Il primo giorno utile successivo alla sospensione feriale, irrilevante che questo giorno sia festivo o meno

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 24 gennaio 2019, n. 2051.

La massima estrapolata:

Il primo giorno utile successivo alla sospensione feriale (1 settembre) va computato nel calcolo del termine il cui decorso abbia avuto inizio in periodo feriale stante che tale giorno segna l’inizio del suo decorso, che non include il dies a quo, in applicazione del principio dell’art. 155, c.1, cpc, ma solo la sua prosecuzione, essendo così irrilevante che questo giorno sia festivo o meno.

Ordinanza 24 gennaio 2019, n. 2051

Data udienza 12 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 20205/2016 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato, presso lo studio del primo, in (OMISSIS);
– ricorrente e controricorrente all’incidentale –
contro
PREFETTURA di IMPERIA, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE dello STATO ed elettivamente domiciliati presso i cui uffici in ROMA, VIA dei PORTOGHESI 12;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 49/2016 del TRIBUNALE di IMPERIA, depositata il 9/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/10/2018 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

FATTI DI CAUSA

In data 5.1.2011, in seguito al rapporto n. 148 09-09/200A, il Comando Distaccamento Stradale di Ventimiglia accertava che (OMISSIS) aveva violato le disposizioni di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 7 e articolo 187 C.d.S., comma 8, perche’ il contravventore, a seguito di incidente autonomo, trasportato presso il nosocomio di Imperia, rifiutava di sottoporsi agli accertamenti di legge per la rilevazione del tasso alcoolemico e dell’assunzione di sostanze stupefacenti e/o psicotrope. Dal momento che il rifiuto di sottoporsi ai suddetti accertamenti comporta la sospensione cautelare della patente di guida e l’obbligatoria visita medica di revisione, in applicazione dell’articolo 223 C.d.S., la PREFETTURA di IMPERIA, in data 1.2.2011 emetteva ordinanza n. 138/A-2011 di sospensione cautelare della patente per 12 mesi, ordinando il ritiro della patente non eseguito all’atto della rilevazione del sinistro dall’Organo accertatore e specificando che la durata della sospensione provvisoria era determinata in ragione proporzionale al tasso etilometrico rilevato.
In data 6.6.2011 il (OMISSIS) consegnava la patente a seguito della notifica della predetta ordinanza in data 1.6.2011.
Con ricorso al Giudice di Pace di Imperia depositato in data 1.7.2011, il (OMISSIS) chiedeva l’annullamento della suddetta ordinanza e la contestuale restituzione del documento di guida.
In data 5.8.2011, il (OMISSIS) si sottoponeva alla visita medica di revisione presso la Commissione Medica ASL di Imperia e veniva dichiarato temporaneamente non idoneo alla guida fino alla data dell’1.2.2012, salvo poi, in data 29.11.2011 e a seguito di ricorso gerarchico, essere dichiarato idoneo alla guida.
Nel frattempo, rilevato un errore materiale nel decreto prefettizio n. 138/A-2011, in data 27.10.2011 l’U.T.G. di Imperia emetteva Decreto n. 138 del 2011, a rettifica del precedente, in quanto in questo era stato indicato che il periodo della sospensione provvisoria della patente era stato “determinato in ragione proporzionale al tasso etilometrico rilevato ed in ragione proporzionale alle risultanze di laboratorio, tenuto conto del contesto evidenziato nel rapporto, anziche’ determinato in ragione del minimo edittale previsto per il rifiuto di sottoporsi agli esami medici previsti dalla legge e tenuto conto del contesto evidenziato nel rapporto”.
Il (OMISSIS) impugnava anche il suddetto decreto, emesso in rettifica di quello originario e notificatogli in data 31.10.2011: il ricorrente, nel momento della notifica, dichiarava di non accettare il contraddittorio sul provvedimento in quanto modificava tardivamente le allegazioni contenute nell’originaria ordinanza notificatagli in data 1.6.2011.
Il Giudice di Pace, dopo aver disposto la riunione dei due ricorsi, in data 14.12.2011 dichiarava cessata la materia del contendere in considerazione della disponibilita’ della Prefettura a restituire la patente al (OMISSIS), alla luce del venir meno delle esigenze cautelari, visto il certificato di idoneita’ alla guida della Commissione Medica RFI di Genova del 29.11.2011. Compensava le spese di lite.
Avverso detta sentenza proponeva appello il (OMISSIS) innanzi al Tribunale di Imperia, che con sentenza n. 49/2016, depositata il 9.2.2016, annullava il provvedimento n. 138/A emesso in data 1.2.2011 dalla Prefettura di Imperia, condannandola alle spese dei due gradi di giudizio e, contestualmente, rigettava il ricorso proposto dal (OMISSIS) contro il provvedimento n. 138-11, emesso in data 27.10.2011 dalla Prefettura di Imperia, condannando il (OMISSIS) alle spese dei due gradi di giudizio.
