Corte di Cassazione, sezioni unite penali, sentenza 7 marzo 2018, n. 10424. In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti

In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti (articolo 2, comma 1-bis, del decreto legge 12 settembre 1983 n. 463, convertito dalla legge 11 novembre 1983 n. 638), l’importo complessivo superiore a euro 10.000 annui, rilevante ai fini del raggiungimento della soglia di punibilità, deve essere individuato con riferimento alle mensilità di scadenza dei versamenti contributivi (periodo 16 gennaio-16 dicembre, relativo alle retribuzioni corrisposte, rispettivamente, nel dicembre dell’anno precedente e nel novembre dell’anno in corso)

Sentenza 7 marzo 2018, n. 10424
Data udienza 18 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE PENALI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMO Maurizio – Presidente

Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere

Dott. LAPALORCIA Grazia – Consigliere

Dott. GALLO Domenico – Consigliere

Dott. IZZO Fausto – Consigliere

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere

Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere

Dott. BONI Monica – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 14/07/2016 della Corte di appello di Trieste;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal componente Luca Ramacci;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato generale Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;

udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Trieste, con sentenza del 14 luglio 2016, ha confermato la decisione con la quale, in data 5 marzo 2014, il Tribunale di Udine, aveva riconosciuto (OMISSIS) responsabile del reato di cui all’articolo 81 c.p., e L. n. 638 del 1983, articolo 2, comma 1 bis, perche’, quale legale rappresentante della (OMISSIS), con sede legale in (OMISSIS), ometteva il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei propri dipendenti per i mesi di dicembre 2010, gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto e settembre 2011 per un importo pari ad Euro 16.722,53 (in (OMISSIS). Recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale).

La Corte di appello dichiarava altresi’ inammissibile l’appello incidentale del Procuratore Generale di Trieste.

2. Avverso tale pronuncia (OMISSIS) propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, Avv. (OMISSIS), denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione.

Osserva il ricorrente, con il primo motivo di ricorso, che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto valida la comunicazione e contestuale diffida di adempimento da parte dell’INPS, da lui, invece, mai ricevuta, perche’ la raccomandata che la conteneva risultava consegnata ad una persona non meglio identificata, la quale sembrerebbe aver firmato l’avviso di ricevimento con il nominativo ” (OMISSIS)”, senza che vi fosse certezza del fatto che si trattasse di un familiare.

Con un secondo motivo di ricorso lamenta, poi, che la Corte di appello avrebbe negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche senza alcuna valutazione dei criteri direttivi di cui all’articolo 133 c.p..

3. Il ricorso e’ stato assegnato alla Terza Sezione penale.

Il Presidente titolare della predetta Sezione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, allegandovi una missiva dell’INPS, in cui si rappresentavano alcune difficolta’ interpretative emerse a seguito della depenalizzazione – operata dal Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, articolo 3, comma 6, – del reato di omesso versamento dei contributi previdenziali per un importo non superiore a 10.000 Euro annui. In particolare, in tale missiva, si rappresentava che alcune decisioni di questa Corte, ai fini del calcolo del superamento della soglia di punibilita’ (fissata sulla base della somma sopra indicata), considerano l’importo maturato nell’anno di competenza, diversamente dalle modalita’ di calcolo seguite dall’INPS che, invece, si riferisce all’importo effettivamente omesso, tenendo conto cioe’ del fatto che la scadenza del termine utile per il datore di lavoro e’ fissata, dalla legge, al 16 del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi.

Il Primo Presidente, pur in assenza di un contrasto giurisprudenziale, con decreto del 11/12/2017, ha fissato per la data odierna la trattazione del ricorso in udienza pubblica, ritenendo che la questione prospettata, avente ad oggetto l’individuazione dell’arco temporale entro cui effettuare il calcolo dell’importo del versamento omesso, incide su aspetti attinenti a risorse finanziarie pubbliche di primario rilievo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione di diritto per la quale il ricorso e’ stato rimesso alle Sezioni Unite e’ la seguente:

“Se, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti, l’importo complessivo superiore ad Euro 10.000 annui, rilevante ai fini del raggiungimento della soglia di punibilita’, debba essere individuato con riferimento alle mensilita’ di pagamento delle retribuzioni, ovvero a quelle di scadenza del relativo versamento contributivo”.

2. Per una esaustivo inquadramento della problematica sottoposta a queste Sezioni Unite, appare utile prendere le mosse da una – sia pur sintetica ricognizione dell’assetto normativo.

2.1. Il Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2, comma 1 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, nella sua attuale formulazione, conseguente alle modifiche apportate dal Decreto Legislativo 5 gennaio 2016, n. 8, articolo 3, comma 6, stabilisce che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali di cui al comma 1, per un importo superiore a Euro 10.000 annui, e’ punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a Euro 1.032, mentre, se l’importo e’ inferiore, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 Euro.

Il datore di lavoro non e’ tuttavia passibile di sanzione penale, ne’ assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Il Decreto Legislativo n. 8 del 2016, articolo 8, stabilisce l’applicazione delle disposizioni che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto (6 febbraio 2016), sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili, nel qual caso il giudice dell’esecuzione provvede alla revoca della sentenza o del decreto penale.

