In caso di incidente stradale con feriti

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 18 giugno 2019, n. 26888.

La massima estrapolata:

In caso di incidente stradale con feriti, il passeggero non ha l’obbligo di imporre al conducente di un veicolo a motore di fermarsi e prestare l’assistenza occorrente, anche se proprietario della vettura. Se, però, dalle indagini emerge che egli ha incitato il guidatore a fuggire o omettere soccorso, sussisterà una ipotesi di reato a titolo di concorso, dei reati previsti dall’articolo 189, comma 6 (omissione dell’obbligo di fermarsi) e comma 7 (omissione di soccorso) del Codice della Strada.

Sentenza 18 giugno 2019, n. 26888

Data udienza 21 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere

Dott. NARDIN Maura – rel. Consigliere

Dott. BRUNO Mariarosaria – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/12/2016 della CORTE APPELLO di ANCONA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MAURA NARDIN;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. ORSI Luigi che ha concluso chiedendo;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’;
udito il difensore:
E’ presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di ANCONA in difesa di:
(OMISSIS);
Il difensore presente chiede l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Ancona con sentenza del 15 dicembre 2017 ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Ancona con cui (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati ritenuti responsabili, in concorso fra loro, dei reati di cui all’articolo 189 C.d.S., commi 6 e 7 e condannati alla pena ritenuta di giustizia, entrambi con sospensione della patente di guida per anni cinque.
2. Il fatto e’ stato cosi’ descritto nelle sentenze di merito: il giorno (OMISSIS), (OMISSIS) si trovava, in ora notturna, alla guida dell’autovettura di (OMISSIS), trasportato in quell’occasione come passeggero. L’auto percorreva la strada statale (OMISSIS) nel territorio del comune di (OMISSIS), quando investiva il pedone (OMISSIS), intento ad attraversare, il quale dopo essere stato caricato sul cofano dell’auto, veniva sbalzato a terra e circa 70 metri dal luogo dell’impatto, riportando lesioni gravissime. Il conducente ed il passeggero si allontanavano dal luogo del sinistro senza fermarsi e senza fornire indicazioni sulla propria identita’. Indi, posteggiavano l’auto in un parcheggio, eliminando il parabrezza frantumatosi e si recavano nelle rispettive abitazioni. (OMISSIS) veniva soccorso dal teste oculare (OMISSIS), che chiamava il Pronto intervento, e trasportato in ospedale, in stato di coma, veniva sottoposto a diversi interventi chirurgici.
3. Avverso la sentenza propone ricorso l’imputato (OMISSIS), a mezzo del suo difensore, affidandolo a quattro distinti motivi.
4. Con il primo motivo lamenta la violazione della legge processuale penale, per inosservanza delle norme di cui agli articoli 178 e 179 c.p.p. e articolo 604 c.p.p., comma 4, stabilite a pena di nullita’, inutilizzabilita’, inammissibilita’ o decadenza, nonche’ il vizio di motivazione per contraddittorieta’ e manifesta illogicita’. Rileva che la difesa dell’imputato aveva preliminarmente eccepito l’inutilizzabilita’ delle dichiarazioni dal medesimo rese a S.I.T., il giorno successivo al sinistro, in assenza del proprio difensore. Dette dichiarazioni, nondimeno, sono state utilizzate dal giudice di primo grado, al fine della ricostruzione del fatto. Osserva che il giudice di seconda cura, investito della questione, dopo aver riconosciuto la sussistenza del vizio processuale, non ne aveva tratto le conseguenze imposte dal codice di rito, non aveva cioe’ dichiarato la nullita’ della sentenza appellata. Assume che siffatta mancata declaratoria si riverbera sulla sentenza d’appello, anch’essa viziata di nullita’.
