L’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi

Consiglio di Stato, Sentenza|3 giugno 2021| n. 4239.

L’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi.

Ai sensi dell’art. 15 comma 2, d.P.R. 5 giugno 2001, n. 380 (T.U. Edilizia), l’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi che possono desumersi dagli indizi rilevati sul posto; pertanto i lavori debbono ritenersi iniziati quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell’impianto del cantiere, nell’innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi preordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio per evitare che il termine di decadenza del permesso possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici.

Sentenza|3 giugno 2021| n. 4239. L’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi

Data udienza 13 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Inizio dei lavori – Configurazione – Art. 15 comma 2, d.P.R. 5 giugno 2001, n. 380 (T.U. Edilizia) – Applicazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2073 del 2014, proposto dal Comune di Como, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Ce., Ma. An. Ma. e Ch. Pi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Ma. in Roma, via (…),
contro
la società Co. Co. Ed. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Co. e Ga. Pa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ga. Pa. in Roma, via (…),
nei confronti
– del signor Ma. Re., rappresentato e difeso dagli avvocati Vi. La. e Ma. La., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Cr. De. Va. in Roma, via (…);
– dei signori Ro. Or. e Ma. To., rappresentati e difesi dall’avvocato Ma. La., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Cr. De. Va. in Roma, via (…);
– della signora Si. Gi., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia Sezione Seconda n. 1943/2013, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Co. Co. Ed. S.r.l. e dei signori Ma. Re. ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 maggio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il consigliere Alessandro Verrico;
Nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

L’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Lombardia, Sede di Milano, Sezione II (R.G. n. 529/2013), la società Co. Co. Ed. S.r.l. impugnava il provvedimento prot. 2647/13 del 14 gennaio 2013 del Comune di Como, con cui era stato dichiarato decaduto il permesso di costruire PG 32234/12 del 19 dicembre 2012 per la realizzazione di un nuovo edificio residenziale bifamiliare in via (omissis) in Como. La ricorrente agiva altresì per la condanna del Comune di Como al risarcimento del conseguente danno.
1.1. In particolare, il Comune di Como aveva disposto la decadenza del titolo in applicazione dell’art. 15, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001, secondo cui “Il permesso decade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio”. Invero, risultava essere stata introdotta una nuova previsione urbanistica in contrasto con quelle previgenti, ossia quella di cui all’art. 25, comma 1-quater della legge regionale della Lombardia n. 12/2005, secondo la quale, nei Comuni che entro il 31 dicembre 2012 non avessero approvato il Piano di Governo del Territorio (PGT, ai sensi dell’art. 13 della già citata l.r. n. 12/2005), sarebbero stati ammessi – nelle zone omogenee (omissis) – soltanto gli interventi di manutenzione ordinaria, di quella straordinaria e di restauro e risanamento conservativo.
2. Il T.a.r., dopo aver accolto l’istanza cautelare presentata dalla società, con la sentenza n. 1943 del 24 luglio 2013, accoglieva il ricorso e condannava in solido il Comune di Como e i confinanti intervenienti ad opponendum al pagamento delle spese di giudizio tra le parti. Secondo il Tribunale, in particolare:
a) sarebbe erronea e smentita in fatto l’affermazione del Comune, secondo cui la società non avrebbe avviato alcuna attività edilizia al 31 dicembre 2013, atteso che le attività di carattere preparatorio e di adempimento degli obblighi inerenti la sicurezza del cantiere, poste in essere dalla società Co. nel dicembre 2012, sono sufficienti a manifestare quel “serio intento costruttivo”, che esclude la possibilità di declaratoria di decadenza del titolo edilizio rilasciato;
b) andrebbe dubitata l’applicabilità, alla presente fattispecie, dell’art. 15, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001, considerato che la legge regionale 4 giugno 2013, n. 1 (cfr. art. 2, comma 2) abrogava espressamente i commi da 1-ter ad 1-quinquies dell’art. 25 della legge regionale n. 12/2005, introdotti dalla legge regionale n. 21/2012, fissando un nuovo termine per l’approvazione del PGT per i Comuni rimasti ancora inerti, al 30 giugno 2014 e che, conseguentemente, con circolare del 19 giugno 2013, n. 14, la Regione Lombardia stabiliva la possibilità di riattivazione delle istanze di intervento presentate entro il 31 dicembre 2012 ma non definite per effetto della pregressa disciplina restrittiva; alla luce di tali novità risulterebbe che, alla data del 31 dicembre 2012, non sarebbe stata in realtà introdotta, da parte della legislazione regionale, alcuna nuova normativa urbanistica;
c) non rileverebbe in alcun modo sulla fattispecie, non potendo incidere sull’attività edilizia già regolarmente autorizzata, sia l’adozione del PGT del 20 dicembre 2012 che l’approvazione definitiva dello stesso in data 13 giugno 2013, trattandosi di circostanze sopravvenute al rilascio del titolo edilizio avvenuto il 14 dicembre 2012;
d) non sussisterebbero i presupposti per accogliere la domanda di risarcimento dei danni, attesa la tempestiva tutela cautelare ottenuta dalla società, che così poteva proseguire nella propria attività edilizia.

 

L’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi.

3. Il Comune di Como ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto le censure riassumibili nei seguenti termini:
i) “Error in iudicandi riferito alla sentenza impugnata – Illogicità manifesta, irragionevolezza, contraddittorietà . Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 DPR 380/2001”: premesso che la decadenza del permesso veniva dichiarata ex art. 15, comma 4, d.P.R. n. 380/2001, ad avviso dell’Ente appellante sarebbe provata per tabulas una rigorosa istruttoria esperita dallo stesso (esplicatasi in due sopralluoghi della Polizia locale in data 1 e 11 gennaio 2013) e sarebbe accertata la mancanza di un “serio intento costruttivo”, non potendo a tal fine ritenersi sufficiente l'”attività di carattere preparatorio” e l'”adempimento degli obblighi inerenti la sicurezza del cantiere”, citati dal primo giudice;
ii) “Arbitrarietà della decisione assunta dal Giudice con la sentenza impugnata. Irragionevolezze. Violazione e falsa applicazione della L.R. 12/2005 in relazione all’art. 15 DPR 380/2001”: la sentenza impugnata sarebbe altresì viziata in relazione all’interpretazione dell’art. 25, commi da 1-ter a 1-quinquies, della l.r. n. 12/2005, introdotti dalla l.r. n. 21/2012, stante la chiara applicabilità alla fattispecie dell’art. 25, comma 1-quater, della l.r. citata e dell’art. 15, comma 4, del d.P.R. citato, interpretazione che peraltro sarebbe stata resa in ultrapetizione.
3.1. Si è costituita in giudizio la società Co. Co. Ed..
La stessa, depositando in seguito memoria difensiva, ha preliminarmente eccepito l’improcedibilità del ricorso in appello, per sopravvenuta carenza di interesse in capo all’Amministrazione comunale che nelle more del giudizio avrebbe adottato una serie di atti di senso contrario alla gravata decadenza. Nel merito, la società si è poi opposta all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto, rilevando come dalla copiosa attività tenuta dalla società si sia avuta dimostrazione del “serio intento costruttivo” dell’impresa e come, ad ogni modo, non possa trovare applicazione nel caso di specie l’invocato art. 15, comma 4.
3.2. Si sono costituiti in giudizio altresì i signori Ma. Re. ed altri, i quali, stante la loro qualità di cointeressati, hanno chiesto l’accoglimento dell’appello.
3.3 Con successive memorie difensive depositate rispettivamente il 12 aprile 2021 e il 22 aprile 2021, il Comune di Como, oltre a replicare alle avverse deduzioni e ad insistere nelle censure dedotte, ha eccepito la tardività dei documenti depositati in data 6 aprile 2021 dalla società appellata ed ha evidenziato la persistenza dell’interesse dell’Ente alla decisione relativa alla legittimità del proprio provvedimento di decadenza del permesso di costruire, sostenendo che gli ulteriori atti sopraggiunti sarebbero stati adottati dall’Amministrazione in esecuzione della gravata sentenza.

 

L’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi.

