Il vizio di ultrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|20 marzo 2023| n. 7965.

Il vizio di ultrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti

Il vizio di ultrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia di appalto, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, in quanto la corte territoriale, nell’accogliere tanto la domanda principale di risarcimento danni proposta dalla committente, quanto quella riconvenzionale spiegata invece dall’erede dell’appaltatore, aveva liquidato in favore di quest’ultima una somma maggiore di quella effettivamente dovuta). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 10 maggio 2018, n. 11304; Cassazione, sezione civile III, sentenza 22 marzo 2007, n. 6945).

Sentenza|20 marzo 2023| n. 7965. Il vizio di ultrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti

Data udienza 2 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Poteri del giudice – Vizio di ultrapetizione – Ricorrenza quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti – Pronuncia su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio – Attribuzione di un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4258/2017 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 481/2016 depositata il 25/01/2016;

Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALESSANDRO PEPE che ha chiesto l’accoglimento dell’ottavo motivo e il rigetto o assorbimento degli altri;

Udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott Lorenzo Orilia.

Il vizio di ultrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti

RITENUTO IN FATTO

1. Nella controversia relativa ai lavori di rifacimento di un terrazzo sorta tra la committente (OMISSIS) e l’appaltatore (OMISSIS), il Tribunale di Roma con sentenza n. 6608/2008 rigetto’ la domanda principale della committente (volta ad ottenere la riduzione del prezzo per i vizi dell’opera e il risarcimento dei danni) e quella avanzata in via riconvenzionale dal (OMISSIS) per conseguire il pagamento del saldo del compenso.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 481/2016 resa pubblica il 25.1.2016, ha accolto sia l’impugnazione della committente (sul rigetto della domanda risarcitoria) che quella incidentale dell’appaltatore (sul rigetto della domanda di pagamento del saldo) ed in riforma della decisione di primo grado ha condannato (OMISSIS) (erede dell’appaltatore deceduto in corso di causa) al pagamento della somma di Euro 17.930,83 oltre IVA, interessi e rivalutazione, a titolo di risarcimento danni in favore della committente (OMISSIS), che, a sua volta, e’ stata condannata a pagare la somma di Euro 3.683,37 per saldo compenso.

Per giungere a tale conclusione, la Corte territoriale ha osservato: – che l’intervento proposto dall’appaltatore appariva – secondo quanto accertato dal consulente nominato nel procedimento di accertamento tecnico preventivo – inidoneo ad eliminare i vizi dell’opera (le infiltrazioni d’acqua), rendendosi invece necessario il rifacimento dell’intera impermeabilizzazione del terrazzo;

– che di conseguenza spettava il risarcimento dei danni per la mancata esecuzione dei lavori a regola d’arte, quantificato, secondo la stima del consulente tecnico in Euro 14.852,76, somma inferiore a quella di Euro 18.039,84 indicata nelle due fatture prodotte dall’appellante ed aventi valore meramente indiziario;

– che le spese per il ripristino del soffitto e delle pareti dell’appartamento sottostante, ammontavano a Euro 5.542,40, ma l’importo doveva essere decurtato del 50% e quindi fissato in Euro 2.771,00 perche’ la parte danneggiata aveva omesso di adottare gli accorgimenti volti ad evitare l’aggravamento dei danni;

– che andava inoltre riconosciuto alla committente un rimborso di Euro 317,07 per il costo delle pratiche amministrative relative al rifacimento del terrazzo;

– che andava rigettata, per mancanza di prova, l’ulteriore domanda di risarcimento danni per i disagi abitativi;

– che spettava invece all’appaltatore il compenso per l’allaccio fognario nella misura di Euro 3.683,37 oltre interessi, trattandosi di lavori non attinenti al rifacimento del terrazzo e comunque eseguiti dal (OMISSIS), come comprovato dalle richieste della relativa fattura, avanzate per iscritto dalla committente, non potendosi riconoscere efficacia liberatoria agli assegni per Euro 27.000,00 riguardanti i lavori di rifacimento del terrazzo;

2. Contro tale sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di dieci motivi contrastati con controricorso dalla (OMISSIS).

Il Sostituto Procuratore Generale Dott. Alessandro Pepe ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento dell’ottavo motivo e il rigetto o assorbimento degli altri.

Le parti hanno depositato memorie.

Il vizio di ultrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 Preliminarmente, vanno esaminate le due eccezioni di inammissibilita’ del ricorso sollevate dalla controricorrente.

