Ai fini dell’art. 102 TFUE, la prova dell’oggetto

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 31 luglio 2019, n. 5401.

La massima estrapolata:

Ai fini dell’art. 102 TFUE, la prova dell’oggetto e quella dell’effetto anticoncorrenziale si confondono tra loro: se si dimostra che lo scopo perseguito dal comportamento di un’impresa dominante è di restringere la concorrenza, un tale comportamento è di per sé pregiudizievole, in quanto può anche comportare tale effetto; l’illecito, in sostanza, si perfeziona con la condotta anticoncorrenziale, di per sé idonea a turbare il funzionamento corretto e la libertà stessa del mercato, nella misura in cui la stessa sia astrattamente idonea a produrre effetti anticoncorrenziali.

Sentenza 31 luglio 2019, n. 5401

Data udienza 6 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 366 del 2017, proposto da
Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
contro
Ku. s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. To., Re. Ma. e Fr. Sa. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. To. in Napoli, via (…);
Consip s.p.a.. CNS Consorzio Nazionale Servizi società cooperativa ed altri, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 14 ottobre 2016 n. 10305;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ku. s.r.l. in liquidazione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2019 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Re. Ma., Lu. To. e l’avvocato dello Stato Pa. de Nu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 366 del 2017, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (di seguito AGCOM) propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per Lazio, 14 ottobre 2016 n. 10305, redatta in un giudizio retto dal rito abbreviato ex art. 119 CPA, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Ku. s.p.a. per l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento n. 25802 notificato il 21.01.2016 e atti ad esso connessi con cui AGCOM con riguardo alla gara comunitaria a procedura aperta espletata da Consip s.p.a. cui avevano partecipato in raggruppamento Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., quale mandataria, e Ku. s.p.a. e Ex. s.p.a., quali mandanti:
– ha deliberato che le prime due sopraddette società, nonché Ma. Fa. Ma. e Ro. Mu. s.p.a. hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) consistente in una pratica concordata avente la finalità di condizionare gli esiti della gara Consip, attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti da aggiudicarsi nel limite massimo fissato dalla lex specialis”
– e, previe le ammonizioni di rito e “in ragione della gravità dell’infrazione”, ha irrogato a Ku. la sanzione pecuniaria di Euro 5.763.882,00 da pagarsi nei successivi 90 giorni o con gli interessi di mora al tasso legale, nel pedissequo semestre ovvero, e sino al dì “in cui il ruolo è trasmesso al concessionario per la riscossione”, maggiorata di un decimo per ogni successivo semestre di ritardo.
Il giudice di prime cure ricostruiva i fatti di causa evidenziando come, a seguito dell’analisi delle risultanze della gara comunitaria a procedura aperta bandita in data 11 luglio 2012 dalla Consip s.p.a. per l’affidamento di servizi di pulizia e altri tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili degli istituti scolastici di ogni ordine e grado nonché dei centri di formazione della p.a., l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (di seguito AGCOM), rilevando alcune anomalie, in data 8 ottobre 2014 avviava un procedimento orientato a constatare un’eventuale violazione della normativa a tutela della concorrenza.
Il procedimento, originariamente rivolto nei confronti del Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. ed altri, era poi esteso con decisione del 1 aprile 2015 anche alla Ro. Mu. s.p.a. e vedeva la partecipazione dell’Associazione nazionale imprese di pulizia – ANIP e della Associazione nazionale delle cooperative di servizi – Le. servizi, che ne avevano fatto richiesta.
Richiamando le risultanze istruttorie, la tipologia di gara e i relativi risultati, le modalità e le strategie partecipative alla gara delle parti, i rapporti tra queste ultime nonché le argomentazioni rese dalle interessate a seguito della comunicazione delle risultanze istruttorie (di seguito CRI), l’AGCOM perveniva alla conclusione secondo la quale le parti sopra richiamate – tranne Ex. – avevano dato luogo ad un’intesa volta a condizionare l’esito della gara, eliminando il reciproco confronto concorrenziale mediante l’utilizzo distorto dello strumento consortile: ciò al fine di garantire a Consorzio Nazionale Servizi soc. coop.e Ma. Fa. Ma. numero massimo di lotti maggiormente appetibili, sul presupposto che entrambe avrebbero complessivamente beneficiato dei risultati singolarmente conseguiti. Risultava altresì individuato un ruolo nell’intesa anche a carico di Ro. Mu. s.p.a. e Ku. s.p.a., secondo l’approfondita descrizione degli elementi di prova acquisiti nel corso dell’istruttoria.
