Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 ottobre 2024| n. 27042.
Diritto al compenso per il professionista in caso di domanda risarcitoria committente
Massima: Nel contratto d’opera intellettuale, qualora il committente non abbia chiesto la risoluzione per inadempimento, ma solo il risarcimento dei danni, il professionista mantiene il diritto al corrispettivo della prestazione eseguita, in quanto la domanda risarcitoria non presuppone lo scioglimento del contratto e le ragioni del committente trovano in essa adeguata tutela.
Ordinanza|18 ottobre 2024| n. 27042. Diritto al compenso per il professionista in caso di domanda risarcitoria committente
Data udienza 25 settembre 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Contratti – Opera – Prestazioni professionali – Diritto del professionista al compenso – Persistenza in caso di domanda risarcitoria e non risolutoria del committente – Fondamento – Fattispecie in tema di compenso del direttore dei lavori
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta da:
Dott. BERTUZZI Mario – Presidente
Dott. CAVALLINO Linalisa – Consigliere Rel.
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 35409/2019 R.G. proposto da:
Ca.Ro., C.F. (omissis), rappresentato e difeso dall’avv. An.Ro., con domicilio digitale (omissis);
– ricorrente –
contro
CO. Spa, P.I. (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Al.Di., con domicilio digitale (omissis);
– controricorrente –
ED.GR. Sas DI Gr. P. E C.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 4429/2019 della Corte di appello di Napoli depositata il 12 – 9 – 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 – 9 – 2024 dal consigliere Linalisa Cavallino.
Diritto al compenso per il professionista in caso di domanda risarcitoria committente
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 18 – 6 – 2003 Ed. Sas di Gr. P. e C. citò avanti il Tribunale di Napoli CO. Spa, chiedendo il pagamento del corrispettivo per le opere di ristrutturazione di immobile eseguite su incarico della convenuta per l’importo di Euro 142.689,57 oltre penali contrattuali.
Si costituì CO. Spa, dichiarando che le opere eseguite erano viziate, che il cantiere era stato abbandonato e il direttore dei lavori architetto Ca.Ro. era responsabile degli inadempimenti dell’appaltatrice per la mancata sorveglianza, formulò domanda riconvenzionale nei confronti dell’attrice al fine di ottenere la risoluzione del contratto per il suo inadempimento o in subordine la riduzione del prezzo; chiese in via preliminare la chiamata in causa del direttore dei lavori Ca.Ro., al fine di accertare la sua responsabilità per la mancata sorveglianza e la sua condanna, in solido con la società attrice, al risarcimento del danno o, in subordine, al pagamento delle somme che la committente fosse stata condannata a pagare all’appaltatrice.
Autorizzata la chiamata in causa, si costituì Ca.Ro., dichiarando che l’immobile era stato sottoposto a sequestro il 19 – 7 – 2001 perché erano state eseguite opere abusive per volontà della committente CO. Spa, era stato temporaneamente dissequestrato per consentire la demolizione delle opere abusive, le parti avevano sottoscritto in data 11 – 12 – 2002 verbale di chiusura lavori e la committente non aveva lamentato alcun vizio fino al 28 – 3 – 2003; chiese il rigetto della domanda e in via riconvenzionale il pagamento delle competenze a lui spettanti per l’attività professionale svolta a favore di CO. Spa dal 1999 al 2002, per l’importo di Euro 66.777,67.
Con sentenza n. 4419/2015 depositata il 24 – 3 – 2015 il Tribunale di Napoli rigettò la domanda principale di Ed. Sas e quella riconvenzionale di CO. Spa; accolse la domanda di Ca.Ro. e condannò CO. Spa a pagare in suo favore Euro 66.777,67 oltre accessori e spese di lite.
2. CO. Spa ha proposto appello principale e Ed. Sas ha proposto appello incidentale, che la Corte d’Appello di Napoli ha deciso con sentenza n. 4429/2019 depositata il 12 – 9 – 2019, rigettando la domanda proposta da Ca.Ro. accolta dal giudice di primo grado, confermando per il resto la sentenza impugnata e compensando interamente le spese di lite di entrambi i gradi.
