Estinzione del reato per condotte riparatorie

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|3 maggio 2021| n. 16674.

In tema di estinzione del reato per condotte riparatorie ex art. 162-ter cod. pen., l’intervento del giudice prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, costituente il termine ultimo previsto a pena di decadenza per l’operatività della condotta riparatoria o dell’offerta reale, è finalizzato a valutare, nel contraddittorio fra le parti, ove tra le stesse non vi sia accordo, a fronte di una condotta di concreta disponibilità dell’imputato alla riparazione, la congruità della somma versata od offerta nelle forme di cui all’art. 1208 cod. civ.

Sentenza|3 maggio 2021| n. 16674

Data udienza 2 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Atti persecutori – Lesioni – Violenza sessuale – Irrevocabilità della querela in caso di minacce reiterate ex art. 612 bis 4 comma cp – estinzione del reato per condotte riparatorie – Applicazione della causa estintiva ex art. 612 ter cp ai soli reati procedibili a querela – Valutazione della congruità dell’offerta previo contradditorio delle parti – Perizia – Natura di prova neutra – Nozione di travisamento della prova – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – rel. Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 17.10.2019 della Corte di Appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Di Nardo Marilia, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
lette le conclusioni del difensore delle parti civili, avv. (OMISSIS), che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso o il rigetto e la condanna del ricorrente alla refusione delle spese processuali allegando nota spese; letta la memoria del difensore dell’imputato, avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Estinzione del reato per condotte riparatorie

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza in data 17.10.2019 della Corte di Appello di Venezia ha integralmente confermato, per quanto qui interessa, la condanna alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione resa a seguito del primo grado di giudizio dal Tribunale di Verona nei confronti di (OMISSIS), ritenuto responsabile dei reati di atti persecutori, lesioni e violenza sessuale commessi ai danni di una donna con cui aveva intrattenuto una relazione extraconiugale dopo la decisione di costei di interromperla.
2. Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando cinque motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’articolo 162 ter c.p., il rigetto della richiesta della declaratoria di estinzione del reato di stalking per la condotta riparatoria consistita nell’offerta da parte dell’imputato della somma di Euro 3.000 alla vittima e di Euro 500 al marito per incongruita’ dell’importo, rilevando come l’istituto di nuovo conio non preveda alcun parametro cui ancorare l’adeguatezza dell’offerta risarcitoria da effettuarsi sostanzialmente “al buio” prima dell’apertura del dibattimento, e che pertanto il giudice sia tenuto ad indicare sia pure informalmente, a fronte della volonta’ dell’imputato di risarcire il danno, la somma ritenuta satisfattiva a tal fine, cosi’ da consentire a quest’ultimo di rimodulare se del caso la propria offerta. Lamenta che a tale principio non si fosse attenuto il giudice di primo grado che, senza fornire indicazioni di sorta, si era limitato a ritenere l’incongruita’ dell’offerta, tenuto conto che al momento in cui la stessa era stata eseguita non era ancora operativo il divieto dell’applicabilita’ dell’istituto, operante anche per i procedimenti gia’ in corso, al reato di cui all’articolo 612 bis c.p. introdotto solo con la L. 4 dicembre 2017, n. 172.
2.2. Con il secondo motivo contesta in relazione al vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera d), il diniego di rinnovazione istruttoria con riferimento all’acquisizione della testimonianza della Dott.ssa (OMISSIS), ovverosia del medico, in servizio presso l’ospedale del luogo, che aveva visitato la p.o. il giorno successivo il riferito episodio di violenza sessuale, che ancorche’ inizialmente ammessa dal primo giudice, era stata poi revocata dallo stesso per mancata comparizione della teste, rilevando come invece si trattasse di una prova potenzialmente idonea a scardinare l’attendibilita’ della p.o. posto che il sanitario avrebbe potuto integrare il laconico referto rilasciato quel giorno fornendo indicazioni sullo stato psichico della paziente: deduce che ove fosse emersa dalle sue dichiarazioni l’assenza di elementi indicativi di uno stato di shock o coercizione sarebbe venuta meno la verosimiglianza della versione fornita dalla vittima, ritenuta credibile per il solo fatto che le sue lesioni fossero state refertate al Pronto Soccorso.

