In tema di bancarotta fraudolenta

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 1 ottobre 2020, n. 27264.

In tema di bancarotta fraudolenta, i destinatari delle norme di cui agli artt. 216 e 223 legge fall. vanno individuati sulla base delle concrete funzioni esercitate, non già rapportandosi alle mere qualifiche formali ovvero alla rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta. (In motivazione la Corte ha ritenuto corretta l’individuazione dell’imputato – già consulente e creditore della società fallita – quale amministratore di fatto, sulla base di indici sintomatici espressivi dell’inserimento organico, con funzioni direttive, nella sequenza produttiva, organizzativa o commerciale dell’attività sociale, in posizione assolutamente preminente rispetto all’amministratore di diritto, privo di esperienze specifiche nel settore di operatività dell’ente).

Sentenza 1 ottobre 2020, n. 27264

Data udienza 10 luglio 2020

Tag – parola chiave: Bancarotte – Amministratore di fatto – Nozione ex art. 2639 cc – Determinazione della pena

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. CALASELICE Barbara – rel. Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 28/06/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere CALASELICE B.;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, PICARDI A., in persona del Sostituto Procuratore Generale, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’;
lette le memorie difensive degli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), con le quali hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Firenze ha riformato la pronuncia del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale in sede, emessa il 14 luglio 2015, con la quale (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati condannati alla pena principale di anni tre di reclusione ciascuno, oltre pene accessorie fallimentari nella misura di legge, in relazione ai reati di cui all’articolo 110 c.p., L.Fall., articolo 216, comma 1, n. 2, L.Fall., articolo 223, comma 1, L.Fall., articolo 19, comma 1, e comma 2, n. 1, (Capo A), nonche’ articolo 110 c.p., L.Fall., articolo 217, comma 1, n. 4, L.Fall., articolo 224, comma 1, n. 1, L.Fall., articolo 219, comma 1 e comma 2, n. 1, quali membri del Consiglio di amministrazione ed amministratori di fatto della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita in data (OMISSIS).
1.1. La Corte territoriale, confermando nel resto la condanna, ha ridotto la durata delle pene accessorie fallimentari irrogate agli imputati, ai sensi della L.Fall., articolo 216, u.c..
1.1.Si tratta dei reati inerenti il fallimento della societa’ indicata, costituita nel 2001, per recupero e riciclo di rottami e raccolta rifiuti, con amministratore di diritto (OMISSIS), giudicato separatamente, nonche’ con amministratori delegati ed amministratori non esecutivi fino al 2010 ed amministratori di fatto gli odierni ricorrenti.
La societa’ risulta fallita, dai provvedimenti di merito, aLl’esito del mancato adempimento delle prescrizioni contenute nel decreto di ammissione del Tribunale al concordato preventivo del 8 agosto 2012. I ricorrenti sono stati ritenuti, in sede di merito, amministratori di fatto pur sussistendo incarichi retribuiti, svolti nell’interesse della societa’ ( (OMISSIS) quale responsabile tecnico per iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, (OMISSIS) quale responsabile preposto all’Albo nazionale trasporto conto terzi nonche’ dipendente).
2. Avverso la descritta sentenza hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione gli imputati, tramite i difensori, con distinti atti di impugnazione.
2.1. (OMISSIS) denuncia, per il tramite del difensore avv. (OMISSIS), quattro vizi.
2.1.1. Con il primo motivo si denuncia vizio di motivazione, per essere stato omesso l’esame della memoria difensiva depositata il 12 marzo 2019, tre mesi prima dell’udienza di discussione, dove si confutava la sentenza di merito anche in relazione alla documentazione acquisita in atti.
Il ricorrente ripercorre, punto per punto, la sentenza di primo grado e riporta le censure mosse anche nella memoria e che, secondo la sua tesi, sarebbero state trascurate dalla motivazione della Corte di appello, affermando che, in definitiva, la lettura delle fonti di prova del primo grado sarebbe stata poco approfondita e travisata.
Si assume che il primo giudice fa discendere la qualita’ di amministratori di fatto dalla deposizione degli ex dipendenti e dall’analisi delle dichiarazioni dell’amministratore di diritto, travisandone il contenuto.
