Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite

sentenza 2 ottobre 2015, n. 19704

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f.

Dott. CICALA Mario – Presidente Sezione

Dott. RORDORF Renato – Presidente Sezione

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:
SENTENZA

sul ricorso 13678/2012 proposto da:

(OMISSIS) S.A.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., legittimata in quanto societa’ incorporante della (OMISSIS) s.p.a., soggetta all’attivita’ di direzione e coordinamento di (OMISSIS) s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 68/5/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI, depositata il 29/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/05/2015 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

uditi gli avvocati (OMISSIS) per delega dell’avvocato (OMISSIS), (OMISSIS);

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

RITENUTO IN FATTO

 

La societa’ (OMISSIS) s.a.s. impugno’ dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari la cartella di pagamento n. (OMISSIS) emessa da (OMISSIS) s.p.a. per IVA, sanzioni e interessi in relazione all’anno 2003, deducendo che tale cartella – risultante notificata il 27.05.2006 – le era rimasta assolutamente sconosciuta ed assumendo di essere venuta a conoscenza della relativa obbligazione tributaria soltanto dall’estratto di ruolo rilasciato, su sua richiesta, dalla competente concessionaria della riscossione.

La Commissione Tributaria provinciale di Bari, ritenuto che solo formalmente l’atto opposto era la cartella, mentre in realta’ l’opposizione riguardava l’estratto di ruolo, ne dichiaro’ l’inammissibilita’ essendo l’estratto di ruolo “atto interno dell’Agente della riscossione, non rientrante tra quelli tassativamente indicati dal Decreto Legislativo n. 546 del 19922, articolo 19, comma 1”. La Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con la sentenza n. 68/5/11, confermo’ la decisione.

In particolare i giudici d’appello, premesso che nell’atto introduttivo era stata impugnata la cartella in questione per omessa notifica, escludevano che la richiesta al concessionario di copia dell’estratto di ruolo potesse comportare la riapertura dei termini per impugnare una cartella non tempestivamente opposta (ancorche’ per asserito difetto di notifica) e conseguentemente escludevano che potesse essere “oggetto di discussione” la suddetta cartella in quanto non ritualmente opposta. I predetti giudici ribadivano inoltre l’inammissibilita’ della proposta opposizione anche ove ritenuta diretta avverso l’estratto di ruolo, rilevando che esso, oltre ad essere atto non previsto nel novero di quelli impugnabili ai sensi dell’articolo 19 citato, difetta del requisito della “coattivita’ della prestazione tributaria ivi espressa” e quindi della idoneita’ a costituire “provocatio ad opponendum”, senza che sia per cio’ solo configurabile violazione del diritto di difesa del contribuente, restando salva la possibilita’ di denunciare l’inesistenza della notifica della cartella in sede di gravame avverso eventuali e specifici atti realizzativi del credito fiscale.

Per la cassazione di questa sentenza la societa’ ha proposto, nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., ricorso per cassazione illustrato da successiva memoria, al quale ha resistito con controricorso (OMISSIS) s.p.a., incorporante di (OMISSIS) s.p.a..

Con ordinanza interlocutoria n. 16055 del 2014 il collegio della VI-5 sezione civile di questa Corte dinanzi al quale il ricorso e’ stato discusso ha sollecitato l’intervento compositivo di queste sezioni unite segnalando che, nell’ambito di un panorama giurisprudenziale in materia di atti impugnabili dinanzi ai giudici tributari piuttosto composito e articolato, e’ negli ultimi anni emerso nella giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ uno specifico contrasto tra alcune pronunce secondo le quali il ruolo non e’ autonomamente impugnabile in quanto atto “interno”, che puo’ essere impugnato solo con l’atto impositivo nel quale viene trasfuso e a mezzo del quale viene notificato, ed altre pronunce che hanno invece affermato l’autonoma impugnabilita’ del ruolo.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. Con unico motivo, deducendo “ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 62, comma 1, e dell’articolo 360 c.p.c., n. 3”, nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 115 c.p.c., la ricorrente censura la decisione impugnata innanzitutto affermando che l’estratto di ruolo puo’ essere oggetto di ricorso dinanzi alle Commissioni Tributarie perche’ esso costituisce parziale riproduzione del ruolo, atto considerato impugnabile ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, avendo peraltro la giurisprudenza di legittimita’ affermato che va riconosciuta la possibilita’ di ricorrere avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessita’ di attendere che essa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, atteso l’indubbio interesse del destinatario a chiarire la sua posizione rispetto a tale pretesa e quindi ad invocare la tutela giurisdizionale. La ricorrente si duole inoltre del fatto che i giudici d’appello abbiano omesso ogni valutazione in ordine alle circostanze dalla medesima evidenziate con riguardo alla dedotta omissione di (valida) notifica della cartella, pur non avendo la convenuta contestato tali circostanze ne’ tanto meno fornito alcuna prova dell’avvenuta notifica della suddetta cartella.

In particolare, rilevato che, dopo un primo infruttuoso tentativo di notifica presso la sede della societa’ contribuente – dove la stessa era risultata sconosciuta -, veniva effettuata ulteriore notifica “per irreperibilita’ assoluta” con deposito dell’atto presso il Comune e affissione dell’avviso di deposito, la ricorrente evidenzia la mancanza di prova della comunicazione alla societa’, mediante raccomandata, dell’avvenuto deposito dell’atto presso il Comune nonche’ la mancanza dell’attestazione della impossibilita’ di effettuare la notificazione al legale rappresentante della suddetta societa’, il quale risultava individuato e nominato nell’atto da notificare.

Le censure esposte sono fondate esclusivamente nei limiti e nei termini di cui in prosieguo.

Prima di passare al relativo esame, tuttavia, e’ necessario definirne l’ambito e la reale portata attraverso un’attivita’ interpretativa (della sentenza impugnata e dei ricorso per cassazione) resa imprescindibile innanzitutto per le diverse qualificazioni – ferma restandone la sostanza – della opposizione proposta dalla contribuente, ma anche per il rischio di una non univoca attribuzione di significato a termini come “ruolo” ed “estratto di ruolo”, potenzialmente inducente ambiguita’ non solo terminologica ma anche concettuale.

In proposito occorre innanzitutto schematicamente considerare che, come emergente da quanto sopra riportato, la societa’ ricorrente ha impugnato la cartella esattoriale a suo carico – della quale era venuta a conoscenza solo a seguito di rilascio dell’estratto di ruolo da parte del concessionario – deducendo che la medesima non era stata validamente notificata. I primi giudici hanno sostenuto che quella proposta, anche se formalmente qualificata come opposizione alla cartella, costituiva sostanzialmente una inammissibile impugnazione dell’estratto di ruolo, atto interno dei concessionario. Il contribuente ha contestato in appello la non impugnabilita’ dell’estratto di ruolo affermata dai primi giudici, si e’ doluto della ritenuta inammissibilita’ dell’opposizione e l’ha riproposta, ribadendo “le questioni, domande e richieste formulate nell’atto introduttivo” e insistendo per la “declaratoria di nullita’ e improduttivita’ di qualsiasi effetto giuridico della cartella di pagamento impugnata”. I giudici d’appello hanno affermato l’inammissibilita’ della proposta opposizione, sia se qualificata come opposizione avverso la cartella sia se qualificata come opposizione avverso l’estratto di ruolo, e la societa’ ha proposto ricorso per cassazione contestando la affermata inammissibilita’ dell’opposizione proposta ed altresi’ dolendosi del fatto che i giudici d’appello abbiano omesso di trarre le conseguenze dagli elementi circa l’invalidita’ della notifica della cartella addotti dalla medesima ricorrente e non contestati dalla controparte.

Come e’ evidente, al di la’ di mere qualificazioni, la ricorrente ha agito in giudizio nell’intento di ottenere attraverso la proposta opposizione (comunque qualificata) la declaratoria della nullita’ della cartella emessa a suo carico in quanto non validamente notificata e ricorre oggi dinanzi a questo giudice per ottenere l’annullamento della decisione impugnata laddove ha ritenuto inammissibile la suddetta opposizione. Occorrera’ pertanto valutare la fondatezza della censura anche eventualmente rimettendo in discussione la formale qualificazione della opposizione proposta, alla luce della giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ secondo la quale la corte di cassazione puo’ accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, a condizione che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti, fermo restando che l’esercizio del potere di qualificazione non puo’ comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’introduzione nel giudizio d’una eccezione in senso stretto (v. Cass. n. 3437 del 2014; 6935 del 2007; 19132 del 2005; 4939 del 1998).

Tanto premesso, prima di procedere oltre occorre, in via ulteriormente preliminare, fare chiarezza sull’oggetto della analisi che seguira’, percio’ intendersi sul significato da attribuire a termini come “ruolo” ed “estratto di ruolo”, e cio’ non per mera esigenza definitoria fine a se stessa ma perche’ la comprensibilita’ di qualunque discorso passa per l’utilizzo di un linguaggio comune, quindi per la condivisione convenzionale del significato dei termini utilizzati, e la stessa correttezza di qualsivoglia soluzione giuridica impone che sia preventivamente individuato con precisione il concreto “oggetto” del problema da risolvere. Ne consegue che per decidere se un atto (volgarmente) detto “estratto di ruolo” sia stato o meno impugnato (e se sia o meno impugnabile) occorrera’ identificare in fatto e, poi, qualificare in diritto l’oggetto concreto della disamina, al fine di evitare che si possa confondere l'”estratto di ruolo” con il “ruolo” e, soprattutto, che si possa in qualche modo ridurre, attesa la nota anfibologia di ogni documento, ad uno solo i due oggetti (“documento” e suo “contenuto”) come se si trattasse di della mera diversita’ di nome dello stesso oggetto.

