Il testo integrale[1]

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 <a href=”/wp-content/uploads/2013/12/corte-di-cassazione-ezioni-unite-sentenza-10-dicembre-2013-n-27493-1.pdf” title=”Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 10 dicembre 2013, n. 27493″ target=”_blank”></a>

I magistrati non sono esseri inanimati o meri burocrati della legge  e non vivono separati dal resto della società civile.

Come cittadini e come persone, essi hanno certamente il diritto e il dovere di contribuire alla vita intellettuale e culturale del Paese. Per questo sono liberamente espletabili e non richiedono alcuna autorizzazione – spiegano gli ‘alti giudici – le attività che costituiscono espressione di diritti fondamentali, ma, nel caso in esame, si é certamente al di fuori del nucleo dei diritti di libertà pura.

Il giudice sanzionato ha fatto dell’insegnamento privato un’attività, non episodica e disinteressata, ma professionale e sorretta dal conseguimento di un vantaggio economico, costituente per il magistrato istruttore una seconda professione: un’attività, dunque, che non può essere ricondotta alla mera utilizzazione economica, da parte dell’autore o dell’inventore – conclude la sentenza – di opere dell’ingegno.

In definitiva, l’attività didattica del magistrato, con la gestione sistematica e continuativa, da parte dello stesso, in forma di lavoro autonomo, attraverso la tenuta di lezioni a pagamento, di un servizio di formazione di più discenti finalizzato all’accesso a professioni del settore giuridico, costituisce esercizio di attività libero professionale, come tale rientrante nel divieto di cui all’art. 16, primo comma, dell’Ordinamento giudiziario per l’incompatibilità con l’esercizio delle funzioni dl magistrato

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