Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 21 gennaio 2019, n. 1522.
La massima estrapolata:
Il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233, comma 2, c.c., il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione.
Ordinanza 21 gennaio 2019, n. 1522
Data udienza 6 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE SECONDA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12451-2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS);
– intimati –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 03/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso articolato in unico motivo per la cassazione del decreto reso dalla Corte d’Appello di Perugia il 3 novembre 2017. Questo decreto ha condannato il Ministero della Giustizia all’equa riparazione in favore dei ricorrenti, pari ad Euro 500,00 pro capite, per la irragionevole durata di un giudizio di equa riparazione iniziato nel maggio 2005 davanti alla Corte d’Appello di Roma e definito con sentenza della Corte di cassazione del 13 maggio 2009. La Corte d’Appello di Perugia ha altresi’ liquidato Euro 203,00 a titolo di compenso, sulla base del “minimo previsto” per la “semplicita’ del giudizio” e resiguita’ delle somme” oggetto di lite.
Il Ministero della Giustizia, intimato, non ha svolto attivita’ difensive.
L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione dell’articolo 91 c.p.c. e articolo 2233 c.c., comma 2, nonche’ del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014. I ricorrenti espongono che la liquidazione delle spese processuali operata dalla Corte d’Appello di Perugia sia inferiore ai minimi dettati dal Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, Tabella 12, (indicando le singole attivita’ e fasi ed i relativi importi tariffari).
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Il motivo di ricorso e’ fondato.
Questa Corte ha gia’ precisato come il procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo – di cui alla L. n. 89 del 2001 – vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all’avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione nel Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, tabella 12 allegata (cfr. Cass. Sez. 2, 10/04/2018, n. 8818; Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4689; Cass. Sez. 6-2, 14/11/2016, n. 23187; Cass. Sez. 1, 17/10/2008, n. 25352). Peraltro, e’ stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, non sussistendo piu’ il vincolo legale della inderogabilita’ dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice e’ tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’articolo 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione. La liquidazione disposta dalla Corte di Perugia opera, invece, una globale determinazione dei compensi, in misura notevolmente inferiore a quelli minimi di cui al Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, tabella 12 allegata, senza dare alcuna adeguata motivazione (Cass. Sez. 6-3, 15/12/2017, n. 30286; Cass. Sez. 6 – L, 31/01/2017, n. 2386; Cass. Sez. 6-1, 16/09/2015, n. 18167).
Conseguono l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia, che, in diversa composizione, sottoporra’ la causa a nuovo esame, tenendo conto dei rilievi svolti, e provvedera’ altresi’ a liquidare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei limiti della censura accolta e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
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