In tema di IVA ed il regime dell’inversione contabile

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 maggio 2021| n. 11927.

In tema di IVA, Il regime dell’inversione contabile previsto dall’art. 17, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, che, in deroga a quanto previsto dal comma 1, pone in capo al cessionario, anziché al cedente, l’obbligo di assolvere l’imposta, trova fondamento, secondo la disciplina unionale cui quella interna è conformata, nell’esigenza di prevenire il rischio di frodi fiscali, che è tanto maggiore quanto più elevato è il tenore dell’oro che forma oggetto della fornitura; pertanto, ai fini dell’applicabilità del predetto regime, in luogo di quello diverso del margine concernente il commercio degli oggetti di occasione, è sufficiente che si tratti di prodotti non immediatamente destinati al consumo, che rispondano ai requisiti di purezza stabiliti dalla norma.

Ordinanza|6 maggio 2021| n. 11927

Data udienza 12 novembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: IMPOSTE INDIRETTE – IVA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 4724 del ruolo generale dell’anno 20214 proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia;
– ricorrente –
contro
s.a.s. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’avv. (OMISSIS), presso lo studio del quale in (OMISSIS), elettivamente si domicilia;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sede di Pescara, depositata in data 20 settembre 2013, n. 447/10/13;
udita la relazione resa nella Camera di consiglio del 12 novembre 2020 dal consigliere Angelina-Maria Perrino.

