Imposta sulla pubblicità: distinguere quelli di comunicazione da quelli decorativi

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Sentenza 18 gennaio 2019, n. 1359.

La massima estrapolata:

In tema di imposta sulla pubblicità occorre distinguere i mezzi di comunicazione con il pubblico, soggetti ad imposizione, in quanto obiettivamente idonei a veicolare un messaggio, diretto ad una pluralità indeterminata di possibili acquirenti, che promuova l’immagine ovvero i prodotti e/o servizi di un’azienda da quelli aventi finalità meramente decorativa, per i quali detta imposta non trova invece applicazione.

Ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1359

Data udienza 3 dicembre 2018

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere

Dott. BILLI Stefania – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 13976-2014 proposto da:
(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE DI PERUGIA, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SRL;
– intimato –
avverso la sentenza n. 239/2013 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA, depositata il 26 novembre 2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03 dicembre 2018 dal Consigliere Dott. STEFANIA BILLI.

RITENUTO

Che:
– la controversia ha ad oggetto un avviso di accertamento del 2012 riguardante l’imposta sulla pubblicita’ dei diritti delle pubbliche affissioni del comune di Perugia per omessa dichiarazione di cui al Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 8, commi 1 e 4; in particolare, si tratta di vetrofanie che coprono intere vetrine e rappresentano generalmente prodotti alimentari, talvolta accompagnati da scene di vita quotidiana;
– la C.T.R. di Perugia, confermando la decisione della commissione provinciale, ha respinto l’appello della contribuente;
– avverso l’ordinanza ricorre la contribuente, mentre il concessionario ed il comune si costituiscono con controricorso; quest’ultimo e la contribuente depositano memoria.

CONSIDERATO

Che:
1. Con un unico motivo di ricorso la contribuente lamenta la violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5; in particolare, si duole che la sentenza impugnata non abbia fondato la propria decisione su fonti normative e non abbia tenuto conto della sua tesi difensiva, limitandosi ad un’analisi puramente esteriore delle vetrine.
1.1. Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilita’ sollevata dalla contribuente nel controricorso, in quanto la motivazione della sentenza impugnata, pur se stringata, e’ esistente. In particolare, dopo avere esaminato i mezzi sottoposti a tassazione, ne ha accertato la tassabilita’ chiarendone le ragioni.
1.2. Nel merito il ricorso e’ infondato.
1.3. Il collegio condivide, infatti, il consolidato orientamento espresso dalla S.C., secondo cui: “costituisce fatto imponibile qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti – indipendentemente dalla ragione e finalita’ della sua adozione – obbiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti cui si rivolge il nome, l’attivita’ ed il prodotto di una azienda, non implicando la funzione pubblicitaria una vera e propria operazione reclamistica o propagandistica”. (Cass. n. 17852 del 2004, 15449 del 2010). Occorre, infatti, distinguere la funzione sostanzialmente decorativa da quella pubblicitaria in grado di veicolare un messaggio diretto a raggiungere una pluralita’ di possibili acquirenti. Nel caso di specie, come accertato nella sentenza impugnata si tratta di “grandi fotografie che coprono l’intera superficie delle vetrine di un supermercato e rappresentano cibi vari (latte, verdure, pane, formaggi, ecc.), materie prime, scene agresti, persone che cucinano, persone che consumano pasti in compagnia della famiglia o di amici”. Tali immagini inequivocabilmente promuovono l’attivita’ dell’esercente e sono dirette a richiamare l’attenzione dell’eventuale acquirente, in quanto sono strettamente attinenti all’attivita’ commerciale svolta all’interno del supermercato. Va ritenuta, pertanto, la natura pubblicitaria dei mezzi sottoposti a tassazione oggetto del presente giudizio, assolvendo gli stessi ad una funzione promozionale di vendita.
1.4. Risulta, inoltre, accertato che tali vetrofanie occupino un’ampia metratura (pari a circa complessivi mq. 62). Esse, pertanto, non possono usufruire dell’esenzione di cui al Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 17, comma 1, lettera b).
1.5. Gli accertamenti di fatto ora richiamati sono devoluti al giudice del merito e sono censurabili in sede di legittimita’, nel caso di specie, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua nuova formulazione. La modifica del predetto articolo, disposta da disposta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 ha circoscritto, infatti, il sindacato di legittimita’ sulla motivazione alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullita’ della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorieta’” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione puo’ essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (per tutte in tal senso Cass. n. 23940 del 2017, n. 22598 del 2018). La sentenza impugnata ha motivato le ragioni per le quali ha ritenuto che le raffigurazioni fotografiche costituiscano un mezzo pubblicitario, facendo buon governo dei principi espressi dalla S.C. e sopra riportati. Ne consegue il rigetto del ricorso.
2. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la contribuente a pagare le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di Euro 1.400,00, per compensi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della contribuente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Avv. Renato D’Isa

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