Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 34530.
Il proprietario e le opere di escavazione risponde direttamente del danno anche se l’esecuzione dei lavori è stata data in appalto
Il proprietario che fa eseguire opere di escavazione nel suo fondo risponde, ex art. 840 c.c., direttamente del danno che esse causano al fondo confinante, anche se l’esecuzione dei lavori è stata data in appalto e, dunque, indipendentemente dal suo diritto di rivalsa nei confronti dell’appaltatore, la cui responsabilità verso i terzi danneggiati può eventualmente aggiungersi alla sua, ma non sostituirla od eliminarla.
Ordinanza|| n. 34530. Il proprietario e le opere di escavazione risponde direttamente del danno anche se l’esecuzione dei lavori è stata data in appalto
Data udienza 27 novembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave:Appalto (contratto di) – Responsabilita’ – Del committente danni a terzi derivanti da attività di escavazione – Responsabilità del proprietario del fondo – Sussistenza – Appalto per l’esecuzione dei lavori – Diritto di rivalsa nei confronti dell’appaltatore – Rilevanza – Esclusione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25699/2020 R.G. proposto da:
Societa’ (OMISSIS) a r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), (p.e.c. indicata: (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
Condominio (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avv. (OMISSIS), (p.e.c. indicata: (OMISSIS));
– controricorrenti –
e nei confronti di:
(OMISSIS), e (OMISSIS) S.n.c.;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona, n. 1815/2019 depositata il 24 dicembre 2019;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27 novembre 2023 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.
Il proprietario e le opere di escavazione risponde direttamente del danno anche se l’esecuzione dei lavori è stata data in appalto
RILEVATO
che:
il Condominio (OMISSIS) e i condomini (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio la Societa’ (OMISSIS) a r.l. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni cagionati agli immobili di loro rispettiva proprieta’ dai lavori di sbancamento su un terreno adiacente all’edificio del condominio (OMISSIS), a valle dello stesso, nella parte prospiciente la strada condominiale che conduce ai box auto, finalizzati alla costruzione di un edificio condominiale;
la cooperativa resistette alla domanda eccependo l’esclusiva responsabilita’ della (OMISSIS) S.n.c., impresa edile cui detti lavori erano stati affidati in appalto, che chiese pertanto e ottenne di poter chiamare in causa, anche al fine, in subordine, di esserne manlevata; insto’ inoltre, in via riconvenzionale, per la condanna del Condominio (OMISSIS) al rimborso, pro quota, delle spese sostenute per la realizzazione di un muro di contenimento, reso necessario dallo smottamento dell’ammasso di terra incautamente accumulata dal Condominio al fine di rendere pianeggiante il declivio su cui poggiava il fabbricato e realizzare la strada di accesso ai box;
espletata c.t.u. il Tribunale, nella contumacia della impresa chiamata in causa, pronuncio’ sentenza (n. 1124 del 2014) con la quale, in accoglimento della domanda principale, condanno’ la soc. coop. convenuta al risarcimento dei danni, come stimati dall’ausiliario;
pronunciando sul gravame interposto dalla societa’, che si doleva della omessa pronuncia sulle domande riconvenzionali, la Corte d’appello di Ancona, con la sentenza in epigrafe, ritenuto effettivamente sussistente il dedotto vizio di omessa pronuncia del primo giudice sulle domande riconvenzionali della cooperativa, ma ritenuta altresi’ l’infondatezza delle stesse: a) ha dichiarato la nullita’ della prima sentenza; b) decidendo nel merito, ha accolto la domanda del Condominio condannando la soc. coop. al risarcimento dei danni come gia’ quantificati in primo grado ed ha rigettato sia la domanda di manleva da questa avanzata nei confronti della (OMISSIS) s.n.c., sia la domanda riconvenzionale proposta nei confronti del condominio;
quanto alla prima di dette domande ha osservato in motivazione che:
