Il datore di lavoro è tenuto ad adottare idonee misure protettive

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 16 maggio 2019, n. 13203.

La massima estrapolata:

Il datore di lavoro è tenuto ad adottare idonee misure protettive che garantiscano la sicurezza sul lavoro e a vigilare sull’uso di tali misure da parte dei dipendenti. Ove tale controllo venga omesso, il comportamento (omissivo) del datore di lavoro costituisce inadempimento agli obblighi di protezione ed è tale da esaurire il nesso eziologico dell’infortunio occorso al lavoratore, così da radicarne in via esclusiva la responsabilità in capo all’azienda.

Sentenza 16 maggio 2019, n. 13203

Data udienza 12 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 24889-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.R.L., ora (OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 501/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 11/05/2016 R.G.N. 732/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/03/2019 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTO

Con sentenza 11 maggio 2016, la Corte d’appello di Salerno condannava (OMISSIS) s.r.l. (ora (OMISSIS) s.p.a.) al pagamento, in favore di (OMISSIS) a titolo risarcitorio, della somma di Euro 117.515,10 oltre accessori di legge e (OMISSIS) s.p.a. a tenere indenne la societa’ dal suddetto esborso risarcitorio nei limiti del massimale di polizza: cosi’ riformando la sentenza di primo grado, che aveva invece rigettato la domanda risarcitoria per danno differenziale del lavoratore (dipendente di (OMISSIS) s.r.l. dal 24 marzo 1999 come operaio di IV livello), infortunatosi sul lavoro il (OMISSIS) (per il distacco dal tornio, cui stava lavorando, di un pezzo metallico che gli colpiva, rompendo gli occhiali di protezione, l’occhio sinistro, cagionandogli postumi permanenti invalidanti stimati dall’Inail in misura del 40%, in realta’ del 65%).
Al contrario del Tribunale, la Corte territoriale riteneva la responsabilita’ datoriale, ai sensi dell’articolo 2087 c.c., per non avere imposto al dipendente l’uso dello schermo protettivo da montare sul tornio, ne’ controllato che esso fosse effettivamente utilizzato; pure ravvisando un concorso di colpa in misura del 20% del lavoratore, anche se intento al suo lavoro in modo non estraneo all’organizzazione ne’ alle modalita’ operative, neppure integrante un rischio elettivo. E cio’ per non avere egli dimostrato, sulla scorta delle risultanze istruttorie acquisite, di avere indossato al momento dell’incidente le lenti protettive in dotazione.
In esito a C.t.u. medico-legale che accertava un danno biologico complessivo in misura pari al 52%, la Corte d’appello liquidava poi, sulla base delle tabelle milanesi tenuto conto di tutti i pregiudizi non patrimoniali sofferti e con personalizzazione del risarcimento, il danno biologico e morale nella misura complessiva di Euro 431.643,00 attualizzata in Euro 440.000,00 e quindi, detratta la somma di Euro 88.000,00 pari al concorso di colpa del lavoratore, di Euro 352.000,00. Sicche’, previo lo scomputo della somma di Euro 234.484,90 percepita a titolo di valore capitale del danno biologico liquidato dall’Inail in misura del 60% secondo i suoi criteri, determinava all’attualita’ il danno differenziale risarcibile al lavoratore in Euro 117.515,10, oltre accessori a norma dell’articolo 429 c.p.c..
Infine, essa condannava la compagnia di assicurazione, chiamata in causa dalla societa’ datrice, a tenerla indenne dall’esborso nei limiti del massimale di polizza. Con atto notificato il 3 novembre 2016, il lavoratore ricorreva per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., cui resistevano le due societa’ con distinti controricorsi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1227, 2087 e 2697 c.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per erroneo riconoscimento di un concorso di colpa del lavoratore, normalmente addetto a strumento (fresa) diverso dal tornio, pure sprovvisto di uno schermo protettivo, ne’ autore di alcuna condotta abnorme, ma in esecuzione di uno specifico ordine datoriale (pure essendo risultato indossare le lenti protettive).
2. Con il secondo, egli deduce violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 12 ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per insussistenza di alcuna condotta negligente ne’ imprudente del lavoratore, che, alla luce delle scrutinate risultanze dell’istruzione orale, benche’ normalmente impiegato come fresatore, era stato temporaneamente addetto ad un tornio, neppure protetto dal debito schermo ed al cui uso (applicatosi con le lenti protettive) non era stato addestrato, in violazione degli obblighi datoriali di predisposizione di adeguati strumenti protettivi su macchinari potenzialmente idonei alla proiezione di schegge o materiali, nonche’ di un piano di sicurezza con scheda di rischio, oltre che di informazione e di addestramento del lavoratore allo svolgimento dei lavori assegnati.
3. Con il terzo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 2059 e 2054 c.c., violazione dell’articolo 112 c.p.c. ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, per mancata liquidazione del danno esistenziale, comprovato per il pregiudizio alla vita di relazione del lavoratore risultante dalle riportate dichiarazioni testimoniali, oltre a quelli biologico e morale, pure sbrigativamente e incongruamente determinati, in applicazione del criterio tabellare milanese, senza una valutazione degli aspetti dinamici e relazionali del pregiudizio subito.
4. I primi due motivi (violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1227, 2087 e 2697 c.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per erroneo riconoscimento di un concorso di colpa del lavoratore; violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 12 ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per insussistenza di alcuna condotta negligente ne’ imprudente del lavoratore), congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati.
4.1. La Corte territoriale ha accertato, sulla scorta delle scrutinate risultanze istruttorie (dal secondo capoverso di pg. 11 al primo periodo di pg. 14 della sentenza), la responsabilita’ datoriale, ai sensi dell’articolo 2087 c.c., per non essere “al momento del fatto… montato sul tornio lo schermo protettivo”, cosi’ da consentire che la scheggia, staccatasi dal pezzo lavorato al tornio, colpisse con violenza l’occhio del dipendente (penultimo capoverso di pg. 11 della sentenza); ed ancora l’insufficienza e la non completa idoneita’ dei mezzi protettivi forniti ai lavoratori, nonche’ la mancanza di controllo del loro effettivo utilizzo (cosi’ ai primi due capoversi di pg. 14 della sentenza: con particolare riferimento, quanto al profilo di omessa vigilanza prima dell’infortunio occorso al (OMISSIS), allo schermo protettivo sulla postazione del tornio).
4.2. Ebbene, l’accertato comportamento del datore di lavoro, di omessa adozione delle idonee misure protettive, ne’ di controllo e vigilanza (rilevante in via esclusiva anche esso solo) che di tali misure fosse fatto effettivamente uso da parte del dipendente, costituisce inadempimento ai propri obblighi protettivi tale da esaurire il nesso eziologico dell’infortunio occorso al lavoratore, cosi’ da radicarne in via esclusiva la responsabilita’ (Cass. 13 ottobre 2000, n. 13690; Cass. 21 maggio 2002, n. 7454; Cass. 23 aprile 2009, n. 9689; Cass. 25 febbraio 2011, n. 4656).
Sicche’, il comportamento del lavoratore, di cui la Corte salernitana ha comunque escluso una condotta anomala o imprevedibile, neppure integrante un rischio avulso dalla prestazione o dalle esigenze dell’attivita’ lavorativa (cosi’ all’ultimo capoverso di pg. 15 e al terz’ultimo di pg. 17 della sentenza), diviene irrilevante ai fini di alcun contributo concausale, per gli effetti previsti dall’articolo 1227 c.c., comma 1: pertanto da negare.
5. Il terzo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 2059 e 2054 c.c., violazione dell’articolo 112 c.p.c. ed omesso esame di fatto decisivo per il giudizio per omessa liquidazione del danno esistenziale, oltre a quelli biologico e morale sbrigativamente e incongruamente determinati, e’ infondato.
6.1. Non sussiste il vizio di omessa pronuncia, avendo la Corte territoriale pronunciato su tutto il danno non patrimoniale, compresi i profili esistenziali relazionali pregiudizievoli (cosi’ al primo periodo in particolare di pg. 19 della sentenza), in applicazione dei principi giurisprudenziali in ordine alla natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale, da interpretare nel senso che esso puo’ riferirsi a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto non suscettibile di valutazione economica, con il conseguente obbligo per il giudice di merito di tenere conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze in peius derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, e con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, con valutazione in concreto delle sue distinte conseguenze sui piani della salute, della sua sfera interiore e dinamico – relazionale (Cass. 28 settembre 2018, n. 23469).
Ed essa lo ha quindi correttamente determinato sulla base delle tabelle del Tribunale di Milano (Cass. 28 giugno 2018, n. 17018): cosi’ avendo provveduto ad un accertamento di spettanza del giudice di merito, adeguatamente motivato (per le ragioni da pg. 19 a pg. 21 della sentenza), insindacabile in sede di legittimita’ (Cass. 12 maggio 2009, n. 10864).
6.2. Neppure ricorre, infine, l’omesso esame di un fatto storico, alla stregua del novellato testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053), prospettando piuttosto il mezzo l’inammissibile contestazione di una valutazione giuridica.
7. Dalle superiori argomentazioni discende l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, rigettato il terzo, con la cassazione della sentenza, in relazione ai motivi accolti e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione.

P.Q.M.

accoglie i primi due motivi di ricorso, rigettato il terzo; cassa la sentenza, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione.

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