Si contesta l’omessa valutazione delle censure svolte circa la relazione del consulente del curatore nominato dal giudice delegato nella procedura concorsuale che evidenziavano come il predetto consulente avesse escluso il ruolo di amministratore di fatto del (OMISSIS). Ne’ sarebbero state specificate le condotte poste in essere dall’imputato, espressione di tale potere di amministrazione attiva, dallo stesso esercitato di fatto.
2.1.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione e inosservanza o erronea applicazione di legge in relazione alle norme che disciplinavano il trasporto in conto terzi svolto da (OMISSIS) per la societa’ fallita (Regolamento Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio n 1071 del 2009, Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 25 novembre 2011), nonche’ omessa valutazione di prove documentali (decreto del tribunale fallimentare che ammetteva al passivo il (OMISSIS), contratti di consulenza).
Si sottolinea che (OMISSIS) era stato ammesso al passivo in privilegio, dal Tribunale di Firenze, in sede di opposizione, per il credito vantato nei confronti della societa’ quanto all’attivita’ di consulente e responsabile tecnico svolta, come addetto ai rapporti esterni, in quanto iscritto nell’Albo trasporti in conto terzi. Si tratta di decreto che riconosce a (OMISSIS) la qualifica di consulente addetto al controllo dei rapporti esterni relativamente agli aspetti tecnico ambientali e commerciali. Inoltre, questi era anche responsabile del trasporto per conto terzi ed operava in conformita’ ai poteri di gestione e controllo riconosciutigli dalla specifica natura delle funzioni legittimamente rivestite. Invece, gli atti di gestione, indicati dalle sentenze di merito, non integrano, a parere del ricorrente, quelli di cui all’articolo 2639 c.p..
La motivazione, in sostanza, difetterebbe nella parte in cui non prende in considerazione i documenti rappresentati da decreto e contratti; ne’ si indica in che modo le condotte del (OMISSIS) abbiano travalicato i poteri riconosciutigli dai contratti di consulenza ed il suo ruolo di responsabile del trasporto per conto terzi, integrando atti di amministrazione dell’ente.
2.1.3. Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione, in relazione al trattamento sanzionatorio riconosciuto agli amministratori di fatto rispetto all’amministratore di diritto (condannato alla pena di anni due di reclusione pur essendo recidivo specifico infraquinquennale) e tra i due coimputati odierni ricorrenti (essendo (OMISSIS), con la sua famiglia, direttamente coinvolto nei fatti di cui ai punti 3, 4 e 5 della contestazione, diversamente da (OMISSIS)).
2.3.4. Con il quarto motivo si denuncia manifesta illogicita’ della motivazione quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche (fondato su precedenti, uno dei quali grava (OMISSIS), cui evidentemente si riferisce il giudice di merito, ma non (OMISSIS), incensurato).
2.2. (OMISSIS), denuncia, nei motivi redatti dall’avv. (OMISSIS), tre vizi.
2.2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge, con riferimento all’articolo 27 Cost. e articolo 2639 c.c., vizio di motivazione e travisamento della prova.
Si contesta che la motivazione della Corte di appello fonda la qualifica di amministratore di fatto su elementi sintomatici inconferenti e omette di valutare prove a discarico, mentre (OMISSIS) era mero consulente esterno della societa’ con contratto di collaborazione. Inoltre si rileva che, come gia’ sottolineato con memoria ex articolo 121 c.p.p. e l’atto di appello, (OMISSIS) non era titolare di quote societarie come risulterebbe dalla documentazione acquisita e che le deposizioni dei testi sono state travisate, perche’ si riferiscono alla posizione del coimputato (OMISSIS). Si confutano, riportandone stralci, le dichiarazioni dei dipendenti della fallita e si assume che parte di queste sarebbero state omesse dalla Corte territoriale; inoltre si indicano le ragioni per le quali, in base a dette dichiarazioni, il ruolo di (OMISSIS) sarebbe stato stravolto dalla Corte territoriale, mentre questi era mera figura tecnica che intratteneva rapporti con soggetti rientranti nella sua sfera di competenza.