La sentenza ha rigettato l’appello della committente CO. Spa che chiedeva la risoluzione del contratto per colpa della società appaltatrice, dichiarando che la committente non aveva provato che i vizi dell’opera fossero tali da renderla del tutto inidonea alla sua destinazione in quanto incidenti in misura notevole sulla struttura e funzionalità dell’opera. Ha rigettato anche la domanda di riduzione del prezzo, dichiarando che CO. Spa non aveva provato, come era suo onere, che il corrispettivo versato di Euro 160.000,00 fosse superiore al valore delle opere eseguite. Ha altresì rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dalla committente nei confronti dell’appaltatrice, dichiarando che l’appellante non aveva dato prova né dell’an né del quantum della domanda.
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La sentenza ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto dall’appaltatrice Ed. Sas al fine di ottenere il residuo corrispettivo per le opere eseguite.
In ordine all’appello proposto da CO. Spa nei confronti di Ca.Ro., la sentenza ha rigettato il motivo con il quale la società sosteneva la mancanza di prova di conferimento dell’incarico o comunque l’assunzione dell’incarico a titolo gratuito.
Di seguito la sentenza ha dichiarato che l’accertamento tecnico preventivo aveva accertato vizi nei lavori di ristrutturazione, che erano state eseguite opere abusive presumibilmente ordinate dal committente, che le opere abusive erano state eseguite sotto la direzione dell’arch. Ca.Ro., il quale avrebbe dovuto vigilare sulla corretta esecuzione del progetto ed era responsabile per il compimento di opere abusive e per il mancato completamento dei lavori a causa del sequestro dell’immobile. In ordine al compenso richiesto, ha dichiarato che il professionista aveva presentato un documento informale senza riferimento alla tariffa professionale e ai criteri di calcolo applicati, non risultavano redatti il computo metrico estimativo, i certificati di regolare esecuzione e di agibilità, non erano state provate le spese, il corrispettivo richiesto risultava eccessivo sia in relazione al lavoro svolto quale emergeva dai documenti prodotti sia in relazione al fatto che il compenso per la direzione lavori si calcolava in percentuale tra lo 0,75% e il 5% del costo complessivo delle opere. In conclusione, considerate la corresponsabilità del direttore dei lavori nella causazione dei vizi e la qualità e quantità dell’opera svolta, ha rigettato la domanda dell’arch. Ca.Ro. accolta dal giudice di primo grado; ha altresì rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dalla committente nei confronti del direttore dei lavori, in assenza di danni subiti dall’appellante a causa dell’operato dell’architetto.
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3. Avverso la sentenza Ca.Ro. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
CO. Spa ha resistito con controricorso.
Ed. Sas di Gr. P. e C., alla quale la notifica è stata eseguita al difensore domiciliatario avv. Ma.Ma. e al difensore avv. Fr.La. con consegna rispettivamente il 15 e 14 – 11 – 2019, è rimasta intimata.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380-bis 1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del giorno 8 – 5 – 2024 la Corte ha pronunciato ordinanza interlocutoria n. 13355/2024, in quanto la comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza non aveva potuto essere eseguita nei confronti di CO. Spa e disponendo perciò il rinvio della causa a nuovo ruolo, al fine di eseguire la comunicazione.
È stata fissata nuova udienza in camera di consiglio per il 25 – 9 – 2024, per la quale CO. Spa si è difesa con nuovo difensore, in ragione della cancellazione dall’albo del precedente difensore, e ha depositato memoria illustrativa; all’esito della camera di consiglio la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 1243 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c.”, il ricorrente lamenta che sia stata rigettata la domanda del direttore dei lavori ponendo a fondamento deduzioni che non erano state svolte dalla società committente CO. – che aveva sostenuto la responsabilità del direttore dei lavori solo per i vizi -, così incorrendo nel vizio di ultrapetizione. Evidenzia che sia in primo che in secondo grado la società committente aveva chiesto di accertare la responsabilità professionale del direttore dei lavori unitamente a quella dell’impresa appaltatrice e di condannarlo al risarcimento del danno; lamenta che la Corte d’Appello abbia rigettato la domanda di pagamento dei compensi del professionista applicando una compensazione tra crediti non oggetto di domanda di parte, per di più con riferimento a credito relativo a responsabilità professionale non quantificato e non quantificabile, con riguardo a una domanda di risarcimento dei danni che è stata rigettata. Quindi evidenzia che, una volta ritenuta infondata la domanda di risarcimento del danno in assenza di prova dei danni subiti a causa dell’operato dell’arch. Ca.Ro., non poteva essere compensata la responsabilità professionale con la sua ragione di credito.