 

Estinzione del reato per condotte riparatorie

2.3. Con il terzo motivo lamenta, in relazione al vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera d), il diniego della richiesta avanzata al primo giudice in ordine ad una perizia sul quadro personologico della p.o. che, esulando dalla sussistenza di patologie mentali di costei, era volta a verificarne l’inclinazione al mendacio, quale innata caratteristica temperamentale, del resto ampiamente emersa dalla condotta tenuta con il marito in costanza con la relazione extraconiugale con l’imputato, e come tale integrante il vaglio di particolare rigore richiesto al giudicante in merito alla valutazione di attendibilita’ della vittima.
2.4. Con il quarto motivo deduce, in relazione al vizio motivazionale, il travisamento della testimonianza resa dal marito della p.o. il quale, nel riferire che dopo i fatti in contestazione costei venisse accompagnata al lavoro dal fratello, aveva precisato che cio’ era accaduto perche’ trovandosi costui in quei giorni per una mera fatalita’ senza macchina utilizzava quella della sorella cui dava percio’ un passaggio al mattino fino in ufficio. Da tale affermazione non poteva percio’ trarsi la conclusione cui era indebitamente pervenuta la Corte di Appello, come anche il Tribunale, che pure era stata oggetto di specifico motivo di gravame, che la donna fosse stata costretta a mutare le proprie abitudini di vita in conseguenza dell’attivita’ asseritamente persecutoria posta in essere dall’imputato, frutto soltanto di una lettura superficiale delle affermazioni rese dal teste che aveva ben spiegato come il motivo degli accompagnamenti rispondesse ad un bisogno utilitaristico del cognato cui era stata data in prestito temporaneo l’autovettura della sorella. Evidenzia che ove correttamente intesa l’affermazione del teste avrebbe determinato il venir meno dell’attendibilita’ della vittima sulla sussistenza dei riferiti atti persecutori.
2.5. Con il quinto motivo deduce che con motivazione soltanto apparente la Corte di Appello abbia risolto la questione centrale del presente processo concernente l’attendibilita’ della p.o., sostenendo che la semplice affermazione relativa alla presenza di riscontri al narrato di costei non fosse in alcun modo sufficiente a supportarne la credibilita’, non venendo i suddetti riscontri neppure menzionati ne’ venendo spesa alcuna argomentazione sul punto.

 

