Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezioni unite

ordinanza 14 novembre 2014, n. 24279

Svolgimento del processo

Trattasi di regolamento preventivo di giurisdizione relativo all’individuazione del foro competente a conoscere della controversia instaurata con azione monitoria, davanti al tribunale di Torino, dall’italiana ABAC Aria Compressa spa contro la società slovena Rheinland Elektro Maschinen Group D.O.O..
Oggetto della controversia è il pagamento di una partita di compressori a uso industriale e pezzi di ricambio.
A seguito di fallimento di procedura di mediazione instaurata in Slovenia, ABAC ha chiesto e ottenuto dal tribunale piemontese ingiunzione per circa 331 mila Euro.
Rheinland si è opposta con atto del 25 gennaio 2013, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Abac ha resistito, chiedendo in comparsa di risposta che sia affermata la giurisdizione italiana.
Il 14 maggio 2013 Rheinland ha notificato il ricorso per regolamento di giurisdizione.
Abac ha resistito con controricorso.
Il procedimento è stato trattato con rito camerale e il Procuratore generale ha chiesto che sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

2) L’opponente Rheinland ha eccepito la carenza di giurisdizione italiana invocando il Regolamento n.44/01. Ha allegato che i beni oggetto di compravendita venivano materialmente consegnati presso la propria sede slovena; che ciò risulta dai documenti CMR nei quali detta sede era indicata quale “lieu prevu pour la livraison de la marchandise”, luogo di consegna presso il quale riceveva la merce; che anche Abac era conscia di ciò, avendo instaurato inizialmente in Slovenia un’azione per ottenere il pagamento del credito, azione abbandonata e ripresa davanti al giudice italiano.
Il ricorso riporta integralmente il paragrafo, contenuto nella comparsa di risposta depositata da Abac davanti al tribunale di Torino, in cui è stata contestata l’eccezione di difetto di giurisdizione italiana.
Anche per questo esso è esente da violazione del disposto di cui all’art. 366 n. 3 cpc, poiché riporta i termini della controversia in misura sufficiente a prenderne conoscenza.
2.1) In comparsa Abac ha dato atto dell’applicabilità del regolamento 44/01 e del superamento dell’orientamento giurisprudenziale che individuava il luogo di consegna dei beni “attraverso le norme sancite dalla Convenzione di Vienna”, art. 31 lett. A.
Ha inteso riferirsi a Cassazione civile, sez. un., 05/10/2009, n. 21191, secondo la quale “In tema di vendita internazionale di cose mobili, qualora il contratto abbia ad oggetto merci da trasportare, il luogo di consegna va individuato in quello ove la prestazione caratteristica deve essere eseguita e come luogo di consegna principale va riconosciuto quello ove è convenuta l’esecuzione della prestazione ritenuta tale in base a criteri economici – ossia il luogo di recapito finale della merce, ove i beni entrano nella disponibilità materiale e non soltanto giuridica dell’acquirente -, con la conseguenza che sussiste la giurisdizione del giudice di tale Stato rispetto a tutte le controversie reciprocamente nascenti dal contratto, ivi compresa quella relativa al pagamento dei beni alienati, dovendosi ritenere che la disciplina stabilita dal Regolamento CE n. 44 del 2001 prevalga sulle disposizioni dettate, in subiecta materia, dalla Convenzione di Vienna”.
La resistente ABAC ha però aggiunto (comparsa di costituzione davanti al tribunale, pag. 6 e segg) che tale pronuncia è stata superata da Corte Giustizia n. 87/10, sentenza Electrosteel, contenente un richiamo “alla dicitura EXW EX WORKS indicata nelle fatture azionate in via monitoria, letta in uno con le CMR prodotte da parte avversa”.
In forza di detta dicitura, il luogo di consegna della merce convenuto dalle parti sarebbe da collocare in Italia, presso la sede aziendale di (omissis) .
Il richiamo in fattura della clausola Ex Works sarebbe riscontrato da un riferimento, contenuto nelle stesse CMR, dalle quali si evincerebbe che “la merce compravenduta veniva di volta in volta ritirata da un vettore sloveno appositamente incaricato da Rheinland presso i magazzini ABAC di (omissis) “.
