In materia di rapporto di lavoro dirigenziale le garanzie procedimentali dettate dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 7, commi 2 e 3, in quanto espressione di un principio di generale garanzia fondamentale, trovano applicazione anche nell’ipotesi del licenziamento di un dirigente

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4.1 Il primo motivo di ricorso principale supera innanzitutto il vaglio di ammissibilita’ (degli atti richiamati nel motivo e’ riprodotto il contenuto nella parte di interesse e gli stessi sono stati allegati al ricorso per cassazione).
Lo stesso e’ pero’ infondato.
Ben poteva la Corte territoriale porre a fondamento della propria decisione circostanze di fatto relative all’attivita’ del (OMISSIS) quale amministratore delegato delle societa’ (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l. (poi (OMISSIS) s.r.I.), sebbene oggetto del giudizio transitato davanti al Tribunale ordinario.
Il motivo confonde la cognizione in via principale di tali fatti rimessa al giudice civile – con la loro mera cognizione incidentale svolta al solo fine di contribuire ad accertare la sussistenza o meno d’un giustificato motivo soggettivo di recesso (accertamento proprio del giudice del lavoro).
Invero, diverso essendo il diritto dedotto in lite (in un giudizio il risarcimento dei danni per l’attivita’ svolta dal (OMISSIS) quale amministratore delegato della (OMISSIS) s.r.l. e della (OMISSIS) s.r.l., nell’altro l’accertamento d’una giusta causa o d’un giustificato motivo di licenziamento), diversa e’ anche la portata dei relativi giudicati, tali da non correre il rischio di collisioni.
Infatti, in tanto puo’ ipotizzarsi un contrasto fra giudicati in quanto uno dei due contenga statuizioni tali da sminuire o smentire la portata dell’altro e non e’ questo il caso, perche’ una cosa e’ l’eventuale diniego od accoglimento della domanda risarcitoria per i danni in ipotesi provocati nell’espletare attivita’ di amministratore delegato, altro e’ – invece – aver tenuto condotte qualificabili come idonee ad integrare un giustificato motivo soggettivo di licenziamento.
Ne’ si obietti la regola per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, poiche’ essa non amplia i limiti oggettivi del giudicato, ma sta semplicemente a significare che il risultato d’un primo processo conclusosi con sentenza passata in giudicato non potra’ essere rimesso in discussione (nel senso di essere sminuito o disconosciuto) deducendo in un secondo giudizio questioni – di diritto o di fatto, rilevabili d’ufficio o solo su eccezione di parte, di rito o di merito rilevanti ai fini dell’oggetto del primo giudicato e che sono state proposte (dedotto) o che si sarebbero potute proporre (deducibile) nel corso del primo giudizio.
In altre parole, la regola per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile serve esclusivamente a rendere intangibile l’attribuzione del bene della vita (o il suo diniego) contenuta nella sentenza passata in cosa giudicata, non gia’ a vincolare la cognizione giurisdizionale in altra controversia avente differente oggetto (cfr., in motivazione, Cass. 16 novembre 2017, n. 27208).
4.2 Il secondo motivo e’ fondato nei termini di seguito illustrati.
Il licenziamento e’ stato ritenuto sorretto da giustificato motivo soggettivo sulla base di due ragioni (v. punto 7 della sentenza): – la partecipazione del (OMISSIS), anche quando non era piu’ amministratore delegato della (OMISSIS), alla gestione rivelatasi fallimentare dell’insolvenza del Gruppo (OMISSIS) (che, come cliente della (OMISSIS) S.p.A. era stato introdotto proprio dal (OMISSIS) ed aveva con lo stesso un rapporto privilegiato); – il ruolo svolto dal (OMISSIS) quale amministratore delegato delle altre societa’ del gruppo (OMISSIS), al di la’ della sussistenza o meno di un distacco (e cosi’, in particolare, il coinvolgimento della capogruppo in una vicenda penale di evasione fiscale c.d. “a carosello” volta a raggirare il meccanismo di funzionamento dell’IVA in cui il (OMISSIS) era imputato).
Quanto al primo addebito, i rilievi del ricorrente principale attengono ad una diversa valutazione del fatto e, quindi, sono inaccoglibili in sede di legittimita’.
Quanto al ruolo del (OMISSIS) nella vicenda penale della frode “a carosello”, effettivamente si trattava di circostanze, emerse si’ dall’istruttoria ritualmente svolta (e rispetto alle quali il giudice civile aveva il potere di ricostruire autonomamente, con pienezza di cognizione, i fatti materiali e di pervenire a valutazioni e qualificazioni degli stessi in modo del tutto autonomo e svincolato dallo stato e dall’esito del procedimento penale), ma non oggetto di contestazione (si veda il contenuto delle contestazioni disciplinari del 30 aprile 2009 e 13 maggio 2009 richiamate in sede di ricorso e ritualmente prodotte in uno con lo stesso – all. 19 e 21 -). Peraltro si rileva dalla stessa sentenza impugnata che si trattava di fatti emersi e/o accertati successivamente alle lettere di contestazione.
Il giudice d’appello non ha fatto riferimento alla suddetta vicenda della frode “a carosello” solo ad colorandum di un comportamento incidente sul vincolo fiduciario gia’ altrimenti dimostrato, ma per fondare il proprio giudizio di giustificatezza del licenziamento.
Ed allora va richiamato il principio gia’ affermato da questa Corte secondo il quale, in materia di rapporto di lavoro dirigenziale, ferma l’insussistenza di una piena coincidenza tra le ragioni di licenziamento di un dirigente e di un licenziamento disciplinare, per la peculiare posizione del predetto e il relativo vincolo fiduciario, le garanzie procedimentali dettate dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 7, commi 2 e 3, in quanto espressione di un principio di generale garanzia fondamentale, trovano applicazione anche nell’ipotesi del licenziamento di un dirigente, a prescindere dalla sua specifica collocazione nell’impresa, qualora il datore di lavoro gli addebiti un comportamento negligente, o colpevole in senso lato, ovvero se, a base del recesso, siano poste condotte comunque suscettibili di pregiudicare il rapporto di fiducia tra le parti, sicche’ la loro violazione preclude le possibilita’ di valutare le condotte causative del recesso (Cass. 30 luglio 2013, n. 18270; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2553).
5. Conclusivamente va accolto il secondo motivo del ricorso principale e rigettati il primo ed il ricorso incidentale; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, decidera’ la causa facendo applicazione del principio da ultimo richiamato e provvedera’ anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimita’.
6. Va dato atto, quanto alla posizione della ricorrente incidentale, dell’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale e rigetta il primo ed il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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