struttura familiare, o affiancata ad essa, altra essi abbiano voluta e realizzata, dotata di distinta ed autonoma operativita’ delittuosa (Sez. 6, n. 7162 del 05/02/1998, Rv. 211127; conf. Sez. 2, n. 21606 del 18/02/2009, Rv. 244449).
Alla stregua di tale indicazione direttiva e della motivazione rassegnata nell’ordinanza impugnata, che, evidenziando come non fossero stati addotti elementi di fatto atti a dar conto dell’esistenza di un gruppo criminale di tipo stabile, dotato di una struttura organizzata ancorche’ rudimentale funzionale alla realizzazione del programma criminale, ad essa si e’ attenuta, emerge la genericita’ delle deduzioni cui e’ affidato il primo motivo di ricorso.
Le stesse non sono, in effetti, correlate alla ratio decidendi sottesa alla statuizione in punto di esclusione del quadro di gravita’ indiziaria necessario per ravvisare il delitto di cui all’articolo 416-bis c.p., perche’, sebbene il Tribunale abbia ritenuto non sufficiente ad integrarla la prospettazione della ripetizione di condotte di bancarotta fraudolenta da parte di soggetti appartenenti al medesimo contesto familiare, adducono nuovamente elementi capaci di mettere in luce soltanto il reiterato modus operandi degli autori dei reati di bancarotta e il loro programma di spoliazione delle societa’ del gruppo “(OMISSIS)”, ma tacciono di decisivi elementi atti a far emergere l’esistenza di un apparato organizzativo, sia pure rudimentale, della contestata associazione, dotato di una tal quale autonomia rispetto alla famiglia (OMISSIS).
Non e’, infatti, l’accordo, stretto tra i componenti di uno stesso nucleo familiare, di commettere nel tempo piu’ delitti, espressivi di una comune deliberazione criminosa – nel caso di specie, sottrarre ai creditori il patrimonio delle societa’ di famiglia, di volta in volta create e poi abbandonate a se’ stesse – a costituire il requisito indispensabile dell’associazione per delinquere, ma piuttosto quello dell’organizzazione, sia pure in forma rudimentale. In altri termini, nel reato associativo e’ attraverso l’organizzazione strutturale che i partecipanti si predispongono alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza di far parte di un sodalizio criminoso durevole e di essere disponibili ad operare per l’attuazione del progetto delinquenziale comune (Sez. 6, n. 3886 del 07/11/2011 – dep. 31/01/2012, Rv. 251562; Sez. 1, n. 8291 del 31/05/1995, Rv. 202192).
Da significativi passaggi dell’ordinanza impugnata emerge, invero, come l’intero modus operandi, descritto in atti, fosse da ricondurre alla vicenda concernente l’impresa (OMISSIS) di (OMISSIS), che aveva portato alla luce, a seguito di una verifica fiscale subita nel marzo 2010, un’evasione d’imposta pari ad Euro 372.293,15 ed un debito verso l’Erario pari ad Euro 2.373.322,61; tanto aveva innescato un meccanismo illecito a catena per il quale i beni della (OMISSIS) erano stati trasferiti, in assenza di adeguata contropartita, alla (OMISSIS) Srl. e da questa, prima alla (OMISSIS) Srl, e poi alla (OMISSIS) Srl. e alla (OMISSIS) Srl.. Dunque illogica il Tribunale del Riesame non ha reso una motivazione errata in diritto o manifestamente quando ha ritenuto che le reiterate condotte di bancarotta poste in essere dai membri della famiglia (OMISSIS) fossero espressive della volonta’ di distrarre a loro vantaggio i beni con i quali avevano esercitato la loro attivita’ imprenditoriale, ma non potessero dirsi, in assenza di ulteriori elementi, sintomatiche della costituzione di un organismo predisposto allo scopo di procacciarsi i beni di societa’ in bonis, che una volta private dei beni aziendali, venivano avviate al fallimento.
3. Il secondo motivo e’ del pari generico.
A fronte di una motivazione calibrata sulla specifica posizione di (OMISSIS), indiziato di delitti di bancarotta fraudolenta riferiti a dichiarazioni di fallimento intervenute negli anni 2013, 2014 e 2015, come tali non suscettibili, in assenza di ulteriori elementi, di fondare l’attualita’ del pericolo di recidiva a suo carico, il Pubblico Ministero oppone argomentazioni che desumono il pericolo di recidiva dal modus operandi degli indagati nel loro complesso considerati, senza, peraltro, addurre dati di significativa rilevanza per ritenere che il resistente possa concretamente continuare a commettere reati della stessa specie di quelli contestatigli.
Al riguardo va ricordato, peraltro, che secondo il costante insegnamento della Corte di legittimita’, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta, il tempo trascorso dalla commissione del fatto deve essere determinato avendo riguardo all’epoca in cui le condotte illecite sono state poste in essere e non al momento in cui e’ intervenuta la dichiarazione di giudiziale di insolvenza, la quale, anche se determina il momento consumativo del reato, non costituisce riferimento utile per vagliare il comportamento dell’indagato, ai sensi dell’articolo 274 c.p.p., collocandosi fuori della sua sfera volitiva (tra le ultime, Sez. 5, n. 50969 del 07/11/2019, Rolfo, Rv. 278046).
3. Pertanto il ricorso del Pubblico Ministero deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico ministero.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *