In ipotesi di trasformazione cd. “regressiva” di una società

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 29 maggio 2020, n. 10302.

La massima estrapolata:

In ipotesi di trasformazione cd. “regressiva” di una società a responsabilità limitata in una società semplice, sottratta al fallimento, con conseguente cancellazione della società trasformata dalla sezione ordinaria del registro delle imprese ed iscrizione in quella speciale di cui all’art. 2 del d.P.R. n. 558 del 1999, il termine annuale di cui all’art. 10 l.fall. va sempre calcolato dalla data della cancellazione dalla sezione ordinaria del registro.

Ordinanza 29 maggio 2020, n. 10302

Data udienza 4 marzo 2020

Tag – parola chiave: Fallimento – Cessazione dell’attività di società – Termine di un anno per la dichiarazione di fallimento ex art. 10 legge fallimentare – Decorrenza dalla cancellazione della società e non dalla conclusione dei rapporti passivi – Applicazione del termine anche alle società non iscritte – Rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 3225/2018 proposto da:
(OMISSIS) S.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l., e per essa quale mandataria (OMISSIS) S.p.a. – denominazione assunta da (OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati Petrone Angelo e Gianluca, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2845/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, pubblicata il 18/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/03/2020 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS Stanislao, che ha chiesto il rigetto del ricorso, con le conseguenze di legge.

FATTI DI CAUSA

1. – (OMISSIS) societa’ semplice ricorre per un mezzo, nei confronti del Fallimento (OMISSIS) societa’ semplice nonche’ di (OMISSIS) S.p.A., quale mandataria di (OMISSIS) S.r.l., contro la sentenza del 18 dicembre 2017 con cui la Corte d’appello di Firenze ha respinto il reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento.
La Corte territoriale, in particolare, nel replicare al motivo di reclamo della societa’ fallita, la quale aveva tra l’altro evidenziato di essere stata cancellata dal registro delle imprese prima dell’anno calcolato a ritroso dalla dichiarazione di fallimento, ha osservato che, per contro, “non si e’ verificata la cancellazione dal registro delle imprese di cui alla L. Fall., articolo 10, ma solo la trasformazione del tipo di societa’ (da societa’ a responsabilita’ limitata a societa’ semplice) e oltretutto non essendovi stata l’estinzione della societa’, evidente presupposto della norma richiamata, visto che la societa’, come trasformata, si e’ iscritta altrove, secondo la produzione della stessa reclamante”.
2. – (OMISSIS) S.r.l. ha resistito con controricorso, mentre il Fallimento non ha spiegato difese.
3. – Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – L’unico motivo di ricorso denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della L. Fall., articolo 10, comma 1, unitamente agli articoli 2188, 2195, 2196 c.c., L. n. 580 del 1993, articolo 8 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 558 del 1999, articolo 2, nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto irrilevante, ai fini dell’operativita’ del termine di cui al citato articolo 10, l’avvenuta cancellazione da oltre un anno della societa’ dalla sezione ordinaria del registro delle imprese, escludendo tale operativita’ in virtu’ della successiva permanenza dell’iscrizione della societa’ nella sola sezione speciale del suddetto registro.
2. – Il ricorso va accolto.
2.1. – Occorre premettere in fatto che in data 24 novembre 2015 e’ stata iscritta nel registro delle imprese la trasformazione di (OMISSIS) S.r.l. in societa’ semplice, a seguito della modificazione dell’oggetto sociale in “attivita’ di gestione del patrimonio immobiliare ai fini del mero godimento dello stesso senza alcuna caratteristica di imprenditorialita’”, con conseguente cancellazione della societa’ dalla sezione ordinaria del registro ed iscrizione nella sezione cosiddetta speciale di cui alla L. n. 580 del 1993, articolo 8 ed al Decreto del Presidente della Repubblica n. 558 del 1999, articolo 2.
