Il conflitto d’interessi idoneo a produrre l’annullabilità del contratto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|22 luglio 2022| n. 22973.

Il conflitto d’interessi idoneo a produrre l’annullabilità del contratto

Il conflitto d’interessi idoneo, ex art. 1394 cod. civ., a produrre l’annullabilità del contratto, richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro. Tale situazione, riferendosi ad un vizio della volontà negoziale, deve essere riscontrabile al momento perfezionativo del contratto, restando irrilevanti evenienze successive eventualmente modificative della iniziale convergenza d’interessi

Ordinanza|22 luglio 2022| n. 22973. Il conflitto d’interessi idoneo a produrre l’annullabilità del contratto

Data udienza 6 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Contratto di compravendita immobiliare – Il conflitto d’interessi idoneo a produrre l’annullabilità del contratto –  Obbligo per i venditori di cancellare la trascrizione del sequestro conservativo sul bene – Interpretazione del giudice di merito – Insindacabilità in assenza di violazioni dei canoni legali di interpretazione – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 3972/2018 proposto da:
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentate e difese, in virtu’ di procure in calce al ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente agli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
e
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’Avv. (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
nonche’
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2857/2016, pubblicata il 19 dicembre 2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 maggio 2022 dal Consigliere relatore Dott. Cesare Trapuzzano;
letta la memoria depositata dalle controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c.

Il conflitto d’interessi idoneo a produrre l’annullabilità del contratto

FATTI DI CAUSA

1.- (OMISSIS) e (OMISSIS), in qualita’ di nude proprietarie, nonche’ (OMISSIS), in qualita’ di usufruttuario, convenivano, davanti al Tribunale di Rovigo, (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo che fosse ordinato ai convenuti di provvedere alla cancellazione della trascrizione del sequestro conservativo insistente sul bene compravenduto ovvero che gli attori potessero surrogarsi ai convenuti nell’incombente, in caso di loro inadempimento, oltre al risarcimento dei danni subiti e quantificati in Euro 1.600.000,00.
Esponevano che, con atto di compravendita del 17 dicembre 1997, avevano acquistato da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) un terreno agricolo sito nel Comune di (OMISSIS), per il corrispettivo di vecchie lire 660 milioni, e che (OMISSIS) aveva stipulato con (OMISSIS) contratto di affitto agrario relativo al fondo acquistato, per la durata di 10 anni e per il canone annuale di vecchie lire 8 milioni.
Sostenevano, poi, che gli alienanti si erano impegnati alla cancellazione delle formalita’ gravanti sul bene ed in tal senso avevano provveduto, fatta esclusione per il sequestro conservativo, emesso a loro favore dal Tribunale di Rovigo, in ragione della pendenza tra i venditori di una causa ereditaria, sequestro debitamente trascritto.
Rilevavano, quindi, che – in ordine a tale sequestro – non solo non erano state cancellate le relative formalita’, ma in aggiunta i venditori (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano addirittura chiesto la nomina di un nuovo custode, il quale, a sua volta, aveva domandato agli acquirenti la restituzione dei frutti percepiti a decorrere dal 17 dicembre 1997.
(OMISSIS) e (OMISSIS) si costituivano in giudizio e resistevano alla domanda, prospettando: che, nella procura a vendere rilasciata a favore di (OMISSIS) e (OMISSIS), non era stato previsto il rivendicato adempimento e, dunque, costoro avevano agito oltre i limiti del mandato conferito, non potendo, per l’effetto, obbligare in tal senso le mandanti; che gli attori avevano acquistato il bene nella consapevolezza della esistenza dei gravami sullo stesso iscritti; che (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano agito in palese conflitto di interessi, avendo strettissimi legami parentali con gli acquirenti.

Il conflitto d’interessi idoneo a produrre l’annullabilità del contratto

Si costituivano in giudizio anche (OMISSIS), (OMISSIS), gli eredi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), e (OMISSIS), aderendo alle domande spiegate dagli attori e negando ogni responsabilita’ in merito al lamentato inadempimento.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 277/2015 del 13 aprile 2015, dichiarava la cessazione della materia del contendere con riferimento alle posizioni dei convenuti rimasti contumaci (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), disponendone l’estromissione dal giudizio, e ordinava alle parti convenute costituite di porre in essere tutti i comportamenti attivi e/o negativi necessari per ottenere dalla Conservatoria la cancellazione del sequestro conservativo entro il termine di 120 giorni dalla pubblicazione dena sentenza. Disponeva poi che, decorso inutilmente tale termine, fosse ordinato alla Conservatoria competente per territorio di procedere, su richiesta congiunta delle parti attrici, alla cancellazione della trascrizione del suddetto sequestro conservativo. Infine, condannava, in solido, (OMISSIS) e (OMISSIS) a risarcire il danno patrimoniale subito da (OMISSIS) e
(OMISSIS), anche quali eredi del defunto (OMISSIS), e da (OMISSIS), quale ulteriore erede di quest’ultimo, liquidato in complessivi Euro 33.378,75.
2.- Sul gravame interposto da (OMISSIS) e (OMISSIS), la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata, condannando gli appellanti alla refusione delle spese di lite.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava: a) che i motivi di impugnazione con cui le appellanti avevano lamentato l’erronea decisione, in punto di abuso di rappresentanza dei procuratori costituiti e di conflitto di interesse tra mandanti e mandatari, erano infondati; b) che anche le odierne appellanti figuravano tra i soggetti venditori in forza della rappresentanza conferita ai procuratori (OMISSIS) e (OMISSIS); c) che nella compravendita era menzionato, tra gli altri, anche il sequestro conservativo trascritto il 20 agosto 1987, formalita’ ben nota agli acquirenti, che gli alienanti, come sopra rappresentati, avevano assunto l’obbligo di “far togliere e cancellare al piu’ presto” dai beni venduti, sicche’ tale obbligo riguardava anche le appellanti; d) che i due procuratori incaricati non avevano commesso alcun eccesso di potere nell’esecuzione della procura, inserendo nella compravendita l’impegno a cancellare il sequestro, poiche’ nella procura speciale del 28 aprile 1997 le appellanti avevano incaricato i procuratori di “garantire la proprieta’ e la liberta’ dell’immobile”, impegno che i procuratori non avrebbero potuto assumere se fosse rimasto trascritto il sequestro conservativo; e`,’ che, a tal fine, non assumeva rilievo il fatto che i procuratori sapessero che non era stato sottoscritto alcun accordo che imponesse ai venditori di procedere alla cancellazione del sequestro, essendo evidente che gli acquirenti avevano l’interesse ad acquistare la proprieta’ libera da formalita’ pregiudizievoli; f) che doveva essere disposta la condanna alle spese di lite a carico delle appellanti soccombenti, applicando i valori minimi per le tre fasi, secondo i parametri previsti dalla tariffa relativa allo scaglione di riferimento.
3.- Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, (OMISSIS) e (OMISSIS). Hanno resistito con controricorso gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ (OMISSIS). Sono rimaste intimate (OMISSIS) e (OMISSIS). Non sono state evocate in giudizio le parti dichiarate contumaci nel giudizio di gravame (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
4.- Le controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno presentato memoria.