– la cooperativa committente, in quanto proprietaria della cosa data in appalto, per andare esente da responsabilita’ nei confronti del danneggiato, non avrebbe dovuto limitarsi a provare la stipulazione del contratto di appalto ma avrebbe dovuto provare che il fatto e’ dipeso esclusivamente dall’appaltatore, prova che non ha fornito;
– la lettura del contratto di appalto, in particolare delle clausole di cui agli articoli 9 e 10, consente di affermare che l’appaltatore non avesse – in verita’ – completa autonomia nell’esecuzione dei lavori, in ragione del fatto che si era contrattualmente vincolato ai progetti esecutivi delle opere forniti dalla committente, era stato specificatamente onerato di osservare le prescrizioni di progetto e di agire in conformita’ sia ai disegni di progetto che agli ordini, anche verbali, che la committente si riservo’ di impartire di volta in volta durante l’esecuzione dei lavori, la cui mancanza, infine, non avrebbe potuto essere invocata dall’appaltatore per giustificare opere o forniture compiute a sua discrezione, essendosi specificatamente obbligato a richiedere tempestivamente tali istruzioni;
– ne deriva che, non avendo provato di aver impartito prescrizioni che non sono state osservate dall’appaltatore, oppure di non averle impartite perche’ l’appaltatore non le ha richieste ed ha agito autonomamente, non ha fornito quella prova liberatoria che consente di imputare il danno al fatto dell’appaltatore, quale fatto del terzo che la committente non poteva prevedere e/o impedire;
il rigetto dell’altra domanda riconvenzionale e’ poi giustificato in motivazione sul duplice rilievo che:
– l’articolo 887 c.c., si applica quando il dislivello tra i fondi confinanti abbia un’origine naturale (Cass. n. 3674 del 1999) e non quando sia stato creato artificialmente da uno dei due confinanti, come nel caso di specie, atteso che la Cooperativa convenuta ha sempre sostenuto che il Condominio attore avesse innalzato artificialmente di circa tre metri la quota del lotto di sua proprieta’;
– la domanda riconvenzionale avrebbe meritato il rigetto anche nel caso in cui il dislivello tra i fondi avesse avuto un’origine naturale, in ragione del fatto che il muro, secondo l’articolo 887 c.c., comma 2, avrebbe dovuto trovarsi per meta’ sul terreno del fondo inferiore e per meta’ sul terreno del fondo superiore, mentre nel caso di specie la cooperativa ha ammesso di averlo costruito non sul confine ma a 150 cm dallo stesso, ovvero all’interno della sua proprieta’;
per la cassazione di tale sentenza la Societa’ (OMISSIS) a r.l. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resistono, depositando controricorso, il Condominio (OMISSIS) ed i condomini (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);
gli altri intimati non svolgono difese nella presente sede;
il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Il proprietario e le opere di escavazione risponde direttamente del danno anche se l’esecuzione dei lavori è stata data in appalto
CONSIDERATO
che:
e’ opportuno preliminarmente rilevare che la declaratoria di nullita’ della sentenza di primo grado, per quanto erroneamente giustificata dal rilevato vizio di omessa pronuncia sulle domande riconvenzionali della societa’ convenuta (vizio che, in quanto denunciato, poteva condurre solo all’esame in appello di quelle domande e alla correlata riforma della prima sentenza, non certo al suo integrale annullamento), non e’ stata in se’ fatta segno di alcun motivo di impugnazione e di essa pertanto non resta, in questa sede, che prendere atto, anche ai fini del regolamento delle spese;
con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c., in relazione alla domanda di manleva proposta dalla (OMISSIS) a r.l.”;
