Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

Sezioni Unite Civili

sentenza 15 settembre 2015, n. 18079

 

Ragioni della decisione
1. Il dott. M.L.E. partecipò all’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense svoltosi nell’anno 2011 presso la Corte d’appello di Lecce. Gli elaborati vennero corretti dalla commissione istituita presso la Corte d’appello di Salerno. La commissione si espresse negativamente, attribuendogli il punteggio insufficiente per passare agli orali di 72 punti: 27 per il parere di diritto civile (per mediocre padronanza del lessico italiano e della terminologia giuridica), 25 per il parere di diritto penale (ritenendo il compito non coerente con la traccia e non esaustivo) e 20 per la redazione dell’atto giudiziario in materia penale (anche in questo caso per incoerenza rispetto alla traccia e, in più, per inadeguatezza dell’argomentazione).
2. Il dott. E. impugnò le valutazioni negative, chiedendone l’annullamento, previa sospensiva, al TAR di Lecce.
3. Il TAR accolse l’istanza cautelare ed in seguito, con sentenza 883/2013, accolse il ricorso, ritenendo immotivati ed irragionevoli i giudizi espressi dalla commissione d’esame.
4. Il Ministero della giustizia propose appello dinanzi al Consiglio di Stato, che, con sentenza d pubblicata il 25 giugno 2013, accolse il ricorso e annullò la sentenza del TAR, compensando le spese.
5. Il dott. E. propone ricorso per cassazione dinanzi alle Sezioni unite per il motivo che così sintetizza nella rubrica: “Rifiuto della giurisdizione amministrativa da parte del Consiglio di stato e/o omissione di giurisdizione amministrativa su un punto decisivo della controversia in relazione a) al vizio di eccesso di potere per superamento dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo nel merito b) alla legittimità del sindacato amministrativo da parte del TAR di Lecce sulle valutazioni tecniche della commissione d’esame”.
6. La tesi proposta nel ricorso alle Sezioni unite che è che “Consiglio di stato, in maniera alquanto apodittica e miope, ha omesso e negato al candidato la giurisdizione del giudice amministrativo sul sindacato dei giudizi espressi dalle commissioni esaminatrici, in danno del ricorrente” (così il ricorso a pag. 5). 7. Il ricorso è inammissibile.
8. Il ricorso per cassazione contro una sentenza del Consiglio di Stato è consentito dall’ordinamento entro i limiti fissati dalla Costituzione e dai codici di procedura civile e del processo amministrativo.

9. Nel raggio d’azione tracciato dall’art. 111, ottavo comma, Cost., il ricorso per cassazione è proponibile ai sensi dell’art. 362 c.p.c. (“Possono essere impugnate con ricorso per cassazione nel termine di cui all’art. 325, secondo comma, le decisioni in grado d’appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso”) e dell’artt. 110 c.p.a. (“Il ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”).

10. Le sezioni unite hanno più volte precisato il concetto di “motivi attinenti alla giurisdizione” (secondo la terminologia utilizzata dal codice di procedura civile, agli artt. 362 e 360, primo comma, n. 1; il codice del processo amministrativo usa invece il sinonimo “motivi inerenti alla giurisdizione”, richiamando il lessico costituzionale).

11. Le coordinate entro cui si colloca il concetto sono le seguenti.

12. In linea generale, si può impugnare una decisione del Consiglio di Stato per aver violato o i confini che distinguono le funzioni dello Stato (legislativa, amministrativa, giurisdizionale) o, all’interno della funzione giurisdizionale, i confini che distinguono tra giudice ordinario, giudice amministrativo ed altri giudici speciali.

13. Sul piano sistematico, il motivo attinente alla giurisdizione è una forma speciale di violazione di legge, perché riguarda specificamente le leggi che disciplinano la giurisdizione. E’ violazione delle norme di diritto che disciplinano i “limiti esterni” della giurisdizione.

14. Con riferimento ai confini tra funzioni dello Stato, può essere accaduto che il Consiglio di Stato abbia invaso la sfera di competenza del legislatore o la sfera di competenza della discrezionalità amministrativa (su queste distinzioni, cfr. tra le ultime, Cass., sez. un., 12 dicembre 2012, n. 22784). Tali violazioni attengono (o ineriscono, che dir si voglia) alla giurisdizione e possono essere oggetto di ricorso per cassazione contro la decisione del Consiglio di Stato. La violazione della giurisdizione in generale può essere anche di segno opposto, e cioè negativa, nel senso che il Consiglio di Stato può aver negato la giurisdizione sull’erroneo presupposto che la domanda non potesse formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdizionale. Anche questa situazione può formare oggetto di ricorso per cassazione.

15. Rientrano poi sempre nell’area dei motivi inerenti la giurisdizione, le violazioni dei limiti della giurisdizione non del giudice amministrativo in quanto giudice, ma in quanto giudice amministrativo. Cioè i confini, non tra la giurisdizione ed altre funzioni dello Stato, bensì tra le varie sfere interne alla giurisdizione. Anche in questo caso il fenomeno può essere positivo, e quindi invasivo della sfera altrui, o negativo, quando il giudice abbia omesso di pronunziarsi su questioni sulle quali era tenuto a decidere.

16. La prima ipotesi ricorre quando il Consiglio di Stato abbia giudicato su materia attribuita all’autorità giudiziaria ordinaria oppure ad altra giurisdizione speciale; il secondo quando abbia negato la propria giurisdizione nell’erroneo convincimento che essa appartenesse ad altro giudice.

17. Infine, si è ancora nell’area dei motivi inerenti alla giurisdizione, quando il Consiglio di Stato abbia travalicato limiti che derivano dalla “articolazione” (questo il termine usato dall’art. 7, terzo comma, c.p.a.) della giurisdizione amministrativa in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva e di merito.