Il successivo articolo 9 disciplina le modalita’ di trasmissione all’autorita’ amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data.

2.2. Prima dell’intervento modificativo, l’omesso versamento era penalmente sanzionato senza alcuna considerazione degli importi.

Non era dunque contemplata la c.d. soglia di punibilita’.

Per tale ragione, il reato veniva qualificato dalla giurisprudenza di questa Corte come omissivo istantaneo, rispetto al quale il momento consumativo coincideva con la scadenza del termine utile concesso al datore di lavoro per il versamento, fissato dal Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, articolo 18, comma 1, come modificato dal Decreto Legislativo 19 novembre 1998, n. 422, articolo 2, comma 1, lettera b), al giorno 16 del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi (Sez. 3, n. 26732 del 05/03/2015, Bongiorno, Rv. 264031; Sez. 3, n. 10974 del 21/02/2012, Norelli, Rv. 252367; Sez. 3, n. 615 del 14/12/2010, dep. 2011, Ciampi, Rv. 249164; Sez. 3, n. 20251 del 16/04/2009, Casciaro, Rv. 243628; Sez. 3, n. 29275 del 25/06/2003, Braiuca, Rv. 226161).

La natura del reato cosi’ individuata dalla menzionata giurisprudenza determinava, quale conseguenza, che ad ogni mensilita’ per la quale si verificava l’omissione del versamento dei contributi corrispondesse un singolo reato, con significativi effetti anche rispetto al calcolo dei termini di prescrizione.

Avuto quindi riguardo ad ogni mensilita’, detti termini andavano calcolati, per ciascun reato, secondo un uniforme orientamento giurisprudenziale, partendo dal giorno 16 del mese successivo a quello al quale si riferivano i contributi, computando anche l’ulteriore termine di sospensione di cui al Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, comma 1 quater, il quale stabilisce che, durante il termine di cui al comma 1 bis, (tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione, concessi al datore di lavoro per provvedere al versamento e beneficiare della causa di non punibilita’), il corso della prescrizione rimane sospeso.

3. Tanto chiarito per quel che riguarda la giurisprudenza di legittimita’ sotto la vigenza della precedente normativa, occorre ora passare ad analizzare gli orientamenti messi a punto da questa Corte dopo la modifica legislativa del 2016.

3.1. Della diversa situazione determinata dalle modifiche normative ha invero subito preso atto la giurisprudenza (Sez. 3, n. 37232 del 11/05/2016, Lanzoni, Rv. 268308; Sez. 3, n. 35589 del 11/05/2016, Di Cataldo, Rv. 268115), traendone le necessarie conseguenze.

In particolare, nella sentenza Lanzoni si e’ precisato che, nello stabilire la soglia di punibilita’, il legislatore ne ha configurato il superamento, collegato al periodo temporale dell’anno, quale specifico elemento caratterizzante il disvalore di offensivita’, che consente anche di individuare il momento consumativo del reato, da ritenere perfezionato nel momento e nel mese in cui l’importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilita’ di gennaio dell’anno considerato, abbia superato i 10.000 Euro, escludendo peraltro, proprio in ragione della connessione con il dato temporale dell’anno, che eventuali successive omissioni nell’arco del medesimo periodo e fino al mese finale di dicembre possano dare luogo ad ulteriori reati.

Richiamando, dunque, analoghe situazioni configurabili in relazione ad altre ipotesi delittuose (segnatamente, la corruzione e l’usura), la sentenza individua una fattispecie caratterizzata dalla progressione criminosa nel cui ambito, una volta superato il limite di legge, le ulteriori omissioni nel corso del medesimo anno rappresentano momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione viene a coincidere con la scadenza prevista dalla legge per il versamento dell’ultima mensilita’, indicata nel giorno 16 del mese di gennaio dell’anno successivo.

Nella individuazione del momento consumativo del reato, secondo la nuova configurazione, la sentenza Lanzoni prospetta diverse ipotesi di superamento della soglia di punibilita’, la prima delle quali caratterizzata dallo sforamento di detta soglia, a partire dal mese di gennaio, senza che facciano seguito altre omissioni; la seconda da piu’ omissioni ricorrenti nel medesimo anno e la terza riferita all’intero arco temporale annuale, tenendo pero’ conto del fatto che, laddove anche il versamento del mese di dicembre sia omesso, va considerata la data del 16 gennaio dell’anno successivo.

Negli stessi termini si esprime la coeva sentenza Di Cataldo, che qualifica il reato come avente struttura unitaria, rispetto alla quale la condotta omissiva puo’ configurarsi anche attraverso una pluralita’ (eventuale) di omissioni, che possono di per se’ anche non costituire reato, con la conseguenza che la consumazione puo’ essere, secondo i casi, tanto istantanea quanto di durata e, in quest’ultimo caso, ad effetto prolungato, sebbene nel solco del periodo annuale di riferimento, sino al termine del quale puo’ realizzarsi o protrarsi il momento consumativo del reato.