questi in sintesi gli argomenti di critica: la responsabilita’ doveva essere imputata all’impresa esecutrice ex articolo 2043 c.c., in virtu’ degli ordinari canoni della responsabilita’ aquiliana; nell’ipotesi considerata e’ normalmente inconfigurabile una responsabilita’ ex articolo 2049 c.c., del committente, in virtu’ dell’autonomia gestionale riconosciuta all’appaltatore derivante dal carattere autonomo dell’attivita’ di quest’ultimo, salvi i casi di ingerenza del committente nell’attivita’ ovvero di violazione da parte di quest’ultimo di specifici obblighi di vigilanza, circostanze queste tuttavia la cui allegazione e dimostrazione incombono in capo al danneggiato; nel caso di specie, non sussiste alcuna deduzione e dimostrazione da parte degli odierni resistenti che la Cooperativa si sia ingerita nell’attivita’ con specifiche direttive che hanno limitato l’autonomia dell’appaltatore; non si trattava di difetti o carenze o errori derivanti dagli elaborati progettuali e/o del contratto di appalto, ne’ determinato dalla cosa oggetto dell’appalto (essendo stata individuata la causa dei danni nel cedimento provocato dai lavori di escavazione senza l’apposizione di sostegni provvisori), ma di uno specifico errore commesso dall’appaltatrice nell’esecuzione del contratto di appalto; in ogni caso, secondo la piu’ recente giurisprudenza di legittimita’, l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, e’ obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bonta’ del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, puo’ andare esente da responsabilita’ soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo: nella fattispecie la societa’ (OMISSIS) s.n.c. non soltanto non ha mai contestato la domanda dell’appellante nei suoi confronti ed ha soltanto tardivamente ed inammissibilmente eccepito di non avere avuto alcuna autonomia nella esecuzione dei lavori in questione, ma non ha mai neanche dedotto ne’ dimostrato di avere manifestato alla (OMISSIS) il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo;
con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., e degli articoli 2041 e 2042 c.c., in merito alla domanda riconvenzionale proposta dalla Societa’ (OMISSIS) a r.l. nei confronti del Condominio (OMISSIS)”;
rileva che “la domanda era fondata non sull’articolo 887 c.c. (seppure erroneamente citato), ma sul fatto che il Condominio (OMISSIS) aveva realizzato il suo fabbricato su un terreno naturalmente declive il cui andamento era stato artificialmente mutato dallo stesso appellato che vi aveva riportato, incautamente e senza previamente realizzare dispositivi di consolidamento, una quantitativo di terra al fine di realizzare la strada di accesso ai box per cui, per rimediare a tale situazione, aveva dovuto realizzare un muro di contenimento di costo maggiore rispetto a quello che avrebbe costruito qualora l’andamento della scarpata non fosse stato mutato dal resistente;
soggiunge che, per tal motivo, aveva chiesto la nomina di c.t.u. anche al fine di stimare la differenza tra le caratteristiche del muro realizzato e di quello che sarebbe stato sufficiente realizzare se non si fosse dovuto provvedere a contenere lo smottamento della scarpata di terreno di riporto non consolidato;
argomenta che, in tal modo, aveva dimostrato di aver proposto (al di la’ della qualificazione giuridica dedotta) una azione di arricchimento senza causa nei confronti del Condominio (OMISSIS), essendo evidente lo scopo di richiedere una compartecipazione alle spese di realizzazione a fronte di un vantaggio patrimoniale certamente ottenuto dal resistente;
il primo motivo e’ parzialmente fondato, nei termini appresso precisati;
giova rilevare anzitutto che, benche’ la rubrica riferisca la doglianza solo al (rigetto de) la domanda di manleva, nella successiva illustrazione la ricorrente sembra in realta’ dolersi anche della ritenuta sua responsabilita’ risarcitoria nei confronti del condominio;
per tale parte il motivo si appalesa infondato;
costituisce invero jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione che il proprietario che fa eseguire nel suo fondo opere di escavazione, risponde, ex articolo 840 c.c., direttamente del danno che a causa di essi sia derivato al fondo confinante, anche se l’esecuzione dei lavori sia stata data in appalto, e dunque indipendentemente dal suo diritto ad ottenere la rivalsa nei confronti dell’appaltatore la cui responsabilita’ verso i terzi danneggiati puo’ eventualmente aggiungersi alla sua, ma non sostituirla od eliminarla (v. e pluribus Cass. n. 10131 del 2015; n. 5278 del 2008; n. 6104 del 2006; n. 1954 del 2003; n. 4577 del 1998);
