Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 5 settembre 2019, n. 22181
Massima estrapolata:
Può ritenersi corresponsabile del danno ex art. 1227 comma 1 c.c. il proprietario per i danni da omessa custodia dell’immobile locato, in ragione della prolungata mancata manutenzione e del mancato esercizio del diritto di ispezione.
Ordinanza 5 settembre 2019, n. 22181
Data udienza 20 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 16739-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministrazione p.t. Dott. (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 45/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 24/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.
RILEVATO
Che:
1. La ricorrente (OMISSIS) con ricorso notificato il 31 maggio 2017 ricorre avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 45/2018 del 24 gennaio 2018 con la quale, in riforma della sentenza ove era risultata vittoriosa in una causa di risarcimento di danno intentata contro il condominio e il conduttore di un immobile di sua proprieta’, adibito ad uso commerciale, e’ stato in parte accolto l’appello sia del condominio sia della societa’ conduttrice dei locali siti nel condominio (OMISSIS), di cui e’ proprietaria in forza di successione ereditaria da (OMISSIS). Nella specie la Corte d’appello ha ripartito la responsabilita’ per i danni da omessa custodia del locale nella misura del 50%, in virtu’ della sussistenza di una responsabilita’ concorrente della locatrice nella misura del 50%, da individuarsi ex articolo 1227 c.c., comma 1, a carico della proprietaria del locale danneggiato, in ragione della prolungata mancata manutenzione e il mancato esercizio del diritto di ispezione, e cio’ in particolare per il malfunzionamento di canali condominiali per i liquami che hanno provocato scoli e infiltrazioni, e per la rilevata carenza manutentiva degli impianti e incuria da imputarsi al primo e al secondo conduttore. Parte resistente ha notificato controricorso.
CONSIDERATO
Che:
1. Primo motivo di ricorso: si deduce violazione o falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c. in relazione al combinato disposto degli articoli 1218 e 1587 ex articolo 360 c.p.c., n. 3, deducendo che sia il condominio che il conduttore non hanno dimostrato che il danno e’ stato determinato da caso fortuito riconducibile alla locatrice, posto che nella fattispecie ex articolo 2051 c.c. deve assumersi l’estraneita’ della valutazione del comportamento tenuto dal custode in termini di colpa. Sostiene in particolare la ricorrente che la Corte territoriale si e’ mossa sulla base della qualificazione del rapporto ai sensi dell’articolo 2043 c.c., omettendo di valutare la fattispecie entro lo schema della responsabilita’ da custodia ex articolo 2051 c.c. in combinato disposto con gli articoli 1587 c.c. e segg..
1.1. il motivo e’ inammissibile in quanto non si rapporta al contenuto della decisione di merito e pertanto risulta del tutto aspecifico ex articolo 360 c.p.c., n. 3. e, pertanto, non permette a questa Corte di valutare la correttezza della motivazione censurata, anche solo richiamandola nei punti essenziali.
1.2. In secondo luogo, anche solo valutando il tenore della decisione, a prescindere dalla aspecificita’ del motivo, non risulta che la Corte decidente abbia fondato la propria decisione su presupposti di fatto diversi da quelli prospettati dalle parti, e comunque gravato la ricorrente degli oneri della prova, posto che ha evidenziato dettagliatamente le colpe della locatrice quale creditrice e in quale misura le dovesse essere riconosciuta la responsabilita’ concorrente, sulla base di una ricostruzione autonoma dei fatti che non si pone in contrasto con il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (vedi Cassazione n. 2669/2018 e Cassazione sezione lavoro numero 13.049-2016).