Si illustra la dedotta violazione dell’articolo 2639 c.c., non avendo evidenziato, la sentenza impugnata, pur riportando le dichiarazioni di persone informate sui fatti nel senso sopra indicato, alcun atto di concreta gestione della fallita, essendosi questi limitato a svolgere l’attivita’ di responsabile tecnico in maniera continuativa. Ne’ si puo’ trarre tale attivita’ di gestione dall’atto di cessione del credito, relativo a (OMISSIS), vantato verso la (OMISSIS) s.r.l., reperito presso l’abitazione di (OMISSIS), ritirato a mano dal predetto in sede di notifica, evidentemente al predetto notificato dal creditore cedente, in quanto (OMISSIS) era, all’epoca, quale amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l..
Infine si deduce che sarebbe stato trascurato che il curatore fallimentare, in sede di sommarie informazioni, aveva escluso il ruolo di amministratore di fatto di (OMISSIS), che anche l’amministratore di diritto aveva sostenuto che i ricorrenti erano meri consulenti come da contratto, che il consulente nominato in sede di procedura fallimentare civile non si era espresso, definitivamente, nel senso della sussistenza del rapporto di amministrazione di fatto con la fallita.
2.2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione degli articoli 133 e 62-bis c.p. e articolo 27 Cost., nonche’ omessa motivazione su un motivo di appello e manifesta illogicita’ della motivazione.
Si sarebbero trascurate del tutto le censure mosse da (OMISSIS), rispondendo la Corte territoriale soltanto con argomentazioni inerenti la figura del coimputato. Inoltre la sentenza, quanto ai criteri di cui all’articolo 133 c.p., fa generico riferimento alla gravita’ dei fatti e alla personalita’ degli imputati, indicando la sussistenza di piu’ precedenti mentre (OMISSIS) ha, a suo carico, un unico precedente risalente a oltre dieci anni prima.
2.2.3. Con il terzo motivo si deduce omessa valutazione degli argomenti di cui alla memoria difensiva depositata il 21 marzo 2019, richiamando giurisprudenza.
3. Il Procuratore generale ha fatto pervenire requisitoria scritta, con la quale chiede la declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi.
3.1. I difensori degli imputati hanno fatto pervenire conclusioni scritte con le quali si riportano alle impugnazioni, ribadendo il contenuto dei motivi devoluti, confutando, puntualmente, le argomentazioni del Procuratore generale, insistendo per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va premesso che si e’ in presenza di ricorsi con trattazione in camera di consiglio, senza partecipazione delle parti (Procuratore generale e difensori), con contraddittorio scritto Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, ex articolo 83, comma 12-ter, inserito dalla Legge di Conversione 24 aprile 2020, n. 27.
1.1.1 ricorsi sono inammissibili in quanto devolvono censure manifestamente infondate o critiche non consentite in sede di legittimita’.
2. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ inammissibile.
2.1. Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
Si osserva che la memoria difensiva, secondo la ricostruzione della Corte di appello, e’ riferita anche a motivi diversi da quelli devoluti con l’atto di appello principale e, dunque, non vi era obbligo, da parte del giudice di secondo grado, di confrontarsi con detti argomenti. Ed invero, e’ principio pacifico affermato da questa Corte di legittimita’, cui il Collegio aderisce, quello secondo cui gli atti che pongono questioni ulteriori, rispetto a quelle dedotte con i motivi di impugnazione, non sono da considerare memorie ne’ richieste ai sensi dell’articolo 121 c.p.p.; sicche’ in relazione ad essi si applica la disciplina dei motivi nuovi di cui all’articolo 585 c.p.p., comma 4, con la conseguenza che l’obbligo per il giudice di appello di procedere alla valutazione di una memoria difensiva sussiste solo se ed in quanto il contenuto della stessa sia in relazione con le questioni devolute con l’impugnazione (Sez. 2, n. 36118 del 26/06/2019, F., Rv. 277076; Sez. 1, n. 34461 del 10/03/2015, Pica, Rv. 264493; Sez. 5, n. 210 del 15/02/1996, Lenni, Rv. 204478).
In ogni caso la sentenza fa espresso riferimento agli argomenti di cui alla memoria e se ne confutano, comunque, tutti i punti devoluti, con particolare riferimento all’intervenuta assoluzione dei coimputati e la sua non incidenza su quella appellata, per essere stata pronunciata assoluzione non per la insussistenza del fatto (cfr. folio 18 della sentenza impugnata).