In sostanza, l’Autorità illustrava nelle relative conclusioni che gli elementi di prova “esogeni” ed “endogeni” accertati avevano fatto emergere incontrovertibilmente che, in occasione della procedura di gara in questione, le quattro imprese sopra richiamate avevano posto in essere un’intesa anticoncorrenziale per il suo stesso oggetto (sub specie di pratica concordata), con la finalità di condizionare gli esiti della gara attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti, così da aggiudicarsi i più appetibili nel limite massimo fissato dalla “lex specialis”. La condivisione della scelta degli otto lotti su cui presentare l’offerta e la conseguente decisione di non partecipare ai residui cinque messi a gara aveva inoltre, secondo la ricostruzione dell’AGCOM, influenzato gli esiti della procedura con riguardo a tutti i tredici lotti oggetto della procedura.
In particolare, risultava che Consorzio Nazionale Servizi soc. coop.e la sua principale consorziata Ma. Fa. Ma. avevano deciso di partecipare separatamente alla gara, laddove, se quest’ultima avesse partecipato in qualità di impresa indicata dal consorzio, il numero massimo di lotti che si sarebbero potute aggiudicare congiuntamente sarebbe stato pari a tre, mentre partecipando separatamente avevano potuto contare sull’aggiudicazione di sei lotti. Inoltre, le due imprese, una volta decisa la partecipazione autonoma, avrebbero dovuto concorrere come soggetti assolutamente indipendenti, del tutto prescindendo dai legami consortili mentre risultava che avevano individuato i lotti su cui avrebbero rispettivamente concentrato i propri “sforzi” tramite scambi indiretti di informazioni al fine di perseguire un comune disegno, per il quale risultava essenzialmente che Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. aveva partecipato alla gara avendo tra i propri principali obiettivi quello di tutelare i contratti storici e il portafoglio della propria consorziata di maggior peso quale era Ma. Fa. Ma., curandone gli interessi in via principale e maggiore rispetto a quelli delle consorziate per conto delle quali pure aveva presentato le sue offerte.
Per l’AGCOM, quindi, risultava un utilizzo distorto dello strumento consortile da parte di Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., il quale aveva principalmente avuto riguardo alle consorziate di maggior peso rispetto a quelle di più ridotte dimensioni. La strategia di gara di Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. era risultata del tutto irrazionale, oltre che incoerente con i principi che lo stesso consorzio aveva riferito essere alla base delle proprie scelte partecipative, presentandosi solo in alcuni lotti e non presentandosi in altri, e coincideva unicamente con l’obiettivo collusivo condiviso con Ma. Fa. Ma. di aggiudicarsi complessivamente sei lotti in luogo di tre, come emergeva dalla scelta – estranea a una sana logica imprenditoriale – di non presentare offerta per i lotti comprendenti l’Emilia-Romagna e la Lombardia (lotti 2 e 8), poi aggiudicati a MFM, e di presentare offerte decisamente non competitive per i lotti relativi alla Toscana e al Veneto (lotti 3 e 9), entrambi pure aggiudicati a Ma. Fa. Ma..
Analogamente, nel presentare offerta per il lotto comprendente il Lazio e la Sardegna, Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. aveva inteso garantire a una società non consorziata quale Ro. Mu. s.p.a., ma riconducibile a Ma. Fa. Ma. in virtù di partecipazione societaria di quest’ultima, il pieno mantenimento del portafoglio storico nella città di Roma, nel rispetto di un accordo compensativo nel frattempo sottoscritto.
D’altro canto, a fronte dell’operato di Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., risultava che Ma. Fa. Ma. aveva rinunciato a presentare offerta per il lotto 4, nonostante il cospicuo portafoglio ivi detenuto da Ro. Mu. s.p.a. sua partecipata, e che si era impegnata, tramite lo strumento del subappalto, ad aiutare Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. affinché anche ad altre consorziate detentrici di appalti storici fosse garantito il mantenimento di tali appalti o perlomeno il valore del portafoglio a questi riconducibile.
