Requisito soggettivo per il rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 7 gennaio 2020, n. 125

La massima estrapolata:

Il possesso di un reddito minimo, idoneo al sostentamento dello straniero, costituisce un requisito soggettivo non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto attinente alla sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale, al suo inserimento nel contesto lavorativo e alla capacità di contribuire con il proprio impegno allo sviluppo economico e sociale del paese.

Sentenza 7 gennaio 2020, n. 125

Data udienza 5 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3212 del 2019, proposto da
Ka. Er., rappresentata e difesa dall’avvocato Fe. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via (…);
contro
Ministero dell’Interno, Questura di Brescia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia Sezione Seconda n. 1180/2018, resa tra le parti, concernente il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Brescia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il Cons. Stefania Santoleri e udita per la parte appellata l’Avvocato dello Stato Ma. Ru.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso proposto dinanzi al TAR Lombardia, Sezione staccata di Brescia, la ricorrente – cittadina nigeriana – ha impugnato il decreto del 14 giugno 2018, comunicatole il 15 ottobre 2018, con cui la Questura di Brescia ha respinto la sua istanza, datata 19/12/2016, diretta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo.
La ricorrente, entrata in Italia priva di visto, ha beneficiato del procedimento di emersione ottenendo il primo permesso di soggiorno per lavoro subordinato valido fino al 20/12/2015; ha poi ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo con scadenza 31/12/2016, avendo prodotto la visura della CCIAA di Brescia dalla quale risultava lo svolgimento dell’attività di piccolo imprenditore – impresa artigiana con la denominazione “l’arte di Ka. Er.”.
La Questura ha accertato che dal Modello Persone Fisiche 2015 – periodo di imposta 2015 – la ricorrente aveva conseguito un reddito di Euro 2.017,00; per l’anno 2016 e successivi non risultava alcun reddito; dalla disamina della banca dati INPS non risultavano contributi versati in suo favore. Tenuto conto della mancanza dei requisiti reddituali, la Questura ha negato il rinnovo del permesso di soggiorno rilevando, inoltre, che tra la data di presentazione della domanda e l’adozione del provvedimento non erano intervenuti elementi sopravvenuti idonei al rilascio del permesso di soggiorno.
2. – Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto appello chiedendone la riforma.
2.1 – Ha contestualmente proposto anche l’istanza cautelare che è stata accolta dal Collegio con ordinanza n. 2609/19 in relazione ai soli profili relativi al periculum in mora.
2.2 – Con la memoria del 25 novembre 2019, ed allegato Unilav del 25/11/2019, l’appellante ha rappresentato di aver trovato lavoro come colf, con rapporto di lavoro a tempo parziale (20 ore a settimana), con stipendio di Euro 650 al mese con decorrenza in pari data.
Ha quindi insistito nell’accoglimento dell’appello.
3. – L’appello è infondato e va, dunque, respinto.
3.1 – Il provvedimento impugnato si fonda esclusivamente sulla carenza del requisito reddituale.
Secondo il costante orientamento della Sezione il possesso di un reddito minimo – idoneo al sostentamento dello straniero – costituisce un requisito soggettivo non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto attinente alla sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale, al suo inserimento nel contesto lavorativo e alla capacità di contribuire con il proprio impegno allo sviluppo economico e sociale del paese (Consiglio di Stato, sez. III, 11 maggio 2015, n. 2335; 11 luglio 2014, n. 3596).
Il limite minimo di reddito non è rimesso alla discrezionalità dell’Amministrazione, ma è individuato dalla legge nell’importo annuo dell’assegno sociale (Cons. Stato, Sez. III, 19/1/2015 n. 117).
La Sezione ha più volte assunto un atteggiamento elastico in ordine al mancato possesso dei requisiti reddituali laddove il cittadino straniero ha dimostrato di aver conseguito un rapporto di lavoro che, in via prognostica, appaia idoneo al suo mantenimento.
Anche la spettanza di un periodo di attesa occupazione (non trattandosi di una misura di carattere umanitario o puramente solidaristico) riposa sul presupposto tacito secondo il quale, chi ha dimostrato in passato di poter reperire una legittima ed adeguata occupazione, può ritenersi di regola in grado di reperirne una nuova entro il lasso di tempo concesso dalla norma. Tuttavia, perché la presunzione risulti giustificata, occorre che nel periodo precedente, cioè in costanza del permesso di soggiorno per lavoro, un’attività lavorativa sia stata effettivamente svolta, ed abbia prodotto un reddito adeguato, o quanto meno siano state acquisite (mediante l’apprendimento scolastico, o mediante corsi di formazione) capacità lavorative (cfr. Cons. Stato, III, n. 1068/2015).
Ai cittadini extracomunitari è richiesto, infatti, un atteggiamento attivo nella ricerca di un lavoro regolare (o nell’avvio di un’attività autonoma), e non è ammissibile il rinnovo del titolo di soggiorno quando la condizione di disoccupazione o di occupazione irregolare si prolunghi oltre limiti ragionevoli.
3.2 – Nel caso di specie è incontroverso che l’ultimo reddito conseguito dall’appellante (peraltro molto al di sotto del limite richiesto) risalga al 2015, non essendovi prova dello svolgimento di qualunque attività lavorativa fino al giugno 2018, quando è stato emesso il provvedimento impugnato.
Tenuto conto di tale circostanza di fatto, mai smentita dall’interessata, l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto, della quale si lamenta l’appellante, costituisce una mera violazione formale, superabile ai sensi dell’art. 21 octies della L. 241/90, come ritenuto dal TAR.
3.3 – Neanche nel ricorso in appello, infatti, l’appellante ha fornito elementi a dimostrazione della disponibilità di un lavoro, limitandosi a rappresentare la mera possibilità della sua assunzione da parte di un suo concittadino, circostanza che non si è poi concretizzata.
3.4 – Solo con la memoria – peraltro tardiva – ha fornito elementi idonei a dimostrare la disponibilità di un lavoro: tale fatto sopravvenuto, però, essendo intervenuto dopo l’adozione del provvedimento impugnato, non può assumere rilievo in questa sede, atteso che la legittimità dell’atto deve essere valutata alla stregua degli elementi esistenti e rappresentati all’autorità amministrativa procedente.
Tale elemento sopravvenuto deve essere, quindi, reso noto alla Questura al fine di ottenere la rivalutazione della propria posizione, tenendo conto dell’intervenuta stipulazione del contratto di lavoro del 25 novembre 2019.
4. – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto perché infondato.
5. – Quanto alle spese del grado di appello, può disporsene la compensazione, tenuto conto del mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’Amministrazione appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, in conferma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del grado di appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Ezio Fedullo – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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