Il “ruolo”, come noto, ha una sua precisa definizione legislativa, posto che, per il vigente testo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 10, lettera b), esso e’ l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario” e che, per l’articolo 11 del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica, “nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi”.

A norma del successivo articolo 12, l’ufficio competente “forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano. In ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell’ambito territoriale cui il ruolo si riferisce”; nel ruolo “devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non puo’ farsi luogo all’iscrizione”; “il ruolo e’ sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato” e “con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo”, cioe’ costituisce titolo esecutivo.

Dai riprodotti dati normativi discende che il “ruolo” e’ un atto amministrativo impositivo (fiscale, contributivo o di riscossione di altre entrate allorche’ sia previsto come strumento di riscossione coattiva delle stesse) proprio ed esclusivo dell'”ufficio competente” (cioe’ dell’ente creditore impositore), quindi “atto” che, siccome espressamente previsto e regolamentato da norme legislative primarie, deve ritenersi tipico sia quanto alla forma che quanto al contenuto sostanziale (cfr. le norme sopra richiamate laddove si precisa che esso deve indicare le “somme dovute” in “riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento” o, “in mancanza” di questo, la “motivazione” del debito).

In quanto titolo esecutivo, il ruolo sottoscritto dal capo dell’ufficio o da un suo delegato, giusta il dettato del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 24, comma 1, viene consegnato “al concessionario dell’ambito territoriale cui esso si riferisce”, esso pertanto non solo e’ atto proprio ed esclusivo dell’ente impositore (mai del concessionario della riscossione), ma, nella progressione dell’iter amministrativo di imposizione e riscossione, precede ogni attivita’ del concessionario, della quale costituisce presupposto indefettibile.

Il concessionario della riscossione, a sua volta, in forza del ruolo ricevuto, redige “in conformita’ al modello approvato” (oggi dall’Agenzia delle Entrate) “la cartella di pagamento” (che, per il Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, comma 2, “contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procedera’ ad esecuzione forzata”) e provvede (ai sensi del successivo articolo 26) alla “notificazione della cartella di pagamento” al debitore.

Il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, elenca espressamente tra gli “atti impugnabili” (quindi da impugnare necessariamente per evitare la cristallizzazione irreversibile di quel determinato momento del complessivo iter di imposizione e/o riscossione), al comma 1, lettera d), “il ruolo e la cartella di pagamento”, mentre la seconda parte del medesimo Decreto Legislativo n. 546, articolo 21, comma 1, dispone espressamente che “la notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo”.

Da tali disposizioni si evince pertanto che: il ruolo e’ atto che deve essere notificato e la sua notificazione coincide con la notificazione della cartella di pagamento; e’ atto impugnabile; il termine iniziale per calcolare i “sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato” (fissati a espressa “pena di inammissibilita’” dalla prima parte del medesimo articolo 21 per l’impugnazione di qualsiasi “atto impugnabile”) coincide con quello della “notificazione della cartella di pagamento”; entro il suddetto termine pertanto il debitore, giusta i principi generali, a seconda del suo interesse, puo’ impugnare entrambi gli atti (“ruolo” e “cartella di pagamento”) contemporaneamente ovvero anche solo uno dei due che ritenga viziato, con l’ovvio corollario che la nullita’ di un atto non comporta quella degli atti precedenti ne’ di quelli successivi che ne sono indipendenti e quindi che la nullita’ della cartella di pagamento non comporta necessariamente quella del ruolo mentre la nullita’ del ruolo determina necessariamente la nullita’ anche della cartella, questa essendo giuridicamente fondata su quel ruolo e, pertanto, “dipendente” dallo stesso.

Il “documento” denominato “estratto di ruolo”, tale indicato dallo stesso concessionario che lo rilascia, non e’ invece specificamente previsto da nessuna disposizione di legge vigente. Esso – che viene formato (quindi consegnato) soltanto su richiesta del debitore – costituisce (v. Consiglio di Stato, 4 , n. 4209 del 2014) semplicemente un “elaborato informatico formato dall’esattore… sostanzialmente contenente gli… elementi della cartella…”, quindi anche gli “elementi” del ruolo afferente quella cartella (il C.d.S., peraltro, ha affermato l’inidoneita’ del suo rilascio ad ottemperare all’obbligo di ostensione all’interessato che ne abbia fatto legittima e motivata richiesta, della copia degli originali della cartella, della sua notificazione e degli atti prodromici).