2. Con il 20 motivo deduce violazione o falsa applicazione degli articoli 1218, 1227,1587 e 2051 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte territoriale, dopo aver richiamato e condiviso la sentenza di primo grado in ordine alla individuazione della responsabilita’ dei due convenuti per i danni causati all’immobile di proprieta’, ha osservato che e’ configurabile il disposto dell’articolo 1227 c.c., comma 1, in quanto e’ ascrivibile al locatore proprietario una trascuratezza nel tollerare nel lungo tempo sia la carenza manutentiva delle strutture, ritenendola insufficiente nei pochi casi in cui si e’ realizzata, sia un non adeguato utilizzo delle medesime da parte del conduttore, in cio’ richiamando la giurisprudenza del giudice di legittimita’. Sostiene che nel caso de quo la norma contenuta nell’articolo 1227 c.c., comma 1 presuppone che il creditore abbia concorso con nesso di causalita’ alla determinazione del danno, laddove dall’iter argomentativo della sentenza non e’ contestato alla creditrice di aver posto in essere comportamenti concorrenti causalmente rilevanti nella determinazione del danno, bensi’ omissioni senza le quali il danno si sarebbe potuto evitare o quantomeno ridurre. Sostiene in particolare che sia stata applicata d’ufficio la fattispecie di cui all’articolo 1227 c.c., comma 2, anziche’ quella inerente al nesso causale, e che pertanto la sentenza appare contraddittoria nel richiamare una norma per poi applicarne un’altra. Inoltre deduce che per applicare articolo 2051 c.c.. La prova liberatoria consentita all’autore del danno non e’ definibile nell’assenza di colpa bensi’ nella deduzione di un fatto definibile come caso fortuito, mentre il capo della decisione non ha considerato, per effetto dell’errata qualificazione dell’apporto causale, che l’ipotesi del caso fortuito non solo non e’ stata esaminata dalla Corte, ma non e’ stata neanche prospettata dalle controparti. Rileva poi che sotto il profilo dell’articolo 1227 c.c., l’obbligo di evitare comportamenti che possono concorrere alla determinazione del danno non puo’ essere individuato per esteso, quanto al suo contenuto, nell’obbligo di compiere un’ attivita’ gravosa e rischiosa, ovvero nell’obbligo di porre in essere azioni giudiziarie cosi’ come sembrerebbe ritenere la Corte territoriale, citando in proposito Cassazione 1895-2014, posto che non potrebbero essere imposti al conduttore comportamenti che implicano un rilevante sacrificio di natura economica, atteso che la ricorrente avrebbe dovuto sborsare la somma di Euro 24.751,31 oltre le spese giudiziali con richieste di autorizzazioni su beni altrui (vedi Cassazione sezioni unite numero 24.406-2011; Cassazione numero 249-2017). Richiama all’uopo pagina 25 sentenza nella parte in cui la Corte avrebbe affermato che la locatrice sarebbe stata onerata di anticipare la spesa Euro 24.751,31 per l’esecuzione dei lavori in contrasto con la corretta interpretazione dell’articolo 1227, comma 2. Deduce infine che la Corte non avrebbe correttamente qualificato e valutato i comportamenti tenuti dalla locatrice gia’ prima del rilascio, ovvero che in data 21 febbraio 2004 aveva evidenziato la situazione di pericolo determinatasi dalla giacenza di materiale cartaceo plastico nei locali, tant’e’ che nel marzo 2004 aveva sollecitato l’intervento dei vigili del fuoco, e che quindi aveva intrapreso una procedura per accertamento tecnico preventivo prima del giudizio.
3. Con il 30 motivo deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, e in particolare la violazione articolo 111 Cost., articoli 112 e 132 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Deduce che sia mancata una motivazione sul comportamento assunto dalla locatrice o comunque vi sia una ipotesi di motivazione apparente, in quanto non sono stati preventivamente valutati gli atti posti in essere dalla locatrice e messi in rilievo negli scritti difensivi, che avrebbero dovuto essere valutati positivamente. Infine anche per quanto riguarda la determinazione del risarcimento del danno per lucro cessante la Corte territoriale ne limita l’entita’ deducendo le mensilita’ perduta 37 mesi rispetto alle 123 mensilita’ liquidate dal 10 grado, in maniera apodittica.
4. I motivi numero 2 e 3 vanno trattati congiuntamente in quanto connessi alla violazione dell’articolo 1227 c.c..
4.1. I motivi sono inammissibili.
4.2. Le deduzioni di cui sopra non si confrontano con la ratio decidendi ove risulta che, in relazione a un lungo periodo locativo iniziato negli anni novanta e terminato nel 2005, corrispondente a un persistente uso non consono e inadeguato addebitabile alla prima conduttrice, poi fallita, l’inerzia di parte attrice, protrattasi per parecchi anni, assume una sua specifica valenza, e cio’ alla luce del diritto che la stessa aveva di ispezionare il locale e a cui corrisponde un onere (da creditore) di vietare e impedire usi inadeguati del proprio bene locato. Pertanto, il diritto di ispezione in capo alla locatrice non avrebbe consentito alla locatrice di limitarsi ad attendere il rilascio dell’immobile nel dicembre 2005, per dolersi poi formalmente in via giudiziale del constatato degrado. Assumeva poi che nei riguardi del condominio, almeno sin dagli inizi degli anni 90, la locatrice proprietaria dell’immobile non poteva limitarsi a pretendere rifacimenti e ristori per questo o quell’altro singolo episodio, perche’ ai fini del diffuso e generalizzato degrado, importano la continuita’ della persistenza nel tempo di carenza di manutenzione negli impianti o nelle strutture condominiali come causa di continue persistenti fenomeni infiltrativi, oltre che le modalita’ di deposito della merce.
4.3. Trattasi infatti di valutazioni di merito, qui insindacabili, su tutto l’andamento del rapporto tenuto con il Condominio e i conduttori che si sono succeduti nell’immobile, da cui la Corte di merito ha tratto la violazione dell’obbligo giuridico di impedire (in parte) l’evento da parte della locatrice, che assume rilevanza sotto il profilo del nesso di causalita’ da comportamento omissivo e relativo alla situazione in cui tale condotta dannosa e dello stesso danneggiato, ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1, come indicato nella pronuncia sezioni unite Sentenza n. 24406 del 21/11/2011 (Rv. 620070 – 01) secondo cui “la responsabilita’ civile per omissione puo’ scaturire non solo dalla violazione di un preciso obbligo giuridico di impedire l’evento dannoso, ma anche dalla violazione di regole di comune prudenza, le quali impongano il compimento di una determinata attivita’ a tutela di un diritto altrui. Tale principio trova applicazione sia quando si tratti di valutare se sussista la colpa dell’autore dell’illecito, sia quando si tratti di stabilire se sussista un concorso di colpa della vittima nella produzione del danno, ex articolo 1227 c.c., comma 1. Non puo’, pertanto, ritenersi corresponsabile del danno colui che, senza violare alcuna regola di comune prudenza, correttezza o diligenza, non si sia attivato per rimuovere tempestivamente una situazione di pericolo creata da terzi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale aveva escluso che un’impresa edile, danneggiata dall’esondazione d’un canale alla cui manutenzione la P.A. non aveva provveduto, potesse ritenersi corresponsabile del danno, per non avere provveduto ad innalzare l’argine del canale, nonostante la prossimita’ ad esso del cantiere, trattandosi di un intervento, nella specie, inesigibile nei suoi confronti)”.
4.4. La Corte di merito ha poi considerato l’obbligo di non aggravare il danno ex articolo 1227 c.c., comma 2 a carico del danneggiato, che in tale materia viene a rilevare, e cio’ secondo il principio dettato da cassazione – sez.2. 7771/2011, a cui si aggiungono altri fattori ascrivibili alla proprieta’, e consistenti in talune carenze costruttive dell’immobile quale unita’ esclusiva della proprieta’, come ad esempio la insufficienza numerica dell’unico tombino sino al pavimento, e due aperture persino murate che impedivano l’aerazione dell’immobile scantinato adibito ad uso commerciale. Tuttavia non viene propriamente censurato se tale elemento sia stato considerato a prescindere da un’eccezione di parte, bensi’ solamente che tale elemento, relativo agli obblighi di manutenzione comportanti esborsi per il locatore, non potesse pesare sul locatore, contrariamente a quanto correttamente ritenuto dalla Corte di merito.
4.5. Piu’ in generale, ai fini della valutazione delle cause di un fatto generatore di danno, l’accertamento della responsabilita’ per violazione di obblighi contrattuali o del principio del neminem laedere (come anche di obblighi di custodia, di esercizio di un’attivita’ pericolosa o di una norma generale o specifica di prudenza), non esclude a priori l’affermazione della corresponsabilita’ del danneggiato ex articolo 1227 c.c., comma 1, che vale come norma generale di valutazione della causa di un danno, individuabile a volte anche nell’atteggiamento attivo assunto dallo stesso danneggiato nella sua produzione. Per ammettere la possibilita’ del concorso di colpa tra il soggetto tenuto a un obbligo di garanzia e la vittima della violazione di un obbligo di protezione, occorre dunque far leva sull’articolo 1227 c.c., comma 1, che disciplina non gia’ l’elemento soggettivo dell’illecito (la colpa, appunto), ma il nesso causale tra condotta illecita ed evento dannoso. Anche tale accertamento, tuttavia, e’ affidato al giudice del merito, ed e’ incensurabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato (Sez. 3 -, Ordinanza n. 30921 del 22/12/2017; Cass. n. 11227 del 8.5.2008; Cass. 3.12.2002 n. 17152).
4.6. Trattasi pertanto di valutazioni in fatto, espletate sulla scorta di consolidata giurisprudenza, in questa sede incensurabili riguardo agli elementi costitutivi della fattispecie di cui alla 1227 c.c., applicata del tutto correttamente al caso di specie.
4.7. Oltretutto, per quanto riguarda la censura ex articolo 360 c.p.c., n. 5, in tale caso deve rilevarsi preliminarmente la carenza di specificita’ del motivo, e cio’ sulla base del principio per cui il motivo di ricorso per cassazione fondato sull’erronea valutazione del concorso di colpa della vittima nella causazione del danno ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e’ inammissibile ove il ricorrente ometta di indicare in quale fase e in quali termini abbia sollevato la relativa questione nel giudizio di merito, non considerata dal giudice di merito, secondo quanto imposto dall’articolo 366 c.p.c., n. 3, con conseguente irrilevanza del fatto che la questione sia astrattamente rilevabile d’ufficio ” (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17335 del 03/07/2018).
4.8. Il motivo, dunque, risulta inammissibile perche’ si dimostra del tutto disallineato rispetto alle ragioni concrete della decisione e, dunque, e’ inammissibile perche’ non e’ riposto su una doglianza specifica, ma sviluppa diverse tesi sulla base di molteplici circostanze temporalmente e logicamente anteriori ai fattori “umani” che hanno determinato il danno, mirando sostanzialmente a ripercorrere, sotto luce diversa, il giudizio di merito che ha esaminato ogni profilo della questione.
5. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza relativamente alle spese, poste a carico della ricorrente in favore di ciascuna parte ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 a favore delle parti separatamente resistenti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge a favore della parte resistente.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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