Delitto di diffamazione commesso dal giornalista

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 23 maggio 2019, n. 22850.

La massima estrapolata:

Il delitto di diffamazione commesso dal giornalista con il mezzo della stampa si configura quale evento di quello attribuibile, ex art. 57 cod. pen., al direttore responsabile la cui condotta omissiva consiste nel non aver esperito i dovuti controlli al fine di evitare che, attraverso il periodico da lui diretto, venisse dolosamente lesa la reputazione di terze persone; sicché, in caso di assoluzione del giornalista dall’imputazione di diffamazione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, deve altresì escludersi alcuna responsabilità penale in capo al direttore.

Sentenza 23 maggio 2019, n. 22850

Data udienza 29 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Francesca – Presidente

Dott. CATENA Rossella – Consigliere

Dott. SCARLINI Enrico V. – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – rel. Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 15/3/2018 della Corte d’appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mignolo Olga, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio;
udito per la parte civile l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della pronunzia di primo grado e su impugnazione della parte civile, ha condannato ai soli effetti civili (OMISSIS) per il reato di cui all’articolo 57 c.p., per non aver esercitato, nella sua qualita’ di direttore responsabile del quotidiano “(OMISSIS)”, il dovuto controllo sulla pubblicazione di un articolo ritenuto diffamatorio nei confronti di (OMISSIS). La Corte territoriale ha invece confermato la decisione appellata con riguardo alla posizione dell’autrice dell’articolo, gia’ imputata per il reato di diffamazione a mezzo stampa ed assolta ritenendosi che la stessa avesse agito nell’esercizio quantomeno putativo del diritto di cronaca.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando due motivi.
Con il primo deduce errata applicazione della legge penale, rilevandosi in proposito la contraddittorieta’ tra la condanna del (OMISSIS) e la conferma dell’assoluzione dell’autrice dell’articolo perche’ il fatto a questa addebitato non costituisce reato, posto che l’illecito addebitabile al direttore responsabile presuppone la consumazione di un reato perfetto in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi. Ulteriore erronea applicazione della legge penale e vizi della motivazione vengono dedotti con il secondo motivo, atteso che l’acquisizione della notizia oggetto dell’articolo attraverso la conferenza stampa indetta dagli inquirenti a seguito dell’esecuzione di misura cautelare nei confronti del (OMISSIS) ed i successivi lanci d’agenzia sono stati, per l’appunto, erroneamente non considerati dalla Corte territoriale fonti privilegiata di per se’ in grado di garantire un adeguato controllo sulla veridicita’ delle informazioni veicolate dal quotidiano.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ fondato ed il suo accoglimento comporta l’assorbimento del secondo.
2. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, che qui si intende ribadire, il delitto di diffamazione commesso dal giornalista con il mezzo della stampa rappresenta l’evento del reato colposo attribuibile al direttore responsabile, ai sensi dell’articolo 57 c.p., la cui condotta omissiva consiste specificamente nel non aver attivato i dovuti controlli per evitare che – col mezzo della stampa e sul periodico da lui diretto – venga lesa dolosamente la reputazione di terze persone. Pertanto, in caso di assoluzione dell’imputato di diffamazione perche’ il fatto non sussiste o non costituisce reato, alcuna responsabilita’ penale e’ configurabile in capo al direttore ai sensi del citato articolo 57 (ex multis Sez. 5, n. 8418 del 12/06/1992, Zatterin, Rv. 191929; Sez. 5, n. 8118 del 28/05/1999, Monti, Rv. 214128; Sez. 5, n. 22869 del 08/04/2003, Leone e altro, Rv. 224536). In altri termini la condotta tipizzata dalla disposizione da ultima citata e’ quella di non aver prevenuto, omettendo il controllo, la consumazione attraverso la pubblicazione di un reato e non gia’ di qualsiasi fatto offensivo della reputazione altrui, ma privo di rilevanza penale.
3. Alla luce delle illustrate coordinate ermeneutiche e’ dunque evidente che nel caso di specie l’imputato non poteva essere condannato, anche se solo agli effetti civili, una volta che la Corte territoriale ha ritenuto di confermare l’assoluzione dell’autrice dell’articolo che si presumeva diffamatorio in quanto giustificato dall’esercizio del diritto di cronaca, venendo per l’appunto meno il presupposto stesso della responsabilita’ penale del direttore. Invero sul punto la motivazione della sentenza impugnata risulta non poco ambigua nella sua laconicita’, non comprendendosi se i giudici territoriali abbiano riconosciuto che l’autrice dell’articolo abbia effettivamente agito esercitando, anche solo putativamente, il proprio diritto di cronaca ovvero se – in quanto ritenuta mera “esecutrice” della decisione di pubblicare la notizia assunta anche dalla direzione – abbiano escluso il dolo della stessa. In ogni caso, peraltro, rimane fermo il principio affermato, atteso che, anche qualora dovesse ritenersi il difetto dell’elemento soggettivo, il fatto non costituirebbe il reato di diffamazione e, conseguentemente, non sarebbe configurabile la penale responsabilita’ del direttore per omesso controllo (Sez. 5, n. 19827 del 26/02/2003, Graldi, Rv. 224404). Seguendo l’impostazione della sentenza, questi avrebbe potuto eventualmente essere ritenuto invece responsabile del concorso nella diffamazione, laddove allo stesso dovesse attribuirsi di aver istigato la redazione dell’articolo dopo aver selezionato la notizia senza aver effettuato le dovute verifiche, ma si tratta all’evidenza di fatto diverso da quello imputato al (OMISSIS), rimanendo dunque preclusa qualsiasi riqualificazione di quello invece ascrittogli.
4. Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perche’ il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.

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