2. Con il secondo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 1460 c.c. e 2236 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”, la ricorrente evidenzia che l’unica responsabilità posta dalla Corte d’Appello a carico del direttore dei lavori è stata quella relativa alla costruzione delle opere abusive e perciò sostiene che erroneamente la Corte abbia accolto l’eccezione di inadempimento sollevata dalla committente; ciò in quanto solo l’irrealizzabilità dell’opera avrebbe dato luogo a inadempimento dell’incarico tale da abilitare la committente a rifiutare di corrispondere il compenso, mentre l’esistenza di vizi dell’opera non escludevano il diritto del professionista al compenso per l’opera prestata, non trattandosi di vizi tali da implicare l’inutilizzabilità dell’opera e non risultando neppure che la committente avesse chiesto la risoluzione del contratto. Quindi il ricorrente rileva l’inesistenza di qualsiasi vizio imputabile al direttore dei lavori, nonché il fatto che la committente era consapevole dell’esecuzione di opere abusive, in quanto le aveva essa stessa commissionate.
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3. Con il terzo motivo, rubricato “violazione e/o errata applicazione delle norme di cui agli artt. 2225 c.c., 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 c.p.c.”, il ricorrente evidenzia che la sentenza impugnata ha accertato che l’architetto Ca.Ro. è stato direttore dei lavori e ha svolto una serie di attività, elencate nella sentenza stessa; aggiunge che erroneamente la sentenza ha dichiarato che il compenso era stato calcolato soltanto sulla scorta di un fac simile parcella, perché nell’allegato 10 al fascicolo di primo grado era stato depositato anche il modello esplicativo di calcolo sulla base dell’art. 16 della tariffa professionale; rileva che la committente non aveva neppure sollevato contestazioni sul valore dell’appalto al quale parametrare il compenso ed evidenzia che, in ogni caso, la domanda non avrebbe potuto essere rigettata, dovendosi determinare il compenso ai sensi degli artt. 1709 e 2225 cod. civ., anche senza necessità di specifica richiesta. Aggiunge che la stessa sentenza, in modo incoerente e illogico, ha dato atto delle modalità di calcolo del compenso per la direzione dei lavori, sulla base di percentuale tra 0,75% e 5% del costo complessivo delle opere di ristrutturazione, pagate per Euro 160.000,00.
4. I motivi di ricorso, esaminati unitariamente stante la stretta connessione, sono fondati nei termini di seguito esposti.
In primo luogo si esclude che la sentenza impugnata, nell’individuare i profili di responsabilità del direttore dei lavori, abbia violato l’art. 112 cod. proc. civ., in quanto fin dall’atto di citazione per chiamata in causa di primo grado, come risulta dalla sentenza impugnata, la società committente aveva individuato la responsabilità del direttore dei lavori per la mancata vigilanza sull’operato dell’appaltatrice. Quindi la sentenza impugnata ha individuato le condotte in cui si è concretata tale mancata vigilanza e i relativi effetti, rimanendo nell’ambito della prospettazione della committente; infatti, la sentenza ha dichiarato che l’arch. Ca.Ro. aveva il dovere di vigilare sulla corretta esecuzione del progetto ed era responsabile sia per il compimento di opere abusive sia per il mancato completamento dei lavori, la cui forzata interruzione aveva causato i vizi accertati in fase di accertamento tecnico preventivo.
Invece, sono fondate le doglianze del ricorrente in ordine all’erronea applicazione dell’eccezione di inadempimento da parte della sentenza impugnata, con conseguente assorbimento delle deduzioni in ordine all’inesistenza dei presupposti per la compensazione.
Deve essere data continuità al principio secondo il quale nel contratto d’opera intellettuale, qualora il committente non abbia chiesto la risoluzione del contratto per inadempimento, ma solo il risarcimento dei danni, il professionista mantiene il diritto al corrispettivo per la prestazione eseguita, in quanto la domanda risarcitoria non presuppone lo scioglimento del contratto e le ragioni del committente trovano in essa adeguata tutela (Cass. Sez. 2 24 – 3 – 2014 n. 6886 Rv. 630230 – 01, Cass. Sez. 2 6 – 12 – 2017 n. 29218 Rv. 646538 – 01, in materia di compenso del direttore dei lavori). Come si legge in Cass. 29218/2017, laddove l’opera sia affetta da vizi e difformità che non ne comportano la radicale inutilizzabilità, il committente non ne pretenda l’eliminazione diretta da parte dell’esecutore dell’opera e chieda il risarcimento del danno per l’inesatto adempimento, così come questi vizi non escludono il diritto dell’appaltatore al corrispettivo (Cass. Sez. 2 17 – 4 – 2012 n. 6009 Rv. 621959 – 01), così non escludono neppure il diritto al compenso in capo al progettista e al direttore dei lavori per l’opera professionale prestata. L’eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. postula la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, in relazione all’oggettiva gravità degli stessi, avuto riguardo all’intero equilibrio del contratto da valutarsi secondo buona fede; quindi se l’opera è stata comunque eseguita, seppure con difetti che non ne escludono l’utilità, il committente ha diritto al risarcimento del danno, ma non può rifiutare il pagamento del compenso al professionista. La considerazione che nella fattispecie la domanda di risarcimento del danno nei confronti del professionista è stata rigettata sulla base dell’assunto della mancanza di prova sull’entità dei danni non consente di individuare diverso principio, ma conferma che la Corte d’Appello ha erroneamente escluso il diritto del professionista al compenso per l’attività effettivamente svolta; ciò perché la pronuncia si è risolta nell’escludere l’obbligazione di pagamento del compenso professionale in capo al committente, il quale comunque aveva ottenuto il risultato dell’opera eseguita dal direttore dei lavori, senza accertare che i vizi dell’opera ascrivibili al professionista – e perciò i danni patiti dalla committente per l’inadempimento del professionista – fossero di entità tale da estinguere per compensazione il credito del professionista. Del resto, non hanno rilievo le deduzioni della controricorrente in ordine all’inapplicabilità alla fattispecie dei principi posti da Cass. 29218/2017 e Cass. 6886/2014 per la mancanza nella fattispecie di contratto tra le parti: a fronte del rigetto del motivo di appello proposto da CO. Spa sostenendo che tra la società e il professionista non era stato concluso alcun contratto, l’esistenza tra le parti di contratto d’opera professionale è oggetto di accertamento passato in giudicato.
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Sono altresì fondate le deduzioni del ricorrente con riguardo alla violazione dell’art. 2225 cod. civ. commessa dalla sentenza impugnata laddove non ha provveduto alla determinazione del compenso spettante al professionista per l’opera prestata. I rilievi svolti nella sentenza in ordine alle modalità di quantificazione dell’importo richiesto, in ordine al fatto che era stato richiesto il compenso anche per attività non eseguite, in ordine al fatto che il compenso richiesto risultava eccessivo in relazione alle attività effettivamente eseguite e in ordine alla corresponsabilità del direttore dei lavori nella causazione dei vizi non consentivano il rigetto della domanda, ma imponevano di determinare il compenso sulla base di tutti gli elementi emersi in causa, sulla base della quantità e qualità delle prestazioni eseguite e considerando il risultato utile conseguito dal committente anche in relazione ai profili di colpa ascrivibili al professionista. Infatti, è acquisito anche il principio secondo il quale, in tema di compenso per l’attività svolta dal professionista il giudice, indipendentemente dalla specifica richiesta del medesimo, pure a fronte di risultanze processuali carenti sul quantum e pure in mancanza di tariffe professionali e di usi, non può rigettare la domanda di pagamento del compenso, ma deve determinare il compenso ai sensi degli artt. 1709 e 2225 cod. civ. con criterio equitativo ispirato alla proporzionalità del corrispettivo con la natura, quantità e qualità delle prestazioni eseguite e con il risultato conseguito dal committente (Cass. Sez. 2 24 – 4 – 2018 n. 10057 Rv. 648317 – 01, Cass. Sez. 2 31 – 3 – 2014 n. 7510 Rv. 630722 – 01, Cass. Sez. 18 – 9 – 1995 n. 9829 Rv. 494057 – 01).
5. Ne consegue che, nei limiti di accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, che deciderà facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra ritenuto, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, per la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 25 settembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 18 ottobre 2024.
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