In tema di contrasto tra motivazione e dispositivo

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 7 gennaio 2020, n. 160

Massima estrapolata:

In tema di contrasto tra motivazione e dispositivo, se la divergenza è causata da un evidente errore materiale, obiettivamente riconoscibile, contenuto nel dispositivo, il contrasto deve ritenersi solo apparente ed è legittimo il ricorso alla motivazione per chiarire l’effettiva portata del dispositivo. Nel caso di specie il giudice è incorso in un’omissione materiale in ordine alla menzione nel dispositivo del giudizio di equivalenza tra le attenuanti riconosciute in favore dell’imputato e l’aggravante contestata, puntualmente esplicitato invece nella motivazione della sentenza. La natura di mera omissione è confermata dalla conformità della pena finale irrogata a quella determinata, con l’esplicitazione dei singoli passaggi intermedi nella motivazione la quale, permettendo di ricostruire la volontà del giudice, conserva la sua funzione di spiegazione delle ragioni fondanti la decisione, senza che sia necessaria una rettifica del dispositivo.

Sentenza 7 gennaio 2020, n. 160

Data udienza 30 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IZZO Fausto – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – rel. Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 21.2.2019 della Corte di Appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Canevelli Paolo che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) anche in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 21.2.2019 la Corte di Appello di Reggio Calabria, a seguito di annullamento di annullamento con rinvio disposto dalla Quarta Sezione di questa Corte limitatamente al trattamento sanzionatorio della sentenza pronunciata dalla medesima Corte territoriale di integrale conferma della condanna di (OMISSIS) alla pena di otto anni di reclusione in quanto responsabile del delitto di violenza sessuale commesso ai danni della figlia, resa dal Tribunale della stessa citta’, ha ridotto, nel riconoscere a costui le attenuanti generiche, il trattamento sanzionatorio a cinque anni ed otto mesi di reclusione.
2. Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando quattro motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo censura, in relazione al vizio di violazione di legge processuale riferito all’articolo 125 c.p.p. e articolo 111 Cost., il contrasto tra la motivazione che aveva riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche dichiarandole equivalenti alla contestata aggravante ed applicato un aumento di sei mesi ai fini della continuazione ed il dispositivo contenente la sola deliberazione delle attenuanti generiche che dovendo ritenersi prevalente rispetto alla motivazione, neppure contestuale, comporta l’annullamento della sentenza impugnata.
2.2. Con il secondo motivo lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’articolo 627 c.p.p., comma 3 e articoli 132, 133 e 609 bis c.p., che il giudice del rinvio sia incorso nel medesimo errore della sentenza precedentemente annullata, costituito dall’aver fatto riferimento nel diniego delle attenuanti generiche ad elementi non presenti nel capo di imputazione, per aver utilizzato quale elemento su cui fondare il giudizio di bilanciamento tra le circostanze e la graduazione della pena le pressioni esercitate dall’imputato sulla figlia attraverso la denigrazione dell’altro genitore, ovverosia lo stesso elemento, estraneo al capo di imputazione, evidenziato sotto forma di comportamenti denigratori dalla sentenza annullata e fatto oggetto di censura dalla precedente pronuncia di questa Corte. Censura altresi’ la fondatezza del riferimento, anch’esso impiegato ai fini indicati, alla “vicenda nei termini emersi dall’esame della p.o.” in termini soltanto apparenti non essendo stato dato il giusto peso alle dichiarazioni della ragazza che, sentita nuovamente dai giudici di appello, aveva reso pesantissime accuse indirizzate alla madre ed al di lei compagno per averla costretta a rendere false dichiarazioni riguardanti il padre e contestualmente revocato la costituzione di parte civile, dichiarazioni che avrebbero ampiamente consentito il contenimento della pena nei minimi edittali.
2.3. Con il terzo motivo censura, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’articolo 627 c.p.p., comma 3 e articoli 69 e 609 ter c.p. e al vizio motivazionale, il ricorso a formule di stile nel diniego dell’invocata dichiarazione di prevalenza delle attenuanti generiche, peraltro contraddetto dal riconoscimento della minore invasivita’ delle condotte paterne rispetto a quelle inizialmente accertate dal Tribunale e reso illogico a seguito delle dichiarazioni della vittima sopra riportate.