La censura ulteriore, peraltro, e’ inammissibile in quanto non consentita in sede di legittimita’, ripercorrendo il ricorrente le fonti di prova (dichiarazioni del curatore, dichiarazioni dell’amministratore di diritto rese a quest’ultimo, esame delle dichiarazioni testimoniali, ruolo svolto dall’imputato nell’ente, consulenza del tecnico nominato in sede di procedura concorsuale), proponendone una lettura alternativa, rispetto a quella del giudice del primo grado, cui la Corte territoriale ha aderito dando congrua, anche se in alcuni punti succinta, risposta alle censure del gravame.
L’esito del giudizio di responsabilita’ fondato, come nel caso in esame, su motivazione non manifestamente illogica ne’ contraddittoria, non puo’ essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di diversi parametri di ricostruzione e di va(utazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dai giudici di merito, perche’ indicati come piu’ plausibili, o perche’ assertivamente dotati di una migliore capacita’ probatoria (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. 6, n. 456 del 21/09/2012, dep. 2013, Cena, Rv. 254226; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507).
Ne’, quanto alla critica relativa all’intervenuto travisamento della prova testimoniale la censura e’ specifica, trattandosi di cd. doppia conforme affermazione di responsabilita’. Si osserva, invero, che il vizio denunciato non risulta ammissibile conformemente all’indirizzo di questa Suprema Corte (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 2, n. 47035 del 3710/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438) secondo cui, nel caso di cd. doppia conforme, il vizio di omessa valutazione di una prova indicata come decisiva, puo’ essere dedotto con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), solo nel caso in cui si rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato e’ stato per la prima volta introdotto, come oggetto di valutazione, nella motivazione del provvedimento di secondo grado.
2.1.1. Il secondo motivo e’ inammissibile.
Per un verso, la censura e’ sovrapponibile ad analogo motivo di appello, cui la Corte territoriale ha risposto con motivazione adeguata e non manifestamente illogica.
Per altro verso, il motivo appare manifestamente infondato posto che le convergenti sentenze di merito non hanno trascurato il rapporto di consulenza che aveva caratterizzato la relazione tra (OMISSIS) e la fallita. In sostanza i giudici di merito hanno affermato, con motivazione esauriente e logica, che al di la’ della qualifica formale, dimostrata anche dalla manifestata volonta’ di insinuarsi, quale creditore, al passivo della societa’, (OMISSIS) ha assunto anche la veste di gestore di fatto dell’ente, precisandone i contorni senza incorrere in vizi di alcun tipo.
Va, al riguardo, rilevato come la ricostruzione del profilo di amministratore di fatto deve condursi, in ambito penalistico, alla stregua di specifici indicatori, individuati non soltanto rapportandosi alle qualifiche formali rivestite in ambito societario ovvero alla mera rilevanza degli atti posti in essere in adempimento della qualifica ricoperta (ex multis Sez. 5, n. 41793 del 17/06/2016, Ottobrini, Rv. 268273) bensi’ sulla base delle concrete attivita’ dispiegate, in riferimento alle societa’ oggetto d’analisi, riconducibili – secondo validate massime di esperienza – ad indici sintomatici quali la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria, la generalizzata identificazione nelle funzioni amministrative da parte dei dipendenti e dei terzi, l’intervento nella declinazione delle strategie d’impresa e nelle fasi nevralgiche dell’ente economico.
Il relativo apprezzamento – che si traduce in un accertamento di fatto, sindacabile esclusivamente sotto il profilo della logicita’ e congruenza della motivazione – non puo’ ritenersi limitato alla fisionomia delineata dal codice civile, che ne declina lo status nella dimensione fisiologica dell’attivita’ d’impresa, ma va riguardato nel piu’ ampio contesto delle ingerenze e degli interessi antigiuridici che ne arricchiscono il ruolo. Invero, la nozione di amministratore di fatto e’ stata introdotta dall’articolo 2639 c.c. e presuppone l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri inerenti alla qualifica o alla funzione, da non ricondursi, necessariamente, all’esercizio di tutti i poteri tipici dell’organo di gestione, bensi’ ad una apprezzabile attivita’ di gestione. La prova della posizione di amministratore di fatto, esige, pertanto, l’accertamento di elementi che evidenzino l’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualunque fase della sequenza produttiva, organizzativa o commerciale dell’attivita’ sociale, ad esempio nei rapporti con i dipendenti, i clienti o i fornitori, ovvero in ogni settore gestionale dell’attivita’ dell’ente, sia quest’ultimo produttivo, amministrativo, aziendale, contrattuale o disciplinare.