Estinzione del reato per condotte riparatorie

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione su cui si incentrano le doglianze difensive articolate con il primo motivo e’ costituita dall’impossibilita’ di conoscere al momento in cui l’imputato aveva effettuato l’offerta in favore delle p.o., coincidente nella fattispecie con l’apertura del dibattimento – termine ultimo perche’ possa trovare applicazione l’articolo 162 ter c.p. -, quale potesse essere, in assenza di parametri predeterminati cui ancorarne la liquidazione, l’entita’ della somma ritenuta adeguata ai fini riparatori richiesti per la declaratoria di estinzione del reato, ritenendo percio’ censurabile il provvedimento adottato nel corso del processo dal giudice di primo grado, limitatosi a dichiarare l’incongruita’ dell’importo.
Va in primo luogo rilevato che essendo la condotta risarcitoria riferita al reato di atti persecutori, per il quale al momento non vigeva ancora la preclusione di cui all’articolo 612 bis c.p., comma 4 introdotta dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172, articolo 1, comma 2 applicabile, trattandosi di una modifica restrittiva all’ambito applicativo di una causa estintiva del reato e percio’ produttiva di effetti in malam partem, soltanto ai fatti commessi successivamente al 6.12.2017 (Sez. 5, n. 21922 del 3.4.2018, Rv. 273186), valeva cio’ nondimeno la limitazione prevista dallo stesso articolo 162 ter c.p. per la sua applicabilita’ ai soli reati procedibili a querela soggetta a remissione, ipotesi questa esclusa dall’articolo 612 bis, comma 4 che dispone che il delitto, pur punibile a querela della persona offesa, non consente la revocabilita’ della querela “se il fatto e’ stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612 c.p., comma 2”. E poiche’ la disposizione richiamata prevede alternativamente che la minaccia sia grave o che sia stata effettuata in uno dei modi indicati dall’articolo 339, nel caso in esame risultano contestate nel capo di imputazione ed accertate da entrambe le sentenze di merito plurime condotte intimidatorie poste in essere dall’imputato o a mezzo sms o personalmente con le quali prospettava alla p.o. dapprima di comprometterne la reputazione mostrando al marito un filmato che la ritraeva in un rapporto sessuale con il prevenuto e poi, una volta attuata la prima intimidazione, di ledere la sua stessa incolumita’ ove non avesse lasciato la famiglia, ovverosia il marito e la figlia, minacce impiegate anche per costringerla ad un rapporto orale cui la donna si era prestata temendo conseguenze ben piu’ nefaste sulla sua persona: trattandosi di minacce reiterate che, alla luce del contesto in cui sono state poste in essere e soprattutto, facendo seguito ad una relazione extraconiugale interrottasi per volonta’ della vittima, dell’entita’ del turbamento psichico prodotto su costei, come si ricava sin dall’editto accusatorio ove si menziona espressamente il fatto di aver provocato “nella persona offesa un perdurante e grave stato di ansia ed ingenerandole un fondato timore per la propria incolumita’”, deve ritenersene senz’altro integrata la gravita’ di cui all’articolo 612 c.p., comma 2 (Sez. 5, n. 13799 del 12/02/2020 – dep. 06/05/2020, Rv. 279158, secondo cui non puo’ considerarsi legittimamente contestata in fatto la fattispecie aggravata di cui all’articolo 612 c.p., comma 2, qualora, nell’imputazione, non sia esposta la natura grave della minaccia, o direttamente, o mediante l’impiego di formule equivalenti, ovvero attraverso l’indicazione della relativa norma).
A tale rilievo se ne aggiunge uno ulteriore e vieppiu’ specifico, afferente alla stessa natura dell’istituto in esame.

 