E deve aggiungersi che la societa’ afferma di avere, a far data dalla trasformazione, effettivamente cessato ogni attivita’ imprenditoriale, affermazione, questa, che non trova smentita nella sentenza impugnata, la quale non si e’ per nulla soffermata sul punto, mentre appare essere contrastata nel controricorso, ove si sottolinea, riguardo alla trasformazione, “la natura meramente fittizia di una simile dichiarazione di intento, volta piuttosto a conseguire i benefici fiscali e civilistici legati alla dichiarata natura non commerciale della societa’, che a rappresentare la reale situazione di fatto”.
Dopodiche’, il fallimento e’ stato dichiarato con sentenza del 3 febbraio 2017, ossia dopo il decorso di un anno dall’iscrizione della trasformazione e conseguente cancellazione dalla sezione ordinaria del registro delle imprese e contestuale emigrazione in quella speciale.
2.2. – Si tratta dunque di stabilire quali effetti determini la trasformazione regressiva da societa’ a responsabilita’ limitata a societa’ semplice, con conseguente cancellazione dal registro delle imprese ed iscrizione nel registro speciale, sempre – come si dira’ -che l’apparenza della trasformazione coincida con la sua sostanza, per i fini dell’applicazione della L. Fall., articolo 10, comma 1, secondo cui: “Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si e’ manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo”.
2.3. – Vale osservare che il previgente articolo 2498 c.c., disciplinava il passaggio da societa’ in nome collettivo e da accomandita semplice in societa’ di capitali, mentre il legislatore non contemplava l’operazione inversa di trasformazione da societa’ di capitali a societa’ di persone: trasformazione che, pero’, in generale, era pacificamente ritenuta ammissibile.
Si discuteva, tuttavia, in particolare, dell’ammissibilita’ della trasformazione da e in societa’ semplice, trasformazione talora esclusa, in dottrina, essenzialmente per due ragioni: l’assenza, allora, di un regime di pubblicita’ e la peculiare tutela dei creditori particolari che, con la variazione del tipo, non avrebbero potuto agire per la liquidazione della quota.
All’attualita’, viceversa, non e’ lecito dubitare dell’ammissibilita’ di detta trasformazione, perche’ l’articolo 2500 sexies c.c., contempla in generale la trasformazione da societa’ di capitali in societa’ di persone. Nell’ambito delle trasformazioni omogenee “regressive”, e’ percio’ ammessa la trasformazione in societa’ semplice, sempre che sia osservato il limite operativo di cui all’articolo 2249 c.c.: e, cioe’, la societa’ semplice risultante dall’operazione deve necessariamente esercitare attivita’ non commerciale. L’operazione di trasformazione dara’ cioe’ luogo al mutamento di destinazione del complesso aziendale, da commerciale a non commerciale.
2.4. – Posto che una societa’ a responsabilita’ limitata puo’ dunque trasformarsi in una societa’ semplice, occorre chiedersi se il fenomeno di detta trasformazione, che per definizione non determina l’estinzione della societa’, come subito meglio si dira’, faccia nondimeno scattare il congegno previsto dall’articolo 10 citato.
E’ cosa nota, difatti, che, nella giurisprudenza di questa Corte, la trasformazione di una societa’ da un tipo ad un altro previsto dalla legge, sebbene connotato da personalita’ giuridica, non si traduce nell’estinzione del soggetto trasformato e nella creazione di un nuovo soggetto in luogo del precedente, ma configura una vicenda meramente evolutiva e modificativa del medesimo soggetto, la quale comporta soltanto una variazione di assetto e di struttura organizzativa, senza incidere sui rapporti processuali e sostanziali che fanno capo all’originaria organizzazione societaria (p. es. tra le molte Cass. 14 dicembre 2006, n. 26826, in fattispecie in cui nell’atto introduttivo dell’impugnazione era stata indicata come parte istante la societa’ anteriore alla trasformazione, circostanza ritenuta percio’ ininfluente; Cass. 23 aprile 2007, n. 9569, attinente a vicenda tributaria, in caso di trasformazione regressiva da societa’ di capitali in societa’ semplice, ove si precisa che, essendo rimasta ferma