Per quel che riguardava Ku., l’AGCOM concludeva nel senso che la stessa tipologia di affidamenti al quadro collusivo era stata garantita in ragione di un credito pregresso vantato nei confronti del Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., che aveva indotto l’interessata a partecipare al suo fianco alla gara nell’ambito di un a.t.i. (ATI 1), accettando nel contempo però di concedere subappalti a consorziate di rilievo di Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., a cui il consorzio stesso intendeva garantire il mantenimento del portafoglio.
Secondo l’Autorità, l’intesa si era potuta pienamente realizzare e aveva trovato attuazione anche per effetto degli scambi di informazioni sensibili che si erano realizzati nel contesto dei rapporti di “governance” esistenti tra Ma. Fa. Ma. e Ro. Mu. s.p.a., laddove, in particolare, quest’ultima aveva svolto un cruciale ruolo di veicolo di informazioni tra la prima e lo stesso Consorzio Nazionale Servizi soc. coop..
Tenuto conto che vi era stato pregiudizio al commercio fra Stati membri dell’Unione europea, tale da configurare la violazione dell’art. 101 TFUE, e che l’infrazione constatata era qualificabile tra le più gravi della normativa “antitrust” – in quanto, per sua stessa natura, appariva idonea e destinata ad alterare, in caso di aggiudicazione della gara come poi avvenuto, il normale gioco della concorrenza per tutta la durata dell’affidamento – l’AGCOM, in applicazione delle c.d. “Linee Guida” deliberate il 22 ottobre 2014 e ritenute applicabili alla fattispecie, irrogava specifiche sanzioni pecuniarie pari a Euro 56.190.090 per Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., 48.510.000 per Ma. Fa. Ma., 3.377.910 per Ro. Mu. s.p.a. e 5.763.882 per Ku..
In sintesi, i presupposti presi in considerazione dall’AGCOM possono riassumersi nei profili che seguono:
1) la gara era suddivisa in tredici lotti, per un importo totale a base d’asta di circa 1,63 miliardi di euro, con valori medi per ciascun lotto intorno ai 100.000 euro e con punte intorno ai 200.000 euro per i lotti 4, 6 e 11 (Sardegna-Lazio, Campania e Puglia); il criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (offerta tecnica, max p.60, offerta economica, max p. 40) e non potevano essere aggiudicati più di tre lotti al medesimo concorrente, tranne specifiche deroghe nel caso di specie non applicate;
2) l’ATI 1, cui partecipava Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. quale mandataria, con Ku. e Ex. s.p.a. mandanti, e Ma. Fa. Ma. si erano aggiudicati quattro lotti ciascuno, tutti ricadenti nell’area geografica centro-settentrionale;
3) sui lotti in cui ATI 1 era vincitrice, Ma. Fa. Ma. non aveva presentato offerta mentre sui lotti 3 e 9 – unici in cui vi era sovrapposizione di offerte ed era vincitrice Ma. Fa. Ma. – ATI 1 aveva presentato un ribasso decisamente meno aggressivo rispetto a quello formulato sugli altri lotti;
4) Ro. Mu. s.p.a. non aveva partecipato alla gara nonostante fosse interessata quantomeno ai lotti 4 e 5 (Sardegna-Lazio, quale gestore “uscente” dei servizi di pulizia, e Lazio);
5) tra il bando di gara e la scadenza del termine per presentare le offerte risultava un accordo tra Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. e Ro. Mu. s.p.a. avente ad oggetto l’impegno di quest’ultima di non partecipare alla gara e l’obbligo di Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. di richiedere l’autorizzazione al subappalto della “quota-parte” comprendente il pregresso portafoglio di Ro. Mu. s.p.a., una volta aggiudicatosi il lotto 4;
6) Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. e Ma. Fa. Ma., pur formalmente concorrendo in autonomia, hanno perseguito obiettivi condivisi, consistenti nella tutela del portafoglio della principale consorziata, quale era Ma. Fa. Ma., nella tutela del posizionamento di Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. sui lotti 1, 4 e 10 (Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria, Sardegna-Lazio e Umbria-Marche-Abruzzo-Molise), nella tutela del portafoglio di Ro. Mu. s.p.a. relativamente al lotto 4, nella tutela del portafoglio delle altre consorziate di maggior rilievo, anche grazie a subappalti concessi a Ku., nonché nella volontà di compensare un debito pregresso di Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. verso la stessa Ku., consentendo a quest’ultima di partecipare in ATI 1 pur possedendo Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. per intero i requisiti richiesti;
