Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 25 maggio 2020, n. 15760.
Massima estrapolata:
Il nudo proprietario risponde dell’abuso edilizio solo se si dimostra la sua consapevolezza e il suo consenso, anche implicito o tacito, alla realizzazione delle opere illegittime. Elementi di prova necessari anche nel caso dell’imputazione per il reato 349 del Codice penale relativo alla violazione dei sigilli dell’autorità.
Sentenza 25 maggio 2020, n. 15760
Data udienza 5 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Abuso edilizio – Nuda proprietà – Proprietario – Responsabilità – Consapevolezza e consenso anche implicito o tacito – Reato ex art. 349 del codice penale – Violazione dei sigilli dell’autorità – Cancellazione della condanna alla pena sospesa di oltre 8 mesi di reclusione e 400 euro di multa
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. RAMACCI Luca – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere
Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 29/01/2019 della Corte d’appello di Caltanissetta;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Canevelli Paolo, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al delitto di cui all’articolo 349 c.p. con rigetto nel resto del ricorso.
udito per la ricorrente l’avv. (OMISSIS) che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’appello di Caltanissetta, per quanto qui di rilievo, ha confermato la sentenza del Tribunale di Gela che aveva condannato (OMISSIS), alla pena sospesa di mesi otto e giorni 15 di reclusione e Euro 400,00 di multa, in relazione ai reati di cui all’articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, lettera b) per avere, nella qualita’ di nuda proprietaria, in concorso con la madre usufruttuaria e committente, realizzato lavori di sopraelevazione, con edificazione di un secondo piano, dell’immobile sito in (OMISSIS), senza permesso a costruire, in zona sismica, senza la realizzazione di un progetto esecutivo redatto da tecnico abilitato e senza direzione di un tecnico abilitato, articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articoli 71 e 72 senza avere dato preavviso al Comune ex articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articoli 93, 94 e 95 (capi A, B e C) e in relazione al reato di cui all’articolo 110 c.p., articolo 349 c.p., comma 2 perche’ in concorso con la madre, nominata custode, violava i sigilli apposti, eseguendo i lavori di cui al capo A (capo D), accertati in (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputata, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo con un unico e articolato motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’affermazione della responsabilita’ penale della (OMISSIS).
Argomenta la ricorrente che la Corte d’appello avrebbe confermato la responsabilita’ penale della (OMISSIS) sulla mera circostanza che ella era proprietaria e cio’ in violazione di legge non potendo la responsabilita’ penale per il reato di costruzione abusiva essere fondata sul mero dato della proprieta’ del bene, non essendo configurabile in capo a costui l’obbligo giuridico di impedire l’evento.
Oltre tutto, nel caso in esame, la corte territoriale avrebbe omesso di considerare che la (OMISSIS) e’ nuda proprietaria, non e’ titolare di alcun diritto di godimento, essendo l’usufrutto in capo alla di lei madre, committente delle opere abusive, e dell’ulteriore circostanza che la medesima risiede in un altro Comune ((OMISSIS)). In assenza di ulteriori elementi la corte territoriale avrebbe confermato la pronuncia di condanna con motivazione illogica, non corretta in diritto.
Allo stesso modo, la Corte d’appello avrebbe confermato la condanna per il reato di violazione di sigilli con motivazione carente poiche’ la (OMISSIS) non era custode, non era presente al momento dei sopralluoghi, cosicche’ il suo concorso non sarebbe stato argomentato.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso e’ fondato nei termini di cui in motivazione e dal suo accoglimento consegue il rilievo della prescrizione maturata nelle more del giudizio di legittimita’ per le contravvenzioni di cui ai capi A), B) e C), mentre va disposto l’annullamento con rinvio in relazione al capo della sentenza di condanna per il reato di violazione di sigilli di cui al capo D).
5. Al riguardo deve rammentarsi che la responsabilita’ del proprietario o comproprietario puo’ dedursi da indizi quali la piena disponibilita’ della superficie edificata, l’interesse alla trasformazione del territorio, il deposito di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria, la fruizione dell’immobile secondo le norme civilistiche sull’accessione nonche’ tutti quei comportamenti (positivi o negativi) da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione anche morale alla realizzazione del fabbricato (Sez. 3, n. 25669 del 30/05/2012 Zeno, Rv. 253065).
