Divorzio ed il diritto alla quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 gennaio 2023| n. 2669.

Divorzio ed il diritto alla quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge

In tema di divorzio, il diritto alla quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge deceduto, previsto dall’art. 9, comma 3, della l. n. 898 del 1970, presuppone, oltre alla pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, un accertamento sulla spettanza dell’assegno divorzile, in forza di una decisione anche non passata in giudicato ma comunque esistente al momento della decisione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la statuizione impugnata nella sola parte in cui aveva escluso il diritto alla quota della pensione di reversibilità, in quanto, al momento della decisione, mancava un accertamento sul diritto all’assegno divorzile della richiedente, per essere stato il diverso procedimento di divorzio – già definito parzialmente quanto allo “status” e proseguito per le questioni economiche – definito con una pronuncia di cessazione della materia del contendere).

Ordinanza|30 gennaio 2023| n. 2669. Divorzio ed il diritto alla quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge

Data udienza 23 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: FAMIGLIA MATERNITA’ ED INFANZIA – DIVORZIO – ASSEGNO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31442/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), per procura speciale stesa in calce al ricorso per cassazione.
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa, in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), con la quale e’ elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), alla via (OMISSIS);
– controricorrente –
e nei confronti di:
I.N.P.S., nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti (OMISSIS), come da procura in calce al controricorso e ricorso incidentale e presso gli stessi elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cesare Beccaria, n. 29, negli uffici dell’Avvocatura centrale dell’Istituto.
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, n. 2475/2018, pubblicata il 28.5.2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23.1.2023 dal Consigliere Umberto L.C.G. Scotti.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Napoli Nord con sentenza del 22.5.2017 aveva dichiarato, in contraddittorio con (OMISSIS), coniuge superstite, il diritto di (OMISSIS), quale coniuge divorziata di (OMISSIS), deceduto il (OMISSIS), e titolare dell’assegno divorzile, a percepire una quota del 13% della pensione di reversibilita’ del defunto e aveva rigettato le domande proposte in via riconvenzionale dall’INPS, compensando per intero le spese di lite.
2. Con la sentenza impugnata del 28.5.2018 la Corte di appello di Napoli ha accolto l’appello proposto da (OMISSIS) (coniuge superstite) avverso la predetta sentenza e ha cosi’ rigettato la domanda proposta da (OMISSIS) (coniuge divorziata) di riconoscimento di una quota di pensione di reversibilita’; la Corte di appello ha altresi’ dichiarato l’irripetibilita’ delle somme gia’ percepite dalla sig.ra (OMISSIS) in forza della sentenza di primo grado in ragione della natura alimentare dei crediti in questione.
3. La Corte di appello di Napoli ha rilevato che la sentenza della Corte di appello che, in altro giudizio, aveva riconosciuto un assegno divorzile in favore della (OMISSIS) non era passata in giudicato, perche’ era stata cassata dalla Corte di Cassazione e ha ritenuto che, in assenza di una sentenza che si fosse pronunciata sull’esistenza del diritto all’assegno divorzile, le spettasse affermare se tale diritto sussistesse o meno al momento del divorzio e, quindi, se spettasse alla (OMISSIS) una quota della pensione di reversibilita’.
I giudici di secondo grado hanno, quindi, stabilito che, in applicazione del principio secondo cui l’assegno divorzile assolve ad una mera funzione assistenziale, come effetto ultrattivo della solidarieta’ che unisce i coniugi, alla sig.ra (OMISSIS) non competeva alcun assegno divorzile, poiche’ ella non era priva di mezzi di sostentamento in quanto pensionata quale ex insegnante della scuola primaria e che, di conseguenza, non le spettava neppure una quota della pensione di reversibilita’.
4. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, con atto affidato a due motivi.
4.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 9, comma 3, e della L. n. 263 del 2005, articolo 5, comma 1.
Secondo la ricorrente, la Corte d’appello aveva erroneamente applicato la normativa vigente, che non prevede che, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilita’ dell’ex coniuge defunto, il riconoscimento giudiziale del diritto all’assegno divorzile debba essere conseguito con sentenza passata in giudicato, essendo volonta’ del legislatore che il diritto all’assegno divorzile sia solo giudizialmente accertato.