7) la condotta era identificabile quale anticompetitiva “per oggetto”, con irrilevanza di eventuali effetti restrittivi, peraltro realizzatisi con l’eliminazione del rischio del confronto concorrenziale reciproco tra i due maggiori “players” del mercato, quali Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. e Ma. Fa. Ma.;
8) Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. aveva individuato con precisione i lotti che si sarebbe aggiudicata già prima dell’esito di gara, pur mantenendo aperte soluzioni alternative sino alla presentazione delle offerte;
9) la strategia partecipativa era contraddistinta da scelte irrazionali spiegabili solo con l’intento collusivo, quali: mancata sovrapposizione sui lotti appetibili per Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. e Ma. Fa. Ma., mancato rispetto della procedura di preassegnazione per cui lo stesso CNS aveva adottato un apposito regolamento, irragionevole traslazione del portafoglio di talune consorziate in regioni diverse da quelle di radicamento, mancata tutela del portafoglio di altre consorziate;
10) le tesi difensive delle parti si erano fondate su una parcellizzazione delle evidenze agli atti, non idonea a fornire una spiegazione alternativa;
11) nessuna offerta risultava presentata per i lotti riguardanti l’Italia meridionale, pur avendo alcune consorziate di Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. manifestato interesse a partecipare, e illogica appariva la scelta di Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. di non presentare offerta per il lotto 2 (Emilia-Romagna), poi aggiudicato a Ma. Fa. Ma., ove storicamente aveva la sua operatività e con la conseguenza di dover riallocare artificiosamente in altre regioni il portafoglio di consorziate ivi operanti, non risultando idonea la giustificazione per la quale le consorziate stesse avevano chiesto di operare al di fuori della Regione avendo già visto aggiudicato una specifica commessa sul territorio, in quanto anche Ma. Fa. Ma. aveva acquisito quest’ultima e aveva poi concesso subappalti a consorziate non riallocatesi altrove;
12) non idonea era anche la giustificazione in ordine alla mancata partecipazione di Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. al lotto 8 (Lombardia), fondata sull’assenza di consorziate con portafoglio storico di rilevo, laddove in Lombardia esistevano due consorziate e lo stesso Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. aveva presentato offerta per il lotto 3 (Toscana) pure privo di “portafoglio consortile storico”;
13) sui due lotti in cui vi era stata sovrapposizione, Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. aveva formulato un’offerta economica non concorrenziale mentre l’offerta tecnica era pressoché simile a quella per gli altri lotti;
14) Ro. Mu. s.p.a. poteva partecipare alla gara disponendo dei requisiti ma aveva preferito rinunciare a fronte dell’impegno sul lotto 4, come desumibile da “e-mail” interne acquisite e, inoltre, aveva svolto un ruolo di raccordo tra Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. e Ku., da un lato, e Ma. Fa. Ma., dall’altro;
15) risultavano numerosi scambi di informazioni tra le parti, giustificati in istruttoria con tesi contraddittorie.
Con ricorso al Tribunale amministrativo, ritualmente notificato e depositato, Ku. chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento in questione, lamentando, in sintesi, quanto segue.
“Violazione di legge (L. 287/1990 e dPR 217/1998 – art. 101 TFUE – Regolamento Consiglio Europeo 1/2003 – Condizioni generali Consip – Linee direttrici, Linee Guida, comunicazioni orientamenti, direttive e regolamenti della CE e della “AGCM” in materia di concorrenza mercato e commisurazione della sanzione). Eccesso di potere per vizio di istruttoria, valutazione e per illogicità e incongruità per molteplici versi della motivazione”.