Da quanto sopra esposto emerge con sufficiente chiarezza la differenza sostanziale tra “ruolo” ed “estratto di ruolo” (termini talvolta impropriamente utilizzati come sinonimi): il “ruolo” (atto impositivo espressamente previsto e regolato dalla legge, anche quanto alla sua impugnabilita’ ed ai termini perentori di impugnazione) e’ un “provvedimento” proprio dell’ente impositore (quindi un atto potestativo contenente una pretesa economica dell’ente suddetto); l'”estratto di ruolo”, invece, e’ (e resta sempre) solo un “documento” (un “elaborato informatico… contenente gli… elementi della cartella”, quindi unicamente gli “elementi” di un atto impositivo) formato dai concessionario della riscossione, che non contiene (ne’, per sua natura, puo’ contenere) nessuna pretesa impositiva, diretta o indiretta.

La inidoneita’ dell’estratto di ruolo a contenere qualsivoglia (autonoma e/o nuova) pretesa impositiva, diretta o indiretta (essendo, peraltro, l’esattore carente del relativo potere) comporta indiscutibilmente la non impugnabilita’ dello stesso in quanto tale, innanzitutto per la assoluta mancanza di interesse (ex articolo 100 c.p.c.) del debitore a richiedere ed ottenere il suo annullamento giurisdizionale, non avendo infatti alcun senso l’eliminazione dal mondo giuridico del solo documento, senza incidere su quanto in esso rappresentato. Peraltro, anche l’eventuale contestazione dell’attivita’ certificativa del concessionario in se’ considerata – ad esempio in relazione alla non corrispondenza tra quanto certificato nell’estratto e quanto risultante dal ruolo – avrebbe un senso solo in un ipotetico giudizio risarcitorio per aver confidato nella corrispondenza delle notizie riportate nell’estratto alle iscrizioni risultanti dal ruolo, non in un giudizio impugnatorio conducente esclusivamente ad un “annullamento” della certificazione.

Fatta – si spera – la chiarezza terminologica e concettuale necessaria al prosieguo dell’analisi della questione in esame, si puo’ in astratto convenire con i giudici di primo grado e d’appello laddove hanno affermato la non impugnabilita’ dell’estratto di ruolo, tra l’altro perche’ “atto interno dell’Agente della riscossione” (cosi’ la sentenza di prime cure come riportata nella sentenza d’appello). E deve inoltre precisarsi che il contrasto giurisprudenziale per il quale la causa e’ stata rimessa a queste sezioni unite non riguarda l’impugnabilita’ dell’estratto di ruolo (documento tale definito dal concessionario che lo rilascia) bensi’ l’impugnabilita’ del ruolo, atto impositivo proprio dell’ente impostore disciplinato dalle norme sopra richiamate.

Tuttavia, come gia’ evidenziato, al di la’ di ogni formale qualificazione, il ricorrente nella specie si e’ sempre doluto della invalida notificazione della cartella (e quindi anche del ruolo, posto che la sua notificazione coincide con quella della cartella Decreto Legislativo n. 546 citato, ex articolo 21) e di questo atto – non del documento rilasciatogli dal concessionario – ha chiesto l’annullamento.

Pertanto occorrera’ in questa sede affrontare la (diversa) questione della ammissibilita’ della impugnazione della cartella invalidamente notificata (e conosciuta attraverso l’estratto di ruolo), con la precisazione che le considerazioni che saranno esposte in proposito devono intendersi riferibili anche alla impugnazione del ruolo, attesa la coincidenza della notificazione della cartella con quella del ruolo.

3. Escluso, sulla base di quanto si e’ fin qui esposto, l’interesse del richiedente ad impugnare il documento “estratto di ruolo”, puo’ ovviamente sussistere un interesse del medesimo ad impugnare il “contenuto” del documento stesso, ossia gli atti che nell’estratto di ruolo sono indicati e riportati.

I suddetti atti (iscrizione del richiedente in uno specifico “ruolo” di un determinato ente impositore per un preciso “credito” di quest’ultimo; relativa cartella di pagamento fondata su detta iscrizione; notificazione della medesima – e del ruolo – ai richiedente nella data indicata nell’estratto di ruolo ricevuto) risultano univocamente impugnabili per espressa previsione del combinato disposto dei gia’ richiamato Decreto Legislativo n. 546 citato, articolo 19, lettera d), e articolo 21, comma 1. E ovviamente nessun problema in ordine alla impugnabilita’ dei medesimi si pone quando essi sono stati (validamente) notificati, sussistendo il diritto e l’onere dell’impugnazione con decorrenza dal momento della relativa notificazione (momento che per il ruolo e la cartella, come rilevato, e’ il medesimo ai sensi del Decreto Legislativo 546 citato, articolo 21), mentre profili di problematicita’ potrebbero ravvisarsi nell’ipotesi – ricorrente nella specie – di impugnazione di cartella della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo e non attraverso (valida) notifica.

