Il passaggio di un bene da demanio pubblico al patrimonio disponibile dello Stato

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, Sentenza 7 aprile 2020, n. 7739.

La massima estrapolata:

Il passaggio di un bene da demanio pubblico al patrimonio disponibile dello Stato consegue direttamente al realizzarsi del fatto della perdita della destinazione pubblica, cosiddetta desmanializzazione tacita, locuzione che evidenzia come la declassificazione prescinde dal provvedimento dell’autorità amministrativa avendo tale provvedimento natura esclusivamente dichiarativa ovvero soltanto ricognitiva della perdita della destinazione ad uso pubblico del bene. (Nella specie la S.C. ha rigettato il ricorso, in quanto il TSA non è incorso in alcuna violazione di legge ritenendo che la concessione della costruzione di un edificio su un’area non abbia dato luogo di per sé alla perdita della destinazione ad uso pubblico dell’area stessa così come le opere realizzate sulla stessa, seppure consentite, abbiano fatto venire meno il carattere pubblico dell’uso).

Sentenza 7 aprile 2020, n. 7739

Data udienza 25 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Acque pubbliche – Tsap – Contenzioso – Area demaniale – Sdemanializzazione tacita – Configurabilità – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez.

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez.

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 6865/2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DEL DEMANIO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 189/2018 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 22/11/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/02/2020 dal Consigliere Dott. ERNESTINO LUIGI BRUSCHETTA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con l’impugnata sentenza, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, respinto l’appello principale di (OMISSIS), confermava la decisione del Tribunale Regionale che aveva rigettato l’originaria domanda, formulata dal medesimo (OMISSIS), di accertamento della natura non piu’ demaniale dell’area sulla quale era stato eretto un “edificio razionalista”, gia’ sede della ” (OMISSIS)”, affacciante sul lago di (OMISSIS); inoltre, con il rigetto dell’appello principale, il TSAP riteneva assorbito l’appello incidentale proposto dall’Agenzia del Demanio, che sin dall’inizio aveva chiesto la declaratoria di inammissibilita’ dell’avversaria domanda per mancanza di interesse processuale, in thesi perche’ la stessa era intesa ad ottenere un mero accertamento fattuale.
2. Il TSAP, dopo aver ricordato che l’area in discussione era stata oggetto di rilascio di concessione nell’anno 1927, reputava che detto provvedimento non potesse costituire “equipollente” di un atto di sdemanializzazione, sia perche’ lo stesso non rispettava le rigorose forme stabilite dal Regio Decreto 1 dicembre 1895, n. 726, articolo 23, sia perche’ le opere dovevano essere considerate precarie ai sensi del Regio Decreto n. 726 cit., articolo 47, disposizione che prevedeva la rimessa in pristino stato allo scadere del diritto concessorio; ma, “soprattutto”, cosi’ il TSAP, perche’ doveva ritenersi che una “sdemanializzazione tacita” dell’area avrebbe potuto riconoscersi soltanto per effetto di atti incompatibili con la volonta’ dell’amministrazione di conservarne la destinazione ad uso pubblico, ma che tale non poteva essere considerato l’atto di assenso alla realizzazione sulla stessa di opere utilizzabili per scopi privati.
3. (OMISSIS) ricorreva per un unico complesso motivo, anche illustrato da memoria; l’Agenzia demaniale restava intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente, con il suo unico articolato motivo, denunciata la violazione dell’articolo 429 c.c. del 1895, Regio Decreto 25 luglio 1904, n. 523, articoli 96 e 97, in generale del Regio Decreto 1 dicembre 1895, n. 726, lamentava l’eccentricita’ della motivazione del TSAP, atteso che oggetto della ricognizione giudiziale non doveva essere una “tacita sdemanializzazione” dell’area, cioe’ il passaggio di un bene dal demanio al patrimonio disponibile dello Stato in assenza del formale provvedimento di declassificazione previsto dall’articolo 829 c.c. del 1942; diversamente, spiegava il (OMISSIS), quello che il TSAP avrebbe dovuto decidere era il passaggio dell’area da bene demaniale a patrimonio disponibile dello Stato secondo le regole di cui all’anteriore articolo 429 c.c. del 1865, applicabile ratione temporis perche’ la concessione era stata rilasciata nell’anno 1927, cioe’ in epoca precedente a quella dell’entrata in vigore del codice civile del 1942; articolo 429 c.c. del 1865 che, continuava il (OMISSIS), per il passaggio di un bene demaniale al patrimonio disponibile dello Stato, non richiedeva alcun formale provvedimento di declassificazione, come invece in attualita’ era previsto dall’articolo 829 c.c. del 1942, ma subordinava il passaggio del bene pubblico al patrimonio disponibile dello Stato, al semplice verificarsi del fatto obbiettivo della cessazione della destinazione pubblica dei beni; un fatto che, pero’, erroneamente il TSAP non aveva accertato, avendo appunto frainteso la domanda nei termini precedentemente esposti.
1.1. Il motivo e’ inammissibile; deve essere chiarito che l’articolo 829 c.c. del 1942, si pone in continuita’ con l’antecedente rappresentato dall’articolo 429 c.c. del 1865; e, questo, nel senso che il primo prevede che il passaggio di un bene dal demanio pubblico al patrimonio disponibile dello Stato puo’ essere semplicemente dichiarato dall’autorita’ amministrativa, con cio’ riconoscendo espressamente al provvedimento di declassificazione natura esclusivamente dichiarativa, cioe’ soltanto ricognitiva della perdita della destinazione ad uso pubblico del bene (Cass. sez. I n. 12555 del 2013; Cass. sez. II n. 10817); ricavandosi, da questo, la pacifica conclusione che il passaggio del bene pubblico al patrimonio disponibile dello Stato consegue direttamente al realizzarsi del fatto della perdita della destinazione pubblica del bene, cosiddetta sdemanializzazione tacita, locuzione che evidenzia come la declassificazione prescinde dal provvedimento dell’autorita’ amministrativa, diversamente da quanto invece previsto dall’articolo 35 c.n., per il demanio marittimo e dall’articolo 947 c.c., comma 3, per il demanio idrico (Cass. sez. II, 11/05/2009, n. 10817 del 2009; Cass. sez. II n. 14666 del 2008); cosicche’, cioe’ prendendo atto di questo, la Corte ha gia’ in passato avuto occasione di chiarire che la regola contenuta nell’articolo 829 c.c. del 1942 e’ rimasta quella stessa dell’articolo 429 c.c. del 1865, poiche’ anche oggi, come ieri, trattasi unicamente di stabilire, con un tipico accertamento di fatto, se il bene abbia mantenuto o perduto la sua destinazione ad uso pubblico (Cass. sez. II n. 21018 del 2016; Cass. sez. I n. 5817 del 1981); un accertamento che il TSAP ha per vero compiuto, sia negando che la concessione abbia di per se’ dato luogo alla perdita della destinazione ad uso pubblico dell’area, sia negando che le opere realizzate sulla stessa, seppure assentite, avessero fatto venire meno il carattere pubblico dell’uso; nessuna violazione di legge, quest’ultima da farsi unicamente consistere in una erronea interpretazione della fattispecie astratta, pertanto, e’ stata posta in essere dal TSAP; laddove, invece, con le riassunte censure, e’ stata la contribuente che ha, in realta’, inammissibilmente censurato l’accertamento in fatto compiuto dal TSAP, prospettando un inesistente error in iudicando (Cass. sez. I n. 24155 del 2017; Cass. sez. trib. n. 8315 del 2013).
2. In assenza di avversarie difese, non deve farsi luogo ad alcun regolamento di spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *