Dolo incidente: risarcimento senza annullamento contratto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 novembre 2024| n. 28291.

Dolo incidente: risarcimento senza annullamento contratto

Massima: In ipotesi di dolo incidente, il contraente il quale, assumendo che, in assenza dei raggiri sofferti avrebbe concluso il contratto a condizioni diverse e che l’altro contraente fu in mala fede, agisce contro costui chiedendo il risarcimento del danno, non deve esercitare anche l’azione di annullamento del contratto, in quanto la suddetta domanda risarcitoria ha come presupposto che i raggiri non abbiano avuto carattere determinante del consenso e che, pertanto, il contratto resti valido.

 

Ordinanza|4 novembre 2024| n. 28291. Dolo incidente: risarcimento senza annullamento contratto

Data udienza 1 ottobre 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita – Immobile – Altezza minore dell’immobile – Dolo incidente – Incidenza sulle modalità del negozio – Modalità gravosa per una delle parti – Esistenza del negozio e validità – Sussistenza – Ammissibile il risarcimento del danno – Semplice reticenza – Dolo incidente – Eccezione – Utilizzo dell’ordinaria diligenza – Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2961 del 24/07/1976 – Onere della prova a carico del contraente mendace – Cass. Sez.2 sentenza n. 2479 del 05/02/2007 – Dolus incidens – Ipotesi di responsabilità precontrattuale – Conclusione di un contratto valido ed efficace ma sconveniente – Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17988 del 01/07/2024

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Rel. Consigliere

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 12722/2020) proposto da:

Ve.Ma. (C.F.: (Omissis)), rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dall’Avv. Fr.Di., nel cui studio in Roma, via Me.N., ha eletto domicilio;

– ricorrente –

contro

Ca.Al. (C.F.: (Omissis)), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dagli Avv.ti Ca.Be. e Ma.Be., con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC dei difensori;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 608/2020, pubblicata il 18 febbraio 2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1 ottobre 2024 dal Consigliere relatore Cesare Trapuzzano;

letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse del controricorrente, ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c.

Dolo incidente: risarcimento senza annullamento contratto

FATTI DI CAUSA

1.- Con atto di citazione notificato il 18 dicembre 2009, Ve.Ma. conveniva, davanti al Tribunale di Padova, Ca.Al., chiedendo che il convenuto fosse condannato, ai sensi degli artt. 1337 e 1440 c.c., al risarcimento dei danni per dolo incidente, nella misura di Euro 80.000,00 o nella diversa, maggiore o minore, somma ritenuta di giustizia, risentiti in conseguenza della stipulazione del contratto di compravendita intercorso tra le parti il 31 ottobre 2008, con il quale il Ca.Al. aveva alienato all’attrice, per il prezzo di Euro 158.000,00, un’unità immobiliare sita in P, corso (Omissis), che era risultata non modificabile quanto all’altezza dei locali, mediante ripristino dell’originario livello del pavimento (con eliminazione del pavimento c.d. “galleggiante” o “flottante”), nonostante le rassicurazioni fornite.

Si costituiva in giudizio Ca.Al., il quale concludeva per il rigetto della domanda, siccome infondata in fatto e in diritto, poiché: A) la vendita era stata effettuata nello stato di fatto e di diritto in cui l’immobile si trovava; B) l’alienante non si era ingerito nelle trattative relative alla vendita, affidate all’agenzia immobiliare; C) nel preliminare e nel rogito non si faceva mai riferimento all’altezza dei locali, di cui l’acquirente era comunque a conoscenza; D) l’insignificante differenza di qualche centimetro non modificava minimamente il valore e la convenienza economica dell’affare.

Nel corso del giudizio era espletata consulenza tecnica d’ufficio, cui seguiva la rimessione della causa in istruttoria per l’assunzione della prova orale ammessa e per la rinnovazione delle indagini peritali.

Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1693/2017, depositata il 30 giugno 2017, accoglieva la domanda spiegata e, per l’effetto, condannava il venditore al pagamento, in favore dell’acquirente, della somma di Euro 59.500,00, a titolo di risarcimento danni per la conclusione del contratto a condizioni diverse da quelle che sarebbero state previste, in esito al raggiro perpetrato dal venditore.

2.- Con atto di citazione notificato il 4 ottobre 2017, Ca.Al. proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) la mancata ricostruzione dei fatti sotto il profilo della responsabilità per dolo incidente e l’errata ricostruzione delle modalità di conclusione del contratto preliminare, con errata valutazione della rilevanza dei fatti successivi alla conclusione di tale contratto e con difetto assoluto di motivazione; 2) l’inammissibilità delle prove orali raccolte e l’erronea valutazione delle relative risultanze, con difetto assoluto di motivazione; 3) la carenza di alcuna motivazione in merito alla disposta rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, con l’indebito accertamento in merito all’agibilità dell’immobile, alla difformità tra stato di fatto e planimetria catastale e alle altezze dei soffitti e con l’erroneo accertamento del valore di mercato dell’immobile nonché con la mancata valutazione delle osservazioni del consulente tecnico di parte convenuta.

Si costituiva nel giudizio di impugnazione Ve.Ma., la quale chiedeva il rigetto dell’appello, siccome infondato in fatto e in diritto.

Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’Appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’impugnazione e, per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda di risarcimento danni per dolo incidente.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che l’immobile compravenduto era regolarmente munito di agibilità, in forza di concessione in sanatoria n. 34.531/1989 in data 23 settembre 1989; b) che la circostanza che l’immobile avesse un’altezza minore rispetto alle planimetrie era perfettamente nota all’acquirente, che si era determinata all’acquisto dopo aver visto l’immobile e si era immediatamente informata, attraverso l’agenzia immobiliare, circa la possibilità di eliminare il pavimento, indipendentemente dalle risultanze di dette planimetrie; c) che, pertanto, l’acquirente non era stata indotta in errore dalle planimetrie che le erano state consegnate, avendo la stessa richiesto se fosse stata fattibile la rimozione del pavimento e avendo sul punto ricevuto rassicurazioni dall’agenzia immobiliare, che le aveva rappresentato che le altezze del soffitto potevano essere ripristinate con l’eliminazione di un pavimento “galleggiante”; d) che nessun artificio o raggiro poteva essere configurato anche in relazione al cambio di destinazione d’uso, posto che l’agibilità per l’uso abitativo era stata concessa; e) che, per converso, come era emerso dalla prova documentale e costituenda raccolta, il venditore non aveva dato alcuna rassicurazione circa la realizzabilità dell’abbassamento del pavimento, né tale circostanza era stata inserita in contratto, quale condizione sospensiva o risolutiva determinante per la sua conclusione; f) che, dunque, non era ravvisabile alcun dolo, in quanto la diversa altezza dell’immobile non era stata oggetto delle previsioni contrattuali e non determinava l’impossibilità di commercializzazione del bene, atteso il rilascio della certificazione di abitabilità, sicché la circostanza non poteva configurare artificio o raggiro, tale da aver determinato l’acquirente alla conclusione del contratto che altrimenti non avrebbe concluso; g) che non si prospettava, per l’effetto, alcun dolo, ma semmai la mancata realizzazione dei motivi, ossia delle aspettative soggettive che la parte intendeva soddisfare con il contratto, non rientranti nel contenuto dello stesso ed afferenti alla sfera psichica del soggetto, e – come tali – giuridicamente irrilevanti.

3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, Ve.Ma.

Ha resistito, con controricorso, l’intimato Ca.Al.

4.- Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Dolo incidente: risarcimento senza annullamento contratto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione sollevata dal controricorrente, in ordine al difetto di ius postulandi del difensore della ricorrente per asserita mancanza della specialità della procura.

Pur riferendosi la procura al conferimento del potere difensivo per “resistere” al ricorso per cassazione contro la sentenza d’appello i cui estremi sono stati esattamente individuati, anziché per ricorrere avverso tale pronuncia, la sua collocazione topografica (a margine del ricorso) non lascia alcun dubbio sulla circostanza che, al di là del refuso contenuto nel corpo di tale procura, il mandato speciale sia stato rilasciato per proporre ricorso di legittimità contro la citata pronuncia.

2.- Tanto premesso, con il primo motivo articolato la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1337 e 1440 c.c., per avere la Corte di merito escluso la ricorrenza del dolo incidente sull’erroneo presupposto che la rappresentata possibilità di abbassamento della quota del pavimento, per ripristinare l’altezza prescritta dei locali, non avesse condizionato la prestazione del consenso alla stipulazione della vendita, mentre, ai fini del riconoscimento del risarcimento per dolus incidens, sarebbe stato sufficiente che tale rappresentazione avesse influito sulle condizioni contrattuali.

Osserva l’istante che non sarebbe stato possibile attribuire alle espressioni usate dalla Corte distrettuale il diverso senso secondo il quale l’inganno lamentato sarebbe stato irrilevante, perché evitabile o prevenibile, giacché, essendo nota la situazione di fatto dell’immobile e ben chiara all’acquirente l’esigenza di adeguarla alle proprie aspettative, sarebbe stato frutto di colpevole auto-responsabilità di costei non aver subordinato il proprio consenso all’espressa garanzia di fattibilità dell’adeguamento.

E ciò perché, avverso l’invocazione di una responsabilità precontrattuale per la mendace o reticente rappresentazione di circostanze rilevanti, non avrebbe potuto essere opposta l’astratta possibilità di pretendere che quanto rappresentato fosse tradotto in una garanzia contrattuale o in un espresso presupposto del consenso.

Dolo incidente: risarcimento senza annullamento contratto

3.- Con il secondo motivo svolto la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., l’ulteriore violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1337 e 1440 c.c., anche in relazione agli artt. 1439, 1228 e 2049 c.c., per avere la Corte territoriale negato che il contratto fosse stato concluso dall’acquirente sulla base di una perturbata rappresentazione della realtà, determinata dall’altrui condotta decettiva.

Obietta l’istante che la pronuncia impugnata aveva affermato che la condizione reale ed effettiva della cosa, ancorché difforme dalle risultanze catastali, fosse perfettamente nota all’acquirente, che si era determinata all’acquisto dopo aver visto l’immobile e si era altresì immediatamente informata, attraverso l’agenzia immobiliare, circa la possibilità di eliminare il pavimento “galleggiante”, tanto da escludere che ci fosse stata alcuna rassicurazione del venditore circa tale possibilità.

Sennonché, ad avviso della ricorrente, la possibilità di abbassamento del livello del pavimento avrebbe rappresentato un aspetto centrale della trattativa precedente alla formulazione dell’offerta, anche in ragione del fatto acclarato dalle consulenze tecniche d’ufficio espletate circa il notevole deprezzamento dell’immobile a causa della minore altezza dei locali, sicché sarebbe stato onere del venditore fornire la prova del fatto che la controparte, usando la normale dirigenza, avrebbe potuto conoscere quel coacervo di circostanze che le erano state taciute e che avevano quantomeno inciso sulla misura del prezzo, con la conseguenza che la mancanza di prova sul punto avrebbe nuociuto e non già giovato al convenuto.

Deduce altresì l’istante che il rilievo secondo cui a rassicurare l’acquirente fosse stato soltanto il mediatore non avrebbe comunque escluso la responsabilità del venditore, che avrebbe ad ogni modo risposto del fatto ascrivibile al mediatore, quale suo ausiliario.

E quand’anche si fosse voluta distinguere la posizione del mediatore da quella della parte, il dolo del terzo ben avrebbe potuto rilevare anche quale dolo incidente, fonte di responsabilità per il contraente che ne avesse tratto vantaggio, senza che la pronuncia impugnata avesse affrontato il tema della partecipazione del venditore all’inganno perpetrato dal mediatore, in ragione della conoscenza delle informazioni decettive rese.

Dolo incidente: risarcimento senza annullamento contratto

E, d’altronde, il fatto che nel dolo incidente prevalga l’esigenza di riequilibrare, mediante un rimedio risarcitorio, le conseguenze economiche derivanti dallo squilibrio nel sinallagma prodotto dagli effetti del contratto validamente concluso avrebbe giustificato una diversa valutazione del collegamento tra la posizione del terzo autore del dolo e quella del contraente avvantaggiato.

4.- I motivi – che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica – sono infondati.

4.1.- Si premette – allo scopo di delimitare l’oggetto del contendere – che, secondo quanto emerge dalla pronuncia impugnata, conformemente alle osservazioni della stessa ricorrente, la responsabilità precontrattuale per dolo incidente è stata ascritta, non già per i raggiri perpetrati in ordine alla sussistenza della condizione di abitabilità dell’immobile acquistato (atteso l’avvenuto rilascio del certificato di agibilità), né per gli artifici relativi alla prospettazione dell’effettiva altezza dei locali acquistati (stante che l’acquirente, dopo avere visionato l’immobile, era pienamente a conoscenza della circostanza che le altezze riportate nelle planimetrie non corrispondevano a quelle effettive).

Piuttosto, il dolo incidente avrebbe riguardato la circostanza inerente alla rappresentazione della possibilità di effettuare l’abbassamento del livello del pavimento, con il conseguente ricavo di una maggiore altezza dei locali, mediante eliminazione del pavimento “galleggiante” o “flottante”, possibilità che invece non sarebbe stata praticabile, in base alle conoscenze acquisite dall’acquirente solo dopo il perfezionamento della vendita.

Secondo la ricostruzione dell’attrice, tale possibilità sarebbe stata garantita dal venditore e avrebbe inciso sulle condizioni negoziali, nel senso che, qualora l’acquirente avesse – sin dall’origine – saputo della non praticabilità di detto abbassamento, avrebbe ugualmente concluso la vendita, ma a condizioni diverse, con precipuo riferimento alla quantificazione del prezzo (verso cui avrebbe prestato il consenso per un ammontare minore rispetto a quello effettivamente pattuito).

Dolo incidente: risarcimento senza annullamento contratto

4.2.- In questa logica, l’attrice nel giudizio di prime cure ha rivendicato il solo risarcimento dei danni, senza chiedere l’annullamento del contratto.

E questo in linea con l’orientamento a mente del quale, in ipotesi di dolo incidente, come rivendicato nella fattispecie, il contraente il quale (assumendo che, in assenza dei raggiri sofferti, avrebbe concluso ugualmente il contratto, ma a condizioni diverse, e che l’altro contraente sarebbe stato in mala fede) agisce contro costui, chiedendo il risarcimento del danno, non deve esercitare anche l’azione di annullamento del contratto, in quanto la suddetta domanda risarcitoria ha come presupposto che i raggiri non abbiano avuto carattere determinante del consenso e che, pertanto, il contratto resti valido (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9523 del 08/09/1999).

Infatti, i raggiri, gli artifici, le menzogne, la reticenza maliziosa sono causa di annullamento del negozio giuridico quando siano stati tali da indurre in errore l’altro contraente, così da determinare il vizio della volontà. In tal caso il dolo si presenta come fattore determinante, nel senso che il contratto non sarebbe stato concluso senza l’uso dei mezzi illeciti e, conseguentemente, il vizio di volontà che è stato determinante diventa causa di annullamento del contratto.

Quando, invece, il dolo ha avuto una minore intensità ed ha esercitato influenza soltanto sulle modalità del negozio, rendendolo più gravoso per una delle parti, esso non incide sull’esistenza del negozio stesso, perché questo, comunque, è validamente concluso, ma è causa di risarcimento del danno, in quanto costituisce illecito ed è soggetto, come tale, alla disciplina generale degli atti illeciti (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17988 del 01/07/2024; Sez. 3, Sentenza n. 12892 del 23/06/2015; Sez. 2, Sentenza n. 5965 del 16/04/2012; Sez. 2, Sentenza n. 2479 del 05/02/2007; Sez. 2, Sentenza n. 2844 del 07/05/1982; Sez. 3, Sentenza n. 1308 del 26/04/1972).

In proposito, anche la semplice reticenza può integrare il dolo incidente, a meno che non si provi che la controparte avrebbe potuto conoscere la circostanza taciuta usando l’ordinaria diligenza (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2961 del 24/07/1976), prova, quest’ultima, a carico del contraente mendace (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2479 del 05/02/2007).

Nel caso di dolus incidens è, dunque, integrata un’ipotesi di responsabilità precontrattuale, qualora il danno derivi appunto dalla conclusione di un contratto valido ed efficace, ma “sconveniente”.

4.3.- Alla luce di tale delimitazione dell’oggetto del contendere, assume un rilievo assorbente il fatto – accertato dalla sentenza impugnata e non sindacabile in questa sede – che il venditore non aveva dato alcuna rassicurazione circa la realizzabilità dell’abbassamento del pavimento (o ingenerato la relativa aspettativa), né tale circostanza era stata inserita in contratto.

Piuttosto, tale facoltà – aggiunge la sentenza d’appello – era stata prospettata all’acquirente dalla sola agenzia immobiliare.

Rispetto al fornito quadro descrittivo, è allora preclusa in sede di legittimità una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito allo scopo di dimostrare che, invece, la circostanza era stata garantita direttamente dal venditore o che questi ne avesse suscitato la relativa aspettativa (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

Tanto esclude, a monte, l’an della condotta decettiva.

A fronte della carenza di alcun raggiro, non assume allora un significato dirimente per la soluzione della controversia la discriminazione tra dolo determinante del consenso e dolo incidente, rilevante per rivendicare la sola tutela risarcitoria (ossia il quomodo di tale condotta), in base alla prospettazione della ricorrente posta a fondamento del primo motivo.

Dolo incidente: risarcimento senza annullamento contratto

Nel caso in disputa, infatti, la Corte d’Appello ha negato la ricorrenza del raggiro o dell’artificio del venditore, indipendentemente dalla sua incidenza sulla prestazione del consenso ovvero sulla semplice determinazione delle condizioni contrattuali.

Con l’effetto che le successive argomentazioni esposte sulla natura non determinante del consenso dell’ipotetico raggiro dedotto sono state espresse in via subordinata e rafforzativa della non fondatezza della domanda.

4.4.- D’altronde, contrariamente all’assunto della ricorrente, la dimostrazione dell’esistenza del raggiro spettava all’acquirente.

Ora, in tema di dolus incidens (art. 1440 c.c.), e con riguardo all’azione di risarcimento del conseguente danno, l’attore, una volta provata l’esistenza di un raggiro su un elemento non trascurabile del contratto, non è tenuto a provare altro ai fini dell’an debeatur, in quanto opera la presunzione iuris tantum che, senza la condotta illecita, le condizioni contrattuali sarebbero state diverse e quindi per lui più favorevoli (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8318 del 16/08/1990).

Ma ciò sul presupposto che sia dimostrata la ricorrenza del raggiro.

Per converso, la prova raccolta in giudizio, nella fattispecie, ha dato contezza, secondo l’assunto della sentenza impugnata, della non riconducibilità all’alienante di alcuna rassicurazione sulla praticabilità dell’opera di abbassamento del livello del pavimento dell’immobile venduto.

Orbene, compete al giudice del merito accertare, sulla base delle risultanze probatorie, se la fattispecie concreta integri un’ipotesi di dolo determinante o di dolo incidente (o non integri affatto alcuna forma di dolo) e tale valutazione è sindacabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione, nei limiti previsti dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5734 del 27/02/2019; Sez. 3, Sentenza n. 21074 del 01/10/2009).

4.5.- Quanto alla deduzione secondo cui sarebbe stata, in ogni caso, rilevante la condotta decettiva posta in essere dal mediatore, quale ausiliario del venditore, atteso che l’art. 1439, secondo comma, c.c. valorizza anche il dolo del terzo, tale deduzione introduce, in sede di legittimità, una questione nuova, non allegata nel corso dei gradi di merito e non affrontata dalla sentenza impugnata.

Come nuova è anche la circostanza inerente alla condizione affinché il dolo incidente del terzo possa giustificare il risarcimento dei danni, non rientrando nel thema decidendum la verifica del fatto che le rassicurazioni del terzo fossero note al venditore che ne ha tratto vantaggio, appunto perché il disputatum e il decisum hanno riguardato, in via esclusiva, l’asserito dolo direttamente imputato al venditore.

Dolo incidente: risarcimento senza annullamento contratto

Ora, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti ad un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10927 del 23/04/2024; Sez. 1, Sentenza n. 1474 del 23/01/2007; Sez. L, Sentenza n. 5620 del 15/03/2006).

Ebbene, sotto l’usbergo della dedotta violazione di legge, la ricorrente mira ad ottenere un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, incompatibile con il giudizio di legittimità. E tanto perché la disamina del dolo incidente del terzo e della sua conoscenza da parte del venditore – che ne avrebbe tratto vantaggio – imporrebbe la complessiva rivalutazione degli accertamenti di fatto.

5.- In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore del controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 1 ottobre 2024.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

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