2.2) Parte ricorrente Rheinland deduce “l’inesistenza di una clausola negoziale disciplinante il luogo di consegna della merce, risultando inidonea a tale fine la clausola Ex Works apposta sulle fatture spiccate dal venditore”. Invoca in proposito quanto statuito dalla giurisprudenza di questa Corte con le sentenze n. 6640/12 e 1134/14.
2.3) A quest’ultima fa riferimento il procuratore generale nella sua requisitoria. La Procura Generale ricorda infatti che secondo Cass. 1134/14 “il criterio del luogo di esecuzione della prestazione di consegna di cui all’art. 5, n. 1, lett. b) del Regolamento CE 22 dicembre 2001, n. 44, va applicato a prescindere da ogni considerazione sulle modalità del trasporto e sul luogo in cui il vettore prenda in carico le merci, come da altri criteri eventualmente previsti dalla legislazione nazionale”.
Ne deduce che la clausola invocata da ABac non ha l’effetto di modificare il criterio utilizzato dalle SSUU tra il 2009 e il 2014, “che si basa sulla funzione economica del contratto e delle relative prestazioni piuttosto che su (di per sé mutevoli) criteri fondati sul luogo ove il vettore prende in consegna la merce”.
2.4) In controricorso Abac ha sostenuto che il giudice italiano va individuato “sulla scorta dell’esistenza di un accordo verbale tra le parti in ordine al luogo di consegna della merce”.
Tale accordo emergerebbe dall’Incoterm “Ex Works” riportato nelle fatture, che sarebbero “riprova di accordi intercorsi tra le parti anche alla luce delle condizioni generali già prodotte”. Inoltre Abac ha precisato di aver chiesto in comparsa di risposta di provare per testi che era stato concordato tra le parti che “il luogo di consegna della merce era stato individuato concordemente in (omissis) e che, in ogni caso, ivi avveniva la presa in carico della merce da parte di Rheinland” (sulle modalità di questa richiesta istruttoria si veda infra Sub 4).
2.1.1) Nella memoria depositata in vista dell’udienza, la controricorrente ABac ha insistito sulla pattuizione nelle condizioni generali di vendita di una clausola di consegna secondo l’Incoterm Ex Works.
Ha sostenuto che nel caso di specie – a differenza di quelli regolati da SU 1134/14 e 13941/14 – “tenuto conto di tutte le clausole contrattuali” vi sarebbe stata contrattuale identificazione del luogo di consegna; pertanto non vi sarebbe spazio per l’applicazione del c.d. criterio economico, che “sovviene solo allorquando le parti non abbiano pattiziamente indicato il luogo di consegna”.
3) Il ricorso di Rheinland è fondato.
In tema di vendita internazionale di cose mobili, le Sezioni Unite (13941/14), con percorso scandito dalle sentenze citate nei paragrafi precedenti, sono giunte ad affermare che il giudice chiamato a decidere sulla propria giurisdizione deve applicare il criterio del luogo di esecuzione della prestazione di consegna, di cui all’art. 5, punto 1, lett. b), del Regolamento (CE) n. 44/2001 del 22 dicembre 2000, che va individuato, qualora dall’esame del complesso delle clausole contrattuali non risulti una sua chiara identificazione, non in base al diritto sostanziale applicabile al contratto, ma nel luogo della consegna materiale (e non soltanto giuridica) dei beni, mediante la quale l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente dei beni stessi alla destinazione finale dell’operazione di vendita.
Cass. 13941/14 ha osservato, con argomentazione che giova riprendere testualmente, che “con la sentenza del 25 febbraio 2010, C-381/08, Car Trim, la Corte ha dichiarato che L’art. 5, punto 1, lett. b), primo trattino, del regolamento n. 44/2001 deve essere interpretato nel senso che, in caso di vendita a distanza, il luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto deve essere determinato sulla base delle disposizioni di tale contratto.
Se non è possibile determinare il luogo di consegna su tale base, senza far riferimento al diritto sostanziale applicabile al contratto, tale luogo è quello della consegna materiale dei beni mediante la quale l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente di tali beni alla destinazione finale dell’operazione di vendita.
