Il giudice di appello ed il giudizio di equivalenza tra le circostanze

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|18 maggio 2021| n. 19561.

Il giudice di appello ed il giudizio di equivalenza tra le circostanze.

Il giudice di appello, dopo aver escluso un reato concorrente in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel divieto di “reformatio in peius”, ribadire il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purchè questo sia accompagnato da adeguata motivazione.

Sentenza|18 maggio 2021| n. 19561. Il giudice di appello ed il giudizio di equivalenza tra le circostanze

Data udienza 28 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Associazione a delinquere – Narcotraffico – Reato ex art. 74 l. Stup. – Condotte partecipative – Ruoli – Reati fine – Intercettazioni – Dichiarazioni collaboratori – Trattamento sanzionatorio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore – rel. Presidente

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere

Dott. TANGA Antonio Leonardo – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/04/2019 della CORTE APPELLO di TRENTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Presidente Dott. SALVATORE DOVERE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PERELLI Simone, che ha concluso chiedendo;
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’ dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto dei ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) fatta eccezione per la rettifica della pena pecuniaria in accoglimento del 4 motivo.
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento della sentenza impugnata pronunciata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente al 2 motivo del ricorso e di (OMISSIS) limitatamente al profilo di cui al 4 motivo con rinvio alla Corte d’Appello per nuovo esame.
udito il difensore;
Il ricorso viene assegnato al Presidente DOVERE SALVATORE visto l’impedimento del Consigliere DAWAN DANIELA.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di TRENTO in difesa di (OMISSIS), che illustrando i motivi del ricorso, insiste per l’accoglimento.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di TRENTO in sostituzione degli avvocati (OMISSIS) del foro di TRENTO e (OMISSIS) del foro di TRENTO (delega orale) in difesa di (OMISSIS) che, riportandosi ai motivi del ricorso, insiste per l’accoglimento.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di TRENTO in sostituzione dell’avvocato (OMISSIS) del foro di TRENTO (delega orale) in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) che, riportandosi ai motivi dei ricorsi, insiste per l’accoglimento.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di TRENTO in difesa di (OMISSIS), che illustrando i motivi del ricorso, insiste per l’accoglimento. Deposita la sentenza Sez. 6 n. 46792/2017.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS), del foro di TRENTO in difesa di (OMISSIS) e (OMISSIS), che illustrando i motivi del ricorso, insiste per l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Trento ha parzialmente riformato la pronuncia emessa dal Gup del Tribunale di Trento nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), Taiocchi Roberto, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Le vicende oggetto del presente procedimento sono state definite all’esito di attivita’ di indagine sviluppatesi tra il 2016 ed il 2017, le quali secondo i giudici di merito avevano portato all’emersione di un sodalizio criminoso operante nel territorio della provincia di Trento, e segnatamente in quello della Valsugana, volto a garantire un costante flusso di stupefacenti del tipo cocaina ed hashish.
In particolare, il Gup del Tribunale di Trento riteneva integrata la fattispecie di cui all’articolo 74 TU Stup. per la continuita’ dei rapporti tra i diversi partecipi, emergente dall’attivita’ captative e dalle confessioni di alcuni tra gli imputati. Riconosceva l’attenuante di cui all’articolo 74, comma 7 TU Stup., in particolare, per quel che qui rileva, ad (OMISSIS), al (OMISSIS), al (OMISSIS), al (OMISSIS) e al (OMISSIS); riteneva gli imputati responsabili anche dei reati fine rispettivamente contestati.
Il primo giudice riteneva accertata anche la responsabilita’ di alcuni tra gli imputati per il reato di sequestro di persona commesso in danno del (OMISSIS), riconoscendo al proposito la attenuante della dissociazione, e per il reato di rapina di un telefono cellulare, anche esso in danno del (OMISSIS).
La Corte di appello ha invece ritenuto l’insussistenza del reato associativo, riqualificato il reato di sequestro di persona in quello di estorsione, ridefinito il quadro circostanziale del reato di rapina, rideterminato la pena per effetto delle menzionate statuizioni.
2. Ha proposto ricorso avverso la menzionata sentenza (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), articolando quattro motivi.
Con il primo lamenta che la riqualificazione del reato di sequestro di persona in quello di estorsione sia avvenuta in violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza; ad avviso del ricorrente gli elementi di diversita’ tra i due reati, cristallizzati quanto al reato di sequestro di persona nell’imputazione, determinano la violazione del menzionato divieto, avendo la Corte di appello addebitato all’imputato un fatto diverso; in particolare, gli ha attribuito condotte di violenza e di minaccia che non risultano nell’originaria imputazione. L’accertamento del fatto diverso avrebbe dovuto imporre, in applicazione dell’articolo 604 c.p.p., comma 1 e articolo 522 c.p.p., la trasmissione degli atti al P.M. per l’instaurazione di un nuovo giudizio.
In via subordinata la Corte di appello avrebbe dovuto disporre la rimessione in termini dell’appellante, ai sensi dell’articolo 175 c.p.p., al fine di consentire la presentazione di una eventuale istanza di patteggiamento.
Con il secondo motivo si lamenta l’omessa motivazione a riguardo della credibilita’ del (OMISSIS), le cui dichiarazioni sono alla base del ritenuto accertamento di un incontro avvenuto a casa di (OMISSIS) prima dell’esecuzione del sequestro del (OMISSIS). La dichiarazione del dichiarante e’, ad avviso dell’esponente, per piu’ ragioni non credibile. La Corte di appello e’ incorsa in motivazione illogica e contraddittoria laddove ha ritenuto che le dichiarazioni del (OMISSIS) siano confermate da quelle del (OMISSIS) e del (OMISSIS). La sentenza attribuisce valore di riscontro esterno alla chiamata in correita’ del (OMISSIS) alle risultanze dei tabulati telefoni, ma queste non hanno la capacita’ di dare dimostrazione di cio’ che la Corte d’appello ha ritenuto di poter dedurre da esse.
Lamenta ancora la illogicita’ della motivazione per aver la Corte di appello desunto il contributo al reato dalla mera presenza presso il (OMISSIS). L’esponente rimarca che il (OMISSIS) e’ l’unico soggetto non coinvolto nelle questioni attinenti alle sostanze stupefacenti ed e’ l’unico a non avere rapporti di alcun tipo con il (OMISSIS) e con il (OMISSIS); inoltre, se e’ vero che l’azione intimidatoria nei confronti del (OMISSIS) si concretizzo’ in luogo appartato di campagna senza la presenza del (OMISSIS), e’ altrettanto vero che questi fu estraneo alla fase successiva di pressione e coazione posta in essere dal (OMISSIS), dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS) per ottenere la dazione del denaro. Pertanto, deve concludersi che il ricorrente ebbe una mera presenza passiva che non vale a configurare il suo concorso nel reato.
Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge in relazione agli articoli 15, 81, 110, 628 e 629 c.p. ed il vizio di motivazione. Viene affermato che la rapina in danno del (OMISSIS) venne eseguita o in campagna o dopo l’incontro a (OMISSIS). In ambedue i luoghi il (OMISSIS) non fu presente e quindi non egli ha avuto alcun ruolo nella sottrazione del telefonino e la motivazione della corte territoriale e’ apodittica e generica laddove assume che egli avrebbe cooperato con non meglio individuate condotte intimidatorie. Per l’esponente in ogni caso la condotta attribuita agli imputati deve essere considerata assorbita nel delitto di estorsione in quanto anche la sottrazione del telefono cellulare aveva quale scopo quello di fare pressione sul (OMISSIS) per convincere il padre a pagare il debito nei confronti del (OMISSIS).
Ne consegue che i giudici d’appello hanno ritenuto erroneamente il reato di rapina autonomo rispetto al reato di estorsione.
Con l’ultimo motivo si chiede la correzione dell’errore materiale rinvenuto nel dispositivo della sentenza impugnata laddove indica quale pena pecuniaria quella di 14.000 Euro laddove dalla motivazione si deduce che la pena e’ quella di 1.400 Euro di multa.
3. Ha proposto ricorso (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), articolando due motivi.
Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio della motivazione, evidenziando una carenza di prova alla base della ritenuta responsabilita’ per concorso nel reato di estorsione. Ad avviso dell’esponente non sussistono gli elementi del concorso nel reato e tanto risulta abbastanza chiaro dalla documentazione presente nel fascicolo delle indagini; infatti l’esponente non risulta coinvolto nell’attivita’ di spaccio commesso dagli altri indagati; egli e’ stato in contatto telefonico col (OMISSIS) perche’ colleghi di lavoro ed amici; la sua presenza sul luogo fu causale e meramente passiva, essendosi limitato ad assistere al fatto reato.
Con il secondo motivo lamenta che sia stata ritenuta la rapina in luogo dell’appropriazione indebita, posto che nessuna violenza o minaccia venne commessa ai fini dell’impossessamento del telefono cellulare del (OMISSIS).
4. Ha proposto ricorso (OMISSIS), a mezzo dell’avv. (OMISSIS).
Con un primo motivo ha lamentato la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di estorsione che non risulterebbe integrato perche’ gli imputati non hanno agito al fine di conseguire un profitto; infatti, la somma richiesta al (OMISSIS) era corrispondente a quanto speso per l’acquisto dello stupefacente che il (OMISSIS) aveva perduto.
Con un secondo motivo si lamenta la violazione di legge in relazione alla ritenuta recidiva perche’ essa presuppone un giudizio di pericolosita’ sociale che nel caso non e’ stato formulato. In ogni caso non risultano i presupposti della recidiva.
Ulteriore violazione di legge viene lamentata in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 5, ricorrendo nella specie il concorso della persona offesa.
Infine, si deduce la violazione dell’articolo 521 c.p.p., per essere stata mutata la qualificazione giuridica del fatto di sequestro di persona senza instaurare il previo contraddittorio e pertanto senza consentire all’imputato di rivedere la propria linea difensiva, anche in relazione alla scelta di un rito alternativo. In subordine si sollecita la posizione di questione di costituzionalita’ dell’articolo 521 c.p.p. per violazione dell’articolo 3 Cost., nella parte in cui non prevede che nei casi di riqualificazione giuridica dei fatti l’imputato possa essere rimesso in termini ai fini delle richieste istruttorie e di accesso ai riti alternativi.
5. Ha proposto ricorso (OMISSIS) a mezzo il difensore avv. (OMISSIS).
Un primo motivo attiene alla violazione di legge e al vizio della motivazione che si sarebbe concretato negando l’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 TU Stup., l’attenuante di cui all’articolo 114 c.p. ed essendo mancato il giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche.
Ad avviso dell’esponente, il venire meno del reato di cui all’articolo 74, e quindi dell’attenuante dell’articolo 74, comma 6 TU Stup. avrebbe dovuto condurre al riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7, espressamente richiesto. Si rinviene poi una completa omissione in ordine al riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 114 c.p. e in ordine al ruolo svolto nella commissione degli illeciti dal (OMISSIS), ai fini del riconoscimento delle attenuanti a suo favore.
Con un secondo motivo si censura che non sia stata ritenuta l’ipotesi di cui all’articolo 73, comma 5 TU Stup. non considerando la modesta rilevanza oggettiva della violazione e la positiva personalita’ dell’imputato nonche’ la sua condotta, limitandosi a considerare il dato ponderale. Inoltre vi e’ una disparita’ di trattamento rispetto a quanto ritenuto a riguardo dell’Indotta, correo nel reato commesso il 23.9.2016 attribuito in concorso anche al (OMISSIS). Nel diverso procedimento celebrato a carico dell’Indotta si e’ ritenuta l’ipotesi lieve.
