Effettuazione delle due misurazioni a distanza di cinque minuti come previsto dall’articolo 379 Reg. C.d.S.

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 4 febbraio 2019, n. 5443.

La massima estrapolata:

L’effettuazione delle due misurazioni a distanza di cinque minuti, come previsto dall’articolo 379 Reg. C.d.S., non e’ tassativa, sicche’ di regola non puo’ parlarsi di invalidita’ della misurazione anche nel caso di rilevazioni eseguite a distanza temporale anche sensibilmente piu’ ampia.
Anche i dati forniti dalle misurazioni eseguite in modo irrituale possono essere combinati con gli elementi sintomatici eventualmente disponibili e condurre, su tali premesse, all’affermazione di penale responsabilita’ del conducente.
L’indicazione in sede normativa del metodo scientifico per la rilevazione del tasso alcolemico mediante il ricorso al cosiddetto alcoltest non introduce una prova legale ma si giustifica in relazione alla necessita’ di dotare il giudice di indici di valutazione caratterizzati dal minor grado possibile di soggettivita’ ed arbitrarieta’

Sentenza 4 febbraio 2019, n. 5443

Data udienza 11 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele – Presidente

Dott. NARDIN Maura – Consigliere

Dott. BRUNO Maria Rosaria – Consigliere

Dott. PAVICH Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/03/2017 della CORTE APPELLO di VENEZIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIUSEPPE PAVICH;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. FILIPPI PAOLA che ha concluso per l’inamnnissibilita’ del ricorso.
udito il difensore avv. (OMISSIS) del foro di Roma in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), con nomina a sostituto depositata in udienza, che si riporta ai motivi e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ricorre avverso la sentenza in data 6 marzo 2017 con la quale la Corte d’appello di Venezia ha parzialmente riformato quoad poenam, confermandola nel resto, la condanna emessa nei suoi confronti, in data 29 ottobre 2015, dal Tribunale di Belluno in relazione al reato p. e p. dall’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b), e comma 2-sexies, commesso (OMISSIS).
2. L’esponente affida il suo ricorso a due motivi di doglianza.
2.1. Con il primo, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, egli si duole del fatto che le due rilevazioni alcolimetriche furono eseguite con due apparecchi diversi e tra di esse sarebbe decorso un lasso temporale di circa un’ora, ben superiore a quello minimo di cinque minuti di cui all’articolo 379 Reg. C.d.S..
Pur a fronte delle dichiarazioni rese in aula dal prof. (OMISSIS), secondo il quale e’ impossibile sul piano scientifico che in tali condizioni si sia registrato un esito pressoche’ identico dell’alcoltest, la Corte di merito ha ritenuto provato il reato contestato. Viene quindi posta in discussione la metodologia della rilevazione, cosi’ come l’attendibilita’ degli scontrini prodotti dall’accusa; e si sostiene che, per il favor rei, doveva escludersi l’applicazione dell’ipotesi prevista dall’articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera b), anziche’ quella piu’ favorevole della lettera a).
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, l’esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla validita’ delle prove dello stato di ebbrezza e del grado dello stesso: e’ stata enfatizzata la sintomatologia riscontrata dal teste operante (ass. (OMISSIS)), che non era sufficiente da sola a far ritenere la riconducibilita’ del grado di ebbrezza alla fattispecie contestata; e’ stata trascurata la deposizione delle testi della difesa (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno escluso che il (OMISSIS) avesse consumato alcolici, confermando cio’ che sosteneva l’imputato; e’ stata ignorata la consulenza medico-legale del prof. (OMISSIS) – come pure la deposizione del medico di base dell’imputato, d.ssa (OMISSIS) – circa le patologie da cui e’ affetto il (OMISSIS) e l’ipotesi del c.d. falso-positivo, derivante anche da alcuni farmaci che il medesimo assume.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile, perche’ manifestamente infondato in tutti i motivi in cui esso si articola – che di seguito vengono trattati congiuntamente, stante la presenza di evidenti collegamenti logici fra di essi – nonche’ teso in buona parte a sollecitare una diversa valutazione del materiale probatorio, in termini incompatibili con il presente scrutinio di legittimita’.