3.4. Con memoria di replica, la società Co. ha chiesto, in relazione al deposito di documenti, la rimessione in termini ed ha resistito alle avverse censure.
4. All’udienza del 13 maggio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.
6. Preliminarmente:
a) in accoglimento di specifica eccezione di parte, deve essere dichiarata l’inammissibilità dei documenti prodotti dalla società appellata in data 6 aprile 2021, per tardività del deposito, non ravvisandosi peraltro i presupposti giustificativi della remissione in termini;
b) conseguentemente, emerge l’infondatezza dell’eccezione di improcedibilità dell’appello per pretesa acquiescenza sollevata in via preliminare dalla stessa appellata, essa fondandosi appunto sui documenti suindicati, afferenti a provvedimenti adottati dall’Amministrazione comunale in data successiva alla sentenza impugnata; questi, ad ogni modo, si pongono, piuttosto che come implicita manifestazione del riconoscimento dell’illegittimità della decadenza, come sviluppi amministrativi della pronuncia di primo grado.
7. Nel merito, il Collegio rileva la fondatezza di entrambe le censure articolate dall’Ente appellante, le quali, in quanto strettamente connesse, devono essere analizzate congiuntamente.
8. Ai fini di una migliore comprensione della vicenda oggetto del presente giudizio in fatto si precisa che, in relazione alla richiesta di realizzazione di nuovo edificio residenziale bifamiliare in Como, via (omissis), della società Co. Co. Ed. S.r.l. (richiesta di permesso di costruire del 4 luglio 2012):
i) in data 27 febbraio 2012 la società acquisiva l’autorizzazione paesaggistica P.G. 59855/11;
ii) in data 7 novembre 2012 veniva rilasciato il parere del Settore ecologia e ambiente della Provincia di Como;
iii) in data 12 novembre 2012 veniva rilasciato il parere del Settore Reti acque e tutela idrogeologica del Comune di Como;
iv) in data 14 dicembre 2012 il Comune di Como rilasciava il permesso di costruire P.G. 32234;
v) in data 20 dicembre 2012 la società presentava comunicazione di inizio lavori prot. n. 005939-A; contestualmente, la società presentava la denuncia delle opere in cemento armato e la copia della notificazione preliminare di cantiere, stipulava un contratto di appalto per l’esecuzione dei lavori edili, predisponeva il piano della sicurezza e assegnava gli incarichi di progettazione e direzione dei lavori;
vi) nel medesimo giorno il Comune di Como adottava il nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT), con deliberazione pubblicata nel marzo 2013, senza tuttavia provvedere alla relativa approvazione entro il 31 dicembre 2012;
vii) nelle date del 1° gennaio 2013 e dell’11 gennaio 2013 la Polizia locale del Comune di Como effettuava due sopralluoghi presso il sito oggetto del titolo edilizio, ove veniva accertata l’assenza di attività di cantiere;
viii) in data 14 gennaio 2013, il Comune di Como adottava pertanto il provvedimento P.G. n. 2647, con cui disponeva la decadenza del permesso di costruire P.G. 3 32234/12;
ix) con nota in data 18 gennaio 2013, prot. n. 3238, del 21 gennaio 2013 il direttore dei lavori comunicava l’effettivo inizio dei lavori di cui al detto permesso di costruire sin dal 20 dicembre 2013;
x) con ordinanza n. 396/13 in data 21 gennaio 2013 (prot. n. 3351 del 22 gennaio 2013), il Direttore dell’Area governo del territorio ed il Dirigente del Settore giuridico-amministrativo diffidavano la società Co. Co. Ed. S.r.l. “dall’effettuare i lavori di cui al permesso di costruire P.G. 32234/12, già dichiarato decaduto con provvedimento del 14/01/2013” e contestualmente ordinavano alla stessa l’immediata sospensione dei lavori “nel caso in cui fossero iniziati dopo l’intervenuta decadenza”.

 

L’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi.

