Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 18 aprile 2016, n. 7685

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18586/2013 proposto da:

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L., C.F. (OMISSIS);

– intimata –

Nonche’ da:

(OMISSIS) S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

controricorrente al ricorso incidentale u’

avverso la sentenza n. 54/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 29/01/2013 r.g.n. 1734/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/02/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Cosenza dichiarava illegittimo il licenziamento per giusta causa irrogato a (OMISSIS) da (OMISSIS) s.r.l. in data 26.4.2006, ordinandone la reintegra nel posto di lavoro con condanna della societa’ al risarcimento del danno L. n. 300 del 1970, ex articolo 18, oltre al pagamento di altre somme a titolo di lavoro notturno e festivo, mancata fruizione del riposo settimanale e lavoro straordinario.

Riteneva il primo giudice intempestivo il recesso, in quanto intimato a distanza di quasi tre anni dalla conoscenza del fatto contestato ed inoltre non sorretto da giusta causa, non ritenendo il fatto contestato (arbitrare una partita di calcio durante l’assenza per malattia il 25.5.2003) integrare l’ipotesi di giusta causa o giustificato motivo di licenziamento.

Avverso tale sentenza proponeva appello la societa’, lamentandone l’erroneita’ e la mancata considerazione che il (OMISSIS), in quanto imputato, per il fatto contestato, del reato previsto dall’articolo 640 c.p., sarebbe andato incontro alla sospensione del titolo di polizia sino alla completa definizione del processo, con impossibilita’ di svolgere il suo lavoro di guardia particolare giurata, con la conseguenza che non avrebbe avuto diritto alla retribuzione dal maggio 2006.

Lamentava inoltre la mancata detrazione dell’aliunde perceptum dal risarcimento del danno riconosciuto al lavoratore, oltre alla insussistenza delle differenze retributive riconosciute dal Tribunale.

Radicatosi il contraddittorio, la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 29 gennaio 2013, accoglieva parzialmente il gravame, riducendo dell’importo di Euro 52.766,00 il danno spettante al (OMISSIS) per effetto dell’illegittimo licenziamento, confermando per il resto la sentenza impugnata.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il (OMISSIS), affidato ad unico motivo.

Resiste (OMISSIS) s.r.l. con controricorso, contenente ricorso incidentale, affidato a due motivi, poi illustrati con memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Debbono pregiudizialmente riunirsi i ricorsi siccome proposti avverso la medesima sentenza.

1.- Il (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1223 c.c. sotto il profilo della falsa applicazione del principio della “compensato lucri cum damno” (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Lamenta che la sentenza impugnata ritenne di dover ridurre il risarcimento del danno, spettantegli in conseguenza della dichiarata illegittimita’ del licenziamento, per effetto di quanto successivamente percepito quale corrispettivo di attivita’ lavorativa svolta presso terzi. Deduce che dall’estratto contributivo acquisito dall’INPS su ordine della Corte d’appello, risultava che l’attivita’ di collaborazione svolta per la societa’ (OMISSIS) era iniziata ben prima del 26.4.2006 (data del licenziamento), ed esattamente nel 2004, sicche’ i relativi redditi non potevano considerarsi conseguenza immediata e diretta dell’illegittimo licenziamento.

Il motivo e’ fondato.

Deve infatti rimarcarsi che il principio della “compensatio lucri cum damno” trova applicazione solo quando il lucro sia conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto illecito che ha prodotto il danno, non potendo il lucro compensarsi con il danno se trae la sua fonte da titolo diverso (Cass. n. 12248/13, Cass. n. 4146 /11, Cass. n. 4950/2010, Cass. n. 18837/10, Cass. n. 7453/2010). Ne deriva che in tema di licenziamento individuale, il compenso per lavoro subordinato o autonomo – che il lavoratore percepisca durante il periodo intercorrente tra il proprio licenziamento e la sentenza di annullamento relativa (cosiddetto periodo intermedio) – non comporta la riduzione corrispondente (sia pure limitatamente alla parte che eccede le cinque mensilita’ di retribuzione globale) del risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, se – e nei limiti in cui – quel lavoro risulti, comunque, compatibile con la prosecuzione contestuale della prestazione lavorativa sospesa a seguito del licenziamento, come deve ritenersi nel caso, come quello di specie, in cui il lavoro medesimo risulti gia’ svolto, prima del licenziamento, congiuntamente alla prestazione lavorativa di fatto interrotta. Inversamente puo’ affermarsi che ogni volta che si affermi il diritto al ripristino del rapporto di lavoro, al lavoratore spetta un risarcimento commisurato alle retribuzioni non percepite, ma dal suddetto importo sono deducibili i ricavi che sarebbero stati incompatibili con la prosecuzione della prestazione lavorativa e resi possibili, quindi, solo dalla sua interruzione” (cfr. Cass. n. 1725/14, Cass. sez. un., 22 marzo 1995, n. 3319; Cass. 3 novembre 2000, n. 14387).

Nella specie dall’estratto contributivo INPS, che la stessa Corte di merito afferma di aver esaminato, risulta che la collaborazione del (OMISSIS) con la societa’ (OMISSIS) sussisteva sin dal 2004, e dunque in costanza di rapporto di lavoro con la s.r.l. (OMISSIS). Al fine di valutare la compatibilita’ di tale collaborazione e relativi redditi, con la prosecuzione contestuale della prestazione lavorativa, sospesa a seguito del licenziamento, nonche’ l’incremento di tali redditi (conseguiti per l’attivita’ di collaborazione con la societa’ (OMISSIS)) a partire dal 2006, la sentenza impugnata deve cassarsi con rinvio.

