Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|12 maggio 2021| n. 18680.

Integra il reato di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulle proprie qualità personali la condotta di colui che, gravato da una condanna a pena detentiva superiore a tre anni, attesti falsamente, in sede di autocertificazione preordinata all’ammissione agli esami per il conseguimento della patente nautica, di essere in possesso dei richiesti requisiti morali.

Sentenza|12 maggio 2021| n. 18680. Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale

Data udienza 8 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Reato ex art. 495 c.p. e art. 76, D.P.R. n. 445/2000 – Pubblico ufficiale – Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale – Falsa attestazione possesso requisiti morali in presenza di condanna alla reclusione – Dolo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo – rel. Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/02/2020 della CORTE APPELLO di GENOVA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PICARDI Antonietta, che ha concluso chiedendo;
udito il difensore.

FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Genova, in riforma della sentenza di assoluzione pronunciata dal tribunale di Savona in data 25.1.2018, condannava (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di cui all’articolo 495 c.p., “in riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76, per avere falsamente attestato a un pubblico ufficiale il possesso dei requisiti morali previsti dal Decreto Ministeriale n. 146 del 2008, articolo 37, nell’ambito dell’istanza presentata alla Capitaneria di porto di Savona, volta al conseguimento della patente nautica del tipo a motore entro le 12 miglia dalla costa”, cosi’ qualificata nell’imputazione elevata a suo carico la condotta ascrittagli.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, lamentando: 1) violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto il giudice di appello ha omesso di fornire risposta alla questione di diritto prospettata dalla difesa con memoria dell’8.5.2015, in cui si contestava la possibilita’ di configurare nel caso in esame l’ipotesi di reato ex articolo 495 c.p., posto che la patente nautica e’ solo una semplice autorizzazione amministrativa alla navigazione e non un atto pubblico; 2) violazione di legge e vizio di motivazione, per difetto dell’elemento soggettivo del reato, in quanto la corte territoriale, affermando sul punto che il ricorrente non avrebbe esercitato un’agevole informazione su quali o meno fossero i requisiti ricompresi nella formula “requisiti morali”, di cui al Decreto Ministeriale 29 luglio 2008, n. 146, articolo 37, richiesti per il rilascio della patente nautica, avrebbe in realta’ configurato l’elemento soggettivo del reato di cui si discute in termini di colpa e non, come richiesto dalla norma penale, di dolo.
2.1. Con requisitoria scritta del 20.1.2021, depositata sulla base della previsione del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalita’ di celebrazione e’ stata specificamente richiesta da una delle parti, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, perche’ sorretto da motivi manifestamente infondati e rappresentati in maniera generica.
4. Quanto al primo motivo di ricorso non puo’ che rilevarsi la manifesta infondatezza della tesi difensiva, implicitamente disattesa alla luce della coerente motivazione, in punto di fatto e di diritto, della sentenza oggetto di ricorso.
Come rilevato dalla corte territoriale (cfr. pg. 2), incontestato e’ il dato di fatto che “in data 26.8.2013 l’imputato compilava il modulo relativo all’istanza, qualificata come “Dichiarazione sostitutiva delle ordinarie certificazioni”, e contenente la dichiarazione di responsabilita’ e delle relative conseguenze penali Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, ex articolo 76, presentata alla Capitaneria di Porto di (OMISSIS) per il conseguimento della patente nautica, attestando falsamente di essere in possesso dei requisiti morali richiesti, nonostante avesse riportato una condanna alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione (comminata con sentenza della Corte di Appello di Ancona del 24.2.1992, irrevocabile l’11.2.1993, per fatti avvenuti nel 1990).”
Orbene, come affermato da tempo dall’orientamento maggioritario nella giurisprudenza di legittimita’, il precetto primario contenuto nelle disposizioni penali in materia di falso, deve intendersi integrato dal disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articoli 46 e 47, atteso che le dichiarazioni sostitutive ivi previste sono considerate come fatte a pubblico ufficiale, conformemente a quanto statuito dal succitato Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76, comma 3, (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 5, n. 18731 del del 31/01/2012, Rv. 252677; Cass., Sez. 5, n. 25927 del 07/02/2017, Rv. 270447; Cass., Sez. 5, n. 30099 del 15/03/2018, Rv. 273806; Cass., Sez. 5, n. 3701 del 19/09/2018, Rv. 275106), espressamente richiamato nel modulo utilizzato dallo (OMISSIS) per presentare la richiamata istanza.