Sulla responsabilita’ del nudo proprietario, una risalente pronuncia i cui principi non sono mai stati superati, ha affermato che in tema di reato di costruzione abusiva ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 20 l’autore materiale della contravvenzione va individuato in colui che, con propria azione, esegue l’opera abusiva, ovvero la commissiona ad altri, anche se difetti della qualifica di proprietario del suolo sul quale si e’ edificato, mentre il semplice comportamento omissivo da’ luogo a responsabilita’ penale solo se l’agente aveva l’obbligo giuridico di impedire l’evento, obbligo che certamente non sussiste in capo al nudo proprietario dell’area interessata dalla costruzione, non essendo esso sancito da alcuna norma di legge (Sez. 5, n. 13812 del 11/11/1999, Giovannella, Rv. 214609 – 01). Non di meno, il proprietario del bene sul quale sono stati eseguiti i lavori non e’ responsabile del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), che ha sostituito della L. 28 febbraio 1985, n. 47, l’articolo 20 per la sola qualita’ rivestita, ma occorre quantomeno la sua piena consapevolezza dell’esecuzione delle opere da parte del coimputato, nonche’ il suo consenso, anche implicito o tacito, in relazione all’attivita’ edilizia posta in essere (Sez. 3, n. 44160 del 01/10/2003, Neri, Rv. 226589 – 01), da cui la rilevanza degli indizi come sopra enucleati.
6. Nel caso in esame, la motivazione del provvedimento impugnato e’ del tutto carente laddove non si confronta con le deduzioni difensive circa il fatto che la ricorrente abitava in un luogo diverso, limitandosi alla affermazione che “certamente avrebbe potuto rendersi conto dei lavori in corso” posto che era solita raggiungere i suoi genitori in occasione delle festivita’ principali, in un contesto fattuale nel quale la medesima, non committente delle opere e nudo proprietario non aveva alcun diritto di godimento del bene.
In materia edilizia puo’ essere attribuita al proprietario non formalmente committente dell’opera abusiva la responsabilita’ per violazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 20 (sostituito dal Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44) sulla base di valutazioni fattuali, quali l’accertamento che questi abiti nello stesso territorio comunale ove e’ stata eretta la costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario finale dell’opera (Sez. 3, n. 9536 del 20/01/2004, Mancuso, Rv. 227403 – 01).
7. Del tutto carente e’ anche la motivazione in relazione al reato di violazione di sigilli, tenuto conto che la ricorrente non era nominata custode, non era presente al sopralluogo e, come gia’ rilevato, risiedeva in un altro Comune.
Come e’ stato affermato da questa Corte il reato di violazione di sigilli ha natura istantanea e si perfeziona sia con la materiale violazione dei sigilli, sia con qualsiasi condotta idonea a frustrare il vincolo di immodificabilita’ imposto sul bene per disposizione di legge o per ordine dell’autorita’.
Infatti e’ noto che non occorre che i sigilli siano stati materialmente apposti, ne’ tanto meno che gli stessi siano stati oggetto di rottura o di rimozione, essendo sufficiente l’esistenza di qualche atto attraverso il quale sia stata resa manifesta la volonta’ dello Stato di garantire la cosa sequestrata contro ogni condotta di disposizione o manomissione da parte di persone non autorizzate, poiche’ oggetto specifico della tutela penale e’ l’interesse pubblico a garantire il rispetto dovuto al particolare stato di custodia imposto, per disposizione di legge o per ordine dell’autorita’, ad una determinata cosa mobile o immobile, al fine di assicurarne la conservazione, l’identita’ e la consistenza oggettiva (Sez. 3, n. 24684 del 18/02/2015, Di Gennaro, Rv. 263882).
Il delitto di violazione dei sigilli di cui all’articolo 349 c.p. si perfeziona con qualsiasi condotta idonea ad eludere l’obbligo di immodificabilita’ del bene, pur in assenza di sigilli o segni esteriori dell’avvenuto sequestro, sempre che si tratti di soggetto comunque edotto del vincolo posto sul bene (Sez. 3, n. 43169 del 15/05/2018, D., Rv. 274088 – 01). Nella sentenza impugnata manca anche la motivazione sulla conoscenza del sequestro in capo alla (OMISSIS), figlia dell’autore materiale dei reati, non custode del bene.
8. Il rilevato vizio di motivazione comporta l’annullamento della sentenza. L’annullamento va disposto, come ha concluso il Procuratore generale, senza rinvio per intervenuta prescrizione, maturata nel corso del giudizio, dei reati contravvenzionali di cui ai capi A), B) e C).
Il rilevamento in sede di legittimita’ della sopravvenuta prescrizione del reato unitamente ad un vizio di motivazione della sentenza di condanna impugnata in ordine alla responsabilita’ dell’imputato comporta l’annullamento senza rinvio della sentenza stessa (Sez. 4, n. 29627 del 21/04/2016, Silva, Rv. 267844; Sez. 2, n. 32577 del 27/04/2010, Preti, Rv. 247973).
L’annullamento va, invece, disposto, in relazione al reato di cui all’articolo 349 c.p. (capo D), con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Caltanissetta per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione ai reati contravvenzionali ai capi A), B) e C) perche’ estinti per prescrizione. Annulla la medesima sentenza in relazione al capo D) (articolo 349 c.p., comma 2) con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Caltanissetta.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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