La ricorrente aveva nel corso del procedimento argomentatamente prospettato le ipotesi alternative alla tesi portata avanti dall’AGCM, idonee a diversa spiegazione per ciò che attiene al profilo specifico in disamina.
Risultava, infatti, per un primo verso, che subappalti conferiti per la propria quota costituivano un vantaggio consistente nell’evitare i costi di “start up” nonché i costi diretti e indiretti della gestione del personale; per un secondo verso, che non contrastava con l’autonomia, l’interesse e l’utilità di Ku. la circostanza di aver conferito a consorziate in Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. alcuni subappalti; per un terzo verso, che la partecipazione di Ku. in ATI 1 era frutto di valutazione di stampo schiettamente imprenditoriale del tutto autonoma, data la fiducia che la ricorrente riponeva in Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. sin dall’origine e che costituiva la garanzia per la quale le attività così subappaltate sarebbero state compiutamente eseguite.
L’Autorità, invece, non aveva dato sufficiente prova della finalità “compensativa” dei subappalti conferiti da Ku. ai consorziati in Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., ritenendo invece l’indimostrata circostanza che la ricorrente avesse conoscenza dei precisi termini dell’accordo concluso tra il consorzio e RM, i cui aspetti collusivi avrebbe in tal modo condiviso.
AGCOM aveva poi riversato sulla ricorrente l’onere di dare una spiegazione alternativa al complessivo disegno assunto come “anticoncorrenziale” senza però dimostrare che l’interessata aveva la conoscenza di una siffatta “intesa”.
Da ultimo, la ricorrente contestava in via subordinata l’entità della sanzione irrogata, lamentando la mancata valutazione della sua incapacità contributiva, ai sensi del paragrafo 31 delle Linee guida, dettata dalla propria struttura patrimoniale, finanziaria, ed economica.
Inoltre, era stato considerato anche il valore dei lotti ai quali nessuna delle parti del procedimento aveva effettivamente partecipato, utilizzando come riferimento un importo diverso da quello in relazione al quale si era realizzata la condotta sanzionata idonea ad influenzare l’andamento della gara, fermo restando che comunque gli importi complessivi di aggiudicazione non erano garantiti né vincolanti per Consip e per le amministrazioni contraenti.
Infine, la ricorrente censurava anche la mancata applicazione delle misure più favorevoli date dall’eventuale sanzione di importo meramente simbolico, di cui al paragrafo 33 delle Linee guida, ovvero da una significativa riduzione della sanzione stessa – in virtù del ruolo assolutamente marginale da lei rivestito – al fine di rispettare il principio di proporzionalità ed effettività richiamato nell’art. 11 l. n. 689 del 1981.
Si costituiva in giudizio l’Autorità intimata, illustrando le ragioni orientate a rilevare l’infondatezza del ricorso in specifica memoria per la camera di consiglio.
Rinviata in tale occasione la trattazione della causa all’udienza di merito, in prossimità di questa le parti costituite depositavano memorie ulteriormente illustrative delle rispettive tesi. La difesa dell’AGCOM depositava anche una specifica istanza di autorizzazione al deposito tardivo.
Alla pubblica udienza del 6 luglio 2016, la causa veniva discussa e decisa con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla carenza di motivazione del provvedimento gravato e quindi inidoneo a sorreggere le conclusioni dell’Autorità, anche in ordine all’intera ricostruzione volta a coinvolgere Ku. nell’intesa sanzionata, evidenziando come la plausibilità delle spiegazioni alternative fornite dalla ricorrente doveva prevalere sulla genericità e frammentarietà della ricostruzione dell’AGCOM.
Contestando le statuizioni del primo giudice, l’Autorità appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, proponendo un unico articolato motivo di appello, meglio illustrato in parte motiva.
Nel giudizio di appello, si è costituita prima Ku. s.p.a. e poi Ku. s.r.l. in liquidazione, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Alla pubblica udienza del 6 giugno 2019, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. – In via preliminare, va osservato che la parte appellata è nominata negli atti sia come Ku. s.r.l., sia come Ku. s.r.l. in liquidazione. Tuttavia, non essendovi dubbi che si tratti dello stesso soggetto (visto l’identico codice fiscale e partita iva) e che in questo giudizio non emergono questioni in cui la diversa forma societaria possa avere una qualche rilevanza, si farà riferimento alla appellata Ku. come qualificata negli ultimi atti, ossia come una s.r.l. in liquidazione.