Il conflitto d’interessi idoneo a produrre l’annullabilità del contratto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- In primis, non e’ necessario disporre l’integrazione del contraddittorio verso le parti dichiarate contumaci nel giudizio di gravame (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e non evocate nel giudizio di cassazione, poiche’ il ricorso appare prima facie infondato per le ragioni che seguono.
Infatti, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli articoli 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attivita’ processuali e formalita’ superflue, perche’ non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parita’, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale e’ destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettivita’ dei diritti processuali delle parti (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 16141 del 17/06/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018; Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013; Sez. U, Ordinanza n. 6826 del 22/03/2010).
2.- Con il primo motivo le ricorrenti denunciano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 1362 c.c., per avere la Corte territoriale utilizzato i contenuti del preliminare di compravendita del 21 ottobre 1997 e del definitivo di compravendita del 17 dicembre 1997 allo scopo di rilevare i limiti dei poteri conferiti dalle istanti ai procuratori speciali (OMISSIS) e (OMISSIS).
Sul punto, si deduce che l’interpretazione della volonta’ dei rappresentati, all’esito del confronto del contenuto della procura speciale con i contratti posti in essere dai rappresentanti, avrebbe dovuto indurre il Giudice a rilevare l’eccesso dei poteri esercitati da quest’ultimi, mentre la conclusione opposta, raggiunta dalla sentenza impugnata, sarebbe la risultante di “una forzatura del materiale istruttorio (tutto documentale) a disposizione del Giudicante”, poiche’ i limiti della rilasciata procura speciale a vendere dovevano essere indagati sulla scorta del loro significato letterale, da cui senz’altro si doveva desumere che non era previsto alcun impegno a provvedere alla cancellazione della trascrizione del sequestro conservativo, esito suffragato dal comportamento successivo tenuto dalle parti.
2.1.- Il motivo e’ inammissibile sotto piu’ profili.

Il conflitto d’interessi idoneo a produrre l’annullabilità del contratto

Si premette che l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volonta’ dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai ‘sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, anche nell’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. L, Sentenza n. 10745 del 04/04/2022; Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016).
All’uopo, le ricorrenti si dolgono della violazione della regola interpretativa secondo cui sarebbe stato travisato il senso letterale delle parole utilizzate.
Senonche’ la Corte di merito, ai fini di negare la ricorrenza dell’eccepito abuso di rappresentanza dei procuratori costituiti – per un verso – ha richiamato l’obbligo assunto dai venditori nel contratto di compravendita di “far togliere e cancellare al piu’ presto” dai beni venduti le formalita’ esistenti, tra cui era menzionato anche ill sequestro conservativo trascritto il 20 agosto 1987, e – per altro verso – ha riportato i termini della procura speciale conferita il 28 aprile 1987, in cui le appellanti incaricavano i procuratori speciali anche di “garantire la proprieta’ e la liberta’ dell’immobile”.
A fronte di questi rilievi, le istanti chiedono che sia sindacato il significato che il Giudice del gravame ha attribuito alle espressioni contenute nella compravendita e nella procura speciale, per l’asserito travisamento del senso letterale delle parole utilizzate, anche alla stregua del comportamento successivo assunto dalle parti, senza pero’ che sia stata dedotta la ragione (il quomodo) della violazione del richiamato canone ermeneutico del contratto.
Segnatamente nel ricorso non e’ stata fornita alcuna argomentazione confutativa del significato che il Giudice del gravame ha attribuito alle parole specificamente indicate.
Ne consegue l’inammissibilita’ della critica, poiche’ il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli articoli 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma e’ tenuto, altresi’, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017; Sez. 1, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017).
Nella fattispecie alla parte destruens (atta a criticare la lettura della procura speciale fornita dal giudice di merito) non e’ stata associata alcuna parte costruens (volta a stabilire i termini della lettura alternativa che si sarebbe dovuta dare alle parole utilizzate).
Tanto piu’ che, ai sensi dell’articolo 1708 c.c., comma 1, il mandato comprende non solo gli atti per i quali e’ stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento, principio che nel caso in esame si traduce nel senso che il potere gestori e di spendita del nome altrui, attribuito per la vendita del bene immobile, implicitamente si estendeva alla garanzia dell’acquisto libero da pesi, in mancanza di un’espressa volonta’ da cui potesse desumersi che la pattuizione onerasse gli acquirenti di curare la liberazione del cespite dai vincoli su esso gravanti.
In proposito, si rileva che le attivita’ accessorie che il mandatario e’ abilitato a compiere possono consistere, oltre che nel compimento di atti giuridici, nello svolgimento di atti materiali che ne costituiscano il naturale svolgimento, e nel caso che sia indicato il fine che il mandante si propone, il mandatario puo’ compiere qualsiasi atto idoneo a realizzare detto fine (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7876 del 18/05/2012; Sez. 3, Sentenza n. 27335 del 12/12/2005; Sez. 1, Sentenza n. 2149 del 25/02/2000; Sez. 1, Sentenza n. 5932 del 15/06/1999).
2.2.- Ne’ a diversa conclusione puo’ pervenirsi quanto all’evocazione dell’asserita violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c.
Cio’ in quanto la contestazione della lettura delle risultanze probatorie effettuata dalla Corte territoriale, sotto il profilo dell’esito valutativo cui essa e’ pervenuta, non puo’ avvenire in questa sede.
Infatti, la censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Sez. 6-1, Ordinanza n. 1229 del 17/01/2019).
Al contempo, il potere del giudice di valutazione della prova non e’ sindacabile in sede di legittimita’ sotto il profilo della violazione dell’articolo 116 c.p.c., quale apprezzamento riferito ad un astratto e generale parametro non prudente della prova, posto che l’utilizzo del pronome “suo” e’ estrinsecazione dello specifico prudente apprezzamento del giudice della causa, a garanzia dell’autonomia del giudizio in ordine ai fatti relativi, salvo il limite che “la legge disponga altrimenti” (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 34786 del 17/11/2021; Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020).
3.- Con la seconda doglianza le ricorrenti prospettano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa pronuncia in merito al motivo d’appello proposto, con cui si contestava l’esistenza di un conflitto di interessi dei rappresentanti con i rappresentati, oggetto di specifica discussione tra le parti.
In particolare, secondo le istanti, la Corte di merito avrebbe omesso qualsiasi riferimento, anche grafico, al motivo in questione, non preso in considerazione sebbene sia stato diffusamente argomentato nell’atto d’appello, senza che esso potesse ritenersi assorbito nella trattazione del primo motivo di gravame, stante che le argomentazioni poste a supporto della reiezione di tale ultimo motivo non affrontavano minimamente il problema delle relazioni tra i procuratori dei venditori e gli acquirenti.
3.1.- La critica e’ infondata.
Si premette che e’ contraddittoria la denuncia di omessa pronuncia sub specie di omesso esame di un fatto decisivo, poiche’ il vizio dedotto implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’articolo 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 6150 del 05/03/2021; Sez. L, Sentenza n. 13866 del 18/06/2014).
