Delitto di illegale detenzione di esplosivi

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 21 maggio 2020, n. 15642.

Massima estrapolata:

Integra il delitto di illegale detenzione di esplosivi, la condotta avente ad oggetto composti chimici, o miscugli di questi, non specificamente fabbricati e manipolati allo scopo di produrre effetti detonanti, deflagranti o dirompenti per impiego bellico o civile, ma comunque idonei, se tra loro combinati, in determinate condizioni ambientali che possano favorirne l’innesco, di cui il detentore sia consapevole, a cagionare conseguenze devastanti, assumendo nell’insieme la caratteristica della micidialità. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna in relazione alla detenzione di sostanze chimiche in confezioni separate, suscettibili, se composte, di formare l’acido picrico, sostanza esplosiva ad alto potenziale, per aver il giudice omesso di accertare la ricorrenza delle condizioni ambientali dalle quali ravvisare la natura esplosiva del materiale).

Sentenza 21 maggio 2020, n. 15642

Data udienza 13 dicembre 2019

Tag – parola chiave: Armi – Materie esplodenti – Detenzione di composti chimici, o miscugli di essi, non specificamente fabbricati e manipolati allo scopo di produrre effetti detonanti, deflagranti o dirompenti – Reato di illegale detenzione di esplosivi – Configurabilità – Condizioni – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia – Presidente

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. SESSA Renata – rel. Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/01/2018 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RENATA SESSA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. MARINELLI FELICETTA, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente al capo 3; rigetto nel resto;
udito il difensore, avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso a firma del difensore di fiducia, (OMISSIS) impugna per cassazione la pronuncia della Corte di Appello di Napoli del 11.1.18 che, a seguito di annullamento disposto dalla Prima Sezione di questa Corte, intervenuto con pronuncia n. 48259/14 del 24 settembre 2014, ha confermato la sentenza di condanna di primo grado emessa nei confronti del predetto in ordine a diversi reati in materia di armi e munizioni e di ricettazione.
In particolare, la sentenza di annullamento aveva rilevato vizi, sia logici che giuridici, limitatamente al terzo e al quarto motivo del ricorso, osservando:
che la valutazione della doglianza della mancata ammissione delle prove testimoniali indicate a discarico era stata operata dalla Corte territoriale non tanto nell’ottica della disposizione di cui all’articolo 195 c.p.p., quanto in quella dell’articolo 603 codice di rito, laddove si trattava invece di sindacare la congruita’ della motivazione della ritenuta superfluita’ delle stesse svolta dal primo giudice;
che la qualificazione del materiale di cui al capo 4 dell’imputazione come esplodente dovesse essere oggetto di puntuale disamina, non risultando affrontata la questione sollevata dalla difesa al riguardo che andava riguardata alla luce della giurisprudenza di questa Corte, trattandosi secondo la prospettazione difensiva in realta’ di materiali rinvenuti nella soffitta dell’edificio non miscelati tra loro ed in quanto tali non integranti composto esplosivo, e definiti innocui negli stessi accertamenti tecnici effettuati dai R.i.s. di (OMISSIS).
Quanto ai reati di ricettazione di cui al capo 3, per i quali la difesa aveva prospettato la maturazione del termine di prescrizione gia’ prima della pronuncia della sentenza impugnata, in ragione della omessa indicazione nell’imputazione della data di consumazione delle rispettive condotte riportata in modo vago “fino al (OMISSIS)” (pur trattandosi di reati a consumazione istantanea che si perfeziona sin dal momento della ricezione del bene), la sentenza di annullamento aveva evidenziato che la questione meritasse una rinnovata considerazione da parte del giudice del rinvio.
2. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello ha confermato nuovamente la pronuncia di primo grado, dopo avere proceduto all’escussione dei testi indicati dalla difesa, assumendo, in buona sostanza, che le risultanze delle prove acquisite non fossero idonee a scalfire l’impianto accusatorio nei confronti del (OMISSIS) e che il materiale elencato al capo 4 dell’imputazione fosse suscettibile di formare una sostanza – l’acido picrico – qualificabile certamente come esplosiva ad alto potenziale.
3. A sostegno della richiesta di annullamento della sentenza suindicata la difesa articola sei motivi.
3.1. Col primo motivo lamenta l’omesso esame di una prova decisiva consistente in una perquisizione negativa effettuata con il sistema georadar al quale certamente non sarebbe sfuggita l’esistenza delle armi poi ritrovate. Indi su tale presupposto sviluppa le argomentazioni a sostegno della prima doglianza mossa con cui, in buona sostanza, si mette in evidenza la singolarita’ del successivo ritrovamento delle armi proprio in quel luogo.
3.2. Col secondo motivo deduce che la valutazione delle testimonianze assunte in appello e’ avvenuta in maniera avulsa rispetto alle altre emergenze processuali ed addirittura con richiamo per relationem delle sentenza del precedente grado, in cui quelle testimonianze non erano state ancora raccolte. In cio’ ravvisa anche violazione dell’articolo 627 codice di rito.
3.3. Col terzo motivo lamenta la mancata applicazione della regola che impone l’assoluzione in caso di ragionevole dubbio; in particolare indica quattro elementi – in fatto – che lasciano comprendere l’irragionevolezza della decisione.
3.4. Col quarto motivo denuncia la violazione dell’articolo 627, n. 3 codice di rito, per non essersi la Corte territoriale, quale giudice del rinvio, attenuta ai principi di diritto enunciati nella sentenza di annullamento da questa Corte con riferimento alla integrazione del reato di cui al capo 4, che implicano di considerare le modalita’ di presentazione dei materiali e la loro natura; nel caso di specie i singoli elementi – adoperati in agricoltura, acido nitrico acido solforico e argento nitrato – si presentavano in separate confezioni e non costituivano quindi un prodotto unico, di talche’ il reato non sussiste perche’ quelle componenti solo se combinate insieme creano esplosivo; difettano cioe’ quelle determinate condizioni ambientali richieste dalla giurisprudenza di questa Corte (cosi’, ad esempio, nella sentenza, Sez. 1, Sentenza n. 9719 del 18/06/1999, Rv. 214938).
3.5. Col quinto motivo avanza analoga censura a quella gia’ proposta rispetto alla valutazione del data di commissione dei reati di cui al capo 3 (ricettazioni), assumendo che per il favor rei si deve tener conto in mancanza di elementi certi al riguardo della data delle rispettive denunce di furto.
3.6. Col sesto motivo deduce violazione dell’articolo 624 c.p.p., n. 1 e articolo 627 c.p.p., nn. 2 e 3 per avere la Corte ritenuto che le questioni non decise costituivano giudicato, in particolare tutte quelle attinenti la determinazione della pena e la catalogazione delle armi. Indi passa ad evidenziare la inadeguatezza della motivazione del Tribunale e della Corte in punto di valutazione della gravita’ del fatto e della personalita’ del prevenuto e di diniego delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato, sia pure limitatamente al quarto e quinto motivo.
La sentenza impugnata merita di essere annullata per violazione di legge e vizio di motivazione, non avendo ancora una volta la Corte territoriale fornito risposte esaurienti con riferimento alle questioni qui nuovamente sollevate dalla difesa, coi motivi teste’ indicati, e cio’ nonostante il dictum della sentenza di annullamento della Prima Sezione penale, che aveva gia’ evidenziato le criticita’ della precedente pronuncia.
1.1. In realta’ il giudice del rinvio si e’ limitato a rinnovare l’istruttoria dibattimentale, secondo la prescrizione parimenti data nella sentenza di annullamento, e a confermare la ricostruzione contenuta nella pronuncia di primo grado in ordine alla circostanza della riferibilita’ esclusiva della costruzione del bunker al (OMISSIS) e della disponibilita’ da parte del medesimo delle armi; circostanza che, in buona sostanza, non e’ stata ritenuta superata dalle risultanze delle testimonianze assunte in appello, con motivazione che, in maniera del tutto congrua ed esaustiva, da’ conto (da pag. 7 a pag. 9) delle ragioni poste a base di tale conclusione. Rispetto a tale motivazione il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso in scrutinio mostrano, in definitiva, di non confrontarsi, avendo essi ad oggetto deduzioni del tutto generiche ed apodittiche, che tendono piuttosto ad insinuare dubbi, ma solo sulla base di congetture e non di dati concreti (cosi’ per il richiamo ad una perquisizione negativa effettuata col sistema del georadar a fronte del certo rinvenimento delle armi nel luogo indicato; o per la doglianza sulla apparenza della motivazione che invece, pur richiamando quella di primo grado, affronta il tema delle risultanze emerse dalle prove assunte in appello e conclude che esse non abbiano inciso sulla ricostruzione gia’ recepita dai precedenti giudici).
1.2. Cio’ di cui e’ manchevole la pronuncia impugnata, sia sotto il profilo motivazionale che in punto di diritto, afferisce, piuttosto, alla natura del materiale descritto al capo 4 dell’imputazione e all’esatta individuazione della data di commissione dei reati di ricettazione di cui al capo 3.
Quanto al primo aspetto la Corte territoriale avrebbe dovuto innanzitutto attenersi al principio di diritto, enunciato nella sentenza di annullamento, con riferimento alla norma incriminatrice di cui alla L. n. 497 del 1974, articolo 10 che punisce la condotta di detenzione “di armi da guerra o tipo guerra, o parti di esse, atte all’impiego, munizioni da guerra, esplosivi di ogni genere, aggressivi chimici o altri congegni micidiali”. In particolare, questa Corte aveva richiamato la necessita’ di considerare le modalita’ di presentazione dei materiali e la loro natura, non potendosi trascurare la circostanza che nel caso di specie i singoli elementi adoperati in agricoltura: acido nitrico, acido solforico e argento nitrato – si presentavano in separate confezioni e non costituivano un prodotto unico. Al contempo era stato evidenziato che, in tema di armi e materie esplodenti, l’ambito di applicabilita’ dell’articolo 678 c.p. e’ limitato – oltre che ad alcune ipotesi residuali non ricadenti per mancanza di una espressa previsione sotto l’impero di una normativa speciale – alle condotte aventi ad oggetto le materie esplodenti le quali, in rapporto alle circostanze del caso concreto, non presentino il carattere della “micidialita’”; quest’ultimo carattere e’ insito nella sottospecie delle materie esplodenti, rappresentata da quei composti chimici, o miscugli di composti chimici, specificamente fabbricati e manipolati allo scopo di produrre effetti detonanti, deflagranti o dirompenti per impiego bellico o civile, indicati comunemente come esplosivi: siffatta situazione puo’ peraltro determinarsi anche quando non si tratti propriamente di esplosivi, vale a dire di materie appositamente studiate e realizzate per cagionare con il loro uso conseguenze devastanti, bensi’ di materie che in determinate condizioni ambientali, di cui il detentore sia consapevole, possono acquisire la stessa potenzialita’ lesiva (si pensi, ad esempio, ai giochi pirotecnici che isolatamente considerati sono in se’ innocui e vanno considerati materiali esplodenti, ma che in determinate condizioni – quali l’ingente quantitativo, il precario confezionamento, la concentrazione in ambiente angusto, la prossimita’ a luoghi frequentati – costituiscono pericolo per persone o cose, assumendo nell’insieme la caratteristica della micidialita’; cfr. tra tante, Sez. 1, n. 50925 del 19/07/2018, Rv. 274477 – 01; Sez. 1, n. 45614 del 14/10/2013, Rv. 257344 – 01).
Questo Collegio nel ribadire quanto gia’ osservato ed affermato da questa Corte nella sentenza di annullamento, che non risulta tradotto, ne’ sotto il profilo motivazionale ne’ dal punto di vista giuridico, nella pronuncia impugnata, aggiunge, al solo fine di rendere ancor piu’ evidente quanto gia’ chiaramente detto – e nell’ottica di scongiurare ulteriori ricadute nei vizi denunciati – che il reato non sussiste allorquando i materiali creino esplosivo solo se combinati insieme e si presentino, invece, in maniera separata l’uno dall’altro e non vi siano condizioni ambientali che possano favorirne l’innesco.
Si tratta cioe’, in altri termini, di verificare se nel caso di specie – e trattandosi di accertamento implicante valutazione di fatto esso non e’ di competenza di questa Corte – ricorrano quelle determinate condizioni ambientali che consentono di ravvisare la natura esplosiva del materiale che di per se’ esplosivo non e’, risultando pacifico che esso fosse conservato in confezioni separate (cosi’ ad esempio, nella sentenza Sez. 1, n. 9719 del 18/06/1999, Rv. 214938 – 01, la Corte ha condiviso la valutazione dei giudici di merito che avevano ritenuto la sussistenza dell’ipotesi delittuosa di cui alla L. 14 ottobre 1974, n. 497, articolo 10 osservando che la tipologia degli oggetti detenuti dall’imputato, il loro rilevante numero – 75.000 elementi esplodenti per un peso complessivo di 200 kg – la concentrazione in un piccolo locale doveva indurre a tener conto dell’entita’ dei danni a cose e persone che un’eventuale simultanea esplosione avrebbe potuto causare).
Occorre, infine, solo precisare, venendo, nel caso di specie, il provvedimento annullato sia sotto il profilo della violazione di legge che della carenza motivazionale, quali sono i poteri del giudice del rinvio in siffatte ipotesi. Innanzitutto, va rimarcato che l’obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi alla sentenza della Corte di cassazione per quanto riguarda ogni questione di diritto con essa decisa e’ assoluto ed inderogabile (addirittura esso permane anche quando, a seguito di tale decisione, sia intervenuto un mutamento di giurisprudenza: Sez.5, n. 41334 del 19/09/2013 Rv. 257945).
Quanto poi al vizio argomentativo, la giurisprudenza di questa Corte e’ costante nell’affermare che il giudice di rinvio e’ investito di pieni poteri di cognizione e puo’ – salvi i limiti nascenti da eventuale giudicato interno – rivisitare il fatto con pieno apprezzamento ed autonomia di giudizio ed in esito alla compiuta rivisitazione addivenire a soluzioni diverse da quelle del precedente giudice di merito o condividerne le conclusioni, purche’ motivi il proprio convincimento sulla base di argomentazioni diverse da quelle ritenute illogiche o carenti in sede di legittimita’; con la conseguenza che eventuali elementi di fatto e valutazioni contenute nella pronuncia di annullamento non sono vincolanti per il giudice del rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti di riferimento al fine della individuazione del vizio o dei vizi segnalati e non, quindi, come dati che si impongono per la decisione demandatagli (Sez. 5, n. 34016 del 22/06/2010 Rv. 248413); ma – e’ il caso di sottolineare – che, sebbene le indicazioni fattuali date dal giudice che ha disposto il rinvio non siano da intendersi in senso limitativo del potere di accertamento e decisionale del giudice ad quem, costituendo esse mere esplicitazioni strumentali all’esatta individuazione del vizio, cio’ nondimeno il giudice investito dal rinvio rimane pur sempre onerato di tenerne conto al fine di evitare di ricadere nel medesimo vizio censurato (al riguardo peraltro questa Corte era stata esplicita, avendo espressamente invitato ad attenersi ai principi enunciati e a non incorrere nelle stesse lacune motivazionali del provvedimento cassato).
Tali compositi punti, in altri termini, non vincolanti sotto il profilo della nuova piena cognizione, costituiscono pur sempre quelli di partenza dell’autonoma valutazione, che difficilmente potra’ andare esente da nuova censura, soprattutto allorquando il vizio rilevato e’ quello della carenza di motivazione ed essi fossero nuovamente pretermessi e non considerati.
1.3. La Corte territoriale ha, in definitiva, sviluppato in maniera del tutto apparente il discorso argomentativo: sezionando i punti cardine intorno a cui ruota il principio di diritto sopra enunciato e, procedendo in una prospettiva meramente statica ed atomistica, si e’ limitata ad affermare che nel caso di specie esistevano ben tre diverse sostanze che miscelate insieme avrebbero realizzato un esplosivo, prescindendo del tutto dal considerare tutte le circostanze del caso concreto secondo i parametri dettati della giurisprudenza di questa Corte al riguardo, come gia’ indicati nella sentenza di annullamento.
2. La sentenza impugnata non fornisce una motivazione congrua e logica neppure in ordine alla data di consumazione dei reati di ricettazione di cui al capo 3, di natura istantanea e che si perfezionano quindi al momento dell’acquisizione/ricezione del bene. Tale data non era stata individuata nella sentenza di primo grado, sebbene essa fosse certamente rilevante ai fini della verifica della decorrenza del termine di prescrizione, come eccepita dalla difesa.
Nella sentenza in esame si e’ proceduto a un maldestro tentativo di sopperire alla mancanza di certezza in ordine alla suddetta data – come si e’ detto, nell’imputazione riportata in modo vago “fino al (OMISSIS)” – prendendo come punto di riferimento quella di detenzione in carcere del (OMISSIS) risalente al 2008; si e’ quindi sostenuto che a quella data il (OMISSIS) avrebbe acquisito la materiale disponibilita’ dei beni in quanto non ancora detenuto, concludendo quindi che il termine di prescrizione non fosse ancora decorso.
Tutto cio’, pero’, si e’ sostenuto senza considerare che la difesa aveva assunto (e assume anche con il ricorso in esame) che l’unico dato certo era costituito dalle date delle rispettive denunce di furto o smarrimento dei beni oggetto di ricettazione, in realta’ risalenti nella maggior parte dei casi a diversi anni prima dell’inizio dello stato di detenzione e solo in alcuni, invece, a epoca successiva.
Ne consegue che, per il principio del favor rei (applicabile allorquando sussista incertezza assoluta in ordine alla data di consumazione del reato: cfr. ex multis Sez. 3, Sentenza n. 46467 del 16/06/2017, Rv. 27114601), si deve tener conto dei suddetti dati ai fini della individuazione del momento di decorrenza del termine di prescrizione.
3. La sentenza impugnata deve essere quindi annullata per vizio argomentativo e violazione dell’articolo 627 c.p.p., comma 3, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli (ritenuti assorbiti i motivi di cui al punto n. 6 afferenti il trattamento sanzionatorio).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli per nuovo esame.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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