8.1. In particolare, il Comune disponeva la decadenza del titolo in applicazione dell’art. 15, comma 4, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e in ragione di quanto previsto dall’art. 25, comma 1-quater della legge regionale della Lombardia n. 12/2005, comma introdotto dall’art. 4 della l.r. 24 dicembre 2012, n. 21, secondo cui “Nei comuni che entro il 31 dicembre 2012 non hanno approvato il PGT, dal 1° gennaio 2013 e fino all’approvazione del PGT, fermo restando quanto disposto dall’articolo 13, comma 12 e dall’articolo 26, comma 3-quater, sono ammessi unicamente ì seguenti interventi:
– nelle zone omogenee (omissis) individuate dal previgente P.R.G., interventi sugli edifici esistenti nelle sole tipologie di cui all’articolo 27, comma 1, lett. a), b) e c),
– nelle zone omogenee (omissis) individuate dal previgente P.R.G., gli interventi che erano consentiti dal medesimo PRG o da altro strumento urbanistico comunque denominato;
– gli interventi in esecuzione di piani attuativi approvati entro la data di entrata in vigore della legge recante “Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2013”, la cui convenzione, stipulata entro la medesima data, è in corso di validità “.
9. Ciò posto, ai fini della individuazione della sussistenza di una “contrastante previsione urbanistica” necessaria per l’applicazione del citato art. 15, comma 4, d.P.R. n. 380/2001, occorre sin d’ora considerare che con l’art. 2, comma 2, della legge regionale della Lombardia 4 giugno 2013, n. 1 (“Disposizioni transitorie per la pianificazione comunale. Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio)”), nell’apportare modifiche alla l.r. n. 12/2005, venivano abrogati espressamente i commi da 1-ter ad 1-quinquies dell’art. 25 della legge regionale 12/2005, fissando un nuovo termine per l’approvazione del PGT per i Comuni rimasti ancora inerti, al 30 giugno 2014.
Ad ogni modo, si osserva che l’art. 2 della l.r. n. 1/2013 entrava in vigore in data 6 giugno 2013, con la conseguenza che dal 29 dicembre 2012 al 6 giugno 2013, quindi anche nel momento di adozione del gravato provvedimento di decadenza del permesso di costruire (14 gennaio 2013), risultava vigente ed efficace la “contrastante previsione urbanistica” di cui all’art. 25, comma 1-quater, l.r. n. 12/2005. A nulla può rilevare, pertanto, ai fini dell’applicazione della citata normativa, che l’originaria ricorrente risulta maggiormente penalizzata per il solo fatto di aver ottenuto il permesso di costruire pochi giorni prima dell’entrata in vigore della anzi detta previsione, laddove, se avesse presentato la domanda nel vigore di essa, avrebbe “beneficiato” della sospensione del procedimento fino all’entrata in vigore del nuovo PGT.
9.1. Peraltro, con la circolare del 19 giugno 2013, n. 14 (“Indirizzi per l’applicazione delle norme transitorie per la pianificazione comunale (l.r. 1/2013)”), pubblicata sul B.U.R.L. n 25, del 21 giugno 2013, la Regione Lombardia, considerando che in virtù della l.r. n. 1/2013 il termine ultimo di efficacia dei vecchi PRG, posto all’art. 25, comma 1, della L.R. n. 12/2005, era stato spostato al 30 giugno 2014, prevedeva “ripristinata la possibilità di attuare le previsioni dei PRG a mezzo di permessi di costruire e denunce di inizio attività ” e, soprattutto, “che possono essere riattivate eventuali istanze di intervento presentate entro il 31 dicembre 2012 ma non definite per effetto della sopraggiunta disciplina restrittiva di cui alla l.r. n. 21/2012 (nuovo comma 1 quater dell’art. 25 della l.r. n. 12/2005, abrogato dalla l.r. n. 1/2013)”.

 

L’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi.

Quindi, la circolare, piuttosto che ritenere di per sé la l.r. n. 1/2013 applicabile in via retroattiva, per un verso, riconosceva la persistente applicabilità dei vecchi PRG per il rilascio di titoli edilizi e, per altro verso, consentiva a chi aveva una domanda di intervento pendente alla data del 31 dicembre 2012, non definita perché tenuta in sospeso in ragione del sopraggiungere della l.r. n. 21/2012, di riattivarla.
Tuttavia, si nota che quest’ultima fattispecie non è coincidente con quella in esame, atteso che, alla data del 31 dicembre 2012, l’istanza di intervento de qua era già stata definita col rilascio del permesso, in seguito dichiarato decaduto (14 gennaio 2013).
9.2. In conclusione, risulta applicabile alla fattispecie il citato art. 25, comma 1-quater, l.r. n. 12/2005 e, per l’effetto, quanto meno in astratto il citato art. 15, comma 4, d.P.R. n. 380/2001.
10. A tale ultimo riguardo, il Collegio osserva che:
a) il permesso di costruire P.G. 32234 veniva rilasciato in data 14 dicembre 2012;
b) il Comune di Como, alla data del 31 dicembre 2012, non aveva approvato il proprio PGT, da ciò conseguendo che, ai sensi dell’art. 25, comma 1-quater, l.r. n. 12/2005, dal 1° gennaio 2013 nella zona omogenea (omissis) non era più ammessa alcuna nuova edificazione e ciò non poteva che costituire una nuova previsione urbanistica, contrastante con la precedente, che, ai sensi dell’art. 15, comma 4, d.P.R. n. 380/01, determinava la decadenza del permesso in caso di mancato inizio dei lavori alla data di entrata in vigore dell’art. 4 della L.R. 24 dicembre 2012, n. 21, che aveva introdotto il citato comma 1-quater;
c) secondo il provvedimento impugnato, la società Co. non aveva avviato alcuna attività edilizia al 1° gennaio 2013, come risultante dal primo sopralluogo della Polizia locale (giudizio in seguito rinnovato in occasione del sopralluogo dell’11 gennaio 2013), riportando testualmente nel verbale: “l’area interessata dai lavori edili non era delimitata con recinzioni di cantiere”, nonché “non vi sono tracce riconducibili a opere sia preparatorie di cantiere sia di deposito di materiali e/o mezzi inerti”).
10.1. Al fine di individuare il concreto inizio dei lavori, utile ad escludere l’applicabilità della misura decadenziale, si rileva che, secondo la giurisprudenza (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 24 gennaio 2018, n. 467; Sez. VI, 19 settembre 2017, n. 4381), “ai sensi dell’art. 15 comma 2, d.P.R. 5 giugno 2001, n. 380 (T.U. Edilizia), l’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi che possono desumersi dagli indizi rilevati sul posto; pertanto i lavori debbono ritenersi iniziati quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell’impianto del cantiere, nell’innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi preordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio per evitare che il termine di decadenza del permesso possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici”.
Del resto, tali principi, espressi per l’ipotesi (parzialmente diversa) di decadenza per decorso dei termini di inizio e ultimazione dei lavori, disciplinata dagli altri commi del medesimo articolo 15 ed incentrati sull’analisi delle attività edificatorie e/o preparatorie poste in essere dal titolare del permesso al fine di verificare l’esistenza di un “serio intendimento” di dare esecuzione allo stesso, possono trovare applicazione anche nell’ipotesi di decadenza per entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche – originariamente contenuta nell’articolo 31, comma 11, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (secondo cui “l’entrata in vigore di nuove previsioni urbanistiche comporta la decadenza delle licenze in contrasto con le previsioni stesse, salvo che i relativi lavori siano stati iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio”), e oggi trasfusa nell’articolo 15, comma 4, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Invero, depone per questa conclusione sia l’inclusione di entrambe le previsioni nell’ambito del medesimo articolo 15, sia l’utilizzo della stessa terminologia (“lavori”) anche per la seconda ipotesi, oggetto del presente giudizio.
10.2. Tali considerazioni, pertanto, conducono a non ritenere, diversamente da quanto espresso dal primo giudice, che le attività di carattere preparatorio e di adempimento degli obblighi inerenti la sicurezza del cantiere possano di per sé essere considerate sufficienti a manifestare il “serio intento costruttivo”, idoneo ad escludere la possibilità di declaratoria di decadenza del titolo edilizio rilasciato ai sensi del comma 4 del suindicato articolo 15, per converso essendo necessario che “i lavori siano già iniziati”.
Del resto, per quanto emerge dall’attività istruttoria effettuata nel caso di specie dall’Amministrazione comunale, da ritenere idonea ai fini che interessano, alla luce degli accertamenti effettuati dalla Polizia locale, non può dirsi che, né alla data del 1° gennaio 2013 né a quella dell’11 gennaio 2013, la società avesse dato concreto inizio ai lavori di edificazione.
11. In conclusione, rilevata l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 15, comma 4, d.P.R. n. 380/2001, in ragione del mancato inizio dei lavori alla data dell’entrata in vigore dell’art. 25, comma 1-quater, l.r. n. 12/2005, risulta legittima l’adozione dell’impugnato provvedimento decadenziale.
Stante la fondatezza dell’appello, l’impugnata sentenza deve essere riformata e deve essere respinto l’originario ricorso.
12. La novità delle questioni affrontate giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 2073/2014, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso originario R.G. n. 529/2013.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2021 svoltasi ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Giuseppe Rotondo – Consigliere

 

 

L’inizio lavori deve intendersi riferito a concreti lavori edilizi.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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