l’identita’ e l’integrita’ dell’impresa commerciale gia’ gestita nella forma precedente, la nuova societa’ doveva qualificarsi come irregolare, ancorche’ nel relativo atto fosse stata qualificata semplice; Cass. 10 febbraio 2009, n. 3269, in caso di cartella di pagamento indirizzata alla societa’ con la denominazione anteriore alla trasformazione; Cass. 27 ottobre 2010, n. 21961, la quale esclude che la societa’ di persone risultante dalla trasformazione possa rivendicare la qualita’ di terzo acquirente ai fini di quanto previsto dall’articolo 2652, n. 6, c.c.; Cass. 20 giugno 2011, n. 13467, in tema di indicazione nell’atto introduttivo del giudizio come parte istante la societa’ anteriore alla trasformazione; Cass. 19 maggio 2016, n. 10332, in caso di trasformazione di una S.n.c. in S.a.s., in caso di liquidazione della quota agli eredi del socio deceduto; Cass. 9 ottobre 2017, n. 23575, in fattispecie in parte analoga a quella in esame di trasformazione di una S.p.a. in societa’ semplice, ma con la decisiva differenza che in quel caso la societa’ semplice “svolgeva attivita’ di impresa (avendo assunto il ruolo di direzione e coordinamento di un gruppo imprenditoriale)”; Cass. 19 giugno 2019, n. 16511, su cui si tornera’, secondo cui la trasformazione di una S.r.l. in comunione d’azienda non preclude il fallimento; viceversa, in diversa fattispecie, secondo Cass. 14 gennaio 2015, n. 496, non ricorre un fenomeno di trasformazione, ma si ha soluzione di continuita’, nel caso di recesso di un socio da una societa’ in nome collettivo composta da due soli soci, qualora quello superstite non abbia ricostituito la pluralita’ della compagine sociale decidendo al contempo di continuare l’attivita’ come imprenditore individuale, il che da’ luogo ad una successione tra soggetti distinti).
In definitiva, la trasformazione si qualifica per una decisiva caratteristica, ossia l’effetto della continuita’ dei rapporti giuridici; l’articolo 2498 c.c., e’ chiaro nel prevedere che con la “trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione”. La norma, posta in apertura del capo dedicato alla trasformazione, fusione e scissione, adotta – va sottolineato – il vocabolo neutro “ente”, riferendosi al soggetto trasformato, di guisa che l’esclusione di soluzione di continuita’, e dunque la conservazione dei diritti ed obblighi, ricorre non soltanto nell’ipotesi in cui una societa’ si trasformi in una societa’ di un diverso tipo, ma in qualunque ipotesi di trasformazione.
Ora, il rilievo, indiscutibile, che la trasformazione societaria non determini l’estinzione del soggetto trasformato e la creazione di un nuovo soggetto, non e’ pero’ risolutiva, per i fini dell’applicazione della L. Fall., articolo 10, giacche’ la cospicua dilatazione del fenomeno della trasformazione, nell’attuale assetto normativo, che contempla non solo la trasformazione “progressiva”, ma anche quella “regressiva”, ivi compresa quella da societa’ di capitali a societa’ semplice, ed inoltre la trasformazione “eterogenea”, p. es. da e in comunione di azienda, comporta un fenomeno in passato sostanzialmente sconosciuto, ossia che, pur senza soluzione di continuita’, un soggetto imprenditore possa trasformarsi in un soggetto non imprenditore: circostanza, questa, evidentemente non indifferente in vista dell’applicazione della disciplina fallimentare, per l’ovvia considerazione che, ai sensi della L. Fall., articolo 1, sono soggetti alle disposizioni sul fallimento gli imprenditori che esercitano una attivita’ commerciale e non coloro che imprenditori non siano.
Non risponde insomma piu’ al vero, ormai, l’affermazione, in passato comunemente accolta, prima di Corte Cost. 21 luglio 2000, n. 319, in riferimento alla L. Fall., articolo 10, secondo cui occorreva prendere atto che, mentre per l’imprenditore individuale, al quale come persona fisica fanno capo attivita’ imprenditoriali, esse possono venir meno senza che venga meno la persona fisica, per l’imprenditore collettivo la fine dell’impresa non puo’ non coincidere con la fine del soggetto, in quanto quest’ultimo esiste solo in funzione dell’attivita’ che esercita e quindi fintantoche’ la svolge.