1.1.1 Si eccepisce innanzitutto l’inammissibilita’ per difetto di autosufficienza perche’ – a dire della controricorrente – manca la trascrizione della sentenza impugnata e delle risultanze probatorie di cui si lamenta la mancata o errata valutazione da parte della Corte d’Appello.

L’eccezione e’ infondata perche’, contrariamente a quanto si assume, il ricorso contiene tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimita’ in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessita’ di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa. L’errore in cui cade la controricorrente sta nel non considerare che il principio di autosufficienza e’ soddisfatto anche se le informazioni necessarie vengono fornite nel corpo dei motivi di ricorso.

1.1.2 Si eccepisce inoltre l’inammissibilita’ del ricorso per difetto di interesse ad agire, perche’ alla ricorrente e’ stata riconosciuta una somma maggiore rispetto a quella riportata nella dichiarazione di valore.

Anche tale eccezione e’ destituita di fondamento.Con l’atto di citazione introduttiva del giudizio di primo grado (riportato, per la parte di interesse, nello stesso controricorso a pag. 2) i danni “tutti” erano stati richiesti “nella misura che sarebbe stata provata in corso di causa” e quindi non vi era alcuna limitazione al quantum della pretesa, non potendosi di certo attribuire rilievo alla dichiarazione fatta – per ragioni esclusivamente fiscali (cfr. Sez. 2 -, Sentenza n. 9195 del 10/04/2017 Rv. 643738; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18732 del 22/09/2015 Rv. 636834; Sez. 2, Ordinanza n. 26988 del 20/12/2007 Rv. 601033) – al fine della corresponsione del contributo unificato.

1.1.3 Sempre preliminarmente, va rilevato che la sentenza impugnata per cassazione aveva formato oggetto anche di domanda di revocazione ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4, domanda respinta dalla Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 2756/2022 del 27.4.2022 (prodotta dalla ricorrente in allegato alla memoria).

1.1.4 Cio’ premesso, col primo di motivo di ricorso la (OMISSIS) denunzia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 111 Cost., articoli 112 e 115 c.p.c. – Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato – Ultra e/o extrapetizione; divieto di scienza privata del giudice; violazione del principio del contraddittorio. Si rimprovera alla Corte d’Appello di avere applicato la disposizione di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2, in assenza di eccezione di parte. Inoltre – sempre ad avviso della ricorrente – la Corte di merito avrebbe fatto uso della scienza privata nel ritenere che l’applicazione di teloni protettivi sul terrazzo da parte della committente avrebbero potuto limitare il danno da infiltrazioni d’acqua.

1.2 Col secondo motivo la (OMISSIS) denunzia la violazione degli articoli 1227 e 2697 c.c., nonche’ articoli 115 e 116 c.p.c. – Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, sub specie dell’articolo 1227 c.c., comma 2, in relazione al concetto di ordinaria diligenza e al principio di riparto dell’onere della prova: a dire della ricorrente, la Corte territoriale avrebbe riscontrato profili di colpevole inerzia in assenza di prova.

1.3 Col terzo motivo, si denunzia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonche’ dell’articolo 111 Cost., articoli 115, 116 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 2 e articolo 118 disp. att. c.p.c., la nullita’ della sentenza per mancanza di motivazione: la Corte d’Appello, nell’addebitare alla (OMISSIS) l’omessa sistemazione di teloni protettivi, si sarebbe discostata, senza fornire adeguata e logica motivazione, dalle valutazioni del consulente tecnico di parte e di quello di ufficio i quali non avevano mai ipotizzato la possibilita’ di interventi provvisori.

1.4 Col quarto motivo la ricorrente denunzia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti. Riferendosi sempre al ritenuto aggravamento del danno, la ricorrente rimprovera ai giudici di appello di non avere considerato l’inidoneita’ dei presidi provvisori evidenziata nelle due perizie giurate. Inoltre, avrebbe equivocato sui concetti di necessita’ e urgenza.

1.5 Col quinto motivo si denunzia violazione degli articoli 1226, 2697 e 2727 c.c., nonche’ articolo 115 c.p.c., nonche’ l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti.

Sostiene la ricorrente che la Corte d’Appello, nell’esaminare la domanda di danno da disagio abitativo, avrebbe dovuto considerare le condizioni di disagio determinate dalla presenza di muffa, macchie e polveri, facendo ricorso a anche presunzioni.

1.6 Col sesto motivo, relativo all’accoglimento dell’appello incidentale del (OMISSIS) sul pagamento del compenso, si denunzia la violazione dell’articolo 2697 c.c. (principio dell’onere della prova) e del principio di autoresponsabilita’ probatoria delle parti.