4.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6 e articolo 9, comma 3.
La ricorrente rimprovera alla Corte d’appello di aver ignorato i criteri previsti dall’articolo 5 citato, che avevano condotto a suo tempo la stessa Corte a concedere l’assegno divorzile in favore della ricorrente e di aver omesso di valutare, incidenter tantum, la spettanza alla (OMISSIS) dell’assegno divorzile attraverso l’esame di tutti i criteri di cui alla prima parte della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6.
4.3. (OMISSIS) ha depositato controricorso, chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ o il rigetto del ricorso.
4.4. L’I.N.P.S. ha depositato controricorso e ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, con il quale deduce la violazione dell’articolo 2033 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e reputa non condivisibile la decisione della Corte d’appello che ha affermato la natura irripetibile delle somme corrisposte alla (OMISSIS) (per un ammontare di Euro 24.224,70 versata in unica soluzione nel luglio 2017 per arretrati, oltre la rata di agosto 2017), attesa la natura alimentare dei crediti de quibus.
4.5. La ricorrente ha depositato memoria.
La Corte ha disposto il rinvio a nuovo ruolo della trattazione del ricorso in attesa della decisione della Corte Costituzionale sulla questione di legittimita’ costituzionale della L. 1 dicembre 1970, n. 898, articoli 9 e 12 bis e della L. 28 dicembre 2005, n. 263, articolo 5 sollevata dalla Corte di appello di Salerno con ordinanza del 20.10.2020 n. 44.
Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale e’ stata fissata adunanza al 23.1.2023.
La ricorrente ha depositato ulteriore memoria eccependo l’inammissibilita’ del ricorso incidentale dell’INPS in quanto non notificato all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato nell’epigrafe del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con ordinanza del 20.10.2020 la Corte di appello di Salerno ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimita’ costituzionale della L. 1 dicembre 1970, n. 898, articoli 9 e 12 bis e della L. 28 dicembre 2005, n. 263, articolo 5 nella parte in cui non prevedono che il requisito della titolarita’ dell’assegno sussista anche in caso di morte dell’obbligato, intervenuta, in presenza di una sentenza parziale di divorzio sullo status, prima della definitiva determinazione dell’assegno gia’ riconosciuto in sede di provvedimenti provvisori presidenziali.
In particolare, e’ stato osservato che “Secondo il quadro delineato dalla legge, finche’ non e’ stata emessa una sentenza di divorzio, il coniuge economicamente piu’ debole e’ tutelato dall’esistenza del rapporto di coniugio, che si protrae durante il periodo di separazione e comporta relativi diritti in tema di riconoscimento della pensione di reversibilita’ e dell’indennita’ di fine rapporto. Quando la sentenza viene emessa, la tutela, non piu’ garantita dallo stato di coniugio, viene assicurata dalle norme divorzili, che equiparano coniuge ed ex coniuge ai fini della reversibilita’ e garantiscono una quota dell’indennita’ di fine rapporto. All’interno di tale sistema, la cui ratio, come si e’ detto, e’ la tutela di diritti fondamentali di soggetti deboli, vi e’ un vulnus, verosimilmente non considerato dal legislatore, anche in ragione del fatto che sono successivamente intervenute modifiche in tema di sentenza non definitiva di divorzio, che riguarda la posizione di chi non e’ piu’ coniuge, perche’ divorziato, ma non ha ancora visti regolamentati i suoi diritti definitivi in tema di assegno divorzile. Vi e’, per la figura indicata, una disparita’ di trattamento sia con chi abbia gia’ ottenuto un divorzio, sia con chi non lo abbia ottenuto. Vi e’ altresi’ disparita’, tra chi abbia ottenuto una sentenza non passata in giudicato e, quindi, suscettibile di essere travolta e chi abbia ottenuto un mero provvedimento presidenziale, disparita’ quest’ultima processualmente giustificabile con la differenza tra provvedimento provvisorio e sentenza, ma possibile fonte di ingiustizie sostanziali”.