nella parte in cui e’ riferita al rigetto della domanda di rivalsa nei confronti dell’impresa appaltatrice la censura e’ invece fondata;
secondo consolidato indirizzo, perche’ l’appaltatore sia degradato a nudus minister del committente (o del progettista/direttore dei lavori) e’ necessario che il committente, da lui reso edotto di eventuali carenze ed errori di progettazione, gli richieda di dare egualmente esecuzione al progetto (Cass. 15/06/2018, n. 15732);
sull’appaltatore incombe, infatti, l’obbligo di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, quello di controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bonta’ del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, puo’ andare esente da responsabilita’ soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo (Cass. 09/10/2017, n. 23594);
nella specie mancando la prova che l’appaltatore avesse riferito al committente che l’esecuzione dell’opera non rispettava le regole della tecnica o che non era conforme al progetto la responsabilita’ dell’appaltatore non poteva essere esclusa;
la decisione della Corte d’appello, non conformandosi a tale principio, e’ incorsa nel denunciato vizio di sussunzione e va pertanto sul punto cassata;
il secondo motivo e’ inammissibile, sotto diversi profili;
anzitutto per l’evidente inosservanza dell’onere di specifica indicazione degli atti richiamati, in violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, non essendo riportato il contenuto della domanda introduttiva nella parte che interessa, ne’ essendo la stessa puntualmente localizzata nel fascicolo di causa, secondo quanto prescritto dall’articolo 369 c.p.c., n. 2;
in ogni caso e’ dirimente rilevare, come da consolidato indirizzo di questa Corte, che “l’azione generale di indebito arricchimento ha natura complementare e sussidiaria, potendo essere esercitata quando manchi un titolo specifico sul quale possa essere fondato un diritto di credito talche’ si differenzia da ogni altra azione sia per presupposti che per limiti oggettivi, con la conseguenza che deve essere proposta in modo specifico senza alcuna possibilita’ per il giudice di sostituirla ex officio ad altra, proposta per un titolo creditorio, che egli ritenga per qualsiasi ragione inefficace” (Cass. n. 1738 del 09/03/1983); siffatta specificita’ del titolo dell’azione di indebito arricchimento, in altre parole, fa si’ che la questione della sua individuazione esorbiti dai limiti della mera qualificazione della domanda originariamente formulata, ed esclude che essa azione si possa ritenere proposta, per implicito, in una domanda fondata su altro titolo (Cass. 01/06/1992, n. 6612; v. anche, ex multis, Cass. del 25/03/1995, n. 3496; 04/03/1997, n. 1881);
in parziale accoglimento, dunque, del solo primo motivo la sentenza impugnata va cassata;
non essendo necessari ulteriori accertamenti la causa puo’ essere decisa nel merito ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 2, con la condanna della (OMISSIS) S.n.c. a tenere indenne la Societa’ (OMISSIS) a r.l. di quanto la stessa e’ tenuta a pagare agli altri controricorrenti ed all’intimata (OMISSIS) in esecuzione della sentenza d’appello;
avuto riguardo al solo parziale accoglimento del ricorso ed alla peculiarita’ della fattispecie si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione delle spese tra tutte le parti.
Il proprietario e le opere di escavazione risponde direttamente del danno anche se l’esecuzione dei lavori è stata data in appalto
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione; dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; decidendo nel merito, condanna l’ (OMISSIS) S.n.c. a tenere indenne la Societa’ (OMISSIS) a r.l. di quanto la stessa e’ tenuta a pagare agli altri controricorrenti ed all’intimata (OMISSIS) in esecuzione della sentenza d’appello. Compensa integralmente tra le parti le spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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