Abuso edilizio in zona vincolata

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|3 maggio 2021| n. 16669.

Abuso edilizio in zona vincolata

In presenza di opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione penale applicabile, è indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformità totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto l’art. 32, comma terzo, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformità dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformità, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformità totali. Tuttavia, l’ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva, previsto dall’art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001, presuppone comunque la pronuncia di una sentenza di condanna, non risultando sufficiente l’avvenuto accertamento della commissione dell’abuso, come nel caso di sentenza che rileva l’intervenuta prescrizione del reato.

Sentenza|3 maggio 2021| n. 16669

Data udienza 15 gennaio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Abuso edilizio in zona vincolata – Prescrizione in caso di comunicazione di fine lavori – Variazioni essenziali anche quelle parziali – Ordine di demolizione delle opere abusive – Esclusione in caso di declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere

Dott. SOCCI Angelo M. – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 08/10/2020 della Corte di Appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Claudio Cerroni;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Cuomo Luigi, che ha concluso chiedendo di annullare senza rinvio la sentenza impugnata con eliminazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, dichiarando nel resto inammissibile il ricorso.

Abuso edilizio in zona vincolata

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza dell’8 ottobre 2020 la Corte di Appello di Napoli, in riforma della sentenza del 18 ottobre 2018 del Tribunale di Napoli, ha assolto (OMISSIS) dai reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 44, lettera c) e articolo 81 cpv c.p., nonche’ di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 181, comma 1-bis per la particolare tenuita’ del fatto.
2. Avverso la predetta decisione e’ stato proposto ricorso per cassazione articolato su tre motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo, invocando violazione dell’articolo 157 c.p., la ricorrente ha osservato che i lavori erano terminati in data 9 marzo 2015, dies a quo del termine prescrizionale in ragione della comunicazione di fine lavori, per cui alla data della sentenza della Corte territoriale il termine era spirato anche tenendo conto della sospensione della prescrizione a causa dell’emergenza sanitaria. Tanto piu’ che in caso di incertezza il termine non poteva che essere computato in favor rei, e al momento del sopralluogo del (OMISSIS) si evinceva che la tettoia era stata completata.
Ne’ la Corte territoriale, investita dell’eccezione, aveva detto alcunche’ in ordine al tempus commissi delicti, allegando che la certificazione del direttore dei lavori nulla diceva con riguardo al materiale utilizzato per la copertura della tettoia (tavole di legno fisse con grondaie di raccolta e scolo, in luogo dei prescritti teli ombreggianti scorrevoli).
In specie era stata quindi adottata una pronuncia meno favorevole per l’imputato, l’accertamento della speciale causa di non punibilita’ presupponendo l’accertamento dell’illecito.
2.2. Col secondo motivo la ricorrente ha rilevato di essersi munita di tutte le autorizzazioni necessarie in occasione della realizzazione dell’opera, con i pareri favorevoli della Commissione per il paesaggio, della Sovrintendenza archeologica e della Sovrintendenza delle Belle arti e il paesaggio di Napoli. In particolare la tettoia oggetto di autorizzazione era aperta su quattro lati e non era appoggiata ad alcun altro muro, non impedendo la visuale dai luoghi elevati e non sottintendendo ad alcun volume. In ogni caso non vi era stata alcuna variazione essenziale ne’ una totale difformita’ del permesso rilasciato. Del pari non vi era stata alcuna violazione ambientale.
2.3. Col terzo motivo e’ stata lamentata la conferma della sentenza nella parte in cui la sospensione condizionale della pena era subordinata alla demolizione delle opere abusive, non essendo possibile alcuna subordinazione in quanto non essendovi statuizione di condanna non vi era neppure sospensione condizionale.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso di annullare senza rinvio la sentenza impugnata con eliminazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, dichiarando nel resto inammissibile il ricorso, con le pronunce consequenziali.

