Il contenuto della querela può essere legittimamente utilizzato nel corso della deposizione

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 27 maggio 2020, n. 16026.

Massima estrapolata:

Il contenuto della querela può essere legittimamente utilizzato nel corso della deposizione della persona offesa quale «aiuto alla memoria» ex art. 499, comma 5, cod. proc. pen., nel caso in cui essa sia stata redatta dallo stesso testimone e presentata per iscritto al pubblico ministero, ad un ufficiale di polizia giudiziaria o ad un agente consolare all’estero, ovvero ai fini delle contestazioni ex art. 500, commi 1 e 2, cod. proc. pen., quando la querela sia stata proposta oralmente e ricevuta in apposito verbale, trattandosi di dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero.

Sentenza 27 maggio 2020, n. 16026

Data udienza 12 febbraio 2020

Tag – parola chiave: Danneggiamento aggravato – Minaccia grave – Procedimento penale – Dibattimento – Impedimento a comparire dell’imputato – Impedimento dovuto a serie ragioni di salute – Accertamento ad opera del giudice – riferimento a nozioni di comune esperienza – Legittimità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGO Geppin – Presidente

Dott. MESSINI D’AGOSTINI P – rel. Consigliere

Dott. BORSELLINO Maria – Consigliere

Dott. PARDO Ignazi – Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincen – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/03/2019 della CORTE DI APPELLO DI CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SECCIA Domenico, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore dell’imputato avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 8/7/2016 il Tribunale di Crotone dichiarava (OMISSIS) colpevole dei delitti di danneggiamento aggravato e minaccia grave; riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e riuniti i reati sotto il vincolo della continuazione, il primo giudice condannava l’imputato alla pena di sette mesi di reclusione e 200 Euro di multa nonche’ al risarcimento in favore delle parti civili.
Con sentenza emessa il 5/3/2019 la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione impugnata, riconosceva le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle aggravanti, rideterminava la pena in quattro mesi e quindici giorni di reclusione e concedeva il beneficio della sospensione condizionale, confermando le statuizioni civili.
Secondo l’ipotesi accusatoria, recepita dai giudici di merito, l’imputato dapprima minaccio’ di morte (OMISSIS) e (OMISSIS) e, qualche ora dopo, danneggio’ l’escavatore di proprieta’ del primo, causandone la completa distruzione.
2. Ha proposto ricorso (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza per i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge per non avere la Corte di appello rilevato una nullita’ ex articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c), conseguente alla notificazione del decreto di giudizio di appello con l’indicazione di una data errata (19/1/2019) rispetto a quella in cui si e’ effettivamente tenuta l’udienza (il 15/1/2019), poi rinviata al 5/3/2019 senza che fosse effettuato alcun avviso all’imputato.
Inoltre, la Corte, “effettuando valutazioni prettamente mediche”, ha disatteso il motivo di appello relativo all’omesso rinvio dell’udienza svoltasi l’8/7/2016 davanti al Tribunale, nonostante la difesa avesse documentato un legittimo impedimento dell’imputato.
2.2. Violazione della legge processuale (articolo 503 c.p.p., comma 3, e articolo 511 c.p.p., comma 4), in quanto la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto legittime le contestazioni, fatte durante le deposizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), del contenuto della querela, la cui lettura “ha portato grave pregiudizio nonche’ ha alterato – in modo determinante – il normale e genuino corso dell’esame e controesame dei testi”.
2.3. Vizio motivazionale in relazione all’affermazione di responsabilita’ per entrambi i reati, anche con riferimento alla richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale (esame di testi e svolgimento di una perizia sulle cause dell’incendio dell’escavatore) nonche’ travisamento ed illogica interpretazione delle deposizioni rese dalle due persone offese, “contraddittorie e soprattutto in netto contrasto con quelle rese dai carabinieri”, come risulta da una serie di risposte riportate nel ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile perche’ proposto con motivi manifestamente infondati o non consentiti.
2. I motivi in rito sono privi di pregio.
2.1. E’ noto che la Corte di legittimita’ e’ giudice anche del fatto riguardo alle questioni di natura processuale, essendole in tal caso consentito l’accesso all’esame diretto degli atti processuali (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304; Sez. 4, n. 47891 del 28/09/2004, Mauro, Rv. 230568; da ultimo v. Sez. 2, n. 3261 del 30/11/2018, dep. 2019, Bossi, Rv. 274894, in motivazione).
Dagli atti inseriti nel fascicolo processuale risulta che il nuovo decreto di citazione a giudizio, in data 16/1/2019, con l’indicazione della data della nuova udienza (5/3/2019) fu notificato all’imputato a mezzo del servizio postale; la notifica si perfeziono’ per compiuta giacenza.
2.2. La doglianza relativa al mancato rinvio dell’udienza svoltasi l’8/7/2016 davanti al Tribunale, per legittimo impedimento dell’imputato, nell’atto di appello era stata proposta incidentalmente in modo del tutto generico, essendosi lamentato che la richiesta di rinvio non fosse stata “presa in debita considerazione”.