Avverso detta sentenza il (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, limitatamente alla parte in cui viene rigettato il ricorso contro il provvedimento n. 138-11 emesso dalla Prefettura di Imperia, sulla base di quattro motivi; resiste la Prefettura con controricorso proponendo a sua volta ricorso incidentale sulla base di due motivi; cui il ricorrente principale resiste con controricorso al ricorso incidentale, illustrato da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Pregiudizialmente, va rilevata l’inammissibilita’ del controricorso e del ricorso incidentale proposto dalla Prefettura di Imperia in ragione della eccepita violazione dei termini di cui all’articolo 370 c.p.c. e tardiva notificazione dell’atto. Infatti, il (OMISSIS) ha notificato il ricorso per cassazione in data 5-8/08/2016, mentre il controricorso e ricorso incidentale era passato alla notifica dall’Avvocatura il 14/10/2016 e notificato al (OMISSIS) il 17.10.2016, ben oltre il termine di 20 giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso.
Va ribadito, infatti, che il primo giorno utile successivo alla sospensione feriale (1 settembre) va computato nel calcolo del termine il cui decorso abbia avuto inizio in periodo feriale, atteso che tale giorno segna l’inizio del suo decorso, che non include il dies a quo, in applicazione del principio fissato dall’articolo 155 c.p.c., comma 1, ma solo la sua prosecuzione, essendo pertanto irrilevante anche che questo giorno sia o meno festivo (Cass. n. 7112 del 2017; conf. a Cass. sez. un. n. 3668 del 1995; Cass. n. 8518 del 2016). E che, ai fini della verifica della tempestiva notifica del controricorso in cassazione, da compiersi ex articolo 370 c.p.c., nei venti giorni successivi al deposito del ricorso, che, a propria volta e ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., deve avvenire nei venti giorni dalla sua ultima notificazione, il momento perfezionativo di quest’ultima si identifica con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Cass. n. 24639 del 2015).
2.1. – Con il primo motivo, il ricorrente principale lamenta la “Violazione articolo 360 c.p.c., n. 3, in riferimento all’articolo 223 C.d.S., in relazione all’articolo 186 C.d.S., n. 7 e articolo 187 C.d.S., n. 8; Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 4; articolo 360 c.p.c., n. 5, per difetto e/o illogicita’ totale di motivazione”, in quanto il Giudice d’appello non si sarebbe pronunciato sul secondo motivo di appello e cioe’ sull’illegittimita’ del Decreto n. 138 del 2011, per insussistenza delle esigenze cautelari, essendo intervenuta la sospensione della patente dopo un notevole lasso di tempo.
2.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente principale deduce la “Violazione dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, con riferimento all’articolo 100 c.p.c., articolo 112 c.p.c., per mancata corrispondenza tra quanto chiesto e quanto pronunciato; articolo 223 C.d.S. in relazione agli articoli 186 e 187 C.d.S.; nullita’ della sentenza per omessa pronuncia sulle domande del ricorrente e omesso esame dei documenti decisivi: omessa motivazione in ordine alla insussistenza dei presupposti di logicita’ in relazione alla funzione cautelare del provvedimento di sospensione della patente”.
2.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente principale denuncia la “Violazione dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, con riferimento della L. n. 241 del 1990, articoli 7 e 8, difetto di motivazione in punto”, in quanto, per il Tribunale, sarebbe privo di pregio il motivo di gravame fondato sull’asserita violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento stabilita dalla L. n. 241 del 1990, articolo 7.
2.4. – Con il quarto motivo, il ricorrente principale lamenta la “Erronea determinazione delle spese in violazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’articolo 91 c.p.c.”, poiche’ la statuizione sulle spese sarebbe illegittima stante l’illegittimita’ anche del secondo provvedimento.
3. – Il ricorso principale e’ inammissibile.
3.1. – Ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorso deve contenere i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata. Se e’ vero, infatti, che l’indicazione dei motivi non necessita dell’impiego di formule particolari, essa tuttavia deve essere proposta in modo specifico, vista la sua funzione di determinare e limitare l’oggetto del giudizio della Corte (Cass. n. 10914 del 2015; Cass. n. 3887 del 2014). Cio’ richiede che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbano avere i caratteri della specificita’, della completezza e della riferibilita’ alla decisione stessa (Cass. n. 14784 del 2015; Cass. n. 13377 del 2015; Cass. n. 22607 del 2014). E comporta, tra l’altro, la necessaria esposizione di argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto (Cass. n. 23804 del 2016; Cass. n. 22254 del 2015).
2.2. – Viceversa, il presente ricorso, cosi’ come formulato in tutti i suoi cinque motivi, si connota (oltre che per una sovrabbondante esposizione dei fatti, minuziosamente riportati, anche attraverso il richiamo a documentazione varia contenuta in una “legenda” allegata al ricorso “per una piu’ semplice lettura da parte del giudicante”) per la indicazione della asserita violazione delle norme di volta in volta richiamate in riferimento contestuale a diverse censure specificamente riconducibili alle ragioni di impugnazione per cassazione previste dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, ed in particolare alle ragioni di cui ai nn. 3 e 5 congiuntamente evocate.
Questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire (Cass. n. 19959 del 2014) che il giudizio di cassazione e’ un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve, appunto, necessariamente possedere i caratteri della tassativita’ e della specificita’ ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato possa rientrare nelle categorie logiche previste dall’articolo 360 c.p.c.; sicche’ e’ inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con una articolazione di motivi, riferiti ad una eterogeneita’ di profili tra loro confusi o inestricabilmente combinati, e non chiaramente collegabili ad una delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito (Cass. n. 11603 del 2018).
2.3. – Il presente ricorso risulta privo di una precisa identificazione, necessaria, appunto, per evidenziarne e compiutamente individuarne il preciso contenuto ed analizzarne la fondatezza o meno, sia in generale che riguardo ai singoli motivi proposti. Le censure, in tale modo articolate, appaiono piuttosto contraddistinte dall’evidente scopo di contestare globalmente le motivazioni poste a sostegno della decisione impugnata, risolvendosi, in buona sostanza, nella richiesta di una inammissibile generale (ri)valutazione alternativa delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, in senso antagonista rispetto a quella compiuta dal giudice di appello (Cass. n. 1885 del 2018); cosi’, inammissibilmente, rimettendo nella sostanza al giudice di legittimita’ il compito di isolare le singole doglianze teoricamente proponibili onde ricondurle a uno dei mezzi di impugnazione enunciati dal citato articolo 360 c.p.c., per poi ricercare quali disposizioni possanao essere utilizzabili allo scopo; in sostanza, attibuendo al giudice di legittimita’ il compito di dar forma e contenuto giuridici alle generiche censure del ricorrente, per poi decidere su di esse.
3. – Inoltre, va rilevato che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (peraltro, entro i limiti del paradigma previsto dal nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 24054 del 2017; ex plurimis, Cass. n. 24155 del 2017; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2016).
3.1. – Pertanto, la censura con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto dall’articolo 360 c.p.c., n. 3, deve essere dedotta e formulata, a pena di inammissibilita’, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie; diversamente impedendosi alla Corte di cassazione di verificare essa il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inammissibile, la deduzione di “errori di diritto” individuati (come nella specie) per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate (soprattutto allorquando dette norme siano nomerose e riguardino aspetti eterogenei), ma non dimostrati per mezzo di una circostanziata critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. n. 11501 del 2006; Cass. n. 828 del 2007; Cass. n. 5353 del 2007; Cass. n. 10295 del 2007; Cass. 2831 del 2009; Cass. n. 24298 del 2016).
3.2. – Il controllo affidato alla Corte non equivale, dunque, alla revisione del ragionamento decisorio, ossia alla opinione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che cio’ si tradurrebbe in una nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimita’ (Cass. n. 20012 del 2014; richiamata anche dal Cass. n. 25332 del 2014).
4. – A cio’, si aggiunga che i lamentati profili di difetto di motivazione o di omessa motivazione (censurati congiutamente a quelli di violazione di legge) non sono piu’ evocabili ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella nuova formulazione introdotta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze impugnate dinanzi alla Corte di cassazione ove le stesse siano state pubblicate in epoca successiva al 12 settembre 2012, e quindi ratione temporis anche a quella oggetto del ricorso in esame, pubblicata il 9 febbraio 2016.
Infatti, secondo le Sezioni Unite (n. 8053 e n. 8054 del 2014), la norma consente di denunciare in cassazione (oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, e cioe’, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione) solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017). Ne consegue che, nel rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve specificamente indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’” (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).
Tuttavia, dalla analisi del ricorso, tali specifiche indicazioni non si evidenziano con la necessaria chiarezza e specificita’.
5. – Il ricorso principale e quello incidentale vanno dichiarati inammissibili. In ragione della soccombenza reciproca, si dispone ex articolo 92 c.p.c., comma 2, la integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio. Va, viceversa, emessa a carico del ricorrente principale la dichiarazione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilita’ del ricorso principale e di quello incidentale. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Avv. Renato D’Isa

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