La Corte di Salerno ha, quindi, dubitato che la L. n. 898 del 1970, articolo 9, comma 2, come interpretato alla luce della L. n. 263 del 2005, articolo 5 si ponesse in contrasto con l’articolo 2 Cost. nella misura in cui subordina la funzione solidaristica della pensione alla sussistenza di presupposti meramente formali e con l’articolo 3 Cost., comma 2, in quanto preclude irragionevolmente al destinatario di un assegno divorzile provvisorio l’accesso alla tutela pensionistica ex articolo 9, comma 2, sebbene anch’egli sia beneficiario di una forma di contribuzione economica al pari dell’ex coniuge, cui l’assegno sia stato riconosciuto con sentenza.
6. Con ordinanza n. 25 del 28.1.2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile, per insufficiente motivazione in ordine alla rilevanza, la questione di legittimita’ costituzionale della L. 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 9, comma 2, e articolo 12-bis, comma 1, e L. 28 dicembre 2005, n. 263, articolo 5 nella parte in cui non prevedono, ai fini della corresponsione della pensione di reversibilita’ e di una quota dell’indennita’ di fine rapporto, che il requisito della titolarita’ dell’assegno divorzile, in caso di morte dell’obbligato intervenuta successivamente a una sentenza parziale di divorzio, ma prima della definitiva determinazione dell’assegno, sussista anche in presenza di provvedimenti provvisori presidenziali che riconoscano provvidenze economiche all’ex coniuge, in riferimento agli articoli 2 e 3 Cost..
La Consulta inoltre ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimita’ costituzionale degli articoli sopraindicati, nella parte in cui non prevedono, ai fini della corresponsione della pensione di reversibilita’ e di una quota dell’indennita’ di fine rapporto, che il requisito della titolarita’ dell’assegno divorzile, in caso di morte dell’obbligato intervenuta successivamente a una sentenza parziale di divorzio, ma prima della definitiva determinazione dell’assegno, sussista anche in presenza di provvedimenti provvisori presidenziali che riconoscano provvidenze economiche all’ex coniuge.
7. La Corte Costituzionale ha cosi’ riassunto il quadro normativo e motivato la propria decisione:
secondo la L. n. 898 del 1970, articolo 9, comma 2, (come modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, articolo 13 recante “Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio”), il diritto alla pensione di reversibilita’ scaturisce, insieme con altri presupposti, dalla titolarita’ del diritto all’assegno di divorzio;
quest’ultimo, a sua volta, e’ giustificato da ragioni assistenziali e compensativo-perequative, che coniugano, nei rapporti orizzontali, la solidarieta’ con l’esigenza di riequilibrare gli effetti delle scelte condivise nello svolgimento della vita coniugale. In virtu’ di tale presupposto, anche il diritto alla pensione di reversibilita’ rispecchia una funzione solidaristica e sottende, al contempo, istanze perequativo-compensative;
analogamente, ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 12-bis, comma 1, (introdotto con la L. n. 74 del 1987, articolo 16), la pretesa di una quota dell’indennita’ di fine rapporto dipende, fra l’altro, dalla titolarita’ dell’assegno di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 5 ed e’ giustificata dalla prevalente funzione perequativo-compensativa;
i diritti alla pensione di reversibilita’ e a una quota di indennita’ di fine rapporto svolgono, in sostanza, funzioni che, nei rapporti orizzontali tra ex coniugi, riflettono istanze di rilievo costituzionale, che attengono alla solidarieta’ e all’effettivita’ del principio di eguaglianza;
tali diritti, pur traendo giustificazione e origine dai rapporti fra gli ex coniugi, producono effetti che si riverberano anche nei confronti di terzi;
al fine di evitare che, nell’ambito di processi relativi a pretese previdenziali, coinvolgenti gli enti obbligati a tali prestazioni, possano porsi, tramite accertamenti incidenter tantum, questioni inerenti alla spettanza in astratto del diritto all’assegno di divorzio, la L. n. 263 del 2005, articolo 5 disposizione di interpretazione autentica, ha previsto che “per titolarita’ dell’assegno (…) deve intendersi l’avvenuto riconoscimento dell’assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi della (…) L. n. 898 del 1970, articolo 5”;
l’esclusione dell’accertamento incidenter tantum si e’ posta in linea di continuita’ con la scelta effettuata dalla L. n. 74 del 1987 di rendere automatico il riconoscimento del diritto di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 9, comma 2, (nonche’ di aggiungere la previsione di cui all’articolo 12-bis) poiche’ la novella del 1987 ha, infatti, disegnato con l’articolo 9, comma 2, “un nuovo istituto (…), che il legislatore ha prescelto allo scopo di eliminare le occasioni di litigiosita’ di cui la norma abrogata si era dimostrata gravida” (sentenza n. 777 del 1988);
escluso, dunque, dal legislatore l’accertamento incidenter tantum, si pone il problema delle ipotesi in cui l’ex coniuge muoia in pendenza del giudizio che deve ancora definire il diritto all’assegno di divorzio;
in tali casi, la prosecuzione del processo serve a far valere il diritto alle prestazioni inerenti all’assegno di divorzio, che sono in concreto maturate dall’ex coniuge sopravvissuto nei confronti dell’altro ex coniuge, nel periodo che intercorre fra la sentenza parziale di divorzio e la morte di quest’ultimo, prestazioni patrimoniali trasmissibili iure hereditario;
al contempo, l’accertamento del diritto all’assegno, nell’ambito di un giudizio in via principale e a cognizione piena, consente, facendo applicazione dei criteri fissati dalla L. n. 898 del 1970, articolo 5 di dare fondamento ai diritti alla pensione di reversibilita’ e a una quota dell’indennita’ di fine rapporto;
senza la prosecuzione del processo, resterebbe la sola sentenza parziale di divorzio, passata in giudicato, che, per un verso, scioglie il vincolo matrimoniale, non offrendo le garanzie che spetterebbero all’ex coniuge in conseguenza del divorzio, e, per un altro verso, essendo la modificazione dello status correlata al divorzio antecedente alla morte, priva l’ex coniuge delle tutele che, viceversa, avrebbe se lo scioglimento fosse stato causato dal decesso;
in merito alla prosecuzione del processo di divorzio, nelle ipotesi sopra richiamate, si registra un contrasto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione;
secondo una prima ricostruzione, il procedimento di divorzio deve poter proseguire, permanendo l’interesse dell’altra parte alla pronuncia (cosi’ Sez.6, 24.7.2014, n. 16951; Sez.6, 11.4.2013, n. 8874; Sez.1, 3.8.2007, n. 17041);
secondo una diversa impostazione, la morte di una delle parti del processo determinerebbe la cessazione della materia del contendere in ordine alle domande accessorie ancora sub iudice, anche ove avvenisse dopo l’eventuale sentenza parziale di scioglimento per divorzio dello status coniugale, a nulla rilevando il suo passaggio in giudicato (in questo senso Sez.1, 20.2.2018, n. 4092; Sez.6, 8.11.2017, n. 26489; Sez.1, 26.7.2013, n. 18130);
da ultimo, i divergenti indirizzi giurisprudenziali hanno indotto la prima sezione della Corte di cassazione, con l’ordinanza interlocutoria 29.10.2021, n. 30750, a inviare gli atti al primo presidente perche’ valuti l’opportunita’ di rimettere l’esame della questione alle Sezioni unite civili. In particolare, l’ordinanza richiama l’attenzione sul contrasto giurisprudenziale relativo alle “sorti del giudizio di separazione o divorzio quando intervenga, nel corso del loro svolgimento (come nel caso in esame), la morte di una parte e se, dunque, un evento simile determini la cessazione della materia del contendere, sia con riferimento al rapporto di coniugio, sia a tutti i profili economici connessi e, per quel che rileva in questa sede, in presenza del passaggio in giudicato della sentenza non definitiva che ha pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, riguardo alla determinazione della quota della pensione di reversibilita’ in astratto spettante al coniuge divorziato e al coniuge superstite”;
dalla soluzione del citato contrasto interpretativo dipendono tutele sostanziali, che – come sopra evidenziato – riflettono, nei rapporti orizzontali fra ex coniugi, istanze di rango costituzionale;
il rimettente, a fronte della richiesta applicazione di norme che presuppongono l’avvenuto accertamento del diritto all’assegno di divorzio, afferma lapidariamente che “l’accertamento giudiziale (di tale diritto) non (poteva) compiersi dopo il decesso dell’obbligato, vigendo (il) principio della cessazione della materia del contendere con riferimento al rapporto di coniugio ed a tutti i profili economici connessi”;
per converso, il quadro normativo e giurisprudenziale, sopra riportato, dimostra che non sussiste – e non sussisteva neppure prima dell’ordinanza interlocutoria n. 30750 del 2021 – il citato principio, bensi’ un contrasto interpretativo, di cui il rimettente avrebbe dovuto dare conto.