In ogni caso la Corte territoriale ha ritenuto che, sulla base del contenuto del certificato medico del 7/7/2016 (il paziente “e’ affetto da gastroenterite pertanto necessita di giorni tre (3) di riposo e cure domiciliari”), correttamente il Tribunale avesse disposto la celebrazione del processo, non ricorrendo l’assoluto impedimento dell’imputato.
La valutazione del giudice di appello non e’ censurabile, considerato che secondo la costante giurisprudenza di legittimita’, l’assoluto impedimento a comparire dell’imputato o del difensore, conseguente ad una patologia, deve risolversi in una situazione tale da impedire all’interessato di partecipare all’udienza se non a prezzo di un grave rischio per la propria salute, potendo fare il giudice ricorso, per la valutazione di tali requisiti, anche a nozioni di comune esperienza, indipendentemente da una verifica medico-fiscale (Sez. 3, n. 48270 del 07/06/2018, P., 274699; Sez. 5, n. 3558 del 19/11/2014, dep. 2015, Margherita, Rv. 262846; Sez. 4, n. 7979 del 28/01/2014, Basile, Rv. 259287; Sez. 5, n. 44845 del 24/09/2013, Hrvic, Rv. 257133; Sez. 6, n. 4284 del 10/01/2013, G., Rv. 254896).
Le Sezioni unite di questa Corte hanno di recente ribadito che, ai fini del differimento dell’udienza, e’ riservato al giudice di merito l’apprezzamento circa la serieta’, l’imprevedibilita’ e l’attualita’ del dedotto impedimento (Sez. U, n. 41432 del 21/07/2016, Nifo Sarrapochiello, Rv. 267747, in motivazione).
3. Anche il secondo motivo e’ privo di fondamento.
La Corte di appello ha correttamente affermato che il contenuto della querela poteva essere legittimamente utilizzato nel corso delle deposizioni delle persone offese, facendo sia pure sintetico ed implicito riferimento a due diverse ipotesi.
Nel caso in cui sia stata redatta dallo stesso testimone e presentata per iscritto al pubblico ministero, a un ufficiale di polizia giudiziaria o a un agente consolare all’estero (articolo 337 c.p.p., comma 1), la querela puo’ essere consultata dal teste “in aiuto della memoria”, ai sensi dell’articolo 499 c.p.p., comma 5, (in questo senso v. Sez. 4, n. 26387 del 07/05/2009, Giunta, Rv. 244401; piu’ di recente cfr. Sez. 5, n. 24265 del 19/01/2015, Paglia, n. m.).
Se invece – come pare avvenuto nel caso di specie, sulla base delle deduzioni del ricorrente – la querela venga proposta oralmente e ricevuta in apposito verbale, redatto dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 337 c.p.p., comma 2, e articolo 357 c.p.p., comma 2, lettera a), non vi e’ alcun ostacolo all’utilizzo dell’atto ai fini delle contestazioni, ex articolo 500 c.p.p., commi 1 e 2, trattandosi di “dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero”.
4. Il terzo motivo e’ privo di pregio, in primo luogo per la sua genericita’.
4.1. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione e’ innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioe’ con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.
La mancanza di specificita’ del motivo va valutata e ritenuta non solo per la sua genericita’, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non puo’ ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificita’ che conduce, a norma dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), alla inammissibilita’ della impugnazione.
Detto principio e’ stato di recente ribadito dalle Sezioni unite della Suprema Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822), che hanno anche distinto fra il difetto di “specificita’ intrinseca”, presente quando le impugnazioni siano fondate su considerazioni astratte o non pertinenti al caso concreto, e quello della mancanza della cosiddetta “specificita’ estrinseca”, che puo’ essere definita come la esplicita correlazione dei motivi di impugnazione con le ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata (in senso conforme cfr., ad es., Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, Jallow, Rv. 275841; Sez. 2, n. 5253 del 15/01/2019, C., Rv. 275522; Sez. 2, n. 52617 del 13/11/2018, Di Schiena, Rv. 271373-02; Sez. 5, n. 34504 del 25/5/2018, Cricca, Rv. 273778).
Sono inammissibili, dunque, i motivi costituenti mera replica di quelli gia’ dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, in quanto non possono ritenersi specifici, ma risultano soltanto apparenti, dal momento che omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.
Inoltre, “la riproduzione, totale o parziale, del motivo d’appello ben puo’ essere presente nel motivo di ricorso (ed in alcune circostanze costituisce incombente essenziale dell’adempimento dell’onere di autosufficienza del ricorso), ma solo quando cio’ serva a “documentare” il vizio enunciato e dedotto con autonoma specifica ed esaustiva argomentazione, che, ancora indefettibilmente, si riferisce al provvedimento impugnato con il ricorso e con la sua integrale motivazione si confronta” (Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan,.Rv. 276062, in motivazione).
Il ricorrente, in larga parte, ha pedissequamente riproposto doglianze gia’ attentamente esaminate dalla Corte territoriale con argomentazioni coerenti, prive di illogicita’ e contraddittorieta’, con le quali la difesa ha omesso in larga parte di confrontarsi.
4.2. Nel contempo, il ricorrente ha di fatto sollecitato questa Corte a svolgere un terzo grado di merito; secondo il diritto vivente, e’ invece preclusa al giudice di legittimita’ “la possibilita’ di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilita’ delle fonti di prova” (cosi’, di recente, Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, dep. 2018, Colomberotto, Rv. 271702; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; da ultimo cfr. Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, dep. 2019, Battaglia, Rv. 275100, in motivazione).
4.3. La sentenza impugnata ha adeguatamente motivato in ordine al profilo dell’attendibilita’ delle persone offese.
Il giudice puo’ basare il proprio convincimento sulla deposizione della persona offesa dal reato, dovendo pero’ effettuare un riscontro della credibilita’ soggettiva ed oggettiva della stessa attraverso la conferma del restante materiale probatorio (anche se non a mezzo dei riscontri esterni previsti dall’articolo 192 c.p.p., comma 3), ed accertando cosi’ con rigore, specie se si e’ costituita parte civile, l’intrinseca coerenza logica della sua testimonianza, unitamente all’assenza di elementi che inducano a dubitare dell’obiettivita’ del dichiarante (cfr., ex plurimis, Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104).
Da ultimo si e’ ribadito che il senso di detto principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimita’, “e’ quello di imporre un vaglio rinforzato dell’attendibilita’ del testimone portatore di un astratto interesse a rilasciare dichiarazioni etero accusatorie e non certo quello di negare l’autonomo valore probatorio delle stesse. In tal senso, qualora possa risultare opportuna l’acquisizione di positive conferme esterne a tali dichiarazioni, queste possono consistere in qualsiasi elemento di fatto idoneo ad escludere l’intento calunniatorio della persona offesa, ma non devono certo risolversi necessariamente in autonome prove del fatto imputato, ne’ devono assistere ogni segmento della narrazione della stessa, posto che la loro funzione e’ sostanzialmente quella di asseverare esclusivamente ed in via generale la sua credibilita’ soggettiva” (cosi’ Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, S., Rv. 275312).
Inoltre, le Sezioni unite di questa Corte, nella citata sentenza, hanno anche statuito che “la valutazione della credibilita’ della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non puo’ essere rivalutata in sede di legittimita’, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni”, ipotesi che non ricorre nel caso di specie, alla luce anche dei molteplici e significativi riscontri.
4.4. Erroneamente il ricorrente ha invocato il vizio del travisamento della prova, per la configurabilita’ del quale e’ necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformita’ tra il senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto; va escluso, pertanto, che integri il suddetto difetto un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, Grancini, Rv. 272406; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, dep. 2018, Colomberotto, Rv. 271702; Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087; da ultimo v. Sez. 2, n. 10988 del 28/02/2019, Ventimiglia, n. m.).
Inoltre, e’ inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicita’ della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione, cosi’ da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 2, n. 13697 del 11/03/2016, Zhou, Rv. 266444, in motivazione; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez. 3, n. 43322 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 260994; Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Natale, Rv. 256723; da ultimo v. Sez. 2, n. 51193 del 13/11/2019, Pellegrino, n. m.).
Avuto specifico riguardo al travisamento della prova, si e’ recentemente affermato che “l’esame del vizio presuppone necessariamente che l’atto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali” (Sez. 3, n. 38431 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911).
Da ultimo la Suprema Corte ha precisato che anche a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 165-bis disp. att. c.p.p., introdotto dal Decreto Legislativo 6 febbraio 2018, n. 11, articolo 7, comma 1, trova applicazione il principio di autosufficienza del ricorso, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria” del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Rv. 276432).
Nel caso di specie la difesa si e’ limitata a riportare (nuovamente) nel ricorso solo alcuni passi delle deposizioni dei testi.
4.5. Con decisione incensurabile, infine, la Corte ha anche disatteso la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, che “rappresenta, invero, un istituto di carattere eccezionale, al quale puo’ farsi ricorso, in deroga alla presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, esclusivamente allorche’ il giudice ritiene, nella sua discrezionalita’, indispensabile la integrazione, nel senso che non e’ altrimenti in grado di decidere sulla base del solo materiale gia’ a sua disposizione” (cosi’ Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820).
5. All’inammissibilita’ dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonche’, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro duemila, cosi’ equitativamente fissata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila alla Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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