2. – L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
3. – Con un unico motivo di diritto, recante “difetto di motivazione ed errore di fatto e di diritto nella valutazione della partecipazione di Ku. all’intesa”, l’Autorità appellante lamenta l’erroneità della sentenza per non aver correttamente considerato gli elementi di fatto che rendevano anche la parte appellata partecipe dell’intesa collusiva. Nel dettaglio, l’Autorità censura come il primo giudice abbia sottovalutato una serie di elementi che, al contrario di quanto stabilità in sentenza, portavano invece all’affermazione di una pari responsabilità della parte appellata nell’accordo con finalità collusive.
3.1. – La censura è fondata.
Per affrontare il tema, va ricordato che il T.A.R. ha fondato la sua decisione di accoglimento su due distinte osservazioni: da un lato, la “contraddittorietà nella motivazione” nella parte in cui l’AGCM dapprima rilevava che lo stesso Consorzio Nazionale Servizi aveva riferito di aver “…chiesto a Ku. di affidare i subappalti a talune cooperative del Consorzio Nazionale Servizi, in particolare quelle di piccole dimensioni che, come già spiegato, non partecipano alla gara ma attendono di proporsi come subappaltatrici delle imprese aggiudicatarie” e, successivamente, affermava che Ku., all’interno dello sfondo collusivo sopra descritto, aveva accettato, “…di concedere subappalti a consorziate di rilievo del Consorzio Nazionale Servizi, cui il Consorzio intendeva garantire il mantenimento del portafoglio”; dall’altro, ha ravvisato una analoga carenza di motivazione in ordine all’intera ricostruzione volta a coinvolgere Ku. nell’intesa sanzionata.
Tuttavia, la ricostruzione complessiva operata dal primo giudice si scontra con una serie di osservazioni puntuali dell’Autorità ed in particolare con la circostanza che Ku. sarebbe stata ammessa dal CNS a partecipare al suo fianco nell’ATI 1 a titolo compensativo di un credito pregresso vantato nei confronti del Consorzio Nazionale Servizi, nonostante il consorzio avesse già i requisiti di partecipazione, circostanza che nella sentenza appare del tutto svilita.
Ad un esame dei fatti, appare del tutto corretta la ricostruzione operata dall’Autorità, quando ha evidenziato che la scaturigine della decisione del Consorzio Nazionale Servizi di partecipare in ATI 1 con Ku. va rinvenuta in un accordo sottoscritto tra le due società in data 9 ottobre 2012.
Al fine di stabilire la partecipazione di Ku. alla complessa condotta collusiva è necessario analizzare l’impianto probatorio a disposizione, ricordando il principio in base al quale le singole condotte delle imprese vanno valutate tenendo conto del quadro complessivo e non in modo atomistico.
Come noto, in materia di illecito antitrust, il reperimento della prova cd. piena (quali testo dell’intesa, documentazione inequivoca, confessione dei protagonisti) è ipotesi piuttosto remota. Per questo motivo è necessario, in un’ottica di maggiore tutela della concorrenza e del mercato, fare ricorso alla prova logica o indiziaria per dimostrare un illecito.
Non può infatti trascurarsi come usualmente le attività derivanti da pratiche ed accordi anticoncorrenziali si svolgano in modo clandestino e che la documentazione relativa sia ridotta al minimo, sicché, anche qualora l’Autorità scopra documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, essi saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostruire taluni dettagli per via meramente deduttiva.
In altre parole, tenuto conto della notorietà del divieto di partecipare ad accordi anticoncorrenziali, in conformità all’orientamento espresso dalla giurisprudenza comunitaria, non si può pretendere che l’Autorità produca documenti che attestino in modo esplicito un accordo tra gli operatori interessati, dovendo gli elementi frammentari e sporadici di cui l’Autorità potrebbe disporre, in ogni caso poter essere completati con deduzioni che permettano di ricostituire taluni dettagli, con la conseguenza che l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale può essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi che, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza (Cons. Stato, VI, 29 marzo 2018 n. 2002).