Abuso edilizio in zona vincolata

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ fondato nei termini di seguito indicati.
4.1. In relazione al primo motivo di impugnazione, la Corte territoriale ha osservato che la certificazione di avvenuto collaudo attestava la conformita’ dell’opera ai tipi progettuali, da intendersi in termini dimensionali e di volumetria, ma alcunche’ specificava con riferimento al materiale utilizzato per l’esecuzione del lavoro, laddove proprio la difformita’ del materiale rispetto al permesso di costruire rappresentava il nucleo della violazione contestata.
4.1.1. Cio’ posto, se la permanenza del reato urbanistico cessa con l’ultimazione dei lavori del manufatto, in essa comprese le rifiniture, ovvero al momento della desistenza definitiva dagli stessi, da dimostrare in base a dati obiettivi ed univoci (cfr. Sez. 3, n. 13607 del 08/02/2019, Martina, Rv. 275900), ai fini dell’individuazione del termine prescrizionale detta cessazione richiede, necessariamente, di essere efficacemente dimostrata attraverso dati obiettivi ed inequivocabili, non potendosi basare su mere attestazioni.
In specie la Corte territoriale, correttamente applicando il principio, ha appunto rappresentato che – quanto al contestato materiale utilizzato per la copertura della tettoia – alcuna certificazione, in grado di assicurare dati obiettivi ed inequivocabili al riguardo, era stata prodotta. Si’ che in realta’ non puo’ che rimanere ferma la data di accertamento del reato, cosi’ fissata nel (OMISSIS) (il termine quinquennale di prescrizione, trattandosi di reati contravvenzionali, non e’ neppure decorso alla data della presente decisione, attesa la, pacifica, sospensione della prescrizione altresi’ intervenuta per impedimento dell’imputata).
4.1.2. Per quanto riguarda il secondo motivo di censura, esso e’ manifestamente infondato.
E’ stato infatti gia’ ricordato dal Tribunale che, in presenza di interventi edilizi in zona paesaggisticamente vincolata, ai fini della loro qualificazione giuridica e dell’individuazione della sanzione penale applicabile, e’ indifferente la distinzione tra interventi eseguiti in difformita’ totale o parziale ovvero in variazione essenziale, in quanto il Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 32, comma 3, prevede espressamente che tutti gli interventi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico eseguiti in difformita’ dal titolo abilitativo, inclusi quelli eseguiti in parziale difformita’, si considerano come variazioni essenziali e, quindi, quali difformita’ totali (Sez. 3, n. 37169 del 06/05/2014, Longo, Rv. 260181). Infatti – contrariamente ai rilievi della ricorrente – le opere realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico non possono essere mai essere ritenute “in parziale difformita’”, atteso che tutti gli interventi realizzati in tale zona eseguiti in difformita’ dal titolo abilitativo si considerano in variazione essenziale e, quindi, in difformita’ totale rispetto all’intervento autorizzato (cfr. Sez. 3, n. 1443 del 18/11/2019, dep. 2020, Bellocco, Rv. 277724).
In proposito, gia’ il primo Giudice – richiamato al riguardo dalla Corte territoriale – aveva correttamente evocato il principio appena richiamato, trattandosi di intervento realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale e dichiarata di notevole interesse pubblico con D.M 12 settembre 1957. Ne’, per vero, le sentenze di merito hanno mai ascritto all’opera realizzata un incremento di volumetria (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 2288 del 28/11/2017, dep. 2018, Esposito e altro, Rv. 272487).
4.3. Fondato e’ infine il terzo motivo di censura.
Da un lato infatti la sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 131-bis c.p., ancorche’ contenga un accertamento di responsabilita’, non costituisce una condanna, e, pertanto, non consente l’emissione dell’ordine di demolizione delle opere abusive o di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, fermo restando il potere dell’autorita’ amministrativa di adottare autonomamente tali provvedimenti (Sez. 3, n. 48248 del 10/05/2018, Violante, Rv. 274420). Infatti l’ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva, previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, comma 9, presuppone comunque la pronuncia di una sentenza di condanna, non risultando sufficiente l’avvenuto accertamento della commissione dell’abuso, come nel caso di sentenza che rileva l’intervenuta prescrizione del reato (Sez. 3, n. 37836 del 29/03/2017, Catanzaro, Rv. 270907).
D’altronde, e decisivamente, alla demolizione delle opere abusive era subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena, statuizione che non ha ragion d’essere nel momento in cui e’ stata riconosciuta la causa di non punibilita’ per la particolare tenuita’ del fatto. In ragione di cio’, non puo’ che venire meno anche la condizione cui la sospensione era subordinata.
Ne’ ovviamente rileva, ai fini della pronuncia in parte qua di annullamento senza rinvio, l’aggiunta manoscritta – senza data e senza sottoscrizione – in tesi apposta alla sentenza impugnata, che avrebbe dovuto dare conto della correzione della decisione impugnata attesa l’impossibilita’ di impartire l’ordine di demolizione in considerazione della pronuncia di cui all’articolo 131-bis cit..
5. Alla stregua dei rilievi che precedono, pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, beneficio che elimina, e all’ordine di demolizione, ordine che revoca.
5.1. Attesa la manifesta infondatezza degli ulteriori profili di censura, il ricorso deve dichiararsi inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, beneficio che elimina, e all’ordine di demolizione, ordine che revoca.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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