1.7 Col settimo motivo, sempre in relazione all’accoglimento dell’appello incidentale, la (OMISSIS) denunzia la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 111 Cost., nonche’ articoli 115 e 116 c.p.c.; violazione dei principi del contraddittorio, della disponibilita’ delle prove; di non contestazione dei fatti e della valutazione delle prove.

1.8 Con l’ottavo motivo la ricorrente denunzia la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 111 Cost., nonche’ articolo 2907 c.c., articoli 99 e 112 c.p.c.; violazione del principio della domanda, di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e del contraddittorio. Osserva al riguardo la ricorrente che l’appaltatore aveva domandato, per il saldo dei lavori al terrazzo, la somma di Euro 3.276,39 e per i lavori di allaccio dell’impianto di scarico alla fogna un compenso di Euro 405,98, mentre la Corte d’Appello ha liquidato per i lavori di allaccio fognario un importo di Euro 3.683,37, quasi decuplicando la somma richiesta dall’appaltatore, senza considerare che la somma di Euro 3.683,37 era comprensiva delle due differenti causali, adeguatamente descritte, cosi’ incorrendo nel vizio di ultrapetizione.

1.9 Col nono motivo la ricorrente denunzia la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione degli articoli 115, 116 c.p.c., articolo 134 c.p.c., comma 2, n. 4 (cosi’ testualmente, ndr). Violazione dell’obbligo di motivazione della sentenza. Motivazione perplessa e/o apparente e/o obiettivamente incomprensibile e/o contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili. Con il motivo in esame la ricorrente rimprovera alla Corte di merito una serie di errori motivazionali sul pagamento dei lavori, determinati dal mancato esame della documentazione acquisita e dal mancato utilizzo di tutti gli elementi di prova disponibili.

1.10 Col decimo ed ultimo motivo, infine, la ricorrente, dolendosi della compensazione delle spese, denunzia la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., nonche’ la nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e articolo 118 disp. att. c.p.c., per omessa motivazione.

2 Il quinto motivo – che attinge il rigetto della domanda di danni per disagio abitativo e che e’ opportuno esaminare con precedenza rispetto agli altri per esigenze espositive – e’ infondato.

In tema di scrutinio di legittimita’ del ragionamento sulle prove adottato del giudice di merito, la valutazione del materiale probatorio – in quanto destinata a risolversi nella scelta di uno (o piu’) tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova e’, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudicante – costituisce espressione della discrezionalita’ valutativa del giudice di merito ed e’ estranea ai compiti istituzionali della S.C. (con la conseguenza che, a seguito della riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non e’ denunciabile col ricorso per cassazione come vizio della decisione di merito), restando totalmente interdetta alle parti la possibilita’ di discutere, in sede di legittimita’, del modo attraverso il quale, nei gradi di merito, sono state compiute le predette valutazioni discrezionali (cfr. Sez. 3 -, Sentenza n. 37382 del 21/12/2022 Rv. 666679; sulle prerogative del giudice di merito nella valutazione delle prove cfr. anche Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014 Rv. 631448; Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014 Rv. 631330).

Quanto alla prova presuntiva, e’ incensurabile in sede di legittimita’ l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravita’ e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del giudice di legittimita’ circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. tra le tante, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 1234 del 17/01/2019 Rv. 652672; Sez. 3, Sentenza n. 8023 del 02/04/2009 Rv. 607382).

Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha ritenuto che la voce di danno per disagio abitativo e’ “assolutamente indeterminata sotto il profilo assertivo ed e’ anche priva di supporti probatori” (v. pag. 9 sentenza).

La motivazione, seppur succinta, esiste e dunque non e’ sindacabile ne’ sotto il profilo del mancato ricorso a presunzioni, ne’ sotto il profilo della adeguatezza motivazionale, anche perche’ il vizio di motivazione e’ stato espunto dal novero di quelli denunziabili in sede di legittimita’ per espressa volonta’ del legislatore che ha riformato il testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3 Passando all’esame degli altri motivi, il primo di essi e’ fondato, con riferimento alla dedotta violazione dell’articolo 1227 c.c., comma 2, norma applicata in assenza di eccezione di parte.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di risarcimento del danno, l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (di cui dell’articolo 1227 c.c., comma 1) va distinta da quella (disciplinata dal comma 2 della medesima norma) riferibile ad un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione, giacche’ – mentre nel primo caso il giudice deve procedere d’ufficio all’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso – la seconda di tali situazioni forma oggetto di un’ eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 19218 del 19/07/2018 Rv. 649740; Sez. 3, Sentenza n. 12714 del 25/05/2010 Rv. 613017; nello stesso senso, v. Sez. 3, Sentenza n. 15750 del 27/07/2015 Rv. 636176).