6. (OMISSIS) ha proposto ricorso, a mezzo dell’avv. (OMISSIS); esso consta di due motivi.
Con il primo si denuncia la erronea applicazione dell’articolo 81 c.p. in quanto la corte territoriale, nell’applicare la disciplina del reato continuato, giudicando sussistente il medesimo disegno criminoso all’origine dei reati oggetto del presente procedimento e quello giudicato con sentenza del 14.2.2017, divenuta irrevocabile, del Gup del Tribunale di Trento, ha violato il giudicato, avendo assunto quale reato piu’ grave quello oggetto del presente giudizio e non quello gia’ giudicato. E cio’ sulla base di un criterio di gravita’ non meglio specificato.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione degli articoli 132 e 133 c.p. e il vizio della motivazione, poiche’ e’ stata inflitta una pena non coincidente con il minimo edittale senza esplicarne le ragioni. Anche in questo contesto argomentativo l’esponente osserva che il reato piu’ grave avrebbe dovuto essere individuato in relazione al quantitativo di stupefacente sequestrato e alla pena astrattamente irrogabile all’epoca della commissione del reato (che era quella prevista ante la declaratoria di incostituzionalita’ di cui alla sentenza n. 40 del 2019)
7. Con atto sottoscritto dal difensore, avv. (OMISSIS), (OMISSIS) ha proposto quattro motivi:
7.1. Integrale assenza di motivazione della sentenza di primo grado e nullita’ derivata della sentenza di secondo grado per violazione dell’articolo 546 c.p.p., comma 1 lettera E) e comma 3 e articolo 125 c.p.p., comma 3.
La sentenza di primo grado e’ totalmente priva di motivazione sicche’, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte di appello, non ricorre l’ipotesi nella quale il giudice dell’impugnazione puo’ integrare la motivazione del primo giudice.
7.2. Erronea applicazione dell’articolo 73, commi 1 e 5 TU Stup. e vizio della motivazione.
La motivazione resa dalla Corte distrettuale per escludere il riconoscimento dell’ipotesi di cui all’articolo 73, comma 5 TU Stup. e’ contestabile, atteso che dai materiali di prova non si evincono le quantita’ dello stupefacente trattato, la pluralita’ dei fatti e’ compatibile con l’ipotesi di lieve entita’, le somme di denaro connesse ai fatti illeciti sono compatibili in realta’ con le relazioni solidaristiche familiari correnti tra l'(OMISSIS) ed il fratello. La motivazione non tiene neppure conto delle dichiarazioni rese dai collaboratori che indicano fatti di piccolo spaccio.
7.3. Con il terzo motivo si lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 2 sotto il profilo della violazione della legge penale e del vizio di motivazione. Premesso che il ricorrente ha versato 2.000 Euro alla (OMISSIS) onlus, e’ errato ritenere, come ha fatto la corte territoriale, che il bene giuridico (salute pubblica) tutelato dalla norma violata renda non concedibile la menzionata attenuante. Sotto altro profilo, si sostiene che non vi e’ ragione di fatto per la quale escludere il riconoscimento dell’attenuante in parola, peraltro riconosciuta nel medesimo procedimento a coloro che hanno patteggiato la pena.
7.4. Con il quarto motivo si lamenta la manifesta illogicita’ del giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche rispetto alle concorrenti circostanze eterogenee perche’ esso e’ stato confermato pur dopo l’assoluzione dal reato associativo.
8. (OMISSIS) ha proposto ricorso a mezzo del difensore avv. (OMISSIS).
Con un primo motivo deduce la totale assenza di motivazione della sentenza di primo grado.
Con il secondo motivo deduce la violazione degli articoli 81 e 110 c.p. e articolo 73, commi 1 e 6 TU Stup., per aver la corte distrettuale ritenuto la responsabilita’ del ricorrente per i reati in materia di stupefacenti pur in assenza di riscontri al contenuto delle conversazioni oggetto di captazione, aventi carattere criptico e non associato alla indicazione dei criteri interpretativi adottati dalla Corte di appello per esplicarne il significato. Con riferimento al ritenuto delitto di tentata estorsione, la chiamata di correo di (OMISSIS) e’ stata utilizzata senza esser stata sottoposta ad alcuna verifica, nonostante fosse distonica rispetto ad altre emergenze probatorie, individuate con l’atto di appello.
Infine si denuncia la violazione dell’articolo 133 c.p., giacche’ una volta mandato assolto l’imputato dal reato associativo la pena e’ risultata ridotta soltanto di un anno di reclusione.
9. Con atto proposto dal difensore avv. (OMISSIS), (OMISSIS) articola tre motivi:
9.1. Violazione dell’articolo 125 c.p.p. e articolo 73, comma 1 TU Stup. e vizio di motivazione in quanto, pur essendo stato accertato che l’ (OMISSIS) aveva eseguito alcuni viaggi con il (OMISSIS) e con (OMISSIS), non vi e’ prova che essi abbiano avuto ad oggetto sostanze stupefacenti ne’ se ne conosce la tipologia e la quantita’.
9.2. Violazione dell’articolo 73, comma 7 Tu Stup. e vizio della motivazione poiche’ e’ mancato il riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 Tu Stup., che invece e’ stata riconosciuta nel giudizio avente ad oggetto il fatto culminato nell’arresto in flagranza del ricorrente. Sul punto e’ stata del tutto omessa la motivazione.
9.3. Violazione dell’articolo 61bis (cosi’) c.p. e vizio della motivazione in quanto l’omesso riconoscimento delle attentanti generiche e’ avvenuto nonostante l’esponente sia soggetto incensurato e abbia reso collaborazione.
10. (OMISSIS) ha proposto ricorso con atto sottoscritto dal difensore avv. (OMISSIS) e con un primo motivo ha dedotto la violazione di legge in relazione alla totale assenza di motivazione della sentenza di primo grado.
Con un secondo motivo ha lamentato il diniego dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 TU Stup. prospettando al riguardo la violazione della legge e/o il vizio della motivazione. Nell’articolare la censura egli ha osservato che la corte distrettuale ha errato nel negare l’attenuante perche’ le dichiarazioni collaborative avevano avuto ad oggetto vicende estranee al presente procedimento e la motivazione si pone in contraddizione con i dati del processo.
Con un terzo motivo ha lamentato la mancanza di motivazione in merito al diniego di riconoscimento delle attenuanti generiche quali prevalenti sulle concorrenti aggravanti.
Con ultimo motivo ha lamentato la violazione del divieto di reformatio in peius, essendo stata inflitta una pena illegale e piu’ grave di quella determinata dal Tribunale. Peraltro, senza che sul punto la corte territoriale rendesse motivazione. La pena e’ stata individuata in 4 anni e 20 giorni di reclusione ed Euro 18.000 di multa, all’esito delle diverse operazioni di computo. Poi pero’ la stessa e’ stata senza spiegazione alcuna ridotta a 3 anni e 9 mesi ed Euro 18.000 di multa. Cio’ al fine di portare la pena al di sotto di quella inflitta dal primo giudice, pari a 4 anni di reclusione. Ma cosi’ la corte territoriale ha operato in violazione del divieto di compensazione. Inoltre, la pena risulta determinata in modo arbitrario.
11. (OMISSIS) ha proposto ricorso a mezzo del difensore, avv. (OMISSIS).
Con il primo motivo si denuncia che i fatti indicati come 1 e 4 a lei attribuiti sono stati ricostruiti in modo errato; ma anche ad ammettere che ella avesse avuto conoscenza dell’attivita’ del convivente (OMISSIS), cio’ non e’ sufficiente a integrare un’ipotesi di concorso nel reato trattandosi di mera connivenza, come tale non punibile. Si sostiene che la ricorrente non ha offerto alcun contributo morale o materiale alla commissione dei delitti.
Il secondo motivo articolato attiene alla mancanza della prova di un coinvolgimento della ricorrente nei predetti delitti; a tal riguardo l’esponente rileva che le conversazioni intercettate ed il contenuto dei messaggi trasmessi via wathsapp sono criptici e i soli elementi a carico.
12. (OMISSIS) ha proposto ricorso con atto sottoscritto dal difensore avv. (OMISSIS).
Con un primo motivo ha lamentato la violazione della legge ed il vizio di motivazione in relazione all’affermato coinvolgimento del ricorrente nell’attivita’ illecita da altri perpetrata. La corte distrettuale ha omesso di indicare quali siano le risultanze probatorie relative all’effettivo accertamento del possesso di stupefacenti da parte dei complici e in ordine alla consapevolezza da parte del (OMISSIS) dell’acquisizione e detenzione dello stupefacente. Pur essendo stata segnalata la mancanza di elementi concreti diversi da quelli desumibili dalle conversazioni telefoniche, la corte di appello si e’ limitata a mere deduzioni, si’ da redigere una motivazione apparente.
Il secondo motivo attiene al diniego dell’attenuate di cui all’articolo 73, comma 7 TU Stup. che si contesta in ragione del fatto che non si e’ tenuto conto che la stessa e’ stata riconosciuta al ricorrente nel diverso procedimento avente ad oggetto l’episodio del (OMISSIS).
Infine, con un terzo motivo si lamenta il vizio di motivazione e la violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche giacche’ esso e’ fondato unicamente sulla valutazione di dati oggettivi e non anche sull’analisi del profilo soggettivo del ricorrente.
13. (OMISSIS) ha proposto ricorso a mezzo del difensore avv. (OMISSIS).
Con il primo motivo lamenta l’omessa motivazione in relazione all’affermazione di responsabilita’ perche’ la corte territoriale ha omesso di valutare che (OMISSIS), l’ (OMISSIS) e il (OMISSIS) hanno dichiarato che il (OMISSIS) non sapeva che con l’auto noleggiata all'(OMISSIS) veniva trasportata droga. La Corte di appello ha fondato il proprio giudizio sulla sussistenza del dolo eventuale, dedotto a partire dalla consapevolezza che il (OMISSIS) aveva dell’attivita’ spaccio che l'(OMISSIS) e il (OMISSIS) svolgevano presso il bar (OMISSIS). Ma tale motivazione e’ inficiata da un salto logico, giacche’ non e’ possibile dedurre dalla conoscenza di una simile attivita’ la conoscenza dell’uso dell’autoveicolo per il trasporto di droga in specifiche circostanze, non essendovi un rapporto di implicazione necessaria (ma cosi’ bene lo dico io, recupera per motivazione).
Si lamenta l’omessa motivazione anche in relazione al fatto illecito descritto al n. 8 della rubrica; non vi e’ prova che nell’episodio del (OMISSIS) sia stata utilizzata l’auto noleggiata dal (OMISSIS). Al riguardo l’esponente contesta il significato attribuito dalla Corte distrettuale alle conversazioni intercettate.
Con un secondo motiva si censura la totale omissione della motivazione della sentenza di primo grado.
Con un terzo motivo si lamenta l’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte distrettuale nel negare il riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 TU Stup sostenendo che il (OMISSIS) non aveva mostrato di essere resipiscente e che le sue dichiarazioni avevano avuto ad oggetto vicende non oggetto del presente procedimento.
Il quarto motivo attiene alla omessa motivazione del giudizio di equivalenza, anziche’ di prevalenza, delle circostanze attenuanti generiche, confermato nonostante il mutato quadro di responsabilita’.