Il coinvolgimento di Ku. nella condotta illecita accertata e la sua consapevolezza dell’intesa volta al condizionamento della gara Consip, risultano compiutamente dimostrati dai documenti specificamente riferibili alla società stessa, la cui valenza e significatività in termini di prova dell’infrazione – del pari di ogni evidenza esogena – va colta in modo congiunto, secondo una visione d’insieme e un approccio complessivo in uno con le specificità del caso concreto e il complessivo corredo probatorio raccolto (Cons. Stato, 2 luglio 2018, n. 4010). Ed è proprio da un impianto probatorio fondato sulla convergenza di indizi di stampo univoco che hanno consentito all’Autorità di risalire all’esistenza dell’accordo collusivo, suggestivamente indicato nelle memorie come il “patto del terrazzino”.
A dimostrazione dell’esistenza di una concertazione tra Ku. e Consorzio Nazionale Servizi, rileva innanzitutto lo scambio di e-mail del dicembre 2013, dove in maniera piuttosto esplicita si evince il coinvolgimento della Ku. nella pratica concordata: “La modalità migliore per gestire i servizi è quella concordata tra me e te sul terrazzino, dove Ku. subappalta a cooperative proposte da CNS su quasi tutte le aree. In questo modo soddisfiamo il patto sottoscritto (dove c’è CNS e Ku.) – operiamo con uno strumento legittimo (il subappalto) nelle percentuali legislativamente ammissibili (legge consente 30% – Ku. ha il 15%) e tu aumenti il tuo prestigio facendo lavorare imprese a te gradite; fermo restando che qualche impresa la indichiamo noi” (così nel doc. 38 del giudizio di primo grado).
Vi è quindi, con chiarezza, una prova sull’esistenza di un accordo clandestino, dal chiaro intento collusivo, seppur camuffato attraverso l’uso strumentale del contratto di subappalto.
Per altro verso, tale accordo collusivo ha avuto, come chiaramente evidenziato nel provvedimento impugnato, una fase applicativa, data dalla sottoscrizione tra Consorzio Nazionale Servizi e Ku., in data 5 febbraio 2014, di un addendum al Regolamento interno dell’ATI 1, dove viene fornita da Consorzio Nazionale Servizi una lista di imprese a Ku. al fine di affidare subappalti nei lotti della gara Consip. In esecuzione dell’accordo stipulato, Ku. ha poi effettivamente affidato subappalti a otto imprese consorziate del Consorzio Nazionale Servizi per un valore di circa 6,7 milioni di euro, pari a circa il 10% delle commesse ad essa spettanti.
Complessivamente, l’intera strategia ha dato vita ad un sistema di notevole impatto, e correttamente l’Autorità ha messo in evidenza l’importanza dell’apporto contributivo di Ku. alla realizzazione della complessa intesa ripartitoria in ordine ai lotti 2 (Emilia Romagna) e 8 (Lombardia e Trentino).
La connotazione collusiva va quindi ritenuta esistente, ricordando che questo Consiglio ha più volte ribadito che anche l’utilizzo di strumenti civilistici leciti e assolutamente legittimi, quali appunto il il subappalto, non esclude “il suo concreto utilizzo, avvenuto con finalità anticoncorrenziale e, quindi, per il perseguimento di interessi illeciti” (Cons. Stato, 30 giugno 2016, n. 2947, 3047, 1765)
Per altro verso, un altro elemento che è apparso svilito dalla valutazione del giudice di prime cure riguarda l’esistenza di un accordo compensativo tra Ku. e il Consorzio Nazionale Servizi.
Il che giustifica come la partecipazione di Ku. all’ATI1 guidata dal Consorzio Nazionale Servizi non fosse connessa ad un’esigenza meramente organizzativa ed esecutiva della commessa o di predisposizione dell’offerta, ma si inscrivesse in una logica di riequilibro di rapporti pregressi tra le due parti. È proprio l’esistenza di un accordo compensativo tra l’appellata e il Consorzio Nazionale Servizi a fungere da motivazione plausibile al coinvolgimento della stessa Ku. nel meccanismo collusivo e spartitorio.
Pertanto appare recessiva la circostanza che Ku. abbia partecipato alla formazione dell’intesa o ne abbia meramente assecondato l’attuazione al fine di trarne un vantaggio economico.
La stessa giurisprudenza di questo Consiglio ha infatti a tal proposito chiarito come sia superfluo valutare se il singolo partecipante all’intesa abbia avuto all’interno della stessa un “ruolo maggiore o minore, attivo o addirittura meramente passivo”, in quanto “l’intesa risulta contestabile anche nei confronti di chi si limiti a trarne vantaggio assumendo un ruolo meramente passivo, dovendosi riconoscere l’esonero della responsabilità solo in caso di dissociazione espressa dall’intesa” (Cons. Stato, VI, 29 marzo 2018 n. 2002).
Alla luce di quanto sopra esposto, sono numerosi gli elementi che conducono a ritenere che l’impresa fosse parte integrante del meccanismo collusivo e che contribuisse agli obiettivi comuni degli altri partecipanti, consapevole pertanto della condotta pianificata, o quanto meno, perfettamente in grado di prevedere l’intesa anti-competitiva.
In conclusione, l’appello deve trovare accoglimento.
4. – L’accoglimento delle ragioni dell’appellante impongono la rivalutazione dei motivi ritenuti assorbiti dal primo giudice e reiterati dall’appellata, secondo il principio per cui l’onere di riproposizione dei motivi o delle eccezioni rimasti assorbiti esige, per il suo rituale assolvimento, che la parte appellata indichi specificamente le censure che intende siano devolute alla cognizione del giudice di secondo grado. Ciò in quanto così si consente a quest’ultimo una compiuta conoscenza delle relative questioni, oltre che alle controparti di contraddire consapevolmente sulle stesse (Cons. Stato, V, 22 giugno 2018, n. 3874). Nel caso in specie, la parte appellata ha fatto rinvio, in coda al suo atto di costituzione, a due diverse ragioni assorbite che, per il loro contenuto, possono essere sinteticamente affrontate qui di seguito.
4.1. – Una prima ragione, riguarda alcuni profili ulteriori contenuti nel primo motivo di ricorso in prime cure (da pag. 15 dell’atto), e in particolare il tema della mancata prova degli effetti distorsivi del comportamento.
Va però qui ricordato che “Ai fini dell’art. 102 TFUE, la prova dell’oggetto e quella dell’effetto anticoncorrenziale si confondono tra loro: se si dimostra che lo scopo perseguito dal comportamento di un’impresa dominante è di restringere la concorrenza, un tale comportamento è di per sé pregiudizievole, in quanto può anche comportare tale effetto” (sentenza del Tribunale Ue, del 29 marzo 2012, causa T336/07, Telefonica; sentenza del Tribunale Ue, del 30 settembre 2003, causa T203/01 Michelin).
L’illecito, in sostanza, si perfeziona con la condotta anticoncorrenziale, di per sé idonea a turbare il funzionamento corretto e la libertà stessa del mercato, nella misura in cui la stessa sia astrattamente idonea a produrre effetti anticoncorrenziali.
Non vi è quindi bisogno di una prova ulteriore, oltre quella già raggiunta ed evidenziata nel primo motivo di ricorso.
4.2. – Una seconda ragione è quella della violazione del paragrafo 31 delle linee giuda della stessa Autorità in relazione agli indici applicati.
Si tratta in questo caso di una doglianza manifestamente inammissibile, atteso che la parte, sia in primo grado che in appello, si è limitata ad indicare la supposta mancanza, facendo riferimento a memorie depositate in sede procedimentale, ma senza illustrarne alcuna ragione in sede giudiziaria.
Conclusivamente, i motivi assorbiti in primo grado e riproposti in sede di appello non sono idonei a tener ferma la decisione del giudice di prime cure che va invece riformata.
5. – L’appello va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Accoglie l’appello n. 366 del 2017 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 14 ottobre 2016 n. 10305, respinge il ricorso di primo grado;
2. Condanna Ku. s.r.l. in liquidazione a rifondere a Autorità garante della concorrenza e del mercato le spese del doppio grado di giudizio, che liquida in Euro. 3.000 (euro tremila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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