2.5. – Questa Corte ha recentemente avuto modo di osservare che la L. Fall., articolo 10, nel fissare il limite temporale massimo entro cui la dichiarazione di fallimento puo’ intervenire, mira allo scopo di “non estendere all’infinito gli effetti di una attivita’ di impresa non piu’ attuale” (Cass. 19 giugno 2019, n. 16511). Al che si aggiunge, ovviamente, l’ulteriore ratio consistente nell’esigenza di tutelare i creditori, ai quali e’ dato lo spazio temporale dell’anno, da iniziative unilaterali, ipoteticamente arbitrarie, da parte del debitore in ordine alla cessazione dell’impresa. E cioe’ la L. Fall., articolo 10, che ammette la fallibilita’ dell’impresa cessata, mira:
a) ad evitare che la condotta del debitore possa vanificare le aspettative dei creditori provocando, con la dissoluzione dell’impresa, quella della loro garanzia;
b) ad evitare un’indefinita incertezza in ordine alla stabilita’ dei rapporti giuridici coinvolti.
In particolare la “cancellazione dal registro delle imprese”, cui si riferisce della L. Fall., articolo 10, comma 1, che riguarda sia gli imprenditori individuali che collettivi, e’ il riflesso della cessazione dell’attivita’ di impresa. Sicche’, come pure e’ stato di recente osservato, l’applicazione della disciplina normativa dettata dalla L. Fall., articolo 10, presuppone l’intervento di un fenomeno estintivo dell’impresa ovvero della compagine sociale attinta dall’istanza di fallimento nei limiti temporali previsti dalla norma in esame, con effetti successori che investono il patrimonio dell’ente e la relativa legittimazione sostanziale e processuale di quest’ultimo (Cass. 19 giugno 2019, n. 16511).
In definitiva, cio’ che fa scattare il decorso dell’anno, per gli imprenditori collettivi, e’ si’ la cancellazione del registro delle imprese, ma quale riflesso della cessazione dell’impresa, quale che ne sia la ragione: e difatti, per converso, se vi e’ la cancellazione, ma l’attivita’ prosegue, e fintanto che prosegue, il termine non corre affatto, come nell’ipotesi del trasferimento della societa’ all’estero (Cass., Sez. Un., 11 marzo 2013, n. 5945).
2.6. – L’articolo 2188 c.c. istituisce il registro delle imprese per le iscrizioni previste dalla legge, mentre l’articolo 2193 c.c., stabilisce che i fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione, se non sono stati iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi e’ obbligato a richiederne l’iscrizione, a meno che questi provi che i terzi che abbiano avuto conoscenza; per converso l’ignoranza dei fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione non puo’ essere opposta dai terzi dal momento in cui l’iscrizione e’ avvenuta.
Sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese, ai sensi dell’articolo 2195 c.c., gli imprenditori commerciali che esercitano le attivita’ ivi indicate, attivita’ tra le quali non ricorrono quelle riservate alle societa’ semplici, che hanno necessariamente ad oggetto un’attivita’ non commerciale (articolo 2249 c.c., comma 2).
Dunque le societa’ semplici non sono soggette all’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, sezione ordinaria, di cui all’articolo 2188 c.c. (quantunque il Decreto Legislativo n. 228 del 2001, articolo 2, rubricato: “Iscrizione al registro delle imprese”, stabilisca che: “L’iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle societa’ semplici esercenti attivita’ agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 2188 c.c. e segg., oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l’efficacia di cui all’articolo 2193 c.c.”).
La L. 29 dicembre 1993, n. 580, articolo 8, istituisce presso la camera di commercio l’ufficio del registro delle imprese di cui all’articolo 2188 c.c.. L’ufficio “provvede alla tenuta del registro delle imprese in conformita’ agli articoli 2188 c.c. e segg., nonche’ alle disposizioni della presente legge e al regolamento di cui al comma 6 bis del presente articolo…” (comma 3). L’iscrizione nelle sezioni speciali – questo l’aspetto come subito si aggiungera’ rilevante per le societa’ semplici – ha funzione di certificazione anagrafica e di pubblicita’ notizia (comma 5).