5. Con il secondo motivo fa valere la violazione della legge penale con riferimento all’articolo 189 C.d.S., nonche’ agli articoli 40 e 43 c.p. e articolo 27 Cost., ed il vizio motivazionale. Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto (OMISSIS) responsabile dei delitti di cui all’articolo 189 C.d.S., commi 6 e 7, nonostante egli non si trovasse alla guida dell’auto. Sostiene che le due norme incriminatrici vengono riferite dalla stessa lettera della legge a “chiunque si trovi nelle condizioni di cui al comma 1” e cioe’ “all’utente della strada”, solo per il caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento. Ricorda che l’imputato ricorrente, nell’occasione, era un passeggero ed un suo intervento per fermare l’auto – di sua proprieta’- condotta da (OMISSIS), avrebbe causato ulteriori gravi conseguenze, anche perche’ la strada, in quel frangente percorsa, e’ strada ad elevata intensita’ di traffico veicolare. Attribuire a (OMISSIS) l’omissione di soccorso e la mancata di ottemperanza all’obbligo di fermarsi e fornire le proprie generalita’, in assenza di qualsivoglia elemento soggettivo, significa ascrivere al medesimo il reato a titolo di responsabilita’ altrui.
6. Con il terzo motivo deduce la violazione della legge processuale in relazione agli articoli 191, 192 e 431 c.p.p., nonche’ il vizio di motivazione per avere la corte territoriale tratto elementi di prova dalla querela presentata dalla persona offesa, il cui valore processuale e’ quello di mera condizione di procedibilita’. Sostiene che, pertanto, sono non sono sussistenti prove a carico dell’imputato, stante l’inutilizzabilita’ sia delle dichiarazioni dal medesimo rese, che degli argomenti di narrazione dei fatti da parte del querelante.
7. Con l’ultimo motivo si duole dell’inosservanza dell’articolo 533 c.p.p., comma 1, e del principio di divieto di condanna, qualora la responsbalita’ non sia provata al di la’ di ogni ragionevole dubbio. Sottolinea che il ricorrente aveva fornito una credibile versione dell’accaduto, secondo la quale egli si trovava in stato di dormiveglia al momento del sinistro, quando accortosi dell’accaduto fu immediatamente rassicurato da (OMISSIS) sul fatto che l’impatto era intervenuto con un animale. Tanto e’ vero che, accostata l’auto sul ciglio della strada, i due occupanti avevano verificato dal finestrino che sulla strada non vi fosse nulla. La corte territoriale, ciononostante, ha ritenuto provata la responsabilita’ penale dell’imputato (OMISSIS), pur dovendo in assenza di riscontri probatori consistenti far ricorso al principio dettato dalla disposizione di cui all’articolo 533 c.p.p., comma 1.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
2. I motivi introdotti con il ricorso vanno trattati nel loro ordine logico, ed esaminati unitamente laddove connessi.
3. Va, preliminarmente, affrontata la doglianza relativa alla configurabililta’ dei reati di cui all’articolo 189 C.d.S., commi 6 e 7, a carico di soggetto diverso dal conducente del veicolo.
Si tratta di una questione che deve essere risolta attraverso l’esame del significato attribuito dal legislatore ai lemmi utilizzati nel disciplinare la circolazione dei veicoli, dei pedoni e degli animali sulle strade (articolo 1 C.d.S.).
La lettura delle disposizioni del titolo V del Codice della strada, relativo alle norme di comportamento, seppure in assenza di definizioni espresse, consente introdurre delle distinzioni fra le diverse categorie.
L’articolo 140 C.d.S., dettando il principio informatore della circolazione stradale, si rivolge agli utenti della strada ai quali prescrive di comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione, affinche’ sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale.
Dalla disposizione puo’ trarsi l’ovvia considerazione che, in armonia con il significato linguistico comune, l’utente e’ chiunque utilizzi la strada. Cioe’ colui che attivamente ne fa uso.
In siffatta generalissima categoria rientrano sia conducenti di veicoli sia, come chiarisce la lettura dell’articolo 184, i conducenti di animali da soma, da sella, i guardiani di greggi o moltitudini di animali, che pedoni, anch’essi destinatarii, ai sensi dell’articolo 190, di specifiche norme di comportamento.
Dunque, non tutti gli utenti della strada sono conducenti dei veicoli.
4. L’articolo 189 C.d.S., a sua volta, distingue quattro tipi di figure: l’utente, il conducente, le persone coinvolte in un incidente e le persone danneggiate. E’ chiaro che fra le persone coinvolte in un incidente possono esservi le persone danneggiate ed i conducenti, ma non necessariamente i primi rientrano nella categoria dei secondi. Mentre e’ possibile che in un sinistro siano coinvolte persone diverse dai conducenti e dalle persone danneggiate.