Estinzione del reato per condotte riparatorie

Occorre al riguardo premettere, ai fini di un corretto inquadramento sistematico, che l’introduzione dell’articolo 162 ter c.p., configurante una causa estintiva del reato, come si desume sia dalla collocazione topografica della disposizione all’interno del Capo I del Titolo VI del Libro I del codice penale, intitolato “Della estinzione del reato”, sia dalla stessa littera legis nella parte in cui essa prevede espressamente che “il giudice dichiara estinto il reato” in caso di condotte riparatorie, risponde, piu’ che all’incentivazione di forme di giustizia riparativa tramite una riconciliazione tra l’imputato e la persona offesa, conferendo al primo la possibilita’ di ricucire i rapporti con il secondo, ad esigenze di deflazione processuale. Muovendo dal rilievo secondo il quale l’articolo 162 ter e’ applicabile ai soli reati procedibili a querela in cui la stessa sia soggetta a remissione, restandone cosi’ esclusi non solo i reati procedibili d’ufficio, ma anche quelli procedibili a querela irrevocabile, e, avuto riguardo al fatto che la remissione della querela e’ di per se’ causa estintiva del reato che trova applicazione, solitamente, qualora imputato e persona offesa raggiungano un accordo economico al di fuori del processo, ne consegue che la portata applicativa dell’istituto si restringe alle circostanze in cui la persona offesa non intenda accettare l’offerta dell’imputato: il legislatore ha ritenuto percio’ necessario l’intervento del giudice prima della stessa celebrazione del processo (essendo previsto a pena di decadenza quale termine per l’operativita’ della condotta riparatoria o comunque dell’offerta reale la dichiarazione di apertura del dibattimento) al fine di valutare nel contraddittorio fra le parti, ove tra le stesse non vi sia accordo, a fronte di una condotta di concreta disponibilita’ dell’imputato alla riparazione, la congruita’ della somma versata od offerta nelle forme di cui all’articolo 1208 c.c..
E’ in tale precipua ottica che va misurato l’impatto provocato dall’introduzione dell’articolo 162 ter c.p. nel sistema processuale: infatti, mentre, in assenza di tale disposizione, la persona offesa poteva portare avanti le trattative per ottenere una soluzione economica particolarmente conveniente in cambio della remissione della querela fino al termine ultimo della condanna dell’imputato (e, a ben considerare, in maniera sempre piu’ vantaggiosa, sol che si consideri che con il progredire del processo la condanna puo’ diventare eventualita’ sempre piu’ probabile), oppure essere, al contrario, pressata ad accettare risarcimenti incongrui dall’imputato, per effetto della suddetta disposizione il giudice, eletto ad arbitro delle poste sia strettamente riparatorie, avuto riguardo al cd. danno criminale, sia compensative afferenti al danno civilistico, come sembra doversi desumere dal fatto che il legislatore parli di “integralita’ della riparazione” e faccia riferimento all’istituto dell’offerta reale di cui all’articolo 1208 c.c., e’ chiamato a dichiarare l’estinzione del reato, qualora ritenga congrua l’offerta dell’imputato;
viene in tal modo posta fine ad eventuali “giochi al rialzo” della persona offesa, che potrebbe non aver ancora rimesso la querela nonostante eventuali offerte ragionevoli da parte dell’imputato oppure, per converso, svolgendo un intervento funzionale alla tutela delle parti deboli, che potrebbero essere indotte ad accettare risarcimenti insufficienti sulla base di indebite pressioni ricevute in sede extra processuale.
Pur sorgendo naturale la preoccupazione che in capo al giudice si concentri una discrezionalita’ eccessiva, sol che si consideri che egli e’ chiamato a liquidare il danno cagionato, risultante dalla somma della componente patrimoniale e di quella non patrimoniale, in assenza dell’istruttoria dibattimentale, e’ tuttavia il contraddittorio fra l’imputato e la parte offesa che funge da necessario contrappeso alla quantificazione di somme esorbitanti in eccesso o in difetto, evidenziato dal legislatore nel comma 1 della norma in esame con la locuzione “sentite le parti”.
Cio’ e’, del resto, quanto accade nel processo civile in cui pur, avendo il giudice di norma l’obbligo di scandagliare, iuxta alligata et probata, tutte le ripercussioni che l’illecito ha avuto sulla persona lesa, nessuna esclusa, e’ invece sostanzialmente ristretta alla allegazione della parte istante il risarcimento, nel contraddittorio con l’autore dell’illecito, la liquidazione del danno cd. non patrimoniale, che, in quanto determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica e concettualmente costruito come danno-conseguenza, primo fra tutti quello morale, inteso come sofferenza psichica causata dal reato (la cd. pecunia doloris), non ne consente, proprio perche’ trattasi di uno stato d’animo, una puntuale dimostrazione, occorrendo in tal caso fare ricorso alla prova presuntiva che puo’ anche costituire “l’unica fonte su cui basare il convincimento del giudice, a condizione tuttavia che il danneggiato alleghi tutti gli elementi che nella concreta fattispecie siano idonei a fornire la serie concatenata dei fatti noti che secondo il principio di regolarita’ causale, consentano di dedurre le conseguenze derivatene” (cfr. Cass. Civile, Sez. U., sentenza n. 26972 del 11/11/2008).
Tornando al processo penale, e’ chiaro che i benefici sul carico processuale sono certamente di un’altra entita’ se il reato e’ dichiarato estinto entro la prima udienza dibattimentale e non prosegue fino al suo termine naturale; cosi’ come, per converso, risponde ad una precisa logica processuale la scelta di calibrare i contrapposti interessi in gioco individuando nella fase successiva al completamento delle indagini il momento in cui il giudice possa essere nelle concrete condizioni di valutare, sia pur in una fase ancora embrionale del processo, la congruita’ di un’offerta del soggetto agente, comprensiva dell’integralita’ del risarcimento. E’ pur vero che la riparazione suddetta e’ stata ritenuta in una recente pronuncia di questa Corte non necessariamente esaustiva del pregiudizio complessivamente sofferto, essendosi affermato che la sentenza ex articolo 162 ter c.p. non riveste autorita’ di cosa giudicata nel giudizio civile e non produce, pertanto, alcun effetto pregiudizievole nei confronti della parte civile, cui e’ stato per l’effetto negato l’interesse ad impugnare la declaratoria di estinzione del reato assunta in sede penale (Sez. 5, n. 10390 del 14/02/2019 – dep. 08/03/2019, Rv. 276028). Ma tale interpretazione, volta a sopperire alla possibile diminuzione delle garanzie della persona offesa che potrebbe, specie se vittima di reati che abbiano prodotto un pregiudizio di rilevante entita’, essere indebitamente sacrificata all’altare della deflazione processuale, non elimina in ogni caso il potere discrezionale attribuito al giudice nella valutazione della congruita’ dell’offerta in cui confluiscono, come si e’ visto, tanto le restituzioni quanto il risarcimento del danno quali componenti fra loro alternative, bensi’ cumulative delle condotte riparatorie.