Nella specie i giudici d’appello hanno escluso l’ammissibilita’ dell’impugnazione della cartella di pagamento sul rilievo che la richiesta al concessionario di copia dell’estratto di ruolo non puo’ comportare la riapertura dei termini per impugnare una cartella non tempestivamente opposta (ancorche’ per asserito difetto di notifica).

L’affermazione non e’ condivisibile. Premesso infatti in linea generale che i termini di impugnazione di un atto non possono che decorrere dalla (valida) notificazione dell’atto medesimo e che pertanto il destinatario dell’atto ha l’interesse (e il diritto) di provocare la verifica della validita’ della notifica dell’atto del quale egli non sia venuto a conoscenza in termini per l’impugnazione a causa di anomalie di tale notifica, e’ da escludere che l’impugnazione volta innanzitutto a provocare tale legittima verifica possa giammai condurre ad una “riapertura” dei suddetti termini, posto che, ove l’atto risultasse validamente notificato, nessuna “riapertura” sarebbe ovviamente ipotizzabile all’esito della verifica, mentre, ove l’atto non risultasse (validamente) notificato, i termini non avrebbero neppure iniziato a decorrere.

Posta pertanto come indiscutibile la possibilita’ per il contribuente di far valere l’invalidita’ della notifica di una cartella della quale (a causa di detta invalidita’) sia venuto a conoscenza oltre i previsti termini di impugnazione, dubbi potrebbero ravvisarsi soltanto in relazione alla individuazione del momento a partire dal quale e’ possibile far valere tale invalidita’, e cio’ in ragione del disposto del Decreto Legislativo n. 546 citato, articolo 19, comma 3, secondo il quale la mancata notifica degli atti autonomamente impugnabili adottati precedentemente all’atto notificato “ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”.

Tale previsione costituisce il precipitato di un principio – per anni considerato immanente al sistema tributario- secondo il quale la natura recettizia dell’atto tributario lo rende impugnabile solo a seguito di notifica al contribuente, essa sola costituente (secondo alcuni) manifestazione dell’esercizio della funzione impositiva, di talche’ gli atti espressivi di tale funzione verrebbero a giuridica esistenza solo in quanto notificati.

In proposito, tuttavia, occorre dare conto del fatto che nell’ultimo decennio in numerose pronunce di questa Corte, anche a sezioni unite, si e’ ripetutamente affermata l’impugnabilita’ dinanzi al giudice tributario di tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessita’ che essi siano espressi in forma autoritativa (v. tra le molte s.u. n. 16293 del 2007 nonche’ da ultimo s.u. n. 3773 del 2014, secondo la quale e’ impugnabile la comunicazione con la quale l’Agenzia neghi la sussistenza del diritto patrimoniale che il creditore del creditore di imposta intende pignorare, rilevando che nella specie l’atto – ancorche’ non diretto in forma autoritativa nei confronti del contribuente – ha natura indubbiamente tributaria comportando l’accertamento della sussistenza di crediti di imposta).

La giurisprudenza sopra richiamata, ammettendo l’autonoma ed immediata impugnabilita’ di qualsivoglia atto porti comunque legittimamente a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria (prescindendo dal fatto che tale atto sia direttamente rivolto al contribuente e si manifesti in forma autoritativa, quindi, a fortiori, prescindendo dal fatto che esso risulti notificato al medesimo contribuente) attraversa (di fatto superandola) la questione della natura recettizia dell’atto amministrativo e della sua impugnabilita’ solo a seguito della notifica al contribuente.

Tale questione risulta peraltro ampiamente superata anche dalla giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ che, in conformita’ con la previsione letterale dell’articolo 1334 c.c. – ai sensi del quale gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati -, ha ripetutamente affermato che la notificazione e’ una mera condizione di efficacia, non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicche’ il vizio (ovvero l’inesistenza) di tale notificazione e’ irrilevante ove essa abbia raggiunto lo scopo per avere il destinatario impugnato l’atto in data antecedente alla scadenza del termine fissato dalla legge per l’esercizio del potere impositivo (v. tra le piu’ recenti Cass. n. 654 del 2014 e n. 8374 del 2015), principio presupposto gia’ da s.u. n. 19854 del 2004 (seguita da numerose altre), secondo la quale la natura non processuale dell’atto impositivo non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale – essendovi in proposito espresso richiamo nella disciplina tributaria – e quindi all’applicazione del regime delle nullita’ e delle sanatorie dettato per gli atti processuali, con la conseguenza che l’impugnazione dell’atto impositivo da parte del contribuente produce l’effetto di sanare la nullita’ della relativa notificazione per raggiungimento dello scopo dell’atto ex articolo 156 c.p.c., (sanatoria operante solo se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere impositivo).

Tanto premesso, occorre rilevare che nel diritto amministrativo, prima che la Legge n. 15 del 2005, articolo 14, introducesse, nella Legge n. 241 del 1990, l’articolo 21 bis (recante disposizioni in materia di “efficacia ed invalidita’ del provvedimento amministrativo”), era assolutamente pacifica l’inapplicabilita’ della regola generale dettata dall’articolo 1334 c.c. (espressamente prevedente – come gia’ rilevato – una incidenza della mancata conoscenza da parte del destinatario dell’atto sulla efficacia del medesimo), valendo l’opposto principio secondo il quale l’esercizio unilaterale del potere produce effetti innovativi della precedente situazione giuridica senza bisogno di comunicazione al destinatario, salvo che la legge disponga espressamente in senso diverso o la recettizieta sia sicuramente desumibile dal tipo di atto. E’ quindi solo con la citata riforma del 2005 che trova espressa legittimazione il criterio c.d. “della qualita’ degli effetti”, secondo cui sono recettizi i provvedimenti “limitativi della sfera giuridica dei privati”.

Gli atti tributari – certo innanzitutto in ragione della indubbia incidenza sul patrimonio del destinatario – sono invece da sempre considerati atti recettizi. In tali atti pertanto le misure di partecipazione sono elementi costitutivi dell’efficacia giuridica, per cui l’effetto giuridico non decorre dalla data di adozione del provvedimento, ma dalla data di avvenuta comunicazione dello stesso.

E indubbiamente la natura recettizia degli atti tributari rende inapplicabile l’istituto della “piena conoscenza” ai fini del decorso del termine di impugnazione, essendo l’inammissibilita’ dell’utilizzo di strumenti alternativi o surrogatori al fine di provocare aliunde l’effetto di conoscenza una delle piu’ rilevanti conseguenze connesse alla natura recettizia dell’atto, onde l’omessa comunicazione, nei modi di legge, del provvedimento recettizio (nella specie l’atto tributario) comporta il mancato decorso dei termini di impugnativa e impedisce che l’atto diventi inoppugnabile, con pregiudizio per la stabilita’ dei relativi effetti.

Da quanto sopra esposto circa l’origine storica e la disciplina connessa alla natura recettizia degli atti amministrativi in generale e degli atti tributari in particolare emerge che la recettizieta’ e’ essenzialmente e innanzitutto posta a presidio e tutela dei destinatario dell’atto, impedendo che l’atto recettizio, siccome negativamente incidente sulla sfera patrimoniale del contribuente, possa produrre i suoi effetti prima che siano scaduti i termini per impugnare, termini da calcolare a decorrere dalla conoscenza dell’atto, che non puo’ essere ritenuta se non a seguito dell’avvenuto espletamento del procedimento all’uopo previsto dalla legge. Tuttavia, se e’ vero che, come sopra rilevato, non e’ sufficiente la prova della “piena conoscenza” dell’atto ai fini della decorrenza dei suddetti termini ma e’ necessaria una comunicazione effettuata nei modi previsti dalla legge, e’ anche vero che cio’ non puo’ impedire l’impugnabilita’ dell’atto (del quale il contribuente sia venuto “comunque” a conoscenza) ma soltanto, appunto, la decorrenza dei relativi termini di impugnazione in danno del contribuente, distinzione che risulta ben chiara nella giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ (v. sul punto tra le altre s.u. n. 3773 del 2014 nonche’ Cass. nn. 17010 del 2012 e 24916 del 2013) secondo la quale l’ammissibilita’ di una tutela “anticipata” non comporta l’onere bensi’ solo la facolta’ dell’impugnazione, il cui mancato esercizio non determina alcuna conseguenza sfavorevole in ordine alla possibilita’ di contestare successivamente, in ipotesi dopo la notifica di un atto “tipico”, la pretesa della quale il contribuente sia venuto a conoscenza (eventualmente attraverso un atto “atipico”, in quanto ad esempio non manifestato in forma “autoritativa” oppure privo delle indicazioni previste dal secondo comma dell’articolo 19 citato).

Ove poi volesse ritenersi che l’indiscutibile recettizieta’ dell’atto tributario sia (al di la’ delle sue origini storiche e della relativa disciplina positiva) intesa (anche) ad una sorta di “salvaguardia” dell’amministrazione, nel senso che la notifica manifesterebbe univocamente la volonta’ dell’amministrazione di “esternare” l’atto, cosi’ evitando l’impugnazione di “atti interni”, di carattere meramente procedimentale, rispetto ai quali non si sia completata la volonta’ dell’ente, e’ agevole replicare, a tacer d’altro, che nella specie l’iter procedimentale era assolutamente concluso e l’ente impositore aveva univocamente manifestato la volonta’ di “esternare” l’atto, avendo definito la pretesa tributaria, formato il ruolo costituente titolo esecutivo e richiesto al concessionario l’emissione e notificazione di cartella.

Ne’, d’altro canto, potrebbe ragionevolmente sostenersi che la recettizieta’ dell’atto tributario comporti la spettanza all’amministrazione del potere di stabilire, attraverso la scelta del momento di notifica dell’atto, (non solo quando esternare la propria volonta’ impositiva ma anche e soprattutto) quando consentire al destinatario di impugnare tale volonta’ impositiva, eventualmente gia’ formatasi e portata all’esterno al punto da dare l’avvio ad un procedimento esecutivo e produrre effetti che comunque il contribuente ha interesse a contrastare.

Una lettura costituzionalmente orientata dell’ultima parte del Decreto Legislativo n. 546 citato, articolo 19, comma¸3, (non esclusa dal tenore letterale del testo) impone pertanto di ritenere che l’impugnabilita’ dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato ivi prevista non costituisca l’unica possibilita’ di far valere l’invalidita’ della notifica di un atto del quale il destinatario sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la facolta’ del medesimo di far valere, appena avutane conoscenza, la suddetta invalidita’ che, impedendo la conoscenza dell’atto e quindi la relativa impugnazione, ha prodotto l’avanzamento del procedimento di imposizione e riscossione, con relativo interesse del contribuente a contrastarlo il piu’ tempestivamente possibile, specie nell’ipotesi in cui il danno potrebbe divenire in certa misura non piu’ reversibile se non in termini risarcitori.

Una diversa lettura della norma in esame (nel senso che l’impugnazione di un atto non notificato possa avvenire sempre e soltanto unitamente all’impugnazione di un atto successivo notificato) comporterebbe infatti una abnorme ed ingiustificata disparita’ tra i soggetti del rapporto tributario. E’ infatti da considerare che mentre le notifiche degli atti processuali vengono valutate immediatamente dal giudice nel processo e, se non valide e tempestive, non producono alcun effetto in danno del destinatario, con riguardo agli atti impositivi l’invalidita’ delle relative notifiche produce come unico effetto immediato (non l’intervento del giudice ma) l’impossibilita’ per il destinatario di conoscere l’atto e quindi di promuovere il controllo giurisdizionale sul medesimo, e non interrompe quindi (ma rende anzi piu’ “fluido”, in mancanza di contestazioni) il procedimento di imposizione e riscossione avviato dall’amministrazione, procedimento che potrebbe pertanto proseguire indisturbato fino alla sua conclusione attraverso il compimento dell’esecuzione senza che il contribuente abbia avuto mai modo di contestare la pretesa attraverso una impugnazione, e cio’ non per fatto al medesimo contribuente addebitabile, bensi’ in ragione della invalidita’ di notifiche delle quali e’ onerata l’amministrazione e che sono nella sua piena determinazione sia con riguardo ai tempi di intervento sia con riguardo alle relative modalita’ (ad esempio indicazione di nominativi e recapiti) sia con riguardo alla valutazione della espletata attivita’ di notificazione (in relazione al successivo controllo del buon esito della medesima ed alle determinazioni circa la necessita’ o meno di riprendere il procedimento notificatorio).

In simile situazione, la possibilita’ per il contribuente di conoscere legittimamente attraverso il c.d. estratto di ruolo le iscrizioni a proprio carico e l’eventuale emissione e notificazione di cartelle potrebbe rappresentare un “correttivo” idoneo a bilanciare il rapporto sperequato tra amministrazione e contribuente soltanto se la conoscenza – attraverso l’estratto di ruolo – di un atto che il contribuente avrebbe avuto il diritto di impugnare (e che non e’ stato impugnato in quanto non conosciuto perche’ malamente notificato) ne consentisse l’immediata impugnazione, non certo se al contribuente – che a causa dell’invalidita’ di una notifica della quale era onerata l’amministrazione sia stato espropriato del proprio diritto di accedere alla tutela giurisdizionale – si continui a negare tale accesso, subordinandolo alla notifica di un ulteriore atto da parte dell’amministrazione, senza considerare che: in alcuni casi potrebbe anche non esservi un ulteriore atto prima di procedere ad esecuzione forzata sulla base del ruolo; la possibilita’ di accesso alla tutela giurisdizionale da parte del contribuente sarebbe ancora una volta rimessa alla determinazioni dell’amministrazione circa i modi e i tempi della notifica dell’eventuale atto successivo; nel frattempo aumenterebbe per il contribuente il pregiudizio connesso alla iscrizione in un registro di pubblici debitori nei confronti dei quali e’ stato avviato un procedimento di esecuzione coatta; tale pregiudizio, nonche’ quello derivante da un eventuale completamento della esecuzione senza possibilita’ per il contribuente di far valere le proprie ragioni dinanzi ad un giudice, potrebbero essere eventualmente fatti valere poi solo coi tempi e i modi di un’azione risarcitoria nei confronti dell’amministrazione.