Il regolamento cui si riferisce la norma e’ stato dettato con Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 1999, n. 558, il quale, all’articolo 2, sotto la rubrica: “Iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese”, stabilisce al comma 1, prima parte, che: “Sono iscritti in una sezione speciale del registro delle imprese gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 c.c., i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 c.c. e le societa’ semplici”.
Ora, e’ ben vero che detta sezione speciale e’ anch’essa parte, sia pure ancillare, del registro delle imprese: ma e’ altrettanto evidente che la L. Fall., articolo 10, laddove menziona la “cancellazione dal registro delle imprese”, prende in considerazione il registro di cui all’articolo 2188 c.c., al quale devono essere iscritti gli imprenditori commerciali: e cio’ per l’ovvia ragione che la norma si riferisce ad imprenditori.
2.7. – Ne deriva che, in ipotesi di trasformazione regressiva di una societa’ di capitali in societa’ semplice, con conseguente cancellazione della societa’ trasformata dal registro delle imprese e di iscrizione di quella derivata dalla trasformazione nell’apposito registro speciale, la decorrenza del termine annuale di cui alla L. Fall., articolo 10, va calcolato dalla detta cancellazione, con conseguente iscrizione nel registro speciale di cui del Decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 1999, n. 558, articolo 2.
2.8. – Bisogna pero’ ribadire che, come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, ove la societa’ semplice derivante dalla trasformazione “regressiva” prosegua in realta’ nell’attivita’ di impresa (ed insomma ove la trasformazione non sia che un espediente finalizzato a sottrarsi alla fallibilita’), essa assume, per i fini in discorso, le vesti della societa’ irregolare (Cass. 28 aprile 1999, n. 4270; Cass. 23 aprile 2007, n. 9569), intendendosi per tale, ai fini del decorso del termine in questione (e senza che cio’ implichi, qui, una presa di posizione sull’atteggiarsi del fenomeno nel suo complesso), non solo la societa’ per la quale non siano stati ab origine osservati gli adempimenti di carattere pubblicitario previsti dal legislatore (v. gia’ Cass. 8 marzo 1963, n. 569), ma anche la societa’ regolarmente iscritta che divenga irregolare in un momento successivo (irregolarita’ c.d. “sopravvenuta”), a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, con continuazione dell’esercizio della propria attivita’.
In simile frangente, va dunque fatta applicazione del principio, formatosi con riguardo al tema dell’applicabilita’ del termine annuale alle societa’ non iscritte nel registro delle imprese, che impone si’ l’applicazione del termine menzionato, ma dal momento in cui l’effettiva, e non fittizia, cessazione dell’attivita’ venga palesata all’esterno.
In tal senso e’ stato affermato che, in tema di fallimento, il principio, emergente dalla sentenza 21 luglio 2000, n. 319 e dalle ordinanze 7 novembre 2001, n. 361 ed 11 aprile 2002, n. 131 della Corte costituzionale, secondo cui il termine di un anno dalla cessazione dell’attivita’, prescritto dalla L. Fall., articolo 10, ai fini della dichiarazione di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese, anziche’ dalla definizione dei rapporti passivi, non esclude l’applicabilita’ del predetto termine anche alle societa’ non iscritte nel registro delle imprese, nei confronti delle quali il necessario bilanciamento tra le opposte esigenze di tutela dei creditori e di certezza delle situazioni giuridiche impone d’individuare il dies a quo nel momento in cui la cessazione dell’attivita’ sia stata portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, o comunque sia stata dagli stessi conosciuta, anche in relazione ai segni esteriori attraverso i quali si e’ manifestata (Cass. 28 agosto 2006, n. 18618; Cass. 13 marzo 2009, n. 6199; per l’applicabilita’ del termine annuale alle societa’ non iscritte, a far data dal momento in cui la cessazione dell’attivita’ e’ resa nota ai terzi, v. pure Cass. 25 luglio 2016, n. 15346; Cass. 8 novembre 2013, n. 25217).
3. – La sentenza e’ cassata e rinviata alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, la quale si atterra’ ai principi dianzi richiamati e provvedera’ anche sulle spese di questo giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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