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla sentenza impugnata che la s.a.s. (OMISSIS) ha riferito di esercitare l’attivita’ di commercio all’ingrosso di oggetti di oreficeria non piu’ idonei al consumo finale, senza commercializzare gioielli, perche’ cede esclusivamente a fonderie gli oggetti che acquista da privati.
In considerazione dell’attivita’ svolta la contribuente ha applicato alle operazioni compiute il regime dell’inversione contabile a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 17, comma 5, e ha per conseguenza emesso fatture senza addebito dell’iva. Secondo l’Agenzia delle entrate, invece, alle operazioni in questione doveva essere applicato il regime del margine per i beni usati.
Ne e’ seguito un avviso di accertamento col quale l’Agenzia, in relazione agli anni d’imposta dal 2006 al 2008, ha recuperato l’iva, evidenziando che in realta’ la societa’ svolge anche attivita’ di riparazione di orologi e di gioielli, che commercia anche al dettaglio.
La societa’ ha impugnato l’avviso, senza successo in primo grado.
La Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo ha accolto il successivo appello limitatamente alle sanzioni.
Quanto alla pretesa impositiva, ha sostenuto che le operazioni compiute dalla contribuente non rientrano nell’ambito applicativo della deroga alla soggettivita’ passiva introdotta dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 17, comma 5, del ma ha soggiunto che le difficolta’ d’interpretazione della portata e dell’ambito di applicazione della norma determinano una situazione di obiettiva incertezza, che esonera dalle sanzioni.
Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a un unico motivo, cui la societa’ risponde con controricorso e ricorso incidentale, articolato in tre motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Col primo e col secondo motivo del ricorso incidentale, da esaminare congiuntamente, perche’ connessi, e prima del ricorso principale, perche’ prodromici rispetto a questo concernendo la pretesa impositiva, la societa’ lamenta:
– la violazione ed errata applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 17, comma 5, la’ dove il giudice d’appello ha trascurato che per le cessioni di oro industriale e’ stato introdotto, in attuazione della Dir. 12 ottobre 1998, n. 98/80/CE, il regime dell’inversione contabile, che configura in capo al cessionario e non gia’ al cedente l’obbligo di assolvere l’iva (primo motivo);
– la violazione ed errata applicazione del Decreto Legge 23 febbraio 1995, n. 41, articolo 36, conv., con mod., con L. 22 marzo 1995, n. 85, sul regime del margine concernente il commercio di oggetti di occasione, la’ dove il giudice d’appello non ha considerato che le disposizioni in questione, per la parte in cui non prevedono l’esclusione dell’applicabilita’ del regime del margine per le operazioni aventi per oggetto beni usati costituiti o contenenti metalli preziosi, violano i vincoli imposti dalla Dir. 14 febbraio 1994, n. 94, (secondo motivo).
Secondo la societa’, in sintesi, alle operazioni che ha compiuto e che hanno riguardato, nella sua prospettazione, prodotti in oro destinati ad essere fusi e lavorati per la realizzazione di oggetti diversi, si applica il regime dell’inversione contabile e non gia’ quello del margine.
2.- In materia, la disciplina interna e’ conformata da quella unionale, che ha dettato i presupposti di applicazione di entrambi i regimi.
2.1.- Quanto a quello dell’inversione contabile, l’ottavo considerando della Dir. n. 98/80/CE, prevede che “considerando che l’esperienza ha mostrato che, per quanto riguarda la maggior parte delle forniture di oro con grado di purezza superiore ad un certo limite, un meccanismo di (inversione contabile) puo’ essere utile per prevenire le frodi fiscali, provvedendo al contempo ad alleviare l’onere finanziario dell’operazione; che e’ quindi giustificato consentire agli Stati membri di ricorrere a tale meccanismo; (…)”, e la sesta Dir., articolo 26 ter, stabilisce (alla lettera F), che “(…) In deroga all’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), quale modificato dall’articolo 28 octies, in caso di fornitura di materiale d’oro o di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, o di fornitura di oro da investimento per cui e’ stata esercitata un’opzione di cui alla sezione C del presente articolo, gli Stati membri possono designare l’acquirente come debitore dell’imposta secondo le modalita’ e le condizioni da essi stabilite. Quando si avvalgono di tale facolta’, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinche’ la persona designata quale debitore dell’imposta adempia gli obblighi di dichiarazione e di pagamento dell’imposta a norma dell’articolo 22”.
2.2.- Analogamente, in base ai considerando 42 e 55 della direttiva iva, “(42) In determinati casi gli Stati membri dovrebbero poter designare il beneficiario delle forniture di beni o delle prestazioni di servizi quale soggetto debitore dell’imposta. Tale misura dovrebbe aiutare gli Stati membri a semplificare le regole e a contrastare l’elusione e l’evasione fiscale in determinati settori e per taluni tipi di operazioni.
(55) Al fine di prevenire le evasioni fiscali, provvedendo nel contempo ad alleviare l’onere finanziario relativo alla cessione di oro di purezza superiore a un determinato grado, e’ giustificato consentire agli Stati membri di designare l’acquirente quale debitore dell’imposta”.
2.3.- Sicche’ la Dir. iva, articolo 198, paragrafo 2, dispone che “Quando una cessione di materiale d’oro o di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi o una cessione di oro da investimento (…) e’ effettuata da un soggetto passivo (…), gli Stati membri possono designare l’acquirente come debitore dell’imposta”; laddove il successivo articolo 199, paragrafo 1, stabilisce che “Gli Stati membri possono stabilire che il debitore dell’imposta sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le seguenti operazioni: (…) d) cessioni di materiali di recupero, di materiali di recupero non riutilizzabili in quanto tali, di materiali di scarto industriali e non industriali, di materiali di scarto riciclabili, di materiali di scarto parzialmente lavorati, di avanzi e determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi figuranti nell’allegato VI;…)”.
Dal canto suo, l’allegato VI della direttiva IVA, intitolato “Elenco delle forniture di beni e delle prestazioni di servizi di cui all’articolo 199, paragrafo 1, lettera d)”, contempla, tra l’altro, le “1) Cessioni di rottami ferrosi e non ferrosi, avanzi e materiali di recupero, comprese le cessioni di semiprodotti ottenuti dalla trasformazione, dalla lavorazione o dalla fusione di metalli ferrosi o non ferrosi e di loro leghe”.