Nondimeno, il motivo proposto non e’ inammissibile, essendo stata prospettata con chiarezza la questione dell’omessa pronuncia quale specifico vizio processuale della sentenza impugnata (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 16170 del 19/06/2018).
Nel caso in esame, secondo l’assunto delle ricorrenti, il conflitto di interessi – consistente nella sussistenza di significativi rapporti tra i rappresentati e gli acquirenti – si sarebbe tradotto in concreto, con riferimento al negozio stipulato in forza della rilasciata procura speciale, nella previsione, nel testo dell’atto di vendita, dell’obbligo di cancellazione della trascrizione del sequestro conservativo posto a carico degli alienanti, allo scopo di consentire la creazione dell’utile degli acquirenti mediante il sacrificio dei venditori, che non avrebbero mai conferito il mandato anche in ordine all’impegno di cancellazione.
Ne consegue che il vizio di omessa pronuncia non ricorre poiche’ l’esclusione del contestato abuso ha implicato l’implicito rigetto del motivo conseguenziale circa l’integrazione del conflitto di interessi (perche’, in tesi, finalizzato a realizzare quell’abuso).
Ora, secondo il costante insegnamento della Corte, il conflitto d’interessi – idoneo, ex articolo 1394 c.c., a produrre l’annullabilita’ del contratto – richiede l’accertamento dell’esistenza di un rapporto d’incompatibilita’ tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante, da dimostrare non in modo astratto od ipotetico ma con riferimento al singolo atto o negozio che, per le sue intrinseche caratteristiche, consenta la creazione dell’utile di un soggetto mediante il sacrificio dell’altro. Tale situazione, riferendosi ad un vizio della volonta’ negoziale, deve essere riscontrabile al momento perfezionativo del contratto, restando irrilevanti evenienze successive eventualmente modificative della iniziale convergenza d’interessi (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 38537 del 06/12/2021; Sez. 2, Sentenza n. 2529 del 31/01/2017; Sez. 3, Sentenza n. 23300 del 08/11/2007).
Nella fattispecie il rapporto d’incompatibilita’ posto a fondamento dell’eccepito conflitto di interessi si sarebbe tradotto, rispetto al negozio in concreto concluso, nell’abusivo inserimento nel testo contrattuale della clausola che obbligava gli alienanti a cancellare la trascrizione del sequestro conservativo, prospettiva che e’ stata disattesa, essendosi ritenuto che la stessa procura speciale conferiva tale incombenza.
Ne discende che il rigetto del motivo d’appello relativo alla perpetrazione dell’abuso rappresentativo ha comportato l’implicito rigetto del motivo d’appello inerente alla realizzazione di un conflitto di interessi, il che esclude l’integrazione del vizio di omessa pronuncia.
Infatti, non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, allorche’ la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo, contenuta nella sentenza della Corte territoriale che ha valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 8008 del 11/03/2022; Sez. 5, Ordinanza n.:37441 del 30/11/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 29191 del 06/12/2017; Sez. 1, Sentenza n. 5351 del 08/03/2007).
4.- Attraverso la terza critica e’ lamentata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c., per avere la Corte di merito condannato (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), in applicazione del principio di soccombenza, sebbene queste ultime non fossero destinatarie degli effetti favorevoli della sentenza di primo grado e non avessero svolto domande nei confronti delle odierne ricorrenti.
In ordine a questo mezzo, si obietta che la Corte di merito non avrebbe considerato che (OMISSIS) e (OMISSIS), quali convenute nel giudizio di primo grado, si erano opposte alla domanda attorea, affermando di non essere legittimate passive, e non avevano proposto domande verso (OMISSIS) e (OMISSIS).
4.1.- La critica e’ infondata.
La condanna alle spese a carico delle appellanti e in favore di (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ giustificata dall’applicazione del principio di causalita’, pur non essendo state svolte domande dalle prime verso le seconde.
Infatti, le appellanti, proponendo l’impugnazione verso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda degli attori acquirenti in ordine alla condanna alla cancellazione della trascrizione del sequestro conservativo, hanno costretto le ulteriori convenute nel giudizio di primo grado a costituirsi nel giudizio di gravame. Queste Ultime sono state evocate nel giudizio d’appello proprio dalle appellanti e hanno resistito all’impugnazione, chiedendo la conferma della sentenza appellata. Sicche’ e’ del tutto giustificata la condanna alla refusione delle spese a carico delle parti che hanno determinato la necessita’ della difesa anche nel giudizio di gravame, all’esito del rigetto dell’appello.
Deve, per l’effetto, applicarsi il principio secondo cui, se l’impugnazione nel merito deve essere notificata, in qualita’ di litisconsorte processuale, ad uno dei convenuti in primo grado, nei cui confronti nessuna delle altre parti in secondo grado abbia formulato domande, a costui debbono essere rimborsate le spese processuali da colui la cui pretesa e’ dichiarata ingiustificata (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7401 del 14/04/2016; Sez. 3, Sentenza n. 2270 del 02/02/2006; Sez. 3, Sentenza n. 5977 del 23/04/2001).
5.- Sulla scorta delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n.115 del 30 maggio 2002, articolo 13, comma 1-quater, -, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido alla refusione, in favore dei controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 3.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge e, in favore della controricorrente (OMISSIS), delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 3.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *