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La fattispecie di cui all’articolo 157, comma 8 bis, si fonda del resto sulla stessa condotta dell’imputato che, ricevuta la prima notifica, ha nominato un difensore di fiducia allo scopo di esercitare il proprio diritto di difesa, ma non ha eletto o dichiarato domicilio; e non e’ applicabile tutte le volte che muta il luogo di notificazione, in quanto eletto o dichiarato a norma dell’articolo 161.
La stessa relazione al decreto-legge che ha inserito la disposizione in questione nella procedura delle notifiche chiarisce che la norma regola esclusivamente le notificazioni all’imputato non detenuto che abbia nominato un difensore di fiducia senza provvedere a dichiarare o eleggere domicilio ai sensi dell’articolo 161. Il fatto, infine, che in sede di conversione sia stato eliminato, dall’articolo 161 c.p.p., il comma 4 bis, precedentemente introdotto dal Decreto Legge n. 17 del 2005 (“in caso di nomina di difensore di fiducia le notificazioni alla persona sottoposta alle indagini o all’imputato, che non abbia eletto o dichiarato domicilio, sono eseguite mediante consegna al difensore”), rende evidente che il domicilio “legale”, che si determina soltanto nel caso in cui sia stato necessario espletare, per la prima notificazione, le procedure di cui ai precedenti commi dell’articolo 157, “non e’ comunque destinato ad operare nel caso di autonoma elezione o dichiarazione di domicilio” (cosi’ Sez. 5, n. 4828 del 29/12/2015, dep.2016, Ciano, Rv. 265803; Sez. 2, n. 41735 del 22/09/2015, Casali, Rv. 264594).
In tal senso, del resto, la giurisprudenza costituzionale, nell’affermare la conformita’ a Costituzione dell’articolo 157, comma 8 bis, ha rilevato che “anche l’imputato puo’ rendere inapplicabile la norma censurata, mediante dichiarazione del domicilio o sua elezione presso un qualunque soggetto, e cio’ in ogni fase del procedimento, posto che la giurisprudenza di legittimita’ si e’ orientata, anche con una recentissima pronuncia delle Sezioni unite penali (…), nel senso che la manifestazione di volonta’ della parte prevale sulla domiciliazione legale per ogni notifica ad essa successiva” (Corte cost., n. 136 del 2008).
7. La notifica al difensore, come regolamentata nel codice di rito dal legislatore ordinario in conformita’ con i principi costituzionali e convenzionali, rappresenta una naturale “convenzione” che mira alla conoscenza legale dell’atto, al fine di evitare appesantimenti procedurali e bilanciare gli interessi contrapposti.
In particolare, l’applicazione della presunzione legale di conoscenza nel caso di cui all’articolo 161, comma 4, e’ ispirata ad una logica di contemperamento tra il diritto di difesa e le ragioni della celerita’ del processo. Ricorrono, in tale evenienza, manifestazioni patologiche del rapporto tra ordinamento e imputato, come il rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio ovvero la mancata comunicazione di mutamenti successivi alla dichiarazione o elezione (articolo 161 c.p.p., comma 1), l’impossibilita’ di eseguire le notifiche nel c.d. “domicilio determinato”, l’insufficienza o inidoneita’ della dichiarazione o elezione (articolo 161 c.p.p., comma 4). La fattispecie, sotto questo profilo, appare poi assimilabile ad altre ipotesi in cui e’ permessa la consegna al difensore perche’ sussistono altre situazioni patologiche come la latitanza o l’evasione (articolo 165 c.p.p.) ovvero l’irreperibilita’ (articolo 160 c.p.p.).
Fuori da questi casi, quando l’imputato ha manifestato la propria volonta’ chiedendo espressamente la consegna degli atti presso il suo domicilio o presso altro soggetto indicato come domiciliatario, non puo’ essere parimenti applicata la presunzione legale di conoscenza da parte dell’imputato e ritenersi quindi sanata la notificazione dell’atto effettuata al difensore di fiducia, in difetto di allegazioni sull’impedimento in concreto all’esercizio del diritto di difesa, solo perche’ la notifica e’ stata effettuata presso il difensore.
La dichiarazione o elezione di domicilio – pure in presenza di un rapporto fiduciario ancora in atto tra l’imputato ed il proprio difensore – impone infatti che la notifica venga effettuata nel domicilio indicato dall’imputato; e alla violazione di tale obbligo consegue – in assenza peraltro di alcuna manifestazione patologica – il verificarsi di una nullita’ di ordine generale.
Secondo la piu’ recente e costante giurisprudenza, successiva e conforme alle Sezioni Unite Micciullo del 2008, “la nullita’ conseguente alla notificazione all’imputato del decreto di citazione a giudizio presso lo studio del difensore di fiducia invece che presso il domicilio (dichiarato o) eletto e’ d’ordine generale a regime intermedio, perche’ idonea comunque a determinare una conoscenza effettiva dell’atto in ragione del rapporto fiduciario con il difensore, sicche’ e’ soggetta ai termini di deduzione di cui all’articolo 182 c.p.p., comma 2” (v., da ultimo, Sez. 2, n. 35345 del 12/05/2010, Rummo, Rv. 248401; e negli stessi termini Sez. 4, n. 40066 del 17/09/2015, Bellucci, Rv. 264505). Ergo, seppure la conoscenza effettiva dell’atto puo’ concretamente dedursi da una notifica siffatta, la nullita’ rimane configurabile e ritualmente deducibile, come nella fattispecie oggi in esame.
Ne consegue, logicamente, che non e’ consentito in questo caso aggiungere un’ulteriore presunzione legale di conoscenza; cio’ significherebbe diminuire – e senza giustificazione alcuna – il grado di effettivita’ della conoscenza stessa da parte dell’imputato. In assenza di una sanatoria codificata, lo stesso rapporto fiduciario non puo’ quindi portare alla generalizzata conclusione che la notifica di un atto presso il difensore di fiducia, seppur irrituale, sia comunque sanata in assenza di deduzione da parte del difensore o dell’imputato circa la conoscenza dell’atto medesimo.
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