3.- Il punto nodale, ai fini dell’applicazione del regime d’inversione contabile, non sta nel fatto che si tratti di un prodotto semilavorato.
La nozione di prodotto semilavorato, difatti, di per se’ si presta soltanto ad escludere dal proprio ambito i prodotti finiti e i prodotti che non siano mai stati oggetto di lavorazione o di trasformazione (Corte giust. 26 maggio 2016, causa C-550/14, Envirotec DenmarK ApS, punto 30).
3.1.- Quel che conta e che giustifica l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, in considerazione del rischio di frode fiscale che quel meccanismo e’ volto a evitare, e’ il tenore d’oro del bene: il rischio di frodi fiscali e’ tanto maggiore quanto piu’ il tenore dell’oro e’ elevato. Quindi, il livello di purezza dell’oro del bene e’ decisivo per determinare se una cessione di materiale d’oro o di prodotti semilavorati, come sopra intesi, rientri o no nell’ambito di applicazione della Dir. IVA, articolo 198, paragrafo 2, (Corte giust. in causa C-550/14, cit., punto 42).
3.2.- In base a questo principio va interpretata la norma interna, ossia il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 17, comma 5, che, in deroga al comma 1, stabilisce che “per le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all’articolo 10, n. 11), nonche’ per le cessioni di materiale d’oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento dell’imposta e’ tenuto il cessionario, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato”.
Sufficiente si deve quindi ritenere, per l’applicabilita’ del regime d’inversione contabile, che si tratti di prodotti non immediatamente destinati al consumo che rispondano ai requisiti di purezza stabiliti dalla norma. Altrimenti, si applica il diverso regime del margine.
4.- A norma della Dir. iva, articolo 311, difatti, ai fini di questo secondo regime sono considerati “(…) 1) “beni d’occasione”, i beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, diversi dagli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione e non costituiti da metalli preziosi o pietre preziose come definiti dagli Stati membri”.
4.1.- Il bene d’occasione, quindi, dev’essere un bene mobile materiale, suscettibile di reimpiego nello stato originario o previa riparazione, e non deve rientrare nella categoria dei metalli preziosi o pietre preziose.
Non sono esclusi da questa nozione i beni mobili materiali suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione, provenienti da un altro bene nel quale erano incorporati come parti costitutive: la qualifica di “bene d’occasione” richiede unicamente che il bene usato abbia conservato le funzionalita’ che possedeva allo stato nuovo, e che possa appunto essere riutilizzato nello stato originario o previa riparazione (Corte giust. 18 gennaio 2017, causa C-471/15, Sjelle Autogenbrug, punti 31 e 32).
4.2.- Ma non basta: in considerazione dello scopo perseguito dall’applicazione del regime del margine, che e’ quello di evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi nel settore (Corte giust. 18 maggio 2017, causa C-624/15, Litdana, punto 25 e, nella giurisprudenza interna, per tutte, Cass., sez. un., 12 settembre 2017, n. 21105), conta il valore da attribuire ai metalli preziosi e alle pietre preziose, che e’ quello intrinseco.
4.3.- Sicche’, per poter rispondere alla nozione di “bene d’occasione”, tale da poter beneficiare del regime speciale del margine di utile, occorre che si tratti di un oggetto che abbia avuto e che conservi funzionalita’ diversa da quella inerente alle materie che lo compongono, e che sia idoneo a essere reimpiegato, nel suo stato originario o previa riparazione.
Non risponde, invece, alla nozione di bene d’occasione il bene, la cui utilita’ sta nell’essere trasformato in un nuovo oggetto che conoscera’ un nuovo ciclo economico: in questo caso, difatti, il rischio di doppia imposizione, che e’ all’origine dell’introduzione del regime del margine di utile, scompare (in termini, Corte giust. 11 luglio 2018, causa C-154/17, SIA “E LATS”, punto 34).
5.- Tra gli elementi utili a questa valutazione figurano tutte le circostanze oggettive in cui l’operazione di rivendita e’ avvenuta e quindi, in via d’esempio, la presentazione degli oggetti, il metodo di valutazione del loro valore e il metodo di fatturazione, ossia sfusi (al lordo/a peso) o a pezzo (Corte giust. causa C-154/17, cit., punto 35).
6.- Sia le valutazioni necessarie ai fini dell’applicabilita’ del regime dell’inversione contabile (ossia che si tratti di prodotti semilavorati, nell’accezione sopra indicata, con la purezza stabilita dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 17, comma 5), sia quelle funzionali all’applicabilita’ del regime del margine di utile (ossia che si tratti di beni la cui ozi funzionalita’ si identifichi con quella dell’oro, oppure di beni che rispondono a funzionalita’ autonoma da quella del materiale che li compone) non sono state compiute dal giudice d’appello, il quale, con la sentenza impugnata, si e’ limitato ad aver riguardo al “materiale d’oro”.
6.1.- La complessiva censura va quindi accolta, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo in diversa composizione, che svolgera’ queste verifiche e liquidera’ le spese.
7.- Inammissibile e’, invece, il terzo motivo del ricorso incidentale, col quale la contribuente denuncia l’omesso esame del fatto decisivo costituito dall’avvenuta traslazione dell’adempimento dell’obbligo di versamento dell’imposta in testa alla cessionaria s.p.a. (OMISSIS), perche’ verte su fatto irrilevante.
7.1.- Il rischio della doppia imposizione paventato dalla contribuente sussiste qualora il bene sia stato acquistato da un soggetto che non abbia potuto detrarre l’imposta pagata a monte all’atto dell’acquisto del bene e che, pertanto, abbia sopportato integralmente l’imposta stessa, ma e’ risolto giustappunto dall’applicazione del regime del margine (Cass., sez. un., n. 21105/17, cit.).
8.- Infondata e’ poi l’eccezione d’inammissibilita’ del ricorso principale proposta in controricorso, giacche’, di la’ dalle imprecisioni del ricorso ivi segnalate, quel che conta e’ che il ricorso ha correttamente identificato la sentenza impugnata e l’ha aggredita per il profilo di soccombenza.
8.1.- La valutazione del ricorso principale, tuttavia, che concerne il solo aspetto sanzionatorio, e’ assorbita dall’accoglimento dei primi due motivi del ricorso incidentale.

P.Q.M.

accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale, inammissibile il terzo e assorbito il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo in diversa composizione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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