Estinzione del reato per condotte riparatorie

Degno di nota appare, del resto, l’impiego del verbo all’indicativo (“il giudice dichiara estinto il reato”) che impone al giudice, in presenza di condotte riparatorie da quest’ultimo reputate congrue, di dichiarare, analogamente a quanto accade per le cause di non punibilita’ ex articolo 129 c.p.p., estinto il reato: se quindi il giudice e’ tenuto alla suddetta declaratoria ove le condotte riparatorie risultano adeguate, sembra che l’attivita’ di sentire l’imputato e la persona offesa non possa che essere finalizzata esclusivamente ad acquisire gli elementi necessari per compiere tale valutazione, con riguardo alle restituzioni, al risarcimento e all’eventuale rimozione delle condotte dannose o pericolose del reato.
Declinati tali principi al caso di specie, non puo’ ritenersi passibile di alcuna censura la valutazione di incongruita’ della somma che l’imputato si era dichiarato disponibile a versare resa dal Tribunale scaligero, comparata all’importo finale liquidato in Euro 15.000,00, superiore di ben cinque volte all’offerta, sia pure nella diversa distribuzione affermata dalla Corte distrettuale tra il danno conseguente al reato di cui al capo a) e quello di cui al capo b), e comunque di quasi tre volte se rapportata al solo reato di atti persecutori, a quella offerta, neppure nelle forme
di cui all’articolo 1208 c.c., avendo il (OMISSIS) offerto in udienza la somma di Euro 1.000 alla p.o. impegnandosi per i restanti 2.000 Euro ad un pagamento rateale senza che neanche ricorressero i presupposti di cui all’articolo 162 ter c.p., comma 2 – proposti in contanti solo alla successiva udienza e dunque in ogni caso ben oltre il termine dell’apertura del dibattimento -, ed Euro 500 banco judicis al di lei marito. Ne’ puo’ la difesa dolersi ex post di una mancata delibazione incidentale da parte del Tribunale al momento dell’apertura del dibattimento sull’entita’ di una riparazione congrua, tenuto conto che a fronte di una somma risultante, gia’ allora, irrisoria ed in assenza delle condizioni legittimanti un pagamento rateale, cui l’imputato puo’ accedere solo ove dimostri di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine massimo di cui al comma 1, non era ravvisabile alcuna volonta’ concreta da parte di costui di provvedere alle condotte riparatorie di cui all’articolo 162 ter c.p. difettando in ogni caso le condizioni per l’applicabilita’ della norma, tanto piu’ che a tale condotta neppure si e’ accompagnata, all’interno del contraddittorio con le p.o., la richiesta di indicazione di un importo adeguato affinche’ il reato potesse dichiararsi estinto.