Nel caso in esame, la sentenza impugnata descrive gli indicatori dell’effettiva riconducibilita’ a (OMISSIS) di poteri gestori della fallita, alla stregua delle prove acquisite, con particolare riferimento alle dichiarazioni dei dipendenti delle societa’ che intrattenevano i rapporti con la fallita, individuando nel predetto proprio il preposto a stabilire tariffe o aumenti di prezzo, nonche’ il soggetto destinato a gestire significativi aspetti economici dell’ente, con posizione assolutamente preminente rispetto all’amministratore di diritto, descritto come privo di esperienze specifiche nel settore di operativita’ dell’ente.
In tale contesto, s’appalesano inconducenti i rilievi difensivi volti, da un lato, a delimitare il ruolo dell’imputato ai soli rapporti di consulenza risultati formalmente, dall’altro, a censurare la sottovalutazione degli esiti di ulteriori fonti di prova vagliate in sede di merito, finendo con il richiedere una complessiva rivalutazione dei fatti e delle prove, preclusa nella presente sede di legittimita’.
La Corte territoriale ha, infatti, dato conto con motivazione circostanziata, aderente ai principi di diritto richiamati ed insindacabile in sede di legittimita’, degli indicatori di una effettiva co-gestione della societa’, ancorando la propria valutazione a specifici passaggi motivazionali della decisione di primo grado e procedendo – a sua volta – nella nuova disamina dei fatti, seppure in alcuni punti in modo stringato, anche alla luce delle deduzioni difensive sviluppate nell’atto d’appello.
2.1.2. Il terzo ed il quarto motivo, inerenti il trattamento sanzionatorio, sono manifestamente infondati.
La diversita’ di trattamento appare, nella motivazione del provvedimento impugnato, sostenuta da adeguata e coerente giustificazione e risulta correttamente esercitato il potere discrezionale, rimesso al giudice di merito, nell’individuazione del trattamento sanzionatorio nei confronti
dell’amministratore di fatto dell’ente, tenuto conto della gravita’ della condotta posta in essere da soggetto indicato come senz’altro piu’ gravato rispetto alla posizione dell’amministratore di diritto. Peraltro la censura relativa alla disparita’ di trattamento rispetto al coimputato, odierno ricorrente non e’ specifica e la critica inerente la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, attiene a statuizione che risulta debitamente giustificata dal richiamo alla gravita’ della condotta in addebito e dal giudizio negativo sulla personalita’ dell’imputato da questa desunto, al di la’ del richiamo (secondo la Difesa non corretto) a precedenti penali. Infatti, il richiamo alla gravita’ dei fatti soddisfa lo standard declinato dall’articolo 133 c.p. (Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013, dep. 2014, Waychey, Rv. 258410, n. 9120 del 1998, Rv. 211582) e giustifica, altresi’, la negazione delle circostanze attenuanti generiche (Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rechichi, Rv. 264378, n. Rv. 257425, n. Rv. 258011), trattandosi di un dato polivalente, incidente sui diversi aspetti della valutazione del complessivo trattamento sanzionatorio. La sussistenza di circostanze attenuanti, rilevanti ai sensi dell’articolo 62-bis c.p., e’ oggetto di un giudizio di fatto e puo’ essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talche’ la stessa motivazione, purche’ congrua e non contraddittoria, non puo’ essere sindacata in sede di legittimita’, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 7707 del 04/12/2003, dep. 2004, Rv. 229768; Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931), a condizione che la valutazione tenga obbligatoriamente conto, a pena di illegittimita’ della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall’interessato (Sez. 3, n. 23055 del 23/04/2013, Banic, Rv. 256172).
2.2. Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ inammissibile.
2.2.1. Il primo motivo e’ manifestamente infondato.
Si contesta, formalmente, la motivazione della Corte di appello circa la qualifica di amministratore di fatto attribuita. Nella sostanza il motivo e’ versato in fatto, e, comunque, richiede di accreditare, come maggiormente plausibile, la versione difensiva secondo il quale il ruolo rivestito da (OMISSIS) era limitato ad attivita’ di mera consulenza esterna, in forza di contratto di collaborazione. Gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, come quelli svolti nella specie, sono sottratti al sindacato di legittimita’ e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorieta’ della motivazione solo perche’ contrari agli assunti del ricorrente; ne consegue che tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l’indagine sull’attendibilita’ dei testimoni e sulle risultanze peritali, salvo il controllo estrinseco della congruita’ e logicita’ della motivazione. Peraltro il ricorrente muove dalla considerazione dei vari elementi di prova in una prospettiva atomistica ed indipendente dal necessario raffronto con il complessivo compendio probatorio, valorizzato, invece, dalle concordi pronunce di merito (Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, Cimini, Rv. 254274), laddove e’ solo l’esame di tale compendio che consente di verificare la consistenza e la decisivita’ degli elementi medesimi (Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789; Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191230).
Quanto alla dedotta violazione dell’articolo 2639 c.c., si richiamano, integralmente, le argomentazioni del paragrafo n. 2.1.1., aggiungendo che la giurisprudenza civile evidenzia come i connotati dell’amministratore di fatto non implichino l’esercizio di tutti i poteri propri dell’amministratore di una societa’. E’ richiesto unicamente lo svolgimento di un’apprezzabile attivita’ di gestione in termini non occasionali o episodici” (sent. n. 9222 del 1998), mentre, in sede penale, rileva piuttosto la funzione di regia e di strategica gestione dell’ente, in violazione del complesso dei doveri posti a presidio dell’interesse dei creditori, dei terzi e del mercato. E siffatta condizione ben puo’ coesistere con l’esercizio dei poteri propri dell’amministratore di diritto, ove si risolva in una cogestione coordinata dell’organismo societario. Orbene nella specie ai principi enunciati si sono correttamente attenute le conformi sentenze di merito, le cui motivazioni si integrano per confluire in un unico percorso giustificativo (Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 259929; Sez. 2, n. 30838 del 19/03/2013, Autieri, 257056; Sez. 5, n. 3751 del 15/02/2000, Re Carlo, Rv. 215722). Molteplici e convergenti sono, infatti, le fonti di prova riportate nelle pronunce che indicano (OMISSIS), come del resto (OMISSIS), quale diretto gestore degli aspetti economici dell’ente verso i terzi, anche per calendarizzare i crediti vantati da questi nei confronti della (OMISSIS).
2.2.1. Il secondo motivo e’ inammissibile.
Il motivo denuncia un vizio che sfugge al sindacato di legittimita’, in quanto investe il potere discrezionale del giudice di merito esercitato, nella specie, in aderenza ai principi fissati dagli articoli 132 e 133 c.p.. La Corte territoriale, infatti, con un ragionamento che non risulta frutto di mero arbitrio ne’ illogico, ha fondato il giudizio circa l’entita’ della pena su un ragionamento sufficientemente articolato e corretto, in quanto opera espresso richiamo alle modalita’ del fatto. Quindi alla luce del pacifico indirizzo espresso dalla Corte di legittimita’ sul punto il motivo devoluto e’ inammissibile.
2.2.2. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato.
Si rileva che e’ noto il principio di questa Corte regolatrice secondo il quale (Sez. 5, n. 4031 del 23/11/2015, Graziano, Rv. 267561) l’omessa valutazione di memorie difensive puo’ influire sulla congruita’ e correttezza logico-giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive (cfr. anche Sez. 6, n. 31362 del 08/07/2015, Carbonari, Rv. 264938, secondo cui, in tema di impugnazione di misure cautelari il giudice del riesame, sia pure con motivazione sintetica, deve dare ad ogni deduzione difensiva puntuale risposta, incorrendo in caso contrario, nel vizio, rilevabile in sede di legittimita’, di violazione di legge per carenza di motivazione). Sennonche’ si osserva che puo’ essere sufficiente una motivazione che, nel suo complesso, in modo implicito, dia conto di aver preso in esame le argomentazioni ivi contenute, sia pure in modo sintetico. Sicche’ la critica, nella specie appare manifestamente infondata, considerato il complessivo tenore della motivazione della Corte territoriale e gli argomenti dirimenti sui quali la pronuncia fonda l’accertamento della cogestione della fallita in capo allo (OMISSIS).
3. Segue la condanna di ciascun ricorrente, al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost., n. 186 del 13 giugno 2000), al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro tremila a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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