Il quinto motivo concerne la reformatio in peius che sarebbe stata operata dalla corte distrettuale determinando la pena nei termini che sono gia’ stati descritti a proposito del (OMISSIS).
Con il sesto motivo ci si duole della mancata riqualificazione dei fatti alla stregua dell’articolo 73, comma 5 TU Stup.
Con un settimo motivo si lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 114 c.p. e con l’ottavo la omessa motivazione in merito alla quantificazione della pena.
In data 11.1.2021 sono pervenuti Motivi nuovi con i quali si propone una sintesi conclusiva delle censure gia’ proposte con il ricorso.
14. (OMISSIS) ha proposto ricorso a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), con il quale ha articolato due motivi; con il primo lamenta anch’egli che sia stata illogicamente dedotto dalla prova dell’esecuzione di alcuni viaggi che in tali occasioni era stato trasportato dello stupefacente, quale la tipologia e la quantita’. Peraltro, facendo perno unicamente sulle conversazioni intercettate e sui messaggi wathsapp.
Con un secondo motivo si lamenta l’affermazione di responsabilita’ per il delitto di tentata estorsione, in quanto fondata sulla mera presenza passiva del ricorrente all’accadimento.
Il terzo motivo censura il diniego dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 TU Stup., sostenendosi che la corte territoriale ha errato nel ritenere che non vi fosse prova della collaborazione resa dal ricorrente. Si lamenta anche la eccessivita’ della pena rispetto a quella patteggiata da altro correo.
15. (OMISSIS) ricorso a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), con il quale ha articolato due motivi. Con il primo denuncia che la Corte ha posto illegittimamente in capo all’imputato l’onere della prova in ordine all’identificazione del soggetto al quale si riferivano alcuni conversanti. Inoltre non ha considerato che Ben Fadel ha escluso il coinvolgimento del (OMISSIS) nei fatti illeciti; l’argomento utilizzato dai giudici di merito per superare tale dato – ovvero il contenuto delle conversazioni tra terzi – non e’ idoneo allo scopo.
Con il secondo motivo lamenta il vizio della motivazione in relazione alla ritenuta recidiva.
16. (OMISSIS) ha proposto ricorso a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), con il quale ha lamentato l’eccessivita’ della pena, determinata senza considerare le circostanze favorevoli all’imputato evidenziate nell’atto di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato.
1.1. Relativamente al primo motivo va osservato che al (OMISSIS) era stato contestato al capo A) il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione e al capo B) quello di rapina. Il primo delitto sarebbe consistito nel sequestro della persona del (OMISSIS) commessa allo scopo di ottenere il pagamento di una somma. La Corte di appello ha riqualificato il fatto ritenendo che il (OMISSIS) non avesse subito una limitazione o una privazione della liberta’ di movimento ma piuttosto un’azione coercitiva a mezzo di percosse e minacce che lo aveva indotto dapprima a seguire il gruppo nel luogo da questo scelto e quindi a far intervenire il padre perche’ si impegnasse a versare la somma pretesa.
La difesa ha sostenuto che cio’ concreta l’ascrizione di un fatto diverso e non una mera riqualificazione giuridica di quello contestato, sicche’ la Corte di appello avrebbe dovuto disporre la trasmissione degli atti al P.M. per l’instaurazione di un nuovo giudizio o comunque rimettere in termini l’appellante, ai sensi dell’articolo 175 c.p.p., onde consentirgli di decidere se optare per un rito semplificato.
La censura e’ infondata. Secondo i principi posti da questa Corte, in tema di correlazione tra accusa e sentenza, non e’ diverso il fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella contestazione originaria, laddove la differente condotta realizzativa sia emersa dalle risultanze probatorie portate a conoscenza dell’imputato, di modo che anche rispetto ad essa egli abbia avuto modo di esercitare le proprie prerogative difensive (Sez. 6 -, Sentenza n. 38061 del 17/04/2019, Rango, Rv. 277365 – 01). Cio’ implica che il ricorrente avrebbe dovuto almeno allegare che i dati fattuali connotanti l’asserito diverso fatto non erano emersi dall’attivita’ di prova. Ma piu’ radicalmente deve osservarsi che nel caso di specie la Corte di appello si e’ limitata a dare una diversa qualificazione giuridica al fatto. Infatti, non e’ fondato il rilievo di una innovazione del fatto originariamente contestato e ritenuto dal Tribunale, per esservi stati inseriti la violenza e la minaccia al (OMISSIS), posto che se il capo di imputazione sub a) non menziona le modalita’ attraverso le quali il (OMISSIS) venne sequestrato, il capo b) menziona “la violenza sopra descritta”. In altri termini, la descrizione del sequestro di persona a scopo di estorsione non ha tratti che escludono la violenza e/o la minaccia ed anzi, la lettura integrata delle contestazioni evidenzia che all’imputato era stata ascritto di aver commesso il sequestro mediante violenza. Cio’ conferma che si e’ trattato di mera riqualificazione giuridica di un accadimento mai modificato nei suoi elementi strutturali.
1.2. Il secondo motivo, con il quale si lamenta l’omessa motivazione a riguardo della credibilita’ del (OMISSIS), e’ inammissibile perche’ non consentito in sede di legittimita’. L’esponente, infatti, articola censure che, lungi dall’individuare vizi motivazionali o violazioni di legge, risultano meramente oppositive rispetto al giudizio espresso dalla Corte di appello.
Si sostiene, invero, che la dichiarazione del dichiarante sarebbe per piu’ ragioni non credibile. La Corte di appello sarebbe incorsa in motivazione illogica e contraddittoria laddove ha ritenuto che le dichiarazioni del (OMISSIS) siano confermate da quelle del (OMISSIS) e del (OMISSIS). Ma La sentenza attribuisce valore di riscontro esterno alla chiamata in correita’ del (OMISSIS) alle risultanze dei tabulati telefoni, ma queste non hanno la capacita’ di dare dimostrazione di cio’ che la Corte d’appello ha ritenuto di poter dedurre da esse.
Orbene, occorre rammentare che in tema di ricorso per cassazione, le doglianze relative alla violazione dell’articolo 192 c.p.p. riguardanti l’attendibilita’ dei testimoni dell’accusa, non essendo l’inosservanza di detta norma prevista a pena di nullita’, inutilizzabilita’, inammissibilita’ o decadenza, non possono essere dedotte con il motivo di violazione di legge di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), ma soltanto nei limiti indicati dalla lettera e) della medesima norma, ossia come mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame (Sez. 1, Sentenza n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, Pecorelli e altro, Rv. 271294 – 01). Il vizio della motivazione deve quindi risultare dal testo della motivazione non e’ segnato dalla prospettazione di una diversa valutazione della prova che non sia accompagnata dall’evidenziazione di una frattura logica all’origine di quella censurata. Siffatta prospettazione e’ nel caso di specie assente.
Anche il rilievo con il quale si lamenta la illogicita’ della motivazione in ordine al contributo al reato dato dal (OMISSIS) mira ad una alternativa valutazione dei fatti accertati. Ai fini della configurabilita’ del concorso di persone nel delitto di estorsione e’ sufficiente anche la semplice presenza, purche’ non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all’autore del fatto stimolo all’azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa (Sez. 2 -, Sentenza n. 28895
del 13/07/2020, Massarro, Rv. 279807 – 01). Orbene, posto che non vi e’ contestazione in ordine al fatto che il (OMISSIS) aveva fatto parte del gruppo che si era recato a casa del (OMISSIS) ed aveva ricevuto da questi le istruzioni necessarie (sicche’ la sua presenza ai fatti ragionevolmente e’ stata ritenuta non casuale), la Corte di appello ha affermato che dalla mera presenza e’ venuto un effetto di rafforzamento dell’intimidazione del (OMISSIS). A tal riguardo, lo stesso esponente, dopo aver sostenuto che il (OMISSIS) non fu presente quando l’azione intimidatoria si realizzo’ in luogo appartato, non contesta di essere stato presente alla fase successiva di pressione e coazione posta in essere dal (OMISSIS), dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS).
1.3. Il terzo motivo non e’ aspecifico perche’ muove da premesse in fatto diverse da quelle accertate dalla Corte di appello; pertanto non si confronta con la motivazione impugnata. In particolare l’esponente assume che la rapina in danno del (OMISSIS) venne eseguita o in campagna o dopo l’incontro a (OMISSIS) e che in ambedue i luoghi il (OMISSIS) non fu presente.
Ben diversamente la Corte di appello ha collocato la sottrazione del telefono della persona offesa nel contesto in cui, in luogo isolato, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) posero in essere la condotta intimidatoria nei confronti del (OMISSIS).
Per quanto concerne l’asserito assorbimento del reato di rapina in quello di estorsione, pur ammettendo in via di ipotesi che la sottrazione del telefono avesse anche lo scopo di accrescere la coazione sul (OMISSIS), si tratterebbe pur sempre di finalita’ aggiuntiva a quella dell’impossessamento di un bene altrui. Le distinte condotte, pur sviluppandosi entro un unico contesto spazio-temporale, hanno avuto ad oggetto beni distinti e sono state sorrette da distinte intenzionalita’ e risoluzione volitiva; si’ da integrare due autonomi reati.
1.4. Va disposta la correzione dell’errore materiale che si rinviene nel dispositivo della sentenza impugnata, laddove si indica quale pena pecuniaria quella di 14.000 Euro; la lettura della motivazione rende palese che la pena pecuniaria inflitta e’ quella di 1.400 Euro di multa (peraltro la sola conforme alle cornici edittali). Invero, va ribadito il principio secondo il quale in caso di contrasto tra dispositivo
e motivazione, qualora la divergenza dipenda da un errore materiale, obiettivamente riconoscibile, contenuto nel dispositivo, e’ legittimo il ricorso alla motivazione per individuare l’errore medesimo ed eliminarne i relativi effetti (Sez. 6, Sentenza n. 24157 del 01/03/2018, Cipriano e altri, Rv. 273269 – 01).
1.5. Pedissequa correzione va fatta nei confronti dei coimputati (OMISSIS) e (OMISSIS).
1.6. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
2. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile.
2.1. Entrambi i motivi articolari dall’esponente si concretano in affermazioni di circostanze differenti da quelle ritenute accertate dai giudici di merito. Con il primo motivo si sostiene che la presenza del (OMISSIS) sul luogo dell’intimidazione del (OMISSIS) fu causale e meramente passiva. Ben diversamente la Corte di appello indica nel (OMISSIS) colui che con il (OMISSIS) colpi’ la persona offesa.
Con il secondo motivo si sostiene che non fu posta in essere alcuna violenza
o minaccia ai fini dell’impossessamento del telefono cellulare del (OMISSIS). Gia’ si e’ rammentato che sinanche il capo di imputazione connette l’impossessamento del telefono alla condotta intimidatrice sommessa nei confronti del (OMISSIS). D’altronde il reato di appropriazione indebita presuppone che del bene in questione si abbia lecitamente il possesso; premessa in fatto che neppure l’esponente assume essersi verificata nel caso di specie.
2.2. Segue alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di duemila Euro alla Cassa delle Ammende.
3. Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato.
3.1. Il primo motivo e’ manifestamente infondato. Invero, e’ indubbio che la somma che il (OMISSIS) pretendeva dal (OMISSIS) rappresentava il valore della sostanza stupefacente che il primo aveva affidato al secondo e che a questi era stato sottratto. Il rapporto di custodia, avendo ad oggetto cose la cui detenzione e’ vietata (non e’ in discussione che lo stupefacente non fosse destinato all’uso personale del (OMISSIS)) aveva causa illecita, non poteva far nascere alcun obbligo giuridico in capo al (OMISSIS) e correlativamente il (OMISSIS) non poteva vantare alcun diritto giustiziabile in ordine alla restituzione della merce o del suo equivalente in denaro. Mutatis mutandi trova applicazione anche al caso di specie il principio secondo il quale l’inadempimento di un contratto a causa illecita non puo’ dar luogo a ripetibilita’, mediante azione giudiziaria, della somma versata; sicche’ l’eventuale impiego di violenza o minaccia per ottenere la restituzione di detta somma non puo’ dar luogo al reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ma deve essere inquadrato nell’ambito della piu’ grave ipotesi di estorsione (Sez. 4, Sentenza n. 13037 del 21/10/1999, Di Marco e altri, Rv. 215167 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9880 del 24/01/2020, Torso, Rv. 278767 – 01).
3.2. Il secondo motivo non e’ consentito, siccome proposto per la prima volta con il ricorso per cassazione. Il Tribunale aveva ritenuto integrata la recidiva specifica e valutato equivalente tale circostanza aggravante rispetto alle concorrenti attenuanti. Con l’atto di appello il ricorrente non si e’ doluto del riconoscimento della recidiva. Giova rammentare che secondo l’insegnamento di questa Corte “non puo’ essere dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione l’erronea applicazione della recidiva, neppure al fine di ottenere la declaratoria di prescrizione del reato, in assenza di modifiche normative o di pronunce della Corte costituzionale che ne abbiano modificato “in melius” la portata precettiva (Sez. 3 -, Sentenza n. 27256 del 23/07/2020, Martorana, Rv. 279903 – 01). Piu’ in generale, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perche’ non devolute alla sua cognizione (Sez. 2, Sentenza n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, rv. 269745 – 01)
3.3. Manifestamente infondato e’ il motivo che lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 5. E’ sufficiente rilevare che, ai fini dell’integrazione della predetta circostanza, e’ necessario non solo che il comportamento della persona offesa si inserisca nella serie delle cause determinatrici dell’evento, ma anche di un elemento psichico, consistente nella volonta’ di concorrere a determinare lo stesso evento (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 25915 del 02/03/2018, Bul, Rv. 272945 – 01). Nel caso che occupa non vi e’ alcuna indicazione nelle sentenze di merito in ordine ad una volonta’ del (OMISSIS) di concorrere nell’estorsione nella rapina in proprio danno; ne’ il punto e’ stato anche solo esplorato con il ricorso.
3.4. Quanto alla asserita violazione dell’articolo 521 c.p.p., che si sarebbe commessa nel riqualificare il fatto di sequestro di persona perche’ non instaurato previamente il contraddittorio e pertanto senza consentire all’imputato di rivedere la propria linea difensiva, anche in relazione alla scelta di un rito alternativo, e’ opportuno rammentare che a fronte di un testo di legge che riconnette adempimenti funzionali all’esercizio di difesa solo ove ricorra un’ipotesi diversa dalla mera riqualificazione giuridica del fatto, la giurisprudenza di legittimita’ ha statuito, anche per la necessita’ di tener conto di quanto previsto dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, secondo l’interpretazione datane dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, che il diritto di ogni accusato ad essere informato in modo dettagliato della natura e dei motivi della accusa elevata a suo carico impone anche l’enunciazione della qualificazione giuridica dei fatti addebitati, che necessariamente concorre a definirne la “natura” dell’addebito, onde assicurare, nella sua interezza, la possibilita’ di effettivo esercizio del diritto di difesa nel “giusto processo”. Pertanto, in forza di interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 521 c.p.p., si e’ stabilito che l’esercizio del potere di riqualificazione giuridica e’ condizionato alla preventiva instaurazione ad opera del giudice del contraddittorio tra le parti sulla quaestio iuris relativa oppure alla possibilita’ che tale contraddittorio sia instaurato anche in un grado successivo (Sez. 4 -, Sentenza n. 49175 del 13/11/2019, D., Rv. 277948 – 01).
Con specifico riferimento a quella particolare modalita’ di esplicazione del diritto di difesa rappresentato dalla scelta del rito, gia’ le SU hanno osservato che, a fronte di una mera riqualificazione giuridica del fatto, l’imputato che “ometta di contestare la non pertinenza del nomen iuris alla fattispecie dedotta in rubrica, assumendo una posizione di nolo contendere su tale qualificante punto della futura decisione, nessun tipo di doglianza potra’ essere formulata – circa le preclusioni che ne possono essere derivate per i riti alternativi – ove il giudice, in sede di decisione, abbia ritenuto di dare a quel fatto una diversa qualificazione giuridica” (Sez. U, Sentenza n. 32351 del 26/06/2014, Tamborrino, Rv. 259925 – 01). Con cio’ condividendo e ribadendo l’orientamento secondo il quale la garanzia del contraddittorio in ordine alla diversa definizione giuridica del fatto deve ritenersi assicurata quando l’imputato abbia avuto modo di interloquire sul tema in una delle fasi del procedimento, qualunque sia la modalita’ con cui il contraddittorio e’ stato preservato (Sez. 2, n. 44615 del 12/07/2013, Paladini, Rv. n. 257750; nonche’, in senso analogo, Sez. 6, n. 49820 del 05/12/2013, Billizzi, Rv. 258138, e, in tema di misure di prevenzione, Sez. 6, n. 10148 del 04/10/2012, Pilato, Rv. 254409).
Proprio perche’ la modifica del nomen iuris lascia inalterato il fatto, va escluso che possa avere un qualche fondamento il sospetto avanzato dal ricorrente di illegittimita’ costituzionale dell’articolo 521 c.p.p. per violazione dell’articolo 3 Cost., stante la non sovrapponibilita’ delle situazioni poste in comparazione.
3.5. In conclusione il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
4. Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato.
4.1. Il tema delle attenuanti riconoscibili all’imputato in parola e’ stato esaminato dalla Corte di appello, la quale ha rigettato la richiesta di riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 TU Stup., osservando che il (OMISSIS) nell’interrogatorio reso non aveva reso un apprezzabile contributo conoscitivo, ammettendo di aver trattato hashish laddove era accertato che era stato coinvolto nella fornitura di cocaina coinvolgente anche il (OMISSIS), ne’ aveva chiarito i rapporti con il (OMISSIS) ed altri imputati. L’affermazione difensiva secondo la quale il venire meno del reato di cui all’articolo 74, e quindi dell’attenuante dell’articolo 74, comma 7 TU Stup., avrebbe dovuto condurre al riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 e’ del tutto destituita di fondamento, trattandosi di fattispecie circostanziali aventi presupposti del tutto diversi. Come e’ stato gia’ precisato da questa Corte, i presupposti per l’applicazione dell’attenuante della collaborazione (Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 7) sono differenti da quelli richiesti per la concessione dell’attenuante della collaborazione nel reato associativo, di cui al successivo articolo 74, comma 7, del medesimo decreto, atteso che, mentre per la prima e’ sufficiente l’essersi adoperato per evitare che l’attivita’ di spaccio sia portata a conseguenze ulteriori, anche mediante aiuto al sequestro di “risorse rilevanti”, per il riconoscimento della seconda e’ richiesta l’assicurazione delle prove del reato, oppure e’ necessario un contributo efficace per il sequestro di “risorse decisive” (Sez. 4, Sentenza n. 32520 del 14/04/2016, Failla e altri, Rv. 267876 – 01). La diversita’ dei rispettivi presupposti e’ stata ulteriormente ribadita considerando che la circostanza del reato associativo riguarda l’assicurazione, “ex post”, delle prove dei commessi reati e, ai fini della sua applicazione, e’ necessario che i dati forniti siano nuovi, oggettivamente utili e costituiscano tutte le conoscenze a disposizione del dichiarante, mentre per la concessione della seconda circostanza, e’ necessario che il contributo conoscitivo offerto dall’imputato, nel corso della consumazione del reato, sia utilmente diretto ad interrompere non tanto il traffico della singola partita di droga, bensi’ l’attivita’ complessiva del sodalizio criminoso (Sez. 3, Sentenza n. 23528 del 19/01/2018, Nicotra, Rv. 273563 – 01).
Pertanto il ricorrente non puo’ dolersi – tanto meno sotto il profilo di una inesistente reformatio in peius – del fatto che, assolto per il reato associativo, sia stata esclusa la ricorrenza di circostanza afferente altro reato.
La motivazione sul diniego dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 Testo Unico Stup. puo’ essere certamente censurata in se’; ma sotto tale profilo il ricorrente non e’ riuscito ad evidenziare alcuno dei vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e).
Quanto al riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 114 c.p., la sintesi dei motivi di appello che si legge nella sentenza impugnata non menziona che quello sia stato fatto oggetto di devoluzione al giudice di secondo grado e le conclusioni scritte depositate dalla difesa il 3.4.2019, nelle quali si richiede in modo del tutto aspecifico anche quel riconoscimento, non valgono a superare la mancata devoluzione. D’altro canto, anche quanto e’ scritto nel ricorso lascia intendere che la segnalazione alla Corte di appello del ruolo del (OMISSIS) era stata funzionale solo alla contestazione dell’esistenza del vincolo associativo. Cio’ rende il motivo anche aspecifico perche’ non risultano evidenziate le circostanze che la Corte di appello avrebbe dovuto valutare ai fini dell’applicazione dell’articolo 114 c.p..
4.2. Il secondo motivo lamenta che non sia stata ritenuta l’ipotesi di cui all’articolo 73, comma 5 TU Stup sulla scorta del solo dato ponderale.
Orbene, se ai fini del giudizio in ordine alla integrazione del reato di cui all’articolo 73, comma 5 Testo Unico Stup. occorre tener conto di tutti gli indici menzionati nella disposizione (Sez. U -, Sentenza n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 01, in motivazione), e’ altresi’ vero che la valutazione dell’offensivita’ della condotta non puo’ essere ancorata al comportamento collaborativo del reo “post delictum”, e piu’ in generale alla sua personalita’, ma deve essere correlata alla concreta offensivita’ della condotta desunta dai canoni espressamente indicati dalla norma, cioe’, la qualita’ e quantita’ della sostanza stupefacente e le modalita’ e circostanze dell’azione, elementi da valutarsi unitariamente, salva la netta preponderanza di uno di essi ai fini del giudizio.
Di certo non puo’ valere quale dimostrazione di manifesta illogicita’ o di errore di diritto il fatto che nei confronti del correo nel reato commesso il 23.9.2016, giudicato in diverso procedimento, sia stata pronunciata condanna per l’ipotesi lieve.
Nel caso di specie, la Corte di appello ha dato rilievo alla preponderanza del dato quantitativo, trattandosi di sostanza stupefacente del valore di circa settemila Euro; ed il ricorrente non ha indicato quali ulteriori dati fattuali, aventi valore di indici, avrebbero dovuto essere valutati dal giudice di merito.
4.3. In conclusione il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
5. Il ricorso proposto dal (OMISSIS) e’ parzialmente fondato.
5.1. Coglie il segno la censura che attinge l’applicazione della disciplina del reato continuato.
Il (OMISSIS) e’ stato giudicato responsabile del reato di cui all’articolo 73, comma 1 Testo Unico Stup. riferito a piu’ episodi; pertanto e’ stata riconosciuta la continuazione tra gli stessi e dopo esser stata determinata la pena per tali fatti in cinque anni di reclusione ed Euro 18.000 (gia’ applicata la diminuente per il rito abbreviato) e’ stato disposto un aumento per effetto della continuazione ritenuta tra questi e il reato per il quale il (OMISSIS) era stato condannato in via definitiva con sentenza del 14.2.2017. L’aumento e’ stato pari a quattro mesi di reclusione ed Euro 2.000 di multa.
L’esponente si e’ doluto che sia stato violato il giudicato, avendo assunto quale reato piu’ grave quello oggetto del presente giudizio e non quello gia’ giudicato. E cio’ sulla base di un criterio di gravita’ non meglio specificato.
Il motivo e’ fondato nella parte in cui lamenta l’omessa motivazione.
Invero, il giudice della cognizione che abbia riconosciuto la continuazione tra i reati oggetto del suo giudizio e altro od altri gia’ accertati con decisione irrevocabile, al fine di determinare il trattamento sanzionatorio deve innanzitutto individuare la violazione piu’ grave. Diversamente da quanto e’ previsto per l’applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva, il giudizio in sede di cognizione non e’ guidato da un’espressa previsione di legge. E’ stato compito della giurisprudenza quello di definire i criteri per la individuazione della violazione piu’ grave.
Ancora di recente le SU hanno ribadito l’insegnamento gia’ impartito con la pronunzia Sez. U, n. 748 del 12/10/1993, dep. 1994, Cassata, Rv. 195805, secondo il quale la violazione piu’ grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si e’ manifestata e all’eventuale giudizio di comparazione fra di esse.
Con riferimento al caso in cui taluni dei reati in continuazione siano gia’ stati definitivamente giudicati e’ stato affermato che il giudice della cognizione, al fine di determinare il reato piu’ grave, puo’ fare riferimento al criterio della pena, rispettivamente da irrogarsi e gia’ irrogata, previsto dall’articolo 671 c.p.p. e articolo 187 disp. att. c.p.p. per il giudice dell’esecuzione, onde apprezzarne e compararne la gravita’ (Sez. 6, Sentenza n. 29404 del 06/06/2018, Assinnata, Rv. 273447 – 01). In tale occasione il giudice di legittimita’ ha ritenuto che siffatto principio trovi riscontro in un diverso principio posto dal giudice di legittimita’, ovvero che “in tema di reato continuato, qualora il reato gia’ giudicato e quello da giudicare, legati dall’identita’ del disegno criminoso, non presentino alcuna differenza nel trattamento edittale, il giudice e’ comunque tenuto a determinare, mediante una valutazione in concreto, quale sia il reato piu’ grave, posto che la continuazione costituisce una “fictio juris” che non fa perdere a ciascuno dei reati sussunti nell’ambito della stessa la propria individualita’ giuridica, cui e’ connessa la conoscibilita’ in sede esecutiva della parte di pena riferibile ai singoli reati.” (Sez. 3, sent. n. 43239 del 04.05.2016, G., Rv. 267927).
Orbene, ad avviso di questa Corte la tesi sostenuta nella sentenza Assinnata e’ in conflitto con quanto sostenuto dalla sentenza n. 43239/2016; quest’ultima e’ da preferire, almeno nei casi in cui i reati in parola siano parificati dall’avere la medesima cornice edittale.
Ne discende che la sentenza impugnata, che e’ immune dal vizio di violazione del giudicato adombrato dal ricorrente, presenta realmente una grave lacuna motivazionale, poiche’ non e’ in alcun modo esplicitato il motivo per il quale la Corte di appello ha ritenuto piu’ grave uno degli episodi oggetto del presente procedimento. In particolare, facendo applicazione del principio posta dalla sentenza n. 43239/2016, si sarebbe dovuto evidenziare il coincidente corredo sanzionatorio e quindi dare conto delle ragioni per le quali un reato e’ in concreto piu’ grave dell’altro.
5.2. Il secondo motivo, nella parte che lamenta la violazione degli articoli 132 e 133 c.p., e’ infondato in quanto la determinazione della pena in misura non coincidente al minimo e’ stato giustificata con motivazione adeguata.
5.3. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla statuizione concernente la pena derivante dall’applicazione della disciplina del reato continuato, con rinvio alla Corte di appello per nuovo giudizio sul punto. Il ricorso va rigettato nel resto.
6. Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato.
6.1. Questa Corte ha statuito che la mancanza assoluta di motivazione della sentenza non rientra tra i casi, tassativamente previsti dall’articolo 604 c.p.p., per i quali il giudice di appello deve dichiarare la nullita’ della sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado, ben potendo lo stesso provvedere, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto, a redigere, anche integralmente, la motivazione mancante (Sez. 6, Sentenza n. 58094 del 30/11/2017, P.G. in proc. Amorico e altri Rv. 271735 – 01). La disciplina cosi’ ricostruita e’ stata esaminata anche sotto il profilo della possibile incoerenza con il dettato costituzionale; si e’ ritenuto, al proposito, manifestamente infondato il sospetto di illegittimita’ costituzionale dell’articolo 604 c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice di appello, in caso di mancanza grafica della motivazione della sentenza appellata, ne dichiari la nullita’ e trasmetta gli atti al giudice di primo grado, in quanto non sussiste contrasto ne’ con l’articolo 111 Cost., comma 2, che, limitandosi a stabilire che tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati, demanda alla legge ordinaria la disciplina delle conseguenze dell’inosservanza di tale prescrizione, ne’ con l’articolo 24 Cost., posto che la garanzia del doppio grado di giurisdizione di merito non ha copertura costituzionale e, in ogni caso, va intesa nel senso che deve essere data la possibilita’ di sottoporre tali questioni a due giudici di diversa istanza, anche se il primo non le abbia decise tutte (Sez. 6 -, Sentenza n. 32373 del 04/06/2019, Aiello, Rv. 276831 – 01).
L’assunto del ricorrente che alla integrale assenza della motivazione della sentenza di primo grado consegua la nullita’ della stessa e della sentenza di appello e’ quindi destituito di fondamento giuridico.
Peraltro, nel caso di specie non e’ ravvisabile una assoluta mancanza di motivazione; la posizione di (OMISSIS) e’ esaminata a pg. 250 e 251 della sentenza di primo grado. La motivazione del primo giudice e’ certamente carente per vari profili, ma non puo’ dirsi graficamente mancante.
6.2. Il secondo motivo non e’ consentito poiche’, al di la’ dell’evocazione della violazione di legge e del vizio motivazione, esso si concreta nel patrocinio di una valutazione dei dati di fatto alternativa a quella espressa dalla Corte di appello, persino tralasciando le ragioni poste da questa a base del proprio giudizio. Si sostiene, infatti, che non sarebbero note le quantita’ dello stupefacente trattato; che la pluralita’ dei fatti e’ compatibile con l’ipotesi di lieve entita’; che le somme di denaro connesse ai fatti illeciti sono compatibili in realta’ con le relazioni solidaristiche familiari correnti tra l'(OMISSIS) ed il fratello; che i collaboratori hanno indicato fatti di piccolo spaccio.
Orbene, in una analitica e nient’affatto manifestamente illogica motivazione, la Corte di appello ha osservato che l'(OMISSIS) aveva ammesso i fatti che gli erano stati in dettaglio contestati; quindi aveva ammesso che i fatti illeciti avevano avuto ad oggetto quantitativi di sostanza stupefacente (cocaina e altra) di notevole entita’, specificamente indicata nelle contestazioni o indirettamente segnalata dall’ammontare delle risorse finanziarie impegnate. A cio’ la Corte di appello ha fatto seguire la puntuale analisi di quanto si deduce da talune conversazioni telefoniche captate, valevoli come paradigma del piu’ complessivo materiale acquisito mediante le intercettazioni, evidenziando che in alcune si faceva parola di cifre che indicavano come oggetto delle trattative illecite 400 grammi di stupefacente ed un prezzo di 4.500 Euro oppure 200 grammi di droga di buona qualita’ e 200 di piu’ scadente qualita’; in altre ci si riferiva a partite di droga; in altre ancora a notevoli esposizioni debitorie dei fratelli (OMISSIS), incompatibili con un’attivita’ di piccolo spaccio.
L’accertamento di elevati quantitativi di stupefacente trattati e la valutazione complessiva del grado di offensivita’ delle condotte non sono quindi mancati nella sentenza impugnata; ed e’ agevole osservare che il ricorrente oppone una propria rivalutazione dei fatti. Va dato atto allo stesso che la Corte di appello non fa menzione del contributo dei collaboratori; ma l’omissione non inficia la complessiva tenuta della motivazione, la cui critica non puo’ essere frammentaria. Come insegna questa Corte, il difetto di motivazione, quale causa di nullita’ della sentenza, non puo’ essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei singoli punti di essa, costituendo la pronuncia un tutto coerente ed organico, per cui, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto di essa va posto in relazione agli altri, potendo la ragione di una determinata statuizione anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito (Sez. 4, n. 4491 del 17/10/2012 – dep. 29/01/2013, Pg in proc. Spezzacatena e altri, Rv. 255096).
6.3. Il terzo motivo e’ infondato. Occorre rammentare il principio, che anche qui si intende ribadire, secondo il quale l’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6, nei reati in materia di stupefacenti, presuppone innanzitutto un giudizio di reversibilita’ del danno in concreto arrecato alla parte lesa e, in secondo luogo, l’attivarsi del reo, non gia’ in una direzione qualsiasi, purche’ dimostrativa della sua qualita’ di “ravveduto”, ma in quella specifica orientata ad elidere, o a ridimensionare, il danno o il pericolo, conseguente all’immissione sul mercato o alla consegna al consumatore, di quella specifica partita di stupefacente oggetto della contestazione (Sez. 6, Sentenza n. 6863 del 07/03/1994, Sut ed altri, Rv. 198743 – 01). Inoltre, il risarcimento del danno deve essere integrale, ossia comprensivo della totale riparazione di ogni effetto dannoso, e la valutazione in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che puo’ anche disattendere, con adeguata motivazione, ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa (Sez. 2 -, Sentenza n. 51192 del 13/11/2019, C., Rv. 278368 – 02).
Secondo la prospettazione del ricorrente il versamento di una somma ad un’associazione no profit attiva nel settore del recupero dei tossicodipendenti concreta l’integrale risarcimento dei danni prodotti dal traffico illecito attribuitogli. Cio’ e’ stato negato dalla Corte di appello con motivazione obiettivamente contratta (si e’ affermato che tutelando la normativa la salute pubblica non e’ fondata la richiesta difensiva) ma corretta, dovendosi considerare che un’associazione di tal fatta non e’ il solo soggetto che, in quanto titolare del bene giuridico salute pubblica (ma andrebbe considerato anche il bene della sicurezza pubblica) puo’ riportare danni dalla commissione del reato (a tacere dei danni riportati dai singoli acquirenti). La pretesa di riconoscimento dell’attenuante avrebbe quindi dovuto essere accompagnata dalla dimostrazione che il danno era confinato, sul piano soggettivo, a quello patito dall’associazione in parola; cosi’ non e’ stato, sicche’ non emerge neppure il lamentato vizio motivazionale.
6.4. Il quarto motivo e’ manifestamente infondato poiche’ si sostanzia nell’affermazione di una incompatibilita’ logica tra il ridursi dei reati per i quali e’ pronunciata condanna, rispetto a quanto ritenuto dal primo giudice che aveva anche posto le circostanze eterogenee concorrenti in rapporto di equivalenza, e la conferma di tale rapporto. Ben diversamente, alcuna previsione di legge convalida tale assunto. Con riguardo all’ipotesi similare in cui il giudice di appello abbia escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore circostanza attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, si e’ affermato che egli puo’, senza incorrere nel divieto di “reformatio in peius”, confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purche’ questo sia accompagnato da adeguata motivazione (Sez. 4 -, Sentenza n. 29599 del 07/10/2020, Esposito, Rv. 279712 – 01). Al medesimo indirizzo puo’ essere ricondotta anche Sez. 5, Sentenza n. 18836 del 09/07/2013, dep. 2014, P., Rv. 260195 – 01, secondo la quale in tema di impugnazioni, qualora sia stata riconosciuta nei confronti di soggetto minorenne l’aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, conv. in L. n. 203 del 1991 ed una aggravante ulteriore, ritenute equivalenti alle circostanze attenuanti generiche, l’esclusione, in accoglimento dell’appello dell’imputato, della seconda aggravante non comporta l’inevitabile riduzione del trattamento sanzionatorio, potendo il giudizio di comparazione risolversi in termini identici e, pertanto, essere confermato.
Si pone, quindi, un onere del giudice di motivare in merito alle ragioni per le quali e’ confermato il giudizio di equivalenza. Onere nella specie soddisfatto dalla Corte di appello.
6.5. In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
7. Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato.
7.1. Il primo motivo coincide con il primo motivo del ricorso di (OMISSIS); valgono al riguardo le medesime considerazioni. Va unicamente precisato che la posizione dell’Hasani e’ stata esaminata dal primo giudice a pg. 241.
7.2. Il secondo motivo e’ aspecifico, perche’ non si confronta con la motivazione impugnata. E’ opportuno nuovamente esporre che con tale censura ci si lamenta che la corte distrettuale abbia ritenuto la responsabilita’ del ricorrente per i reati in materia di stupefacenti pur in assenza di riscontri al contenuto delle conversazioni oggetto di captazione, le quali avrebbero carattere criptico; inoltre la corte distrettuale non avrebbe esplicitato i criteri interpretativi adottati per esplicarne il significato.
Tali rilievi, come gia’ scritto, non tengono conto della intera trama della motivazione resa dalla Corte di appello. La quale a pg. 201 chiarisce che le chiavi di interpretazione delle conversazioni captate sono state fornite da (OMISSIS) (un coimputato che aveva definito separatamente la propria posizione), che in forza del loro uso si comprende che l’oggetto delle conversazioni e’ rappresentato da traffici di droga e che di cio’ vi era stata conferma attraverso gli eseguiti sequestri. Peraltro, la stessa Corte di appello puntualizza (a pg. 218) che il significato da attribuire alle conversazioni captate non era stato oggetto di impugnazione. Il ricorrente si e’ limitato a riportare alcuni passi della sentenza impugnata e a chiosarli con il giudizio del mancato riscontro di quanto emergente dalle intercettazioni.
7.3. Quanto al percorso metodologico seguito dalla Corte di appello per la valutazione dell’attendibilita’ della dichiarazione eteroaccusatoria di (OMISSIS), non risponde al vero che essa non abbia operato il giudizio di attendibilita’ intrinseca ed estrinseca, omettendo di considerare i rilievi critici avanzati con l’atto di appello. Infatti, questi sono stati vagliati e ritenuti irrilevanti, ovvero non idonei a sovvertire la portata degli elementi di reita’ (cfr. pg. 219). Neppure risulta vero che la Corte di appello non abbia indicato gli elementi in grado di dare riscontro al contenuto delle dichiarazioni accusatorie; ha citato al riguardo le intercettazioni eseguite il 31.8.2016 che indicavano la presenza dell’Asani sul luogo e nel giorno dell’aggressione a Hannachi Fahmi.
7.4. Infine e’ manifestamente infondato il quarto motivo, con il quale si denuncia la violazione dell’articolo 133 c.p., senza tuttavia riuscire neppure ad enunciare in cosa consista tale vizio, posto che si evidenzia unicamente che l’oggettiva gravita’ del reato, valorizzata dalla Corte di appello per dare conto delle ragioni sottese alla determinazione della pena da infliggere, e’ in contrasto con il venir meno delle esigenze cautelari, segno di scarsa gravita’ dei fatti. Il ricorrente non considera che si tratta di valutazione non sovrapponibili perche’ assunte sulla base di materiali di ben diversa consistenza, alla luce di diverse regole di giudizio, per finalita’ non coincidenti. D’altro canto, anche il ricorrente da’ atto alla Corte di appello di aver fatto riferimento alla gravita’ dei fatti; e’ opportuno quindi ricordare che la determinazione della pena e’ adeguatamente motivata gia’ con il richiamo agli indici previsti dall’articolo 133 c.p. e che solo una pena che si avvicini o superi la misura mediana della pena richiede una piu’ dettagliata motivazione. La giurisprudenza di legittimita’ insegna, infatti, che nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale non e’ necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo e’ desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016 – dep. 15/09/2016, Rignanese e altro, Rv. 267949).
Nel caso che occupa la pena base e’ stata individuata in sette anni di reclusione ed Euro 26.000,00 di multa, spiegando che la misura di poco superiore al minimo edittale era dovuta ai quantitativi di sostanza stupefacente oggetto dei traffici. Una motivazione adeguata, secondo i canoni della rammentata giurisprudenza.
8. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile.
8.1. Il primo motivo non e’ consentito siccome il punto che esso investe non e’ stato devoluto alla Corte di appello con l’atto di appello, che contestava la sola affermazione di responsabilita’ per il reato associativo.
8.2. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato. La Corte di appello ha escluso che risultasse integrazione l’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 Tu Stup. con motivazione non manifestamente illogica; quindi nient’affatto omessa. Peraltro, per l’applicazione dell’attenuante in parola, il giudice e’ tenuto ad accertare l’utilita’ e la proficuita’ delle dichiarazioni collaborative rese dall’imputato, con una valutazione che non e’ suscettibile di censura in Cassazione, ove supportata da motivazione logica ed esaustiva (Sez. 4, Sentenza n. 7956 del 15/01/2015, Pg. in proc. Vitali, Rv. 262438 – 01).
Ha rilevato, la corte distrettuale, che l’imputato non aveva indicato quali specifici apporti erano stati resi, in quali termini e in quali atti; e che nell’interrogatorio che il medesimo aveva reso il 21.4.2017 egli aveva ammesso solo il proprio coinvolgimento nell’episodio che lo vide tratto in arresto con il, mentre nessun chiarimento aveva fornito con riferimento al reato commesso il 6.1.2017 (sub 6 della contestazione allo stesso relativa) ne’ con riferimento al reato di cui al punto 5 della contestazione, al di la’ dell’ammissione del proprio coinvolgimento.
A fronte di cio’ il ricorrente rileva la mancanza della motivazione, errando palesemente; ed evoca una necessita’ di riconoscere l’attenuante in parola a determinati reati per i quali non vi e’ stato utile contributo alle indagini perche’ riconosciuta per un altro reato. Assunto del tutto infondato. E’ sufficiente considerare che la circostanza attenuante, in generale ed anche quella in parola, accede al singolo reato e pertanto ove piu’ di uno siano i reati in materia di stupefacenti, per ciascuno va operato l’accertamento dei presupposti di essa. D’altro canto, in presenza di piu’ reati la collaborazione puo’ ritenersi tale solo se li riguarda tutti. Simili osservazioni sono sottese anche al principio secondo il quale la circostanza attenuante speciale della collaborazione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 7, deve essere esclusa qualora il contributo collaborativo, gia’ positivamente riconosciuto in altro procedimento, non venga rinnovato in relazione al nuovo episodio criminoso. (Sez. 3, Sentenza n. 9559 del 10/01/2013, Jendoubi, Rv. 254745 – 01).
8.3. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato. Si lamenta l’omesso riconoscimento delle attentanti generiche laddove esse sono state riconosciute.
8.4. Segue alla inammissibilita’ del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di duemila Euro alla Cassa delle Ammende.
9. Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato.
9.1. Il primo motivo e’ infondato, per le ragioni che si sono gia’ espresse al superiore punto 6.1.
9.2. Anche il secondo motivo e’ infondato. Come si e’ appena rammentato, la circostanza attenuante di cui all’articolo 73, comma 7, Testo Unico Stup. deve essere esclusa qualora il contributo collaborativo, gia’ positivamente riconosciuto in altro procedimento, non venga rinnovato in relazione al nuovo episodio criminoso (Sez. 3, Sentenza n. 9559 del 10/01/2013, Jendoubi, Rv. 254745 – 01). Pertanto correttamente la Corte di appello ha rilevato che le dichiarazioni del (OMISSIS), peraltro valutate tutt’altro che collaborative, non erano (del tutto) afferenti alle vicende oggetto del presente procedimento.
9.3. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato. Con esso si lamenta che le attenuanti generiche non siano state ritenute prevalenti sulle concorrenti aggravanti. In realta’ la Corte di appello ha determinato la pena per il (OMISSIS) senza alcun riferimento alle attenuanti generiche: pena base anni sei di reclusione ed Euro 26.000.00 di multa, indicata specificamente come misura minima edittale (e quindi non come esito dell’applicazione dell’attenuante), sulla quale e’ stato apportato l’aumento per la continuazione e poi la riduzione per il rito. Peraltro, con l’atto di appello non si era avanzato alcun motivo per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
9.4. L’ultimo motivo e’ infondato.
Occorre considerare che il Tribunale aveva inflitto la sola pena detentiva in quanto piu’ grave, tra i reati in continuazione, quello di cui all’articolo 74 Testo Unico Stup. La Corte di appello ha mandato assolti gli imputati per tale reato ed ha quindi dovuto rideterminare la pena. Al riguardo va rammentato ancora una volta l’insegnamento delle S.U., secondo il quale “non viola il divieto di “reformatio in peius” previsto dall’articolo 597 c.p.p. il giudice dell’impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (come avviene se la regiudicanda satellite diventa quella piu’ grave o cambia la qualificazione giuridica di quest’ultima), apporta per uno dei fatti unificati dall’identita’ del disegno criminoso un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore (Sez. U, Sentenza n. 16208 del 27/03/2014, C., Rv. 258653 – 01). Nel caso di specie la Corte di appello ha dapprima determinato la pena per i reati residui secondo la consueta scansione (sopra rammentata); quindi, avendo constatato che in tal modo la pena risultava superiore a quella inflitta dal Tribunale (quattro anni e giorni venti di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa a fronte di quattro anni di reclusione), e non potendo operare con effetti di sfavore al reo in assenza di impugnazione da parte del P.M., ha provveduto ad allineare la pena a quella determinata all’esito del giudizio di primo grado. Per non incorrere nell’errore di infliggere una pena illegale (la sola pena detentiva), ha operato il ragguaglio in applicazione dell’articolo 135 c.p.. Al proposito sovviene il principio secondo il quale ove il giudice dell’impugnazione, per l’assenza del gravame del pubblico ministero, non possa irrogare una pena piu’ grave per specie e quantita’ rispetto a quella complessiva inflitta dal giudice di primo grado, nell’ipotesi di applicazione in appello di una pena congiunta delle due specie, al posto della sola pena detentiva, deve effettuare il ragguaglio tra pene pecuniarie e detentive ai sensi dell’articolo 135 c.p., curando che la misura della pena pecuniaria aggiunta non determini il superamento del “quantum” della pena detentiva originariamente inflitta (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 39475 del 19/07/2017, Cozzolino, Rv. 271633 – 01). Come ha fatto la Corte di appello, che ha determinato la pena finale in tre anni e nove medi di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa.
9.5. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
10. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile.
10.1. I motivi possono essere trattati unitariamente. Il primo e’ costituito da censure non consentite con il ricorso per cassazione. Al di la’ della formale denuncia della violazione di legge e del vizio della motivazione, l’esponente contesta la valutazione delle prove operata dal giudice impugnato, senza riuscire ad indicare la frattura logica del percorso argomentativo o la sua contradditttorieta’ rispetto agli elementi acquisiti. In particolare, quanto alla prospettata connivenza, la Corte di appello ha evidenziato che i materiali di prova indicano nella (OMISSIS) (legata sentimentalmente a (OMISSIS)) colei che consegno’ 2.500 Euro a (OMISSIS) nella consapevolezza che questa somma costituiva il prezzo di una fornitura di droga; che in altra occasione la donna aveva rassicurato il compagno di aver rimosso eventuali tracce compromettenti; che pertanto l’imputata aveva reso un contributo all’attivita’ illecita del compagno e non era rimasta mera connivente, poiche’ non si era limitata a conoscere senza agire.
Con il ricorso si formula al riguardo unicamente affermazioni oppositive.
Con il secondo motivo si aggiunge che le conversazioni intercettate ed il contenuto dei messaggi trasmessi via wathsapp sarebbero criptici e, in quanto soli elementi a carico, non sufficienti a fondare il giudizio di responsabilita’. Tuttavia la cripticita’ e’ affermata solo dall’esponente, tanto che la Corte di appello e’ riuscita a ricostruire le vicende che da esse trasparivano.
10.2. Segue al rigetto del ricorso la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
11. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e’ inammissibile.
11.1. Il primo motivo e’ aspecifico.
Non risponde al vero che la corte distrettuale abbia omesso di indicare le risultanze probatorie a base dell’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) e, soprattutto, la contestazione che muove il ricorrente e’ del tutto generica.
Il giudizio della Corte di appello e’ stato fondato su quanto ritenuto emergente dalle conversazioni captate, che il ricorrente arbitrariamente marginalizza sostenendo che era stata denunciata la “mancanza di elementi concreti diversi da quelli desumibili dall’interpretazione delle conversazioni telefoniche”. Ben diversamente, il ricorrente avrebbe dovuto esplicitare le ragioni, indiritto e/o in fatto, per le quali quanto emergente dalle captazioni era stato valutato in violazione delle regole della logica o in disaccordo con il significante ovvero in violazione di legge.
Il sintetico motivo si compendia, invece, in una serie di giudizi assertivi del tutto aspecifici, che non confrontano in alcun modo con la motivazione impugnata.
11.2. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato. Sul piano sostanziale, si e’ gia’ rilevata l’autonomia dei giudizi che attengono al riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 TU Stup. quando si sia in presenza di una pluralita’ di addebiti al medesimo imputato; ben si comprende che cio’ vale in termini ancor piu’ netti quando l’attenuante sia stata riconosciuta ad altro correo.
In ogni caso, assume rilievo dirimente la circostanza che la Corte di appello ha negato la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento dell’attenuante in parola al (OMISSIS) con motivazione in alcun modo manifestamente illogica e d’altronde neppure censurata per tale aspetto.
11.3. Infine, e’ manifestamente infondato anche il terzo motivo.
Il giudizio con il quale il giudice di merito apprezza l’entita’ dell’intero fatto circostanziato in rapporto agli elementi ed alle circostanze che lo compongono, al fine di determinare il grado di responsabilita’ dell’imputato e l’adeguatezza della pena, rientra nell’ambito della discrezionalita’ dello stesso giudice e per esso non e’ richiesta una analitica esposizione dei criteri di valutazione adottati, ma e’ sufficiente la sola indicazione degli elementi scelti per la formazione del giudizio stesso e della eseguita valutazione delle circostanze che concorrono nel reato, in modo che risulti che il giudice, nell’espressione del suo globale giudizio, abbia tenuto conto di tutte le componenti del fatto criminoso (Sez. 2, n. 4831 del 15/02/1984, dep. 24/05/1984, Lecci, Rv. 164368; Sez. 1, n. 6034 del 11/04/1995 – dep. 25/05/1995, La Marca, Rv. 201433). Sicche’ il giudice del merito, con la enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o piu’) dei criteri indicati nell’articolo 133 c.p., assolve adeguatamente all’obbligo della motivazione: tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalita’ e non postula una analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, dep. 26/03/2008, Gasparri e altri, Rv. 239754).
Allorquando venga in considerazione la motivazione del giudizio di bilanciamento di circostanze eterogenee, l’insegnamento e’ pertanto quello dell’insussistenza di un vizio di motivazione ove il giudice di appello, nel formulare il giudizio di comparazione, dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’articolo 133 c.p. e gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto (Sez. 2, n. 3610 del 15/01/2014 – dep. 24/01/2014, Manzari e altri, Rv. 260415).
Cio’ vale sempre che non vi sia stata una specifica richiesta della parte, con indicazione di circostanze di fatto tali da legittimare la richiesta di (diverso) bilanciamento di circostanze eterogenee (Sez. 7, n. 11210 del 20/10/2017 – dep. 13/03/2018, Z, Rv. 272460).
La Corte di appello ha spiegato che tra la posizione dell’ (OMISSIS) e quella del (OMISSIS) vi era sostanziale analogia, tanto da meritare un paritario trattamento sanzionatorio. Il che richiedeva il riconoscimento delle attenuanti generiche, ma poste in giudizio di equivalenza con le ritenute aggravanti. Una motivazione pienamente adeguata ai canoni posti da questa Corte.
11.4. Segue alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di duemila Euro alla Cassa delle Ammende.
12. Il ricorso di (OMISSIS) va rigettato.
12.1. Con il primo motivo viene censurata la motivazione in ordine alla consapevolezza da parte del (OMISSIS) del carattere illecito dell’uso che veniva fatto dell’auto noleggiata all'(OMISSIS), con la quale veniva trasportata droga. Se ne asserisce la totale mancanza, in particolare perche’ la Corte di appello non avrebbe tenuto conto di quanto asserito da coimputati ai quali e’ stata riconosciuta l’attenuante di cui all’articolo 74, comma 7 Testo Unico Stup.; si aggiunge che la motivazione e’ manifestamente illogica laddove attiene alla dimostrazione della sussistenza del dolo eventuale. Cio’ evidenzia che in realta’ quel che si prospetta e’ l’omessa valutazione di prova decisiva, in un contesto argomentativo esistente ma ritenuto manifestamente illogico (le ulteriori asserzioni attingono il merito, concretandosi in giudizi su cio’ che puo’ dedursi dal materiale di prova).
Orbene, non si coglie il vero ritenendo che il fondamento della condanna del (OMISSIS) sia stato identificato nella circostanza che egli aveva accettato il rischio che l’autovettura che lui stesso noleggiava a (OMISSIS) era utilizzata per il traffico illecito. Invero, la Corte di appello analizza gli elementi acquisiti per evidenziare come le singole illecite operazioni commesse dall'(OMISSIS) e dagli altri correi vedessero il coinvolgimento del (OMISSIS). Il fatto di non aver preso in considerazione il pilastro della pronuncia della Corte di appello rende il motivo inidoneo a determinarne l’annullamento. Di cio’ appare consapevole lo stesso esponente, che si premura di contestare in prevenzione che non si puo’ sostenere che il mancato esame della collaborazione dei correi e delle relazioni avute con il (OMISSIS) non attiene a punto decisivo della motivazione.
In ogni caso, venendo all’esame della principale censura avanzata dal ricorrente, vale rammentare che, in tema di elemento soggettivo del reato, il S.C. ha impartito l’insegnamento secondo il quale, per la configurabilita’ del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si e’ verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa e a tal fine l’indagine giudiziaria, volta a ricostruire l'”iter” e l’esito del processo decisionale, puo’ fondarsi su una serie di indicatori quali: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; b) la personalita’ e le pregresse esperienze dell’agente; c) la durata e la ripetizione dell’azione; d) il comportamento successivo al fatto; e) il fine della condotta e la compatibilita’ con esso delle conseguenze collaterali; f) la probabilita’ di verificazione dell’evento; g) le conseguenze negative anche per l’autore in caso di sua verificazione; h) il contesto lecito o illecito in cui si e’ svolta l’azione nonche’ la possibilita’ di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento (cosiddetta prima formula di Frank) (Sez. U, Sentenza n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261105 – 01).
Nel caso di specie la motivazione della Corte di appello esibisce l’identificazione dei predetti indici, che ritiene accertati con motivazione immune da vizi.
La Corte di appello ha evidenziato che prima ancora di noleggiare il veicolo all'(OMISSIS), al (OMISSIS) era perfettamente noto – per averlo anche personalmente verificato – che tanto questi che il (OMISSIS) vendevano droga e che l'(OMISSIS) non svolgeva l’attivita’ illecita in modo del tutto occasionale ma all’inverso vi era dedito ed era spacciatore di non modesto livello. Tanto era viva e concreta la consapevolezza che l'(OMISSIS) potesse far uso del veicolo per i suoi traffici illeciti che all’atto della consegna il (OMISSIS) si raccomando’ dicendo “no ste a far monade con la mia macchina”. Non appare manifestamente illogica l’osservazione della Corte di appello, che l’aver fatto una bonaria raccomandazione non esclude l’accettazione del rischio di un uso del veicolo per i traffici di stupefacenti.
L’esponente ritiene che la Corte di appello abbia errato nel ritenere che l’aver saputo che l'(OMISSIS) cedeva droga presso i servizi igienici di un locale equivaleva a conoscere che vi era trasporto di stupefacente da una citta’ all’altra. L’assunto tradisce il pensiero della Corte di appello, per come espresso nella motivazione; e non e’ condivisibile, perche’ arbitrariamente equipara la esistente conoscenza di un dato gia’ formatosi alla accettazione del rischio di un dato futuro.
Come gia’ esposto, gli ulteriori rilievi attingono il piano della ricostruzione dei fatti e della valutazione delle prove; come tali non sono consentiti in sede di legittimita’.
12.2. Si e’ scritto che pero’ la Corte di appello ha ritenuto che il (OMISSIS) fosse coinvolto nei singoli episodi, dando indicazione delle ragioni del proprio convincimento. Infatti, la corte distrettuale ha analizzato le conversazioni telefoniche captate evidenziando gli elementi di esse che davano dimostrazione del predetto coinvolgimento (rectius: della consapevolezza dell’uso del veicolo per il trasporto di droga).
La censura mossa dall’esponente investe in primo luogo l’uso del veicolo noleggiato dal (OMISSIS) per il trasporto illecito del (OMISSIS); dopo aver affermato che dalle indagini era emersa la disponibilita’ da parte di (OMISSIS) di quattro veicoli, si sostiene che “non c’e’ alcun elemento che possa far sostenere che la vettura Hyundai Atos sia stata utilizzata per quel trasporto”. La censura e’ di merito. La Corte di appello ha sviluppato un percorso argomentativo che ponendo in stretta connessione i diversi accadimenti ha avuto come sbocco l’uso in ognuno di essi del veicolo in parola. Di tale percorso si sarebbero dovuti porre in luce i vizi deducibili con il ricorso per cassazione.
I rilievi critici coinvolgono poi il significato attribuito alle parole scambiatesi dai conversanti. Va quindi ripetuto che in sede di legittimita’ e’ possibile prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformita’ risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, Sentenza n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558 – 01).
Attinge nuovamente il merito la critica che involge la valutazione probatoria dei contatti verificatisi prima, durante e dopo il giorno 28.1.2017.
Si tratta comunque di tutti aspetti gia’ segnalati alla Corte di appello, da questa esaminati e risolti con una motivazione che non viene incisa dalle censure, sostanzialmente ripetitive, portate dal ricorso.
12.3. Infine il tema della mancata considerazione di quanto riferito dei correi sul (negato) coinvolgimento del (OMISSIS). Effettivamente la Corte di appello non esamina la censura, nonostante fosse stata rammentata laddove si sono sintetizzati i motivi di appello. Tuttavia e’ principio consolidato, gia’ riportato anche in questa sede, che il difetto di motivazione, quale causa di nullita’ della sentenza, non puo’ essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei singoli punti di essa, costituendo la pronuncia un tutto coerente ed organico, per cui, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto di essa va posto in relazione agli altri, potendo la ragione di una determinata statuizione anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito (Sez. 4, n. 4491 del 17/10/2012 – dep. 29/01/2013, Pg in proc. Spezzacatena e altri, Rv. 255096).
Orbene, assume rilievo al riguardo il giudizio negativo che la Corte di appello ha espresso a proposito dell’ipotizzato, ma escluso, apporto collaborativo dato dai medesimi rispetto ai delitti in questione.
12.4. Il secondo motivo – totale omissione della motivazione della sentenza di primo grado – e’ infondato per le ragioni gia’ esplicitate supra, sub punto 6.1. Deve aggiungersi che la Corte di appello ha ritenuto non integrata una collaborazione rilevante ai fini dell’attenuante in discussione.
12.5. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato, tenuto conto di quanto si e’ scritto al superiore punto 8.2.
12.6. Il quarto motivo e’ egualmente manifestamente infondato perche’ sottende l’assunzione di un principio del tutto destituito di fondamento, ovvero che al ridursi dell’oggetto della condanna debba conseguire una modifica del giudizio di bilanciamento di cui all’articolo 69 c.p. Un simile automatismo non e’ ammissibile.
L’obbligo motivazionale al riguardo e’ stato assolto dalla Corte di appello anche laddove ha giustificato il diniego dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 Testo Unico Stup.
12.7. Il quinto motivo e’ del tutto coincidente con quello proposto dal (OMISSIS). Valgono pertanto le medesime osservazioni (punto 9.4.).
12.8 Il sesto motivo non e’ consentito perche’ non trova corrispondenza in un motivo dell’atto di appello.
12.9. Altrettanto e’ a dirsi quanto al settimo motivo, che attiene al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 114 c.p..
12.10 Manifestamente infondato e’ infine l’ottavo motivo, posto che la pena e’ stata quantificata muovendo dal minimo edittale e apportando ad esso un aumento di un mese di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa.
12.11. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
13. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile.
Il primo motivo non e’ consentito perche’ con l’atto di appello era stato devoluto al giudice di secondo grado unicamente l’affermazione di responsabilita’ per il delitto di cui agli articoli 56 e 629 c.p. Giova rammentare che la giurisprudenza di questa Corte e’ ferma nel principio che in tema di ricorso per cassazione, poiche’ non possono essere dedotte questioni non prospettate nei motivi di appello tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 6131 del 29/01/2016, Menna e altro, Rv. 266202 – 01). Pertanto, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perche’ non devolute alla sua cognizione (Sez. 3, Sentenza n. 16610 del 24/01/2017, Costa e altro, Rv. 269632 – 01).
13.2. Il secondo motivo e’ aspecifico. Si afferma che la condanna dell’imputato e’ stata fondata sulla mera presenza passiva del ricorrente all’accadimento di tentata estorsione in danno di (OMISSIS). Cio’ non risponde al vero. La Corte di appello ha fatto chiara enunciazione di una fattiva partecipazione dell’imputato, ricavata dal rinvenimento del suo telefono sul luogo dell’aggressione, indizio dello smarrimento dello stesso durante le fasi dell’intimidazione violenta. La corte distrettuale ha anche rimarcato la consapevolezza che l’imputato aveva dello scopo della spedizione, indicando quale fonte di conoscenza il tenore del dialogo avuto dal (OMISSIS) con (OMISSIS) il 31.8.2016.
A fronte di cio’ il ricorrente si limita ad affermare che “risulta abbastanza chiaro dalla documentazione” che egli era “del tutto ignaro dell’intento delittuoso di (OMISSIS)e (OMISSIS)” e che la presenza del suo telefono nel giardino esterno all’abitazione dell’ (OMISSIS) non prova il suo contributo causale.
Come e’ agevole rilevare si tratta dei medesimi rilievi che erano stati portati all’attenzione della Corte di appello e da questa respinti con motivazione non manifestamente illogica.
13.3. Il terzo motivo non e’ consentito. La Corte di appello ha rigettato la richiesta di riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 73, comma 7 TU Stup., sostenendosi che non fosse stata fornita la prova della collaborazione resa dal ricorrente; che anzi emergeva che egli era stato reticente nel chiarire il proprio coinvolgimento dell’aggressione dell’ (OMISSIS) e sui rapporti con l'(OMISSIS) e l’ (OMISSIS). A fronte di cio’, formulando un rilievo puramente in fatto, il ricorrente si e’ limitato a ribadire di aver dato contezza della propria posizione negando la sua partecipazione all’episodio.
Posto che risulta accertato il concorso nel reato da parte del (OMISSIS), l’affermazione di questi non fa che confermare quanto sostenuto dalla Corte di appello, circa l’assenza di una condotta collaborativa.
Quanto alla ritenuta la eccessivita’ della pena rispetto a quella applicata da altro correo ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. e’ sufficiente osservare che il solo fatto che venga inflitta una pena diversa da quella determinata per un correo non indizia la motivazione di illogicita’ manifesta, stante la diversita’ del concreto proporsi degli indici di cui all’articolo 133 c.p. Nel caso di specie, peraltro, si fa riferimento comparativo ad una pena che e’ stata ridotta per il rito prescelto; e la pena inflitta al ricorrente e’ pari al minimo edittale.
La doglianza che attiene al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e’ pur essa non consentita, perche’ con l’atto di appello il punto non era stato devoluto alla Corte di appello.
13.4. Segue alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di duemila Euro alla Cassa delle Ammende.
14. Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato.
14.1. Lo e’ in particolare il primo. Il tema dell’identificazione del soggetto al quale si riferivano alcuni conversanti e del rilievo che deve assumere la dichiarazione discolpatoria di (OMISSIS) e’ stato trattato dalla Corte di appello senza incorrere in alcuno dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione.
La Corte di appello ha rammentato che il ricorrente divenne oggetto delle attenzioni degli investigatori per alcune conversazioni corse tra (OMISSIS) e il (OMISSIS), nelle quali si faceva riferimento al bar di tale (OMISSIS) che si e’ ritenuto essere lo (OMISSIS) (capo 20) e ancora al (OMISSIS) come al soggetto che aveva dato al (OMISSIS) una somma che questi aveva accreditato al (OMISSIS) (capo 21). Per l’identificazione del (OMISSIS) nel (OMISSIS) ha assunto un ruolo decisivo il terzo episodio attribuito a quest’ultimo (capo 22), nel quale compare (OMISSIS), zio dello (OMISSIS), il quale venne arrestato perche’ trovato in possesso di un quantitativo di stupefacente che secondo la ricostruzione dei giudici di merito era destinato proprio allo (OMISSIS), il quale aveva anticipato la somma necessaria ad organizzare la trasferta del corriere (OMISSIS). Connettendo le diverse vicende ed i ruoli assunti in esse dal (OMISSIS) nonche’ la relazione tra questi e il (OMISSIS), la corte distrettuale ha giustificato l’identificazione in (OMISSIS) nell’odierno ricorrente. Il quale, a tale motivata ricostruzione, si e’ limitato ad opporre che lo (OMISSIS) non era mai stato interlocutore nelle comunicazioni telefoniche captate; che non erano stati accertato contatti personali tra questi e gli altri coimputati; che neppure vi e’ prova che fosse destinato allo (OMISSIS) lo stupefacente sequestrato al (OMISSIS), il quale ne aveva escluso la partecipazione al fatto.
Si tratta di mere censure in fatto, giacche’ non viene segnalato alcuno dei vizi della motivazione di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e).
14.2. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato. Il riconoscimento della recidiva e’ esito di un percorso motivazionale che pone in luce la relazione tra i fatti oggetto del presente procedimento e quelli delle precedenti condanne e contiene un esplicito giudizio sull’assenza di effetto diassuasivo avuto da queste, indice di una accresciuta pericolosita’ del reo. Tale giudizio assume il precedente penale per l’accertamento della consapevolezza del disvalore dell’azione da parte del reo e della pericolosita’ sociale dello stesso. Ha rilievo, quindi, la conoscenza e la conoscibilita’ della precedente condanna, dovendosi valutare la possibilita’ per il reo di trarre dal precedente vissuto giudiziario le motivazioni per determinarsi verso condotte lecite e la natura delle controspinte che lo hanno condotto a delinquere nuovamente (cosi’, da ultimo, Sez. U -, Sentenza n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, Rv. 275319 – 01).
La motivazione resa dalla Corte di appello e’ del tutto in linea con tali principi. 14.3. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
15. Il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile.
15.1. Con il solo motivo proposto egli si e’ doluto dell’eccessivita’ della pena, determinata senza considerare le circostanze favorevoli all’imputato evidenziate nell’atto di appello.
Ben diversamente, i giudici di merito hanno determinato la pena base nel minimo edittale e apportato un minimo aumento per la continuazione tra i reati, spiegando che tale aumento era di poco superiore rispetto a quello adottato per lo (OMISSIS) perche’ il (OMISSIS) era stato fornitore di cospicue partite di droga.
Il ricorrente non si confronta con tale motivazione ed asserisce che la Corte di appello avrebbe dovuto valutare anche circostanze favorevoli all’imputato. Assunto che non trova eco nella giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la determinazione della pena e’ adeguatamente motivata gia’ con il richiamo agli indici previsti dall’articolo 133 c.p. e che solo una pena che si avvicini o superi la misura mediana della pena richiede una piu’ deragliata motivazione. Pertanto, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale non e’ necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo e’ desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016 – dep. 15/09/2016, Rignanese e altro, Rv. 267949).
15.2. Segue alla inammissibilita’ del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di duemila Euro alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) limitatamente alla statuizione concernente la continuazione tra i reati con rinvio alla Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, per nuovo giudizio sul punto. Rigetta il ricorso nel resto.
Rigetta i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)o, (OMISSIS), (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.
Dispone correggersi il dispositivo della sentenza impugnata nel senso che dove leggesi, per le posizioni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), “in anni due mesi otto di reclusione ed Euro 14.000,00 di multa” deve leggersi “in anni due mesi otto di reclusione ed Euro 1.400,00 di multa”. Si annoti.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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