18. La giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo riguarda le controversie in cui si discute di interessi legittimi (più specificamente, per usare la formula dell’art. 7, quarto comma, c.p.a., “controversie relative ad atti, provvedimenti od omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesioni di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali conseguenziali”). Essa è generale perché attribuita in via generale al sistema giudiziario TAR-Consiglio di Stato, sicchè la competenza attribuita ad altri giudici amministrativi (Corte dei conti, Tribunale superiore delle acque pubbliche) va considerata speciale e dunque derogatoria rispetto alla prima.

19. Le altre due hanno carattere speciale ed aggiuntivo. Speciale, perché si riferiscono esclusivamente a fattispecie tassativamente individuate dal legislatore; aggiuntivo, in quanto l’ambito di cognizione ed i relativi poteri decisori vanno a cumularsi e a integrare quelli caratteristici della competenza generale di legittimità.

20. La giurisdizione esclusiva consente di conoscere “anche le controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi” (art. 7, quinto comma, c.p.a.). La giurisdizione di merito è quella in cui “il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione” (art. 7, sesto comma; i casi sono indicati dall’art. 134 c.p.a.). Le due giurisdizioni speciali possono cumularsi in relazione alla singola fattispecie, dando luogo alla competenza esclusiva di merito.

21. Costituisce motivo di ricorso attinente alla giurisdizione quello con il quale si denunzia che il Consiglio di Stato abbia esercitato i poteri inerenti alla giurisdizione di merito o esclusiva, al di fuori dei casi in cui la legge lo consente (sul punto, cfr., tra le ultime, Cass., sez. un., 4 febbraio 2014, n. 2403).

22. Rimangono invece fuori dal perimetro dei motivi inerenti alla giurisdizione tutte le situazioni in cui si denunzi un cattivo esercizio da parte del Consiglio di Stato della propria giurisdizione, quando cioè si prospetti una violazione nell’interpretazione di norme di legge, o falsa applicazione delle stesse, posta in essere dal Consiglio di Stato all’interno dell’area riservata alla sua giurisdizione. In questo caso il vizio, attenendo all’esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo, non può essere oggetto di ricorso per cassazione. (così, Cass., sez. un., 2403 del 2014, nonché Cass., sez. un., 29 aprile 2005, n. 8882 e 29 marzo 2013, n. 7929).

23. Così precisate le coordinate entro le quali è impugnabile in Cassazione una sentenza del Consiglio di Stato, può ora essere valutato il ricorso proposto dal dott. E..

24. Il sindacato del giudice sulle valutazioni delle commissioni di esame, costituisce tema di estrema delicatezza. Amministrazione e giurisdizione, commissioni tecniche e giudici devono rispettare le rispettive competenze, senza travalicarne i limiti.

25. La commissione d’esame deve formulare un giudizio non discrezionale, ma tecnico. Non è infatti un giudizio che pondera interessi contrapposti e sceglie con discrezionalità tra più soluzioni possibili, ma è un giudizio che applica criteri predefiniti previsti dalla legge e precisati in via preventiva dalla commissione. Criteri di valutazione basati sulle tecniche proprie della materia oggetto dell’esame oppure di ordine generale (ad es. rispetto delle regole di correttezza sintattica e grammaticale).

26. Peraltro, l’applicazione di detti criteri comporta uno spazio di valutazione, che varia a seconda del tipo di disciplina. Nelle materie umanistiche è di massima più ampio, mentre e più ristretto nelle discipline propriamente scientifiche, con varie graduazioni intermedie.

27. Consapevole di queste complessità, la giurisprudenza ha precisato che il giudice non può sostituire il giudizio della commissione con un proprio diverso giudizio, entrando nel merito delle valutazioni. Il giudice può ritenere il provvedimento che esprime il giudizio illegittimo solo quando sia affetto da vizi di estrema gravità: “illogicità manifesta” o “travisamento del fatto”.

28. Nel caso in esame, come si è visto, il ricorrente sostiene che il Consiglio di Stato con la sua sentenza avrebbe operato un “Rifiuto o una omissione di giurisdizione” non riconoscendo la legittimità del sindacato amministrativo da parte del TAR di Lecce sulle valutazioni tecniche della commissione d’esame.

29. Il motivo di ricorso è inammissibile perché scambia per “rifiuto od omissione” di giurisdizione quello che invece è stato, con tutta evidenza, un esercizio della giurisdizione, sebbene in modo non conforme alle aspettative del ricorrente.

30. Il Consiglio di stato si è espresso in maniera articolata: ha richiamato i principi giuridici, prima brevemente riassunti, che regolano la materia; ha valutato i giudizi della commissione d’esame ed ha valutato le argomentazioni critiche del TAR, spiegando i motivi per i quali ha ritenuto, in difformità dal giudizio del TAR, che la commissione, nel valutare gli elaborati dell’E., non avesse travisato i fatti, né, tanto meno, avesse formulato e motivato un giudizio qualificabile come manifestamente illogico.

31. Le Sezioni unite non hanno il compito, ed il potere conseguente, di valutare nel merito il giudizio del Consiglio di Stato, mentre è sicuramente da escludere che il Consiglio di Stato con la sua sentenza, abbia rifiutato od omesso di esercitare la sua funzione giurisdizionale.

32. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, perché si colloca al di fuori dell’ambito entro il quale una decisione del Consiglio di Stato può essere oggetto di ricorso per cassazione,

33. Le spese del giudizio di legittimità, per legge, devono essere poste a carico della parte soccombente.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole, complessivamente, in 5.000,00 euro per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, dpr 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13.

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