8. Nel frattempo le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto a cui aveva fatto riferimento la Consulta, affermando che in tema di divorzio, nel caso di passaggio in giudicato della pronuncia parziale sullo status, con prosecuzione del giudizio al fine dell’attribuzione dell’assegno divorzile, il venir meno dell’ex coniuge nei confronti del quale la domanda era stata proposta nel corso del medesimo non ne comporta la declaratoria di improseguibilita’, ma il giudizio puo’ proseguire nei confronti degli eredi, per giungere all’accertamento della debenza dell’assegno dovuto sino al momento del decesso. (Sez. U, n. 20494 del 24.6.2022).
9. Prima di procedere all’esame dei motivi di ricorso e’ opportuno puntualizzare con nitida chiarezza la scansione temporale delle vicende processuali.
E cioe’:
– la sig.ra (OMISSIS) aveva contratto matrimonio con (OMISSIS) il (OMISSIS) e se ne era separata il (OMISSIS);
– il ricorso per divorzio era stato proposto da (OMISSIS) il (OMISSIS);
– il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con sentenza parziale del 3.3.2011 aveva dichiarato sciolto il matrimonio;
– la causa era proseguita per le sole questioni patrimoniali, che riguardavano la richiesta da parte della sig.ra (OMISSIS) di una quota del TFR dell’ex marito e la corresponsione dell’assegno divorzile;
– il Tribunale ha rigettato le domande della sig.ra (OMISSIS);
– l’ (OMISSIS) si e’ risposato con la sig.ra (OMISSIS);
– pendente il giudizio di appello proposto dalla sig.ra (OMISSIS), il (OMISSIS) l’ (OMISSIS) e’ deceduto;
– con sentenza del 4.2.2016 la Corte di appello di Napoli ha accolto parzialmente il gravame e ha riconosciuto alla sig.ra (OMISSIS) un assegno divorzile di Euro 1.000,00 mensili dalla data della domanda sino alla morte dell’ex coniuge a carico degli eredi;
– proposto ricorso per cassazione da parte degli eredi (OMISSIS), con ordinanza n. 26489 dell’8.11.2017 questa Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha dichiarato cessata la materia del contendere;
– la Cassazione ha osservato al proposito “i ricorrenti hanno denunciato, con i primi tre motivi, violazione di norme di diritto e vizi motivazionali in ordine all’an e, nei restanti motivi, in ordine al quantum debeatur dell’assegno divorzile.
L’esame dei suddetti motivi e’ tuttavia precluso dal rilievo pregiudiziale del decesso di O. nel corso del giudizio di appello. Trova infatti applicazione la condivisibile giurisprudenza secondo la quale la morte di uno dei coniugi, sopravvenuta in pendenza del giudizio di separazione personale o di divorzio, anche nella fase di legittimita’, comporta la declaratoria di cessazione della materia del contendere, con riferimento al rapporto di coniugio ed a tutti i profili economici connessi; l’evento della morte ha l’effetto di travolgere ogni pronuncia in precedenza emessa e non ancora passata in giudicato…”.
– nel frattempo con ricorso del 13.5.2016 la sig.ra (OMISSIS) aveva chiesto al Tribunale di Napoli Nord il riconoscimento di una quota della pensione di reversibilita’ dell’ex marito;
– tale diritto veniva riconosciuto dal Giudice di primo grado con sentenza del 22.5.2017;
– la sentenza di primo grado e’ stata riformata dalla sentenza qui impugnata del 28.5.2018 della Corte di appello di Napoli.
10. La Corte territoriale e’ pervenuta a questo approdo attraverso tre passaggi logici.
In primo luogo, l’accertamento della spettanza dell’assegno divorzile, presupposto del riconoscimento del diritto alla percezione di una quota della pensione di reversibilita’ del de cuius non poteva essere basato sulla sentenza del 4.2.2016 nel giudizio divorzile che non era passata in giudicato ed era stata cassata dalla Suprema Corte.
In secondo luogo, non era pero’ necessario che tale accertamento fosse compiuto con sentenza passata in giudicato, sicche’ in assenza di una sentenza sulla spettanza dell’assegno divorzile era necessario statuire sul punto accertando se al momento del divorzio il diritto spettava o meno alla sig.ra (OMISSIS).
In terzo luogo, tale diritto non sussisteva perche’ l’assegno divorzile ha una finalita’ meramente assistenziale e la sig.ra (OMISSIS), pensionata ed ex insegnante, non era priva di mezzi di sostentamento.
11. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 9, comma 3, e della L. n. 263 del 2005, articolo 5, comma 1, e in particolare rimprovera alla Corte d’appello di aver erroneamente applicato la normativa vigente, che non prevede che, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilita’ dell’ex coniuge defunto, il riconoscimento giudiziale del diritto all’assegno divorzile debba essere conseguito con sentenza passata in giudicato, essendo volonta’ del legislatore che il diritto all’assegno divorzile sia solo giudizialmente accertato.
11.1. Il motivo e’ infondato.
La L. 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 9, al comma 2 dispone che in caso di morte dell’ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilita’, il coniuge rispetto al quale e’ stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio abbia diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, alla pensione di reversibilita’, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza.
Il comma 3 aggiunge che qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilita’, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti e’ attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale e’ stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell’assegno di cui all’articolo 5.
A norma della legge di interpretazione autentica 28 dicembre 2005, n. 263, articolo 5 per “titolarita’ dell’assegno ai sensi dell’articolo 5” deve intendersi l’avvenuto riconoscimento dell’assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 5.
Ben vero, quindi non e’ necessaria una pronuncia passata in giudicato ed e’ sufficiente una pronuncia giudiziale (Sez. 1, n. 4107 del 20.2.2018, Rv. 647625 – 01; Sez.1, n. 24041 del 26.9.2019) come correttamente argomenta la ricorrente a contrario con riferimento alla disposizione dell’articolo 548 c.c. che esclude il coniuge separato dai diritti successori solo se la sentenza che gli addebita la separazione e’ passata in cosa giudicata.
11.2. In questo caso, pero’, non v’era neppure quella, poiche’, anche prescindendo dal fatto che il Tribunale aveva respinto la domanda (dovendosi superare una lettura pedissequamente letterale della L. n. 263 del 2005, articolo 5 che si riferisce testualmente al solo giudice di primo grado), la sentenza di appello della Corte partenopea del 4.2.2016 che aveva riconosciuto il diritto all’assegno divorzile alla sig.ra (OMISSIS) era gia’ stata cassata dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26489 del 2017.
Non vi era quindi in alcun momento alcuna pronuncia che accertasse il diritto della signora (OMISSIS) all’assegno divorzile.
11.3. Non rileva in senso contrario che la predetta decisione n. 26489/2017 di questa Corte non sia allineata ai principi successivamente coniati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 20495 del 24.6.2022, secondo la quale in tema di divorzio, la morte dell’ex coniuge ricorrente nel corso del procedimento per la revisione dell’assegno divorzile, ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 9, comma 1, non comporta la dichiarazione di improseguibilita’ dello stesso, ma gli eredi subentrano nella posizione del coniuge richiedente la revisione, al fine dell’accertamento della non debenza dell’assegno a decorrere dalla domanda sino al decesso, nonche’ nell’azione di ripetizione dell’indebito, articolo 2033 c.c., per la restituzione delle somme non dovute.
La decisione e’ infatti passata in giudicato formale.
E’ pur vero che la pronuncia di cessazione della materia del contendere costituisce, in seno al rito contenzioso ordinario, una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale, contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilita’ di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell’interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso tutte le volte in cui non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o di rinuncia alla pretesa sostanziale. Alla emanazione di una sentenza di cessazione della materia del contendere, pertanto, consegue, da un canto, la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passati in cosa giudicata, dall’altro, la sua assoluta inidoneita’ ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, limitandosi tale efficacia di giudicato al solo aspetto del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del giudizio (con l’ulteriore conseguenza che il giudicato puo’ dirsi formato solo su tale circostanza, ove la relativa pronuncia non sia impugnata con i mezzi propri del grado in cui risulta emessa). (Sez. U, n. 1048 del
28.9.2000; Sez. 1, n. 4714 del 3.3.2006; Sez. 3, n. 12887 del 4.6.2009).
E tuttavia cio’ che rileva e’ l’inesistenza di una pronuncia di accertamento del diritto all’assegno, che consegue al giudicato formale di Cass. 26489/2017, e non gia’ l’accertamento in negativo dell’inesistenza del diritto.
11.4. La Corte non puo’ condividere neppure l’argomentazione della ricorrente che da’ rilievo al fatto che al momento della proposizione della domanda l’accertamento operato dalla sentenza 4.2.2016 della Corte napoletana ancora non era stato eliminato, dovendosi, ovviamente, verificare la situazione con riferimento al momento della decisione.
Secondo questa tesi il presupposto necessario ai fini dell’applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 9 sarebbe stato financo insensibile alla decisione della Cassazione che avesse cassato la sentenza 4.2.2016 per ragioni diverse dalla cessazione della materia del contendere, poniamo per una accertata violazione di legge.
La ricorrente cerca di trar conforto nelle proprie argomentazioni dalla pronuncia di questa Corte, Sez. 1, n. 27875 del 12.10.2021, che peraltro riguardava la diversa ipotesi di un assegno divorzile fissato giudizialmente e mai revocato, ma in concreto di fatto non corrisposto.
12. Il secondo passaggio logico seguito dalla Corte di appello (cfr supra, § 10) secondo cui non era necessario che l’accertamento del diritto all’assegno fosse compiuto con sentenza passata in giudicato, e che in assenza di una sentenza sulla spettanza dell’assegno divorzile era necessario statuire sul punto, accertando se al momento del divorzio il diritto spettava o meno alla sig.ra (OMISSIS), non e’ stato oggetto di impugnazione, che sul punto competeva alla controricorrente.
E del resto tale affermazione della Corte non si pone in distonia con il recente dictum delle Sezioni Unite sopra ricordato, che ammette che si controverta fra ex coniuge ed eredi del coniuge defunto della spettanza dell’assegno divorzile fino alla morte del preteso obbligato.
13. Occorre quindi esaminare il secondo motivo diretto contro il terzo passaggio logico della sentenza impugnata, secondo il quale il diritto della sig.ra (OMISSIS) all’assegno divorzile non sussisteva perche’ l’assegno divorzile ha una finalita’ meramente assistenziale e la sig.ra (OMISSIS), pensionata ed ex insegnante, non era priva di mezzi di sostentamento.
Al riguardo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, e della L. n. 898 del 1970, articolo 9, comma 3, e rimprovera alla Corte d’appello di aver ignorato i criteri previsti dall’articolo 5 citato, che avevano condotto la stessa Corte a concedere l’assegno divorzile in favore della ricorrente e di aver omesso di valutare, incidenter tantum, la spettanza alla (OMISSIS) dell’assegno divorzile attraverso l’esame di tutti i criteri di cui alla prima parte della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6.
14. Il motivo e’ fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte nella sua piu’ autorevole espressione che ha definitivamente chiarito i presupposti per l’attribuzione dell’assegno divorzile superando l’arresto n. 11504 del 10.5.2017 a cui si e’ conformata la Corte napoletana.
Secondo le Sezioni Unite, all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarieta’, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensi’ il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate; la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non e’ finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente piu’ debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi; il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilita’ di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovra’ essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonche’ di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’eta’ dell’avente diritto (Sez. U, n. 18287 del 11.7.2018).
A tali principi non si e’ attenuta la Corte partenopea e la decisione va quindi cassata sul punto, con il conseguente rinvio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’.
15. Il ricorso incidentale dell’INPS, che presuppone l’inesistenza del diritto della ricorrente principale, resta ovviamente assorbito.
In ogni caso il ricorso era stato notificato il 5-11.12.2018 a mezzo posta alla sig.ra (OMISSIS) presso l’avv. (OMISSIS) in via (OMISSIS), e quindi del tutto ritualmente e non gia’ presso la cancelleria della Corte di Cassazione come ipotizza la ricorrente in memoria 20.12.2022, dichiarandosene all’oscuro sino all’emissione dell’ordinanza interlocutoria.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso principale, rigettato il primo e assorbito il ricorso incidentale dell’INPS, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’.

 

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