2.- Venendo pertanto all’esame del ricorso incidentale, si osserva.

Con il primo la societa’ denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, articolo 7, commi 3 e 4; degli articoli 2119, 1175, 1375 e 2697 c.c., oltre ad omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

Lamenta che la sentenza impugnata confermo’ il giudizio di intempestivita’ del licenziamento sulla base di una erronea ricostruzione dei fatti, e precisamente che l’azienda, pur a conoscenza del fatto contestato, non era a conoscenza del giudizio penale a carico del (OMISSIS) sicche’ risultava infondata la deduzione che la societa’ avrebbe dovuto attendere notizie emergenti dal procedimento penale per acquisire esattamente le generalita’ del (OMISSIS); che in ogni caso l’azienda, venuta certamente a conoscenza che un tal (OMISSIS) di Cosenza aveva arbitrato la partita di calcio in questione, avrebbe potuto interpellare il suo dipendente per ottenere informazioni, ovvero comunque richiedere all’Ispettorato del lavoro informazioni circa la denuncia ad esso presentata dalla societa’ al riguardo.

Si duole che il principio di immediatezza della contestazione deve intendersi in senso relativo, essendo consentito al datore di lavoro di acquisire tutti i dati sufficienti per formulare una precisa contestazione disciplinare al dipendente; che d’altro canto e’ pacifico che le indagini datoriali non debbano essere precedute da una contestazione (che presuppone l’accertamento dei fatti e l’individuazione del soggetto cui attribuirli); che nella specie l’azienda si era prontamente attivata (dopo il 26.5.03, allorquando era venuta a conoscenza dai giornali locali che “un tal (OMISSIS) da Cosenza” aveva arbitrato una partita di calcio il 25.5.03), chiedendo notizie alla F.I.G.C. ed all’associazione italiana arbitri, con esito negativo; presentando un esposto all’Ispettorato del lavoro di Cosenza, ottenendo sufficienti informazioni solo a seguito della notifica del decreto penale di condanna (del 16 aprile 2006), procedimento iniziato a seguito della denuncia da parte dell’Ispettorato che aveva accertato che il (OMISSIS) impegnato nell’arbitraggio era la stessa persona alle dipendenze della societa’ ” (OMISSIS)”. Lamenta, pertanto che nella specie solo dal 2006 l’azienda era a conoscenza dei fatti necessari per formulare una precisa contestazione disciplinare.

Sotto un diverso profilo lamenta che il presunto ritardo della contestazione non aveva in alcun modo leso il diritto di difesa del lavoratore, sicche’ la contestazione in questione doveva ritenersi senz’altro legittima.

3.- Con il secondo motivo la societa’ denuncia una omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonche’ il travisamento dei fatti, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ordine al riconoscimento di compensi per presunti riposi settimanali non goduti e per lavoro straordinario.

4.- Deve preliminarmente respingersi l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso incidentale, sollevata dal (OMISSIS) nel controricorso per non avere la societa’ prodotto i documenti su cui ha basato l’impugnazione, pur avendone indicata l’ubicazione processuale, avendo le sezioni unite di questa Corte chiarito che tale indicazione e’ sufficiente ad escludere la violazione dell’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726).

5.- Nel merito i motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione, sono inammissibili posto: a) che la denunciata violazione di norme di diritto si risolve nella denuncia di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa (afferente la tipica valutazione del giudice di merito), e dunque in un vizio motivo (Cass. n. 16698/10, Cass. n. 7394 /10); b) che tale vizio viene formulato nel vigore del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che circoscrive, per le sentenze impugnate pubblicate dall’11 settembre 2012, il vizio di motivazione all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori o la contestata valutazione delle circostanze di causa non integra di per se’ vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. sez. un. 22 settembre 2014 n. 19881; per l’applicazione di tale principio in tema di licenziamento disciplinare, cfr. Cass. 9.7.2015 n. 14324).

Nella specie il fatto storico decisivo e’ stato ampiamente esaminato dalla sentenza impugnata (la tardivita’ della contestazione rispetto alla conoscenza o conoscibilita’ del fatto, evidenziando che anche dopo le richieste agli organi sportivi ed alla denuncia alla DPL, l’azienda rimase inerte per circa due anni), mentre l’assenza di pregiudizi nel diritto di difesa non risulta proposta in sede di merito, ne’ la ricorrente chiarisce quando, in quale atto ed in quali termini la questione sarebbe stata sollevata.

6.- In conclusione deve rigettarsi il ricorso incidentale ed accogliersi quello principale. La sentenza impugnata deve dunque cassarsi In relazione al ricorso accolto, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, il quale provvedera’, oltre che alla regolamentazione delle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimita’, ad una nuova valutazione dell’aliunde perceptum in conformita’ ai principi sopra stabiliti, ed in particolare la compatibilita’ dei redditi percepiti dal (OMISSIS) dalla societa’ (OMISSIS) con la prosecuzione della prestazione lavorativa sospesa a seguito del licenziamento, nonche’ il rilievo, per i fini in parola, dell’incremento di tali redditi a partire dal 2006.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso incidentale ed accoglie il ricorso principale Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Salerno.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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