Successive pronunce hanno aderito alla soluzione interpretativa offerta dalle sentenze Lanzoni e Di Cataldo, riproducendo, talvolta testualmente, i contenuti della prima (ex plurimis, Sez. 3, n. 55762 del 21/09/2017, Di Sipio; Sez. F, n. 39882 del 29/08/2017, Tumino; Sez. 3, n. 47902 del 18/07/2017, Abrate; Sez. 3, n. 41621 del 07/07/2017, Rizzo; Sez. 3, n. 14475 del 07/12/2016, dep. 2017, Mauro, Rv. 269329; Sez. 7, n. 6545 del 04/11/2016, dep. 2017, Adamo, Rv. 269059; Sez. 3, n. 649 del 20/10/2016, dep. 2017, Messina, Rv. 268813; Sez. 3, n. 42070 del 05/07/2016, Ruggeri).

3.2. Altre sentenze fanno, invece, espresso riferimento all’anno “solare” (Sez. 3, n. 28046 del 29/11/2016, Lazzeri; Sez. 3, n. 20217 del 26/10/2016, Pelli; Sez. 3, n. 14211 del 31/05/2016, Lorusso; Sez. 3, n. 14206 del 31/05/2016, Vona; Sez. 3, n. 52858 del 22/03/2016, Giosue’; Sez. 3, n. 46896 del 09/03/2016, Verratti; Sez. 3, n. 41457 del 25/02/2016, Bordon; Sez. 3, n. 53722 del 23/02/2016, Guastelluccia, Rv. 268546), precisando, in un caso, che, utilizzando il termine “annui”, il legislatore ha voluto riferirsi all’anno solare globalmente inteso ed alle singole omissioni di versamento commesse in quello stesso anno (Sez. 3, n. 53722 del 23/02/2016, Guastelluccia) e, in altra pronuncia, rimasta tuttavia isolata, applicando la prescrizione considerando quali singoli delitti le condotte di omesso versamento riferite ad ogni mensilita’ dell’anno.

Va peraltro rilevato che, dal tenore delle richiamate decisioni, il richiamo all’anno “solare” e’ chiaramente riferito non ad un periodo di 365 giorni, bensi’ a quello compreso tra il 1 gennaio ed il 31 dicembre, quindi all’anno “civile” (come – piu’ correttamente – avrebbe dovuto essere indicato).

3.3. Altre pronunce, infine, nel considerare la soglia di punibilita’, richiamano l’anno senza ulteriori specificazioni (Sez. 3, n. 14729 del 09/02/2016, Ratti, Rv. 266633; Sez. 3, n. 6545 del 04/11/2016, Adamo; Sez. 3, n. 14210 del 31/05/2016, Ramunno).

Le ricordate decisioni, inoltre, sono concordi nel ritenere che, ai fini del calcolo del superamento della soglia di punibilita’, non rileva la prescrizione, eventualmente gia’ dichiarata, delle omissioni mensili relative all’annualita’ in contestazione, in considerazione del fatto che la soglia e’ attualmente riferita al periodo annuale ed e’ percio’ indipendente da fatti estintivi diversi da quello, invece rilevante, del pagamento.

3.4. Inoltre, riguardo ai fatti pregressi, il problema della individuazione della norma piu’ favorevole e’ stato risolto, dalla citata sentenza Lanzoni, nel senso che, in caso di mancato superamento della soglia di punibilita’, va applicata la nuova previsione normativa in base all’articolo 2 c.p., comma 4, mentre, se la soglia e’ superata, l’individuazione delle disposizioni piu’ favorevoli impone il confronto tra vecchia e nuova disciplina, con particolare riferimento al momento consumativo determinante al fine di individuare la decorrenza del termine di prescrizione, tenendo conto, in entrambe le fattispecie, del periodo di sospensione di tre mesi di cui all’articolo 2, comma 1-quater, del decreto-legge n. 463 del 1983, non interessato dagli interventi modificativi (nello stesso senso, Sez. 3, n. 30201 del 10/05/2017, Boselli, Rv. 270228; Sez. 3, n. 42070 del 05/07/2016, Ruggeri; Sez. 3, n. 14206 del 31/05/2016, Adamo; Sez. 3, n. 14210 del 31/05/2016, Ramunno).

3.5. La questione del computo delle mensilita’ ai fini del superamento della soglia di punibilita’, che le decisioni in precedenza ricordate hanno esaminato in via incidentale, e’ stata presa in esame in maniera specifica in altra sentenza (Sez. 3, n. 22140 del 11/01/2017, Mor, Rv. 269778), nella quale si assume che l’anno di riferimento e’ quello nel quale il debito e’ sorto, secondo un principio di competenza e non di cassa, dovendosi aver riguardo alla entita’ complessiva delle omissioni, tenendo conto del momento in cui le relative obbligazioni, poi rimaste inadempiute, sono sorte e prescindendo dal termine di scadenza per il versamento, che rileva solamente ai fini della individuazione del momento consumativo del reato.

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