2.4. Con il quarto motivo lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’articolo 627 c.p.p., comma 3 ed articolo 81 c.p. e al vizio motivazionale, la mancata indicazione degli elementi considerati ai fini dell’aumento relativo alla continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il primo motivo non puo’ essere ritenuto ammissibile.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che, stante il carattere unitario della sentenza, le cui parti – motivazione e dispositivo – si integrano naturalmente, concorrendo l’una rendere intellegibile il comando contenuto nel dispositivo, non sempre la loro divergenza determina un contrasto risolvibile con la prevalenza del dispositivo e deducibile con il ricorso per cassazione (Sez. 2, n. 13904 del 09/03/2016 – dep. 07/04/2016, Palumbo, Rv. 266660). In particolare se la divergenza dipende da un evidente errore materiale, obiettivamente riconoscibile, contenuto nel dispositivo, il contrasto e’ solo apparente ed e’ legittimo il ricorso alla motivazione per chiarire l’effettiva portata del dispositivo. Ed e’ esattamente in tale ambito che va ricondotto il caso di specie: non puo’ infatti ritenersi che il dispositivo in esame contenga un precipitato difforme dalla pena quantificata in motivazione ne’ che si ponga in contrasto con la pena finale indicata nella parte motiva, essendo semplicemente il giudice del rinvio incorso nel dictum finale in un’omissione materiale in ordine alla menzione del giudizio di equivalenza tra le attenuanti dal medesimo riconosciute in favore dell’imputato e la contestata aggravante, puntualmente esplicitato invece nella parte motiva. Del resto che si tratti di una mera omissione e’ reso palese dalla circostanza che la pena finale irrogata e’ conforme a quella determinata, con l’esplicitazione dei singoli passaggi intermedi nella motivazione la quale, permettendo di ricostruire chiaramente ed inequivocabilmente la volonta’ del giudice, conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni fondanti la decisione, senza che nemmeno sia necessaria una rettifica del dispositivo.
Non vertendosi pertanto neppure in un’ipotesi di errore, ma di semplice omissione comunque inidonea ad inficiare il dispositivo che la contiene, deve ritenersi che difetti in capo al ricorrente l’interesse ad agire, non valendo la presente impugnazione al conseguimento di alcuna concreta utilita’ per l’istante, ossia di una decisione piu’ vantaggiosa al di la’ dell’esattezza meramente formale della decisione.
2. Il secondo ed il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto fra loro intrinsecamente connessi, incorrono nel rigetto.
Premesso che in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee, per il carattere globale del giudizio, il giudice di merito non e’ tenuto a specificare le ragioni che hanno indotto a dichiarare la equivalenza piuttosto che la prevalenza, a meno che non vi sia stata una specifica richiesta della parte, con indicazione di circostanze di fatto tali da legittimare la richiesta stessa (Sez. 7, n. 11210 del 20/10/2017 – dep. 13/03/2018, Z, Rv. 272460), deve rilevarsi come nel caso in esame, avendo la Corte territoriale evidenziato gli elementi sui quali ha fondato il giudizio di bilanciamento, gravava sul ricorrente, pena il difetto di specificita’ dell’impugnativa, l’onere di specificare le ragioni addotte con i motivi di appello che siano state disattese. Nulla di cio’ non emerge dal ricorso che si avvita, invece, in una pretesa violazione dello schema tracciato dalla sentenza di annullamento di questa Corte che non trova alcun riscontro nella decisione impugnata: il vulnus motivazionale evidenziato dalla pronuncia della Cassazione era costituito, con riferimento al diniego delle attenuanti generiche, ovverosia a circostanze relative a peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto della personalita’ dell’imputato rilevanti ai fini della graduazione della pena, da un canto dall’omessa valutazione di una minore gravita’ della condotta, sotto il profilo della intrusivita’ della sfera sessuale della vittima, rispetto a quella accertata dal primo giudice e, dall’altro dalla valorizzazione di elementi che non avevano formato oggetto di contraddittorio fra le parti, mentre il giudizio di bilanciamento e’ ancorato ai parametri indicati dall’articolo 133 c.p..
Incensurabile e’ percio’ la valutazione della Corte di merito che valorizza in ordine alla ritenuta equivalenza fra le opposte circostanze la tenera eta’ della vittima e le ricadute psicologiche sulla stessa, senza che entri nel giudizio la condotta recriminatoria nei confronti dell’altro genitore posta in essere dall’imputato, menzionata, peraltro in termini di reciprocita’ con quella materna, al solo fine di evidenziare la gravita’ delle conseguenze su un soggetto gia’ esposto al trauma di un aspro conflitto genitoriale e che percio’ non si pone in alcun contrasto con i rilievi formalizzati dalla pronuncia di annullamento.
E’ in ogni caso inammissibile, trattandosi di una personale valutazione della difesa, l’enfatizzazione del contenuto delle dichiarazioni rese dalla p.o. innanzi alla Corte di Appello, peraltro gia’ apprezzato al fine concedere le attenuanti generiche, il quale, rispetto ad una logica ed adeguata motivazione circa il formulato giudizio di equivalenza, non si tramuta in un elemento dal quale desumere un’incoerenza della valutazione effettuata dai giudici del gravame.
3. Non puo’ essere accolto neppure il quarto motivo.
E’ sufficiente al riguardo rilevare che l’aumento disposto ai fini della continuazione non deve essere accompagnato da specifica motivazione, allorquando la quantificazione della pena base, sia come nel caso di specie, congruamente motivata (Sez. 6, n. 18828 del 08/02/2018 – dep. 02/05/2018, Nicotera e altri, Rv. 273385), tanto piu’ considerando l’entita’, alquanto modesta, di detto aumento rispetto alla pena gia’ inflitta (Sez. 5, n. 20803 del 26/02/2018 – dep. 10/05/2018, Pecorelli, Rv. 273037).
Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendo a tale esito, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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