5. Cio’ che occorre chiarire – per risolvere del quesito posto con il motivo di ricorso – e’ se il soggetto trasportato su un veicolo possa essere definito utente nell’accezione assegnata al termine dal codice della strada o se rientri in una diversa categoria.
Ora, la lettura del comma 2 dell’articolo 189, con cui si prescrive il comportamento da tenere alle persone coinvolte supera il concetto di soggetto attivo nella circolazione. Invero, le persone coinvolte, non necessariamente sono i conducenti, ne’ i pedoni. Si tratta, infatti, di una categoria piu’ ampia di quella dell’utente, cioe’ di colui che attivamente utilizza la strada, a mezzo di un’attivita’ (condurre o camminare), ben potendo coincidere con colui che viene trasportato dal conducente.
Il codice della strada solo con l’articolo 189, relativo al comportamento in caso di incidente, estende anche coloro che, pur coinvolti, non sono ne’ conducenti, ne’ pedoni, specifiche regole di condotta. E cio’ perche’ il sinistro stradale e’ proprio quella situazione che giustifica l’imposizione di norme per la circolazione stradale, quale attivita’ pericolosa che coinvolge la sicurezza delle persone, e che rientra, come enuncia l’articolo 1 del medesimo codice, fra le finalita’ primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato.
Ecco, perche’ nell’ipotesi di incidente stradale, il legislatore allarga il novero degli obbligati alla collaborazione.
Nondimeno, non e’ prevista dall’articolo 189 C.d.S. una parificazione fra tutti i soggetti, poiche’ se con il comma 2 si prescrive a tutte le persone coinvolte, e quindi anche ai trasportati, di “porre in atto ogni misura idonea a salvaguardare la sicurezza della circolazione e, compatibilmente con tale esigenza, adoperarsi affinche’ non venga modificato lo stato dei luoghi e disperse le tracce utili per l’accertamento delle responsabilita’”, agli utenti, categoria richiamata dai commi 5, 6, e 7 della norma, vengono imposti obblighi ulteriori. E cioe’ quello di fermarsi (commi 5 e 6, seppur si tratti di condotte diversamente punite a seconda che i danni siano solo alle cose o anche alle persone) e di prestare assistenza alle persone ferite (comma 7).
Proprio dalla differenza fra gli obblighi imposti agli utenti, categoria di cui al comma 1, richiamata dai commi 5, 6, e 7, e quelli imposti dal comma 2 alle persone coinvolte, si trae l’intenzione legislativa di limitare per coloro che rivestano un ruolo non attivo -esclusa quindi la conduzione di un veicolo o comunque l’utilizzazione diretta a mezzo di attivita’ quali l’uso pedonale- ad oneri solidarmente, ma non penalmente rilevanti, l’intervento nel caso di incidente.
Cio’, tuttavia, comporta che non possa richiedersi al trasportato l’obbligo attivo di imporre all’utente di ottemperare a quanto previsto dai commi 6 e 7 della norma, in ordine all’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza, in quanto soggetto che non fa uso attivo della strada, nella condizione di assicurare l’adempimento da parte del conducente.
E’ fatta salva, tuttavia, l’ipotesi in cui emerga un vero e proprio concorso da parte del trasportato nella commissione dei reati di cui all’articolo 189 C.d.S., consistente nella sollecitazione alla violazione delle norme o nel rafforzamento dell’intento di fuga o di omissione di soccorso, od in qualunque altra condotta volontariamente posta in essere che tenda a quel risultato. Ma cio’ dipende dall’azione posta in essere dal trasportato rispetto agli obblighi gravanti sul conducente, non dagli obblighi di cooperazione, definiti dall’articolo 189 C.d.S., comma 2, che lo riguardano direttamente.
Fatta questa premessa e’ evidente che, nel caso di specie, manca nella sentenza qualsivoglia riferimento alla sussistenza di una condotta dell’imputato di sollecitazione della fuga e dell’omissione di soccorso o di rafforzamento della volonta’ di fuggire o di omettere di prestare assistenza.
Cio’, nondimeno, impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente la posizione di (OMISSIS), per non avere commesso il fatto, essendo assorbiti gli altri motivi.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla posizione di (OMISSIS) per non avere commesso il fatto.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati.

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