 

Estinzione del reato per condotte riparatorie

Il motivo in esame, con cui si finisce con il lamentare un mancato intervento da parte del giudice cui questi non era in alcun modo tenuto secondo le dinamiche che regolano l’istituto disciplinato dall’articolo 162 ter c.p., deve percio’ ritenersi inammissibile.
2. Il secondo motivo, concernente il diniego dell’escussione del medico che aveva redatto il referto all’esito della visita cui la p.o. si era sottoposta successivamente ai fatti di cui al capo b) dell’imputazione, e’ manifestamente infondato. Pur trattandosi di prova ritualmente richiesta dalla difesa nel primo grado di giudizio e, ancorche’ ammessa, nel prosieguo, invece, revocata dallo stesso Tribunale scaligero in quanto ritenuta superflua, le deduzioni svolte con il presente ricorso in ordine alla ritenuta decisivita’ della stessa non valgono ad elidere la contrapposta valutazione resa dalla Corte lagunare, che in quanto scevra da alcuna illogicita’ non puo’ essere oggetto di sindacato nella presente sede di legittimita’. Ove invero si consideri che affinche’ l’incombente istruttorio richiesto possa rivestire valenza decisiva occorre che lo stesso possa o superare l’incertezza del compendio processuale acquisito o a scardinarne la tenuta in quanto oggettivamente idoneo ad inficiare qualunque altra risultanza (Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007 – dep. 24/09/2007, Panozzo, Rv. 237410), e’ chiaro che tale evenienza non potesse ricorrere nel caso di specie, vertendo la deposizione sollecitata sul contenuto di un referto privo di margini di incertezza in ordine al suo contenuto, ne’ potendo in ogni caso fondarsi sulle descrizioni dello stato d’animo della paziente che, attraverso un’indebita dilatazione del mezzo di prova la difesa vorrebbe trarre dall’escussione della teste, un ribaltamento dello stesso referto attestante gli esiti delle lesioni riferite dalla paziente, costituite da un ematoma del bicipite.
3. Alle medesime conclusioni deve pervenirsi anche per il terzo motivo. Muovendo dallo stesso significato appena evidenziato in ordine alla prova decisiva, ne consegue che per quanto concerne la perizia personologica richiesta nei confronti della p.o., il suo mancato accoglimento non puo’ mai configurare il vizio dedotto: la perizia non puo’, infatti, farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilita’ delle parti e rimesso alla discrezionalita’ del giudice, laddove il motivo di cui all’articolo 606, lettera d) si riferisce esclusivamente, come si desume dal richiamo all’articolo 495 c.p.p., comma 2, alle prove a discarico che abbiano carattere di decisivita’ (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017 – dep. 31/08/2017, Rv. 270936; in termini cfr. altresi’ Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003 – dep. 06/02/2004, P.G. in proc. Ligresti ed altri, Rv. 229665).

 