1.1. In primo luogo, va osservato che l’effettuazione delle due misurazioni a distanza di cinque minuti, come previsto dall’articolo 379 Reg. C.d.S., non e’ tassativa, sicche’ di regola non puo’ parlarsi di invalidita’ della misurazione anche nel caso di rilevazioni eseguite a distanza temporale anche sensibilmente piu’ ampia (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 29633 del 21/06/2016, Do, n.m.; Sez. 4, Sentenza n. 50077 del 3/12/2015); le considerazioni svolte dalla Corte di merito con le quali la stessa si discosta dalle valutazioni del consulente della difesa circa l’inverosimiglianza di un risultato identico delle due misurazioni, a un’ora di distanza e con due apparecchi diversi (che peraltro, come argomentato dalla Corte distrettuale, risultavano entrambi regolarmente funzionanti), risultano assistite da logicita’ e correttezza di ragionamento, si’tche’ le stesse non sono sindacabili in questa sede.
1.2. Ma soprattutto, anche a prescindere da tali considerazioni, sarebbe comunque nella specie del tutto irrilevante l’asserita violazione di quanto disposto dall’articolo 379 Reg. C.d.S. in ordine alla diversita’ degli apparecchi utilizzati e all’intervallo fra le due misurazioni, atteso che, analogamente al caso in cui sia stata validamente eseguita una singola misurazione (cfr. Sez. 4, n. 27940 del 07/06/2012, Grandi, Rv. 253598; Sez. 4, n. 30231 del 04/06/2013, Do Nascimento, Rv. 255870; Sez. 4, n. 22241 del 26/02/2014, Addabbo, Rv. 259222), anche i dati forniti dalle misurazioni eseguite in modo irrituale possono essere combinati con gli elementi sintomatici eventualmente disponibili e condurre, su tali premesse, all’affermazione di penale responsabilita’ del conducente. Cio’ del resto e’ perfettamente coerente con il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimita’, in base al quale l’indicazione in sede normativa del metodo scientifico per la rilevazione del tasso alcolemico mediante il ricorso al cosiddetto alcoltest non introduce una prova legale ma si giustifica in relazione alla necessita’ di dotare il giudice di indici di valutazione caratterizzati dal minor grado possibile di soggettivita’ ed arbitrarieta’ (Sez. 4, n. 2195 del 10/12/2014 – dep. 2015, Bosso, Rv. 261777).
1.3. Nella specie, l’impugnata sentenza da’ adeguatamente conto delle manifestazioni sintomatiche dello stato d’ebbrezza (alito vinoso, problemi di deambulazione) osservate sul (OMISSIS) dal teste operante ass. Bez., rispetto alle quali non assumono rilievo, in sede di sindacato di legittimita’, le difformi dichiarazioni dei due testi a discarico tese a dimostrare che l’odierno ricorrente non avesse consumato alcolici, ne’ puo’ accordarsi rilevanza al sostegno probatorio offerto dalla difesa alla tesi dell’impossibilita’ dell’assunzione di alcolici da parte del (OMISSIS) e del c.d. falso positivo dovuto a farmaci assunti dall’imputato.
Al riguardo, a parte ogni considerazione circa l’assoluta logicita’ delle ragioni in base alle quali la Corte di merito ha ritenuto non decisive le circostanze riferite dalle testi (OMISSIS) e (OMISSIS), e’ opportuno in primo luogo rammentare che non e’ sindacabile in sede di legittimita’, salvo il controllo sulla congruita’ e logicita’ della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilita’ delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D’Ippedico e altro, Rv. 271623); in secondo luogo, quanto alle allegazioni in ordine a un possibile falso-positivo, non risulta specificato in alcun modo (cio’ che era onere della difesa) quale farmaco assunto dal (OMISSIS) avesse, nello specifico, alterato il risultato dell’alcoltest, a parte l’uso di un collutorio di cui ha riferito il (OMISSIS) (in ordine al quale correttamente la Corte ha osservato che solo un uso pressoche’ contestuale alla misurazione avrebbe potuto influenzare i risultati della stessa); a fronte di cio’ e’ sufficiente ricordare che la giurisprudenza di legittimita’ ha affermato che l’onere probatorio difensivo teso a confutare l’esito positivo dell’alcotest non puo’ considerarsi assolto con la mera allegazione di certificazione medica attestante l’assunzione di farmaci idonei ad influenzare l’esito del test, quando tale certificazione sia sfornita di riscontri probatori in ordine sia all’effettiva assunzione del farmaco sia alla concreta riconducibilita’ del rilevato tasso alcolemico a detta assunzione (Sez. 4, Sentenza n. 15187 del 08/04/2015, Bregoli, Rv. 263154); in terzo luogo, a proposito delle patologie da cui era affetto il (OMISSIS) e che astrattamente avrebbero potuto influenzare, secondo la difesa, i risultati dell’alcoltest, la Corte di merito argomenta puntualmente in ordine alla genericita’ delle asserzioni difensive sul punto.
1.4. La manifesta infondatezza delle lagnanze del ricorrente priva di rilevanza la questione del decorso del termine di prescrizione del reato.
2. Alla declaratoria d’inammissibilita’ consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

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