In tema di messa alla prova

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 26 maggio 2020, n. 15812.

Massima estrapolata:

In tema di messa alla prova, l’ordinanza che, ai sensi dell’art. 464-septies cod. proc. pen., dispone la ripresa del procedimento per l’esito negativo della prova – a differenza di quello di revoca del provvedimento di sospensione di cui all’art. 464-octies cod. proc. pen. – non è immediatamente ricorribile per cassazione, ma è appellabile unitamente alla sentenza che definisce il grado di giudizio.

Sentenza 26 maggio 2020, n. 15812

Data udienza 17 gennaio 2020

Tag – parola chiave: Minaccia – Lesioni – Condanna – Risarcimento danni – Sospensione del procedimento con messa alla prova – Revoca – Presupposti – Articolo 52 cp – Scriminante – Remissione di querela – Estinzione del reato – Articoli 464 septies e 464 octies cpp – Criteri – Difetto di motivazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente

Dott. BELMONTE Maria T – rel. Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/01/2019 della CORTE APPELLO di TRENTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MARIA TERESA BELMONTE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. MIGNOLO OLGA che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trento ha confermato la decisione del Tribunale di Rovereto che aveva riconosciuto (OMISSIS) colpevole di minaccia (esclusa l’aggravante dell’uso dell’arma) e lesioni personali giudicate guaribili in giorni trenta, condannandolo, ritenuta la continuazione, alla pena di mesi tre di reclusione, nonche’ al risarcimento dei danni, in favore della costituita parte civile. Preliminarmente, tuttavia, la Corte di appello aveva rigettato la richiesta di concordato sulla pena, in quanto fondata sul previo annullamento del provvedimento con cui il giudice di primo grado aveva revocato la sospensione del procedimento con messa alla prova, stante la definitivita’ di tale ordinanza, non fatta oggetto di ricorso per cassazione.
2. Propone ricorso per cassazione (OMISSIS), con il ministero del difensore che svolge tre motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione dell’articolo 586 c.p.p., perche’, erroneamente, la Corte di appello aveva dichiarato inammissibile la impugnazione della ordinanza, pronunciata il 15 febbraio 2017, con la quale il Tribunale di Rovereto aveva revocato la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato. Sostiene la difesa che, erroneamente, la Corte di appello ha ritenuto che il regime impugnatorio della ordinanza in questione fosse quello del ricorso per cassazione previsto dall’articolo 464 octies c.p.p., dal momento che, invece, trattasi di ordinanza adottata ai sensi dell’articolo 464 septies, conseguente all’esito negativo della messa alla prova, per la quale il regime impugnatorio e’ quello ordinario di cui all’articolo 586 c.p.p.. La revoca, infatti, era stata frutto di un equivoco indotto dalla comunicazione inviata dal Comune in ordine alla mancata attivazione dell’imputato; tuttavia, il Comune aveva inoltrato all’A.G. una successiva comunicazione con la quale aveva chiarito che l’imputato si era presentato presso gli uffici comunali, ma non aveva potuto iniziare l’attivita’ concordata, in mancanza di disponibilita’. Pertanto, la revoca era stata illegittimamente disposta, non sussistendo alcuna omissione colposa dell’imputato.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’articolo 52 c.p., e correlato vizio della motivazione, in ordine al mancato riconoscimento della scriminante di cui all’articolo 52 c.p., risultando pacifico che l’imputato subi’ l’iniziativa aggressiva della odierna persona offesa, che lo morse sul petto, alla quale reagi’ difendendosi.
2.3. Con il terzo motivo viene denunciata violazione dell’articolo 81 c.p., deducendosi che, in presenza di un unico evento di minaccia, la contestazione del reato continuato e’ priva di fondamento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E’ fondato, in modo assorbente, il primo motivo, e a cio’ consegue l’annullamento di entrambe le sentenze di merito, con riguardo al reato di lesioni personali. Quanto alle minacce, essendo intervenuta la remissione di querela, esso va dichiarato estinto.
2. Come emerge dalla documentazione in atti – alla quale il giudice di legittimita’ accede in ragione della natura del vizio dedotto (error in procedendo) – l’imputato fu ammesso alla prova con ordinanza resa all’udienza del 26 ottobre 2016, nella quale il Giudice dava atto che il programma di trattamento era stato elaborato in udienza e che esso rispettava i criteri di legge – prevedendo la eliminazione delle conseguenze del reato, il risarcimento del danno, il coinvolgimento del nucleo familiare dell’imputato, e la prestazione di attivita’ di lavoro subordinato per 60 giorni presso il comune di (OMISSIS) -, conseguentemente disponendo per 60 giorni la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato.
Delegava l’UEPE per l’attivita’ di osservazione, trattamento, sostegno funzionale alla presa in carico e alla realizzazione del progetto, e rinviava “sin d’ora l’udienza per decidere sull’esito nella data a verbale del 15/02/2017”.
2.1. In tale udienza, la difesa chiedeva preliminarmente “la protrazione della sospensione del processo al fine di poter l’imputato effettuare trattamento con messa alla prova, prestando servizio presso il comune di (OMISSIS)”…. ” alla luce della comunicazione del Comune di (OMISSIS) del 31.01.2017″; l’imputato dichiarava “che attende di essere chiamato per andare a firmare al comune di (OMISSIS)”.
Con l’ordinanza resa in quella stessa udienza del 15.2.2017, qui impugnata unitamente alla sentenza della Corte di Appello, il Tribunale di Rovereto (pg. 24 e ss. dell’incarto processuale), dopo avere preso atto che, “rispetto alla comunicazione di Uep, non vi e’ stata ad oggi alcuna forma di adempimento da parte dell’imputato”, il quale “nulla ha fatto per adempiere a quanto in ordinanza”, su conforme richiesta del P.M. di rigetto dell’istanza di protrazione della sospensione del processo ai sensi dell’articolo 464 septies c.p.p., comma 2, disponeva “ex articolo 464 septies che il processo riprenda il suo corso”.
2.2. Come si rileva dalla successiva comunicazione inoltrata il 15/02/2017, dal Comune di Ala, su richiesta di chiarimenti da parte della difesa dell’imputato, questi si era ripetutamente portato presso gli Uffici comunali per intraprendere il programma, rinviato, invece, dall’ente, per carenza di posti stabiliti in convenzione, tutti occupati. Come dedotto dal difensore con l’atto di appello e, qui, con il ricorso per cassazione, l’ordinanza impugnata e’ stata, dunque, il frutto di un errore di fatto, essendo stato chiarito, che, in realta’, l’imputato si era diligentemente attivato per dare attuazione al programma. Il dato di fatto e’ pacifico, e dalla lettura dell’ordinanza del Tribunale, oltre che dall’iter processuale emergente dall’incartamento, appare parimenti chiaro che il Tribunale dispose la prosecuzione del processo ai sensi dell’articolo 464 septies c.p.p., avendo ritenuto di formulare, sulla base di quanto relazionato dagli enti deputati, un giudizio negativo sull’esito della messa alla prova, e non la revoca della stessa ex articolo 464 octies. Indirizzano in tal senso, oltre al richiamo espresso, nel verbale della udienza del 15 febbraio 2017, sia da parte del P.M. di udienza che del Giudice, all’articolo 464 sepeties c.p.p., anche il riferimento, nell’ordinanza, al contenuto delle comunicazioni del Comune di (OMISSIS) del 30 gennaio 2017 e dell’UEPE del 08/02/2017, nonche’ all’inadempimento dell’imputato, quale espressa ragione del provvedimento adottato. D’altro canto, il Tribunale adotto’ l’ordinanza in discussione nel corso dell’udienza finalizzata alla verifica dell’esito della messa alla prova, per come statuito in quella precedente del 30 ottobre 2016, e tale iter corrisponde a quello delineato dall’articolo 464 septies c.p.p., secondo cui il giudice, una volta decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, acquisisce la relazione conclusiva dell’ufficio esecuzione, pronunciando, in caso di esito positivo, la sentenza che estingue il reato e, in caso negativo, disponendo, con ordinanza, la ripresa del processo. Che e’ esattamente quanto avvenuto nel caso di specie.
2.3. Diverso e’ il caso disciplinato dall’articolo 464 opties c.p.p., a cui ha fatto riferimento la Corte di appello, e che riguarda la revoca della ordinanza di messa alla prova, da adottarsi in presenza di presupposti dei fatto disciplinati dall’articolo 164 quater c.p., che, ove ravvisati, avrebbero imposto, ai sensi dell’articolo 464 octies c.p.p., la revoca dell’ordinanza ammissiva. Infatti, in tema di revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova, si riconosce al giudice uno spazio di discrezionalita’ limitato al solo apprezzamento dei presupposti di legge, che gli impone uno specifico onere di motivazione dell’ordinanza emessa ai sensi dell’articolo 464-octies c.p.p., censurabile in sede di ricorso per cassazione; pertanto, una volta accertati i presupposti di una delle ipotesi di revoca previste dall’articolo 168-quater c.p., il giudice non puo’ compiere alcuna valutazione in ordine alla possibilita’ di proseguire comunque la prova (Sez. 6, n. 28826 del 23/02/2018, Rv. 273655).
D’altro canto, la revoca della ordinanza di messa alla prova, puo’ adottarsi, nel corso di un contraddittorio camerale partecipato, ai sensi dell’articolo 127 c.p.p., e, quindi, solo previa interlocuzione con le parti, che devono essere avvisate della finalita’ della udienza, laddove ricorrano le condizioni di cui all’articolo 168 quater c.p., e cioe’, per quanto qui di interesse, una grave e reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, ovvero il rifiuto alla prestazione di lavoro di pubblica utilita’. Con riferimento a tale istituto, infatti, non e’ possibile procedere alla revoca de plano, ovvero senza udienza, ma neppure e’ possibile disporla in una udienza fissata per una diversa finalita’, senza essere preceduta da un avviso che consenta alle parti di partecipare al contraddittorio con cognizione di causa in merito alla specifica questione della ricorrenza dei presupposti per la revoca (Sez. 5, n. 57506 del 24/11/2017 Rv. 271875); si e’ affermato, infatti, che, nel procedimento fissato per la revoca della sospensione con messa alla prova, ai sensi dell’articolo 464-octies c.p.p., e’ affetto da nullita’ generale a regime intermedio ex articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), il provvedimento di revoca se l’avviso di udienza non contiene l’indicazione, sia pure in forma succinta, di tale oggetto del procedimento, per la necessita’ di assicurare il rispetto del principio del contraddittorio (Sez. 1, 21/05/2015, Rv. 264977).
2.4. Ebbene, sotto tale ultimo profilo, nel caso in esame, seppure il rinvio da altra udienza poteva consentire di omettere gli avvisi per le parti che erano o dovevano essere presenti all’udienza precedente del 26 ottobre 2016, tuttavia, e’ chiaro, dagli atti, e segnatamente dal verbale di tale ultima udienza, che il rinvio non fu disposto per decidere sulla revoca della sospensione del procedimento ex articolo 464-octies c.p.p., ma solo per verificare l’esito del procedimento di messa alla prova, ai sensi dell’articolo 464, septies comma 1. La violazione del contraddittorio si realizza, infatti, anche ove non sia stato consentito alle parti di conoscere l’oggetto della decisione che andava adottata nell’udienza fissata a tal precipuo fine con l’obbligo di darne loro avviso almeno dieci giorni prima(Sez. 6 -, n. 45889 del 08/10/2019 Rv. 277387).
2.5. Ritiene, pertanto, il Collegio che plurimi indicatori conducano ad affermare che l’ordinanza resa nel presente giudizio dal Tribunale di Rovereto, e qui impugnata, sia stata pronunciata, ai sensi dell’articolo 464 septies c.p.p., quale conseguenza della presa d’atto, da parte del Giudice, dell’esito negativo della messa alla prova, disposta alla precedente udienza del 26/10/2016, per inadempimento dell’imputato, come desunto dalle comunicazioni del Comune di Ala del 31 gennaio 2017 e dell’UEPE del febbraio 2017.
Non fu disposta, come erroneamente ritenuto dalla Corte di appello, la revoca della ordinanza di messa alla prova ai sensi dell’articolo 464 octies c.p.p., e non poteva essere cosi’, poiche’ non ricorrevano i presupposti di fatto indicati dall’articolo 168 quater c.p., dei quali non v’e’ alcun cenno nella ordinanza gravata. In questa, infatti, e’ evidente che il giudice ha considerato il comportamento del ricorrente, rimasto in attesa della chiamata da parte degli assistenti sociali del Comune di (OMISSIS), come connotato da negligenza, conseguentemente escludendo un grave e reiterato inadempimento che avrebbe potuto legittimare – previa osservanza del procedimento di legge – la revoca ex articolo 464 octies c.p.p..
2.6. Cosi’ definito l’iter processuale svoltosi durante il giudizio di primo grado, il regime impugnatorio va individuato – trattandosi di ordinanza dibattimentale in quello delineato dall’articolo 586 c.p.p., secondo cui, in linea generale, quando non e’ diversamente stabilito, le ordinanze emesse nel corso del dibattimento o negli atti preliminari, possono essere impugnate a pena di inammissibilita’, solo unitamente alla sentenza, e nel caso di proposizione, entrambe le impugnazioni sono valutate congiuntamente dal giudice che ne e’ investito (sez. 3 n. 29622 del 15.2.2018). Dunque, correttamente la difesa dell’imputato ha impugnato l’ordinanza, con la quale e’ stata disposta la ripresa del processo, unitamente alla sentenza conclusiva del grado, con l’atto di appello. Giova, sul punto, rilevare che, nel comporre il contrasto che si era creato nella giurisprudenza di legittimita’, le Sezioni Unite (Sez. U. n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, Rv. 267237,) hanno affermato, con riguardo alla ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, che essa non e’ immediatamente impugnabile con il ricorso per cassazione, ma e’ appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell’articolo 586 c.p.p., in quanto l’articolo 464 c.p.p., quater, comma 7, nel prevedere il ricorso per cassazione, deve essere interpretato nel senso che si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell’imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova. Deve, dunque, anche alla luce di tale principio di diritto, escludersi la diretta ricorribilita’ per cassazione del provvedimento con il quale venga disposta la ripresa del procedimento, per l’esito negativo della messa alla prova, in quanto, come si legge nella sentenza delle Sezioni Unite, “l’intero articolo 464-quater, comma 7 disciplina esclusivamente l’impugnazione della sola ordinanza ammissiva della prova”. Neppure l’ordinanza con la quale il giudice disponga la ripresa del processo, per l’esito negativo della messa alla prova, e’, dunque, direttamente ricorribile per cassazione, opzione impugnatoria prevista, esclusivamente, avverso l’ordinanza di ammissione alla prova (ai sensi dell’articolo 464 quater, comma 7) ovvero, ai sensi dell’articolo 464 octies c.p.p., avverso la revoca della predetta ordinanza.
3. La sentenza della Corte di appello di Trento e quella del Tribunale di Rovereto, devono, dunque, essere annullate. In particolare, l’annullamento, quanto al reato di minaccia, va disposto in conseguenza della remissione di querela intervenuta il 23 gennaio 2019, con contestuale accettazione dell’imputato. Per tale reato, infatti, e’ stata esclusa dai giudici di merito la aggravante dell’uso dell’arma, di cui all’articolo 610 c.p., comma 2, e, conseguentemente, con la remissione della querela, il reato e’ estinto.
3.1. Per il reato di lesioni personali, la remissione di querela non produce, invece, effetti ai fini della procedibilita’, che e’ prevista ex officio per i casi di lesioni superiori, come nel caso di specie, a 20 giorni. L’annullamento, con riguardo al reato di lesioni, deve, invece, essere disposto senza rinvio, stante la nullita’ dell’ordinanza resa nell’udienza del 15 febbraio 2017, in quanto resa in violazione dell’articolo 464 septies c.p.p.. Gli atti vanno trasmessi, per l’ulteriore corso, al Tribunale di Rovereto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di minaccia perche’ estinto per remissione di querela. Annulla senza rinvio la medesima sentenza nonche’ la sentenza di primo grado e l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Rovereto per l’ulteriore corso.

 

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