Estinzione del reato per condotte riparatorie

Rilievo questo cui si aggiunge, alla luce delle delucidazioni fornite dalla difesa in ordine alla finalita’ perseguita consistente nell’accertamento se la personalita’ della p.o. fosse incline al mendacio, quello dirimente in ordine al divieto, espressamente sancito per l’imputato dall’articolo 220 c.p.p., di indagini peritali sul carattere, sulla personalita’ e in genere sulle qualita’ psichiche indipendenti da cause patologiche, da ritenersi esteso alla persona offesa dal reato per identita’ di fondamento giustificativo, che e’ quello di evitare indagini somatiche in una valutazione che spetta soltanto al giudice (Sez. F, Sentenza n. 32796 del 17/08/2011 – dep. 22/08/2011, Rv. 251087).
4. In ordine al quarto motivo occorre evidenziare che il controllo di legittimita’ non puo’ mai risolversi in un esame volto ad una nuova ricostruzione del fatto ma deve essere limitato all’eventuale travisamento della prova, che si identifica nell’avere utilizzato una prova inesistente o nell’avere prospettato un risultato di una prova oggettivamente diverso da quello effettivo. Il fenomeno si riscontra, per l’appunto, quando e’ affermata esistente una prova in realta’ inesistente o e’ supposto il contenuto di una prova, pure esistente, ma incontrovertibilmente divergente dal risultato probatorio, ed e’ configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (cfr. ad es. Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, Borriello, Rv. 276567). In definitiva, pertanto, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, e’ ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilita’ della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758). Si e’ tuttavia progressivamente insinuato il principio in forza del quale il vizio di travisamento della prova puo’ essere dedotto con il ricorso per cassazione anche nel caso di cosiddetta “doppia conforme” nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L. e altro, Rv. 272018).
Cio’ nondimeno, se anche si potesse superare nella fattispecie il limite della doppia conforme, non puo’ non rilevarsi che la prospettazione difensiva sia del tutto carente sotto il profilo dell’autosufficienza, non potendo ritenersi soddisfatto attraverso lo stralcio di una sola affermazione tratta dalla deposizione del marito della p.o. il requisito che impone l’integrale riproduzione dell’atto asseritamente travisato ovvero la sua allegazione allo stesso ricorso (ex multis Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015 – dep. 26/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez.5, n. 11910 del 22.1.2010, Casucci, Rv.246552), che cosi’ come riportato, al di fuori del complessivo contesto in cui l’affermazione e’ inserita, non consente di apprezzarne la portata complessiva e dunque verificare l’asserito travisamento delle dichiarazioni rese da teste.

 

Estinzione del reato per condotte riparatorie

5. Il quinto motivo e’ inammissibile per difetto di specificita’.
Le doglianze svolte dalla difesa in ordine alla valutazione di attendibilita’ della vittima si sviluppano in termini del tutto astratti e generici, lamentando che al vaglio effettuato dai giudici di merito si accompagnasse soltanto l’apodittica presenza di riscontri, mai menzionati ne’ tantomeno argomentati, ma non individua quali siano gli elementi asseritamente pretermessi o tralasciati volti ad incrinarne la credibilita’. Cosi’ argomentando la difesa viene meno all’onere di confutazione del fondamento logico e fattuale degli argomenti svolti nel provvedimento impugnato posto a suo carico ai sensi dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta. Invero, come gia’ affermato da questa Corte, la doglianza che non viene mediata dalla necessaria specifica ed argomentata denuncia del vizio formalmente lamentato si riduce ad un motivo soltanto apparente (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012 -, Pezzo Rv. 253849).
In ogni caso la mancanza dei riscontri e’ platealmente smentita per il reato di atti persecutori dalle deposizioni, sia pur nei limiti della sua diretta conoscenza non solo del marito della p.o., ma altresi’, come piu’ in dettaglio illustrato dalla sentenza di primo grado, che si fonda in unico corpo motivazionale raggiunte con quella impugnata, stanti le convergenti conclusioni, di quelle della collega di lavoro e della vicina di casa che hanno personalmente assistito a singoli episodi in cui la vittima veniva inseguita o raggiunta a casa dall’imputato, e che proprio sulla base dei suddetti riscontri tali da avvalorare la credibilita’ oggettiva della donna in relazione al reato di stalking, ne e’ stata ritenuta l’attendibilita’ anche sui fatti di cui alla violenza sessuale, perpetrata, per forza di cose, in assenza di spettatori oculari.

 

Estinzione del reato per condotte riparatorie

6. Segue all’esito del ricorso la condanna del ricorrente, a norma dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo elementi, alla luce della sentenza del 13 giugno 2000 n. 186, per ritenere che abbia proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, al versamento di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende. A carico del medesimo vanno altresi’ poste, secondo la regola della soccombenza, le spese processuali sostenute nel presente giudizio dalla parte civili (OMISSIS) e dal marito (OMISSIS), liquidate come da notula

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile (OMISSIS) e (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 2.700,00, oltre accessori di legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

 

Estinzione del reato per condotte riparatorie

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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