Altrettanto incontestata e’ la natura di pubblici ufficiali dei soggetti che prestano servizio presso le Capitanerie di porto, le quali costituiscono, invero, uno dei sette corpi della Marina militare italiana, funzionalmente dipendenti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dai dicasteri del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che si avvalgono della loro organizzazione e delle loro competenze specialistiche.
Cio’ posto, il Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1997, n. 431, articolo 6, avente ad oggetto la disciplina delle patenti nautiche, recita testualmente:
“Requisiti morali per il conseguimento delle patenti nautiche.
1. Non possono ottenere la patente nautica coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o sottoposti alle misure di prevenzione previste dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituita dalla L. 3 agosto 1988, n. 327, e dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, nonche’ coloro che sono stati condannati ad una pena detentiva non inferiore a tre anni, salvo che non siano intervenuti provvedimenti di riabilitazione” (disposizione riprodotta nell’articolo 37, del decreto del Ministero dei Trasporti del 29/07/2008, come modificato dal decreto n. 182 del 02/08/2016, contenente il regolamento di attuazione del Decreto Legislativo 18 luglio 2005, n. 171, articolo 65, recante il codice della nautica da diporto).
In sede interpretativa la giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che la previsione del possesso di requisiti morali per ottenere il conseguimento della patente nautica, ne inibisce il rilascio in favore, tra gli altri, di coloro che abbiano riportato una condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni, costituente uno dei parametri di valutazione negativa delle qualita’ morali del richiedente alternativamente contemplati dalla norma in commento.
Sicche’ integra il reato di cui all’articolo 495 c.p., (falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identita’ personale propria o di altri), la condotta di colui che, come lo (OMISSIS), gravato da una pronuncia di condanna ad una pena detentiva non inferiore a tre anni, attesti, in sede di autocertificazione, preordinata all’ammissione agli esami per il conseguimento della patente nautica, di essere in possesso dei richiesti requisiti morali (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 10153 del 19/01/2011, Rv. 249841, in cui si precisa che, invece, il reato non e’ configurabile nel diverso caso di pluralita’ di condanne, nessuna delle quali superiore a tre anni).
Tale approdo interpretativo appare del tutto conforme alla struttura del reato di cui si discute, che ricorre in tutti i casi di false dichiarazioni dei soggetti privati, asseverate per il tramite dell’atto redatto dal pubblico ufficiale, quando si tratta di dichiarazioni inerenti all’identita’, allo stato o ad altra qualita’ della propria o dell’altrui persona (cfr. Cass., Sez. 6, n. 8996 del 28/06/1994, Rv. 199507).
5. Del pari manifestamente infondato e generico si appalesa il secondo motivo di ricorso, posto che la corte territoriale, lungi dal qualificare l’elemento soggettivo del delitto de quo in termini colpa, ha dedotto, con logico argomentare, la prova del dolo (generico: cfr. Cass., Sez. 6, n. 7232 del 10/01/1990, Rv. 184387), vale a dire della coscienza e volonta’ della falsa dichiarazione resa dall’imputato al pubblico ufficiale, destinata ad essere riprodotta nell’atto conclusivo del procedimento per il rilascio della patente nautica, dalla circostanza che lo stesso imputato si era difeso affermando di avere ritenuto che, in considerazione del lungo tempo trascorso dalla riportata condanna, essa non fosse da ostacolo al rilascio della patente nautica, dimostrando in tal modo di essere perfettamente a conoscenza della condizione ostativa, ma di averla volutamente non considerata sulla base di una personale valutazione, che ovviamente non ha nessun rilievo, ai fini della scusabilita’ della condotta, non trattandosi di errore incolpevole, perche’ inevitabile (cfr. Cass., Sez. U. n. 8154 del 10/06/1994, Rv. 197885).
6. Alla dichiarazione di inammissibilita’, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilita’ dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilita’ (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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