Per altro verso, la possibilita’ che il contribuente faccia valere immediatamente le proprie ragioni in relazione ad un atto non (validamente) notificatogli, senza bisogno di attendere la notifica di altro atto successivo (che potrebbe essere a sua volta malamente notificato) e’ funzionale anche al buon andamento della pubblica amministrazione, perche’ di certo contribuisce ad evitare i costi di una procedura esecutiva male instaurata, la produzione e l’aumento di danni da risarcire al contribuente, i rischi di decadenza dell’amministrazione in ragione di ripetute notifiche non andate a buon fine.

Ne’ puo’ ritenersi che la riconosciuta impugnabilita’ del ruolo e della cartella non (validamente) notificati dei quali il contribuente sia venuto a conoscenza tramite l’estratto di ruolo espongano ai rischi di dilatazione del contenzioso e rallentamento dell’azione di prelievo, come da taluno paventato.

In proposito e’ infatti appena il caso di rilevare che l’impugnazione della cartella per mancanza di (valida) notificazione proposta non unitamente alla impugnazione dell’atto successivo notificato non comporta un aggravio del contenzioso se si considera che l’impugnazione della cartella, ancorche’ “ritardata”, interverrebbe in ogni caso al momento della notifica dell’atto successivo, mentre la proposizione “anticipata” di essa potrebbe evitare l’emissione e la notifica (quindi l’impugnazione) dell’atto successivo e percio’ indurre un possibile effetto deflativo. Tanto premesso, e’ pero’ indubbio che anche un eventuale (modesto) incremento del contenzioso non potrebbe giustificare una compressione del diritto alla tutela giurisdizionale consistente nel posticipare la possibilita’ di accesso ad essa ad un momento successivo al sorgere dell’interesse ad agire e percio’ ad un momento in cui e’ possibile che alcuni effetti lesivi dell’atto si siano gia’ prodotti.

0E’ infine da escludere che dalla impugnabilita’ di un atto nel quale risulti esternata una ben definita pretesa tributaria possa derivare un “rallentamento” dell’azione di prelievo, che non sia quello strettamente (e legittimamente) derivante dall’interesse e dal diritto costituzionalmente presidiato del contribuente di contrastare la possibilita’ di un prelievo illegittimo, dovendo rilevarsi che posticipare il momento in cui il contribuente puo’ far valere l’illegittimita’ della pretesa non serve a “sveltire” l’azione di prelievo ma solo ad aumentare il danno derivante da azioni esecutive in ipotesi portate avanti sulla base di pretese illegittime.

4) Alla luce di quanto fin qui esposto deve conclusivamente affermarsi la fondatezza – nei termini sopra riportati – del motivo in esame nella parte in cui la ricorrente si duole della ritenuta inammissibilita’ della opposizione proposta per far valere l’invalidita’ della notifica della cartella di pagamento della quale essa era venuta a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo. Deve invece affermarsi l’infondatezza del motivo in esame nella parte in cui la ricorrente sostiene che i giudici d’appello, trascurando ogni valutazione sia in ordine alle circostanze di fatto offerte dalla contribuente con riguardo alla dedotta omissione di notifica della cartella sia in ordine alla mancata contestazione delle suddette circostanze ad opera della controparte, sarebbero incorsi in “difetto di attivita’ del giudice che si risolve nella nullita’ della sentenza per insufficiente motivazione”.

In proposito, infatti, anche ritenendo di poter prescindere dalla impropria formulazione della censura, deve evidenziarsi che i giudici d’appello hanno dichiarato l’inammissibilita’ della proposta opposizione e che queste sezioni unite hanno ripetutamente affermato che, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilita’ (o declinatoria di giurisdizione o di competenza) con la quale si e’ spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere ne’ l’interesse ad impugnare, con la conseguenza che e’ ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed e’ viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata (cosi’ SU n. 3840 del 2007 e numerose altre successive), dovendo a fortiori ritenersi infondata l’impugnazione che, come nella specie, sostanzialmente censuri (sia pure attraverso incongrui riferimenti normativi) l’omessa pronuncia sul merito da parte del giudice che si sia spogliato della relativa potestas iudicandi con una statuizione di inammissibilita’.

Dall’argomentare che precede discende l’accoglimento, nei limiti e nei termini sopra esposti, del ricorso, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Puglia in diversa composizione perche’ provveda a decidere la controversia facendo applicazione del seguente principio di diritto: “E’ ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a cio’ sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, comma 3, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilita’ dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilita’ di far valere l’invalidita’ della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilita’ di far valere tale invalidita’ anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso piu’ difficile ovvero piu’ gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando cio’ non sia imposto dalla stringente necessita’ di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”.

Il giudice del rinvio provvedera’ altresi’ alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

 

P.Q.M.

 

La Corte a Sezioni Unite accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla C.T.R. Puglia in diversa composizione.

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