Nel caso in esame, e’ pacifico che la cattiva impermeabilizzazione del terrazzo, causa di infiltrazioni negli ambienti sottostanti, era dovuta esclusivamente alla cattiva esecuzione dell’appalto e non anche ad un concorso di colpa della committente. Del resto, la Corte d’Appello, a pagina 9 della sentenza, si e’ limitata a rimproverare alla committente (OMISSIS) “di non avere adottato nessun accorgimento provvisorio (quale stesura di teloni impermeabili) atti ad evitare l’aggravamento dei danni nelle more dell’affidamento dei lavori ad altra ditta; ovvero nel lasso di tempo di circa dodici mesi…..”. La Corte di merito ha pertanto ritenuto, in applicazione dell’articolo 1227 c.c., di liquidare il risarcimento dei danni all’appartamento sottostante nella misura del 50%, sul rilievo che le iniziali infiltrazioni avevano interessato solo due dei quattro locali.Da tale passaggio argomentativo emerge con chiarezza che la Corte d’Appello ha reputato che il danno derivante dalle infiltrazioni sia stato aggravato dal comportamento omissivo della (OMISSIS), che aveva tralasciato di applicare, come accorgimento provvisorio, i teloni protettivi in attesa dell’esecuzione degli interventi di riparazione definitiva. Il richiamo all’articolo 1227 c.c., va dunque senz’altro inteso come riferito al comma 2.

Ed allora, la Corte d’Appello, prima di operare la riduzione prevista dalla citata norma, avrebbe dovuto verificare – in applicazione del citato principio – se il debitore (cioe’ l’appaltatore (OMISSIS)) avesse sollevato una specifica eccezione di aggravamento del danno da parte della parte creditrice ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 2, ma non lo ha fatto, essendosi limitata a consultare la sentenza primo grado, piuttosto che la comparsa di costituzione del convenuto o l’eventuale memoria depositata almeno 20 giorni prima dell’udienza di trattazione secondo quanto disposto dall’articolo 180 c.p.c., nel testo in vigore ratione temporis (trattandosi di giudizio promosso nel 2001). Solo questi, infatti, erano gli atti di causa (cfr. articoli 167 e 180 c.p.c., sempre nelle versioni applicabili ratione temporis) ove poteva rinvenirsi la tempestiva proposizione dell’eccezione di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2, non rilevabile di ufficio.

Si rende necessario nuovo esame per verificare la rituale formulazione dell’eccezione ex articolo 1227 c.c., comma 2, con logico assorbimento di tutti i motivi collegati al tema dell’aggravamento del danno (secondo, terzo e quarto).

4 Fondato e’ anche l’ottavo motivo, relativo al vizio di ultrapetizione in relazione alla domanda riconvenzionale di pagamento del compenso per i lavori di allaccio dello scarico all’impianto fognario.

Come e’ noto, il vizio di ultrapetizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalla parti ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato (tra le tante, Sez. 2, Ordinanza n. 11304 del 10/05/2018 Rv. 648099; Sez. 3, Sentenza n. 6945 del 22/03/2007 Rv. 595963).

Nel caso in esame, la Corte d’Appello ha accolto la domanda riconvenzionale di compenso per l’allaccio all’impianto fognario nella misura di Euro 3.683,37, mentre per tale lavoro il (OMISSIS) aveva domandato un compenso di Euro 405,98 (cfr. comparsa di costituzione (OMISSIS) pag. 3).

Il vizio di ultrapetizione sussiste, perche’ la maggior somma considerata dalla Corte d’Appello era – a ben vedere – comprensiva anche di un’altra voce di compenso, quella relativa al saldo dei lavori al terrazzo, che pero’ la stessa Corte aveva ritenuto non dovuto, avendo accertato che i lavori di allaccio fognario esulavano dal contratto relativo ai lavori di manutenzione del terrazzo e che gli assegni circolari emessi dalla (OMISSIS) per 27.000.000 di vecchie Lire valevano “esclusivamente a coprire la somma convenuta per il rifacimento del terrazzo” (cfr. pag. 10 sentenza).

L’error in procedendo dovuto all’attribuzione di una somma maggiore comporta la cassazione della sentenza anche sotto tale profilo.

Restano logicamente assorbiti il sesto, il settimo e il nono motivo, che ruotano tutti sul costo di allacciamento fognario.

L’esito del giudizio di legittimita’ comporta logicamente l’assorbimento anche del motivo sulle spese di lite (il decimo).

La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

la Corte rigetta il quinto motivo di ricorso, accoglie il primo e l’ottavo motivo, e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *