Il delitto di rapina assorbe in sé soltanto quel minimo di violenza

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|22 luglio 2021| n. 28523.

Il delitto di rapina assorbe in sé soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse, per cui, ove la vis compulsiva raggiunge nell’iter criminoso un grado tale da divenire causa di lesioni personali, l’agente risponde anche di questo autonomo reato.

Sentenza|22 luglio 2021| n. 28523, Il delitto di rapina assorbe in sé soltanto quel minimo di violenza

Data udienza 15 aprile 2021

Integrale

Tag – parola: Rapina pluriaggravata – Utilizzo di bancomat – Lesioni – Diniego di attenuanti generiche – Dichiarazioni della persona offesa – Inapplicabilità dell’art. 192 comma 3 cpp – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VERGA Giovanna – Presidente

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere

Dott. FILIPPINI Stefan – rel. Consigliere

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 01/10/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO FILIPPINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PEDICINI Ettore, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore avvocato (OMISSIS) per l’accoglimento del ricorso.

Il delitto di rapina assorbe in sé soltanto quel minimo di violenza

RILEVATO IN FATTO

1. La CORTE di APPELLO di MILANO, con sentenza in data 1/10/2019, confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di MILANO, in data 29/11/2017, nei confronti di (OMISSIS) in relazione ai reati di rapina pluriaggravata (capo A), utilizzo abusivo di carta bancomat (capo B) e lesioni (capo C), tutti commessi in concorso con soggetti ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) giudicati separatamente e in danno di (OMISSIS). Secondo la conforme ricostruzione del fatto recepita dalle due sentenze di merito, l’imputata, convivente del (OMISSIS), dopo aver procurato a quest’ultimo uno stato di incoscienza (somministrandogli benzodiazepine disciolte in una bevanda), si e’ prima impossessata della carta bancomat di quest’ultimo ed ha poi effettuato (tramite la figlia, (OMISSIS), giudicata separatamente) prelievi di contanti per oltre Euro 2.500 nelle ore succesive.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputata, tramite difensore, deducendo i seguenti motivi:
– violazione di legge, in relazione all’articolo 192 c.p.p., con riferimento al giudizio di responsabilita’, fondato su errata valutazione delle deposizioni della persona offesa e della di lui madre (teste (OMISSIS)) contraddette sotto diversi profili da quanto affermato da altri dichiaranti ( (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)).
– violazione di legge e inutilizzabilita’ dei tabulati telefonici relativi all’utenza n. 389/1827061, intestata al (OMISSIS) ma in uso alla (OMISSIS), in quanto non compresi nel decreto di acquisizione del traffico telefonico emesso dal PM in data 12.5.2014.
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al diniego delle attenuanti generiche nonostante la condizione di incensurata e le precarie condizioni di salute.
2.1 Con memoria in data 4.3.2021 ex articolo 121 c.p.p., contenente motivi nuovi ex articolo 585 c.p.p., comma 4, e un documento accluso (la sentenza irrevocabile di assoluzione di (OMISSIS), la n. 230 del 12/19.3.2019 del Tribunale per i Minorenni di Milano), la difesa della ricorrente lamenta:
– l’inutilizzabilita’ dei tabulati telefonici nella parte relativa ad utenze non ricomprese nel decreto di acquisizione del PM;
– la violazione di legge ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), articolo 64 c.p.p., comma 3 e comma 3 bis, articolo 191 c.p.p., articolo 192 c.p.p., commi 3 e 4, articolo 197 c.p.p., comma 1, articoli 197 bis e 371 c.p.p., e articolo 111 Cost.; invero, la difesa dell’imputata aveva prodotto gia’ in primo grado alcune denunce presentate dalla (OMISSIS), i provvedimenti cautelari di conseguenza assunti dall’Autorita’ Giudiziaria nei confronti del (OMISSIS) e una sentenza di condanna a suo carico; dunque, deve ritenersi sussistere tra i fatti di causa e quelli appena richiamati un rapporto di connessione probatoria rilevante ex articolo 371 c.p.p., atteso che gli elementi probatori rilevanti per l’accertamento di quei reati spiegano influenza anche sull’accertamento dei reati di causa. Di conseguenza, ricorrendo la richiamata connessione, il mancato avvertimento di cui all’articolo 64 c.p.p., comma 3, lettera c), nei confronti del (OMISSIS), da considerare indagatolimputato di reato connesso o collegato, e che quindi avrebbe dovuto essere esaminato in dibattimento ai sensi dell’articolo 210 c.p.p., comma 6, determina la inutilizzabilita’ della deposizione testimoniale resa senza garanzie.
– la violazione di legge ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), – atteso che le lesioni di cui agli articoli 582 – 585 c.p., (capo C) debbono ritenersi assorbite nella rapina quale circostanza aggravante di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 2. Comunque, vizio di motivazione ex articolo 606, comma 1, lettera e) in relazione agli articoli 582 – 585 c.p., per mancanza assoluta di motivazione sul punto, omessa sia dal primo che dal secondo giudice.
– la violazione di legge per non avere il giudice di merito ritenuto assorbito il delitto di indebito utilizzo della carta bancomat di cui al capo B) nella rapina di cui al capo A).
– la violazione di legge in relazione al diniego delle attenuanti generiche e illogicita’ della motivazione, attesa l’evidente approssimazione dell’azione criminale.

 

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RITENUTO IN DIRITTO

Il ricorso introduttivo e’ inammissibile, al pari di quello per motivi nuovi.
1. Prendendo le mosse dal primo motivo (violazione della regula iuris contenuta nell’articolo 192 c.p.p.), devesi evidenziare che, secondo il condiviso orientamento espresso anche di recente da questa Corte (cfr. SS.UU., n. 29541 del 16/07/2020, Rv. 280027 – 04), in sede di ricorso per cassazione e’ inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’articolo 192 c.p.p., anche se in relazione all’articolo 125, e articolo 546, comma 1, lettera e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilita’ delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita’.
1.1. Nella specie, il motivo si limita a denunciare la violazione dell’articolo 192 c.p.p., attesa la pretesa contraddittorieta’ delle dichiarazioni della persona offesa ed il contrasto con altre risultanze dichiarative introdotte dalla difesa, senza affrontare in alcun modo o specificare le censure in relazione al vizio della motivazione, unico astrattamente invocabile in relazione ai profili dedotti.
1.2. Peraltro, il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito appare conforme ai criteri dettati da questa Corte, secondo cui le dichiarazioni della persona offesa (alla quale non si applicano le regole dettate dall’articolo 192 c.p.p., comma 3) possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilita’ dell’imputato, previa verifica, piu’ penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilita’ soggettiva del dichiarante e dell’attendibilita’ intrinseca del suo racconto (Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Rv. 265104).
1.3 E comunque il motivo e’ inammissibile, anche perche’ diretto a spingere questa Corte verso una non consentita rivalutazione del fatto e dei vari elementi istruttori, che invece e’ gia’ stata adeguatamente effettuata dalla Corte territoriale, la quale (cfr. pag. 6 e segg.) ha motivatamente giudicato lineare, credibile e riscontrata (da analisi chimiche e tabulati telefonici) la deposizione del (OMISSIS), mentre intrinsecamente inattendibili le affermazioni della (OMISSIS) (figlia dell’imputata, ascoltata ai sensi dell’articolo 210 c.p.p., in quanto autrice materiale dei prelevamenti al bancomat) e del (OMISSIS) (ex fidanzato della (OMISSIS), che in sentenza si dice animato da astio verso il (OMISSIS)). Sono pure state adeguatamente affrontate ed escluse tutte le pretese discrasie, rilevate dalla difesa dell’imputata, in merito alle deposizioni della (OMISSIS) (la madre della persona offesa) rispetto a quanto dichiarato dal (OMISSIS) (rimasto per molte ore, oltre una intera giornata, in stato di incoscienza), dalla (OMISSIS) stessa o dalla teste (OMISSIS) (amica dell’imputata). Sono state anche considerate le risultanze dei tabulati telefonici, capaci di escludere che l’apparecchio in uso alla (OMISSIS) sia rimasto in casa per tutta la notte in cui e’ avvenuto l’avvelenamento.

 

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1.4 Per giunta, gli argomenti difensivi rispetto alla valutazione delle prove si fondano su stralci di risultanze istruttorie. E, secondo condivisa giurisprudenza in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericita’, quei motivi che, deducendo i vizio di manifesta illogicita’ o di contraddittorieta’ della motivazione, riportano meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei contenuti probatori (Sez. l,n. 23308 del 18/11/2014, Rv. 263601; Sez. 2, n. 26725 dei 01/03/2013, Rv. 256723). 2. Quanto al secondo motivo, deve parimenti rilevarsi la genericita’ e ripetitivita’ dello stesso, che reitera semplicemente, senza nulla aggiungere, la medesima doglianza (l’essere inutilizzabili le risultanze relative all’utenza 389/1827061 perche’ non compresa nel decreto autorizzativo del PM) gia’ adeguatamente contrastata dai giudici del merito, che hanno concordemente rilevato trattarsi di risultanze indirette, in quanto emerse a seguito della disamina dei contatti delle utenze legittimamente tracciate (quelle in uso alla (OMISSIS) e al citato (OMISSIS); cfr. pag. 9 della sentenza d’appello) perche’ ricomprese nel decreto autorizzativo. Argomento evidentemente corretto dal punto di vista logico, non essendo immaginabile o esigibile (ai fini della utilizzabiiita degli esiti) che il decreto autorizzativo del PM preveda e contempli, ex ante, tutti i numeri con i quali l’utenza attenzionata potra’ venire in contatto (perche’ chiamata o chiamante).
Per giunta, l’argomento difensivo ora riproposto in ricorso si presenta connotato da estrema genericita’, perche’ non indica quali rilevamenti, telefonate o contatti sarebbero inutilizzabili, ne’ effettua la ed. “prova di resistenza” rispetto alle ulteriori risultanze istruttorie. 2.1. Quest’ultimo aspetto di genericita’, per giunta, risulta anche dirimente rispetto al tema della potenziale rilevabilita’, pure officiosa, “in ogni stato e grado”, della inutilizzabilita’ delle prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge (articolo 191 c.p.p.), non avendo il ricorrente adeguatamente illustrato in quale modo le risultanze relative ai contatti o all’ubicazione del telefono in uso alla (OMISSIS) abbiano inciso rispetto alla formazione della prova, prevalentemente fondata su elementi dichiarativi (la deposizione del (OMISSIS), della di lui madre, ecc), sui riscontri tratti dalle analisi tossicologiche e sulla logica ricostruzione dei fatti operata alla luce dei dati incontroversi, quali l’impossessamento, da parte della (OMISSIS), della tessera bancomat del (OMISSIS) e l’abusiva effettuazione di piu’ prelevamenti in tempi ravvicinati (collocati all’interno della fase di incoscienza della vittima).
2.2. Il medesimo profilo di genericita’ della questione priva anche di concreta rilevanza in causa il tema della legittimita’ delle acquisizioni dei tabulati in forza del solo decreto autorizzativo del PM, cosi’ come attualmente previsto dal Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, articolo 132.
Invero, non ignora il Collegio che la Grande Camera della Corte di giustizia UE, nella sentenza del 2 marzo 2021, H.K., C-746/18, in tema di tabulati telefonici e telematici, rispondendo a un rinvio pregiudiziale sollevato dalla Corte suprema estone, ha affermato che il diritto UE (e, in particolare, l’articolo 15 della direttiva 2002/58/UE, letto alla luce degli articoli 7, 8, 11 e 52 della Carta di Nizza) osta a una disciplina nazionale che: 1) non circoscriva l’accesso di autorita’ pubbliche a dati idonei a fornire informazioni su comunicazioni effettuate da un utente “a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalita’ o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica”; 2) affidi nel corso di un rito penale al pubblico ministero e non a un soggetto terzo (come un giudice) la competenza ad autorizzare l’accesso a tali dati. Tuttavia, pur non dubitando il Collegio della possibile diretta applicabilita’, nell’ordinamento nazionale, della decisione della Corte di Giustizia (organo che, quale interprete qualificato del diritto UE, indica il significato ed i limiti di applicazione delle norme comunitarie, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunita’ -cfr. Cass., Sez. Lav., 17 maggio 2019, n. 13425; Cass. Civ, n. 22577 del 2012, ivi richiamata-), nella specie non pare che la decisione della CGUE del 2 marzo 2021 sia idonea ad escludere la sussistenza di residui profili di incertezza interpretativa e discrezionalita’ applicativa in capo alla normativa interna; in sostanza, la richiamata pronuncia Europea sembra incapace di produrre effetti applicativi immediati e diretti a causa dell’indeterminatezza delle espressioni ivi utilizzate al fine di legittimare l’ingerenza dell’autorita’ pubblica nella vita privata dei cittadini: infatti, il riferimento alle “forme gravi di criminalita’” ed alla funzione di “prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica”, sembra necessariamente implicare un intervento legislativo volto ad individuare, sulla base di “criteri oggettivi”, cosi’ come richiesto dalla stessa pronuncia della Corte Europea, le categorie di reati per i quali possa ritenersi legittima l’acquisizione dei dati di traffico telefonico o telematico.

 

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Peraltro, come gia’ detto, nella vicenda in esame non risultano neppure adeguatamente indicati, da parte del ricorrente, i profili di specifica rilevanza degli elementi tratti dai tabulati nel complessivo quadro accusatorio.
3. Manifestamente infondato e’ il terzo motivo, con il quale si contesta il diniego delle attenuanti generiche nonostante la condizione di incensurata e le precarie condizioni di salute dell’imputata.
Invero, a fondamento della statuizione contestata, gia’ il primo giudice aveva valorizzato la pericolosita’ della condotta per l’incolumita’ della persona offesa e intensita’ del dolo della (OMISSIS); la Corte d’appello ha logicamente aggiunto, a dette considerazioni, l’evidente premeditazione della condotta, la grave intossicazione acuta del (OMISSIS) che ne e’ scaturita e il tradimento morale che attesta.
In tal modo il giudice del merito si e’ adeguato al consolidato orientamento di questa Corte, per il quale, al fine di ritenere od escludere la configurabilita’ di circostanze attenuanti generiche, il giudice puo’ limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’articolo 133 c.p., quelli che ritiene prevalente ed atti a determinare o meno il riconoscimento del beneficio: anche un solo elemento attinente alla personalita’ del colpevole od all’entita’ del reato ed alle modalita’ di esecuzione di esso puo’, pertanto, risultare all’uopo sufficiente (cosi’, tra le tante, Sez. 2, n. 3609 del 18 gennaio 2011, RV. 249163).
4. Quanto alla memoria contenente motivi nuovi, deve rilevarsi, in primo luogo, che gli stessi debbono considerarsi radicalmente inammissibili in forza dell’esplicita previsione normativa di cui all’articolo 585 c.p.p., comma 4, facendo seguito a ricorso inammissibile. Si veda anche, di recente, Sez. 5, n. 48044 del 2/7/2019, Rv. 277850 – 01, secondo cui l’inammissibilita’ dei motivi originari del ricorso per cassazione non puo’ essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione.
4.1. Per giunta, l’argomento relativo ai tabulati non supera, neppure in sede di motivi aggiunti, l’assoluta genericita’ delle deduzioni in tema, non spiegandosi in alcun modo quale contatto, quale ubicazione o quale conversazione avrebbe efficacia destrutturante rispetto alla ricostruzione accusatoria recepita dai giudici del merito.
4.2. Inoltre, il tema relativo alla pretesa sussistenza, in capo al (OMISSIS), della qualita’ di indagatolimputato per reato connesso, e’ anche del tutto esulante dai temi affrontati con il ricorso principale, cosi’ violandosi l’ulteriore insegnamento di questa Corte (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 36206 del 30/09/2020, Rv. 280294 – 01), secondo cui, in materia di impugnazioni, la facolta’ del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali, di cui i primi devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti gia’ dedotti, sicche’ sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l’ambito del predetto “petitum”, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l’impugnazione).
4.3. In merito all’argomento relativo al preteso assorbimento del reato di lesioni di cui al capo C) nella circostanza aggravante della rapina (quella di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 2), oltre all’estraneita’ rispetto ai motivi di ricorso per cassazione, deve rilevarsi anche la mancanza del tema nei motivi d’appello, nonostante gli espressi argomenti spesi al riguardo dal primo giudice (cfr. pag. 8 della relativa sentenza). Comunque, e’ argomento manifestamente infondato, come da risalente insegnamento di questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 6986 del 17/12/1976, Rv. 136049 – 01) secondo cui il delitto di rapina assorbe in se’ soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse, per cui, ove la vis compulsiva raggiunge nell’iter criminoso un grado tale da divenire causa di lesioni personali, l’agente risponda anche di questo autonomo reato.E nella fattispecie, le lesioni sono state evidentemente rappresentate dall’intossicazione acuta riscontrata dai sanitari che si sono occupati del ricovero ospedaliero del (OMISSIS).

 

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4.4. Del pari nuovo, rispetto ai temi introdotti con il ricorso principale, e’ il motivo relativo al preteso assorbimento del delitto di indebito utilizzo della carta bancomat di cui al capo B) nella rapina di cui al capo A).
4.5. Mentre puramente reiterat-ivo e’ l’argomento relativo al diniego delle attenuanti generiche, adeguatamente contrastato dai giudici del merito, come espresso al superiore punto 3.
5. Alla inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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