A tale conclusione la Corte è pervenuta osservando che il luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere materialmente consegnati all’acquirente alla destinazione finale degli stessi risponde al meglio alla genesi, agli obiettivi e al sistema del regolamento (punto 60) e che tale criterio presenta un alto grado di prevedibilità e risponde parimenti ad un obiettivo di prossimità, in quanto garantisce l’esistenza di una stretta correlazione tra il contratto e il giudice chiamato a conoscerne (punto 61).
La successiva sentenza del 9 giugno 2011, C-87/10, Electrosteel Europe SA, ha ribadito tali principi, precisando che Al fine di verificare se il luogo di consegna sia determinato in base al contratto, il giudice nazionale adito deve tenere conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti di tale contratto che siano idonei a identificare con chiarezza tale luogo, ivi compresi i termini e le clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale, quali gli Incoterms (International Commerciai Terms), elaborati dalla Camera di commercio internazionale, nella versione pubblicata nel 2000”.
3.1) L’applicazione di questi principi al caso di specie conduce all’accoglimento dell’eccezione di difetto di giurisdizione, perché non risulta in atti una chiara pattuizione della deroga al c.d. criterio fattuale, cioè una inequivocabile pattuizione volta a individuare sul territorio italiano il luogo di consegna della merce.
Va escluso che le condizioni generali di vendita contengano una clausola di siffatta portata: la espressione ex works si legge nel testo inglese al punto 2 terzo capoverso del doc 63.
La frase è così tradotta nel testo a fronte: “I prezzi stabiliti sull’ordine confermato dall’Abac spa si intendono sempre per merce resa f.co stabilimento di (OMISSIS) “.
La clausola 4 aggiunge: “Anche se viene pattuita la consegna f.co destinatario, la merce viaggia a rischio e pericolo dell’acquirente”.
Appare evidente che non si tratta quindi di specifica pattuizione volta a identificare – tanto meno con chiarezza – il luogo di consegna, ma di ipotesi e previsioni contrattuali intese a regolare il prezzo e/o la ricaduta del rischio di trasporto.
Questa conclusione è coerente peraltro con la stessa iniziale impostazione difensiva di Abac, la quale a pag. 3 del controricorso ha ammesso di aver dedotto la giurisdizione italiana “sulla scorta dell’esistenza di un accordo verbale tra le parti in ordine al luogo di consegna della merce compravenduta”.
3.1.1) Non può assumere valore la dicitura ex works unilateralmente inserita nelle fatture emesse dalla stessa Abac, giacché provenendo dalla parte che se ne vuole valere, e non constando espressa chiara accettazione della clausola, tali formule non valgono quale prova di un accordo contrattuale sul punto.
Non costituiscono riscontro favorevole alla tesi dell’ingiungente neppure le indicazioni relative ai luogo di presa in carico della merce ((omissis) ), contenute nei documenti di viaggio – CMR. Ben maggiore rilievo ha in essi la risultanza opposta, relativa al luogo previsto per “la livraison de la marchandise”, fissato in località slovena.
A tacer d’altro, i due dati, che si smentiscono vicendevolmente, giacché, come è accaduto, si prestano a fondare riferimento di pattuizione nell’uno o nell’altro senso, manifestano ambiguità tale da far escludere che si possa su di essi imperniare una pattuizione chiara circa il luogo di consegna in Italia, dovendosi anzi propendere per quella opposta.
3.1.2) Tale pattuizione non può essere basata neppure su prove costituende, che sono state oggetto da parte di Abac di un’eccezione di “inammissibilità del ricorso per violazione del diritto alla prova e necessità di istruzione probatoria avanti al giudice del merito”.
4) Giova in proposito osservare che nella comparsa di risposta Abac ha esposto una semplice riserva istruttoria sul punto, giacché ha chiesto di essere ammessa a prova per interpello e testi “sul seguente capitolo di prova:”, lasciando monca (cioè in bianco) la richiesta. La comparsa prosegue infatti con l’indicazione degli atti depositati.
La singolare omissione relativa alla prova orale che avrebbe voluto richiedere non è stata colmata da Abac nel controricorso (o nella memoria) depositata in questo procedimento, in cui è stato genericamente dedotto un accordo tra le parti circa il luogo di consegna, senza nulla specificare.
Tal modo di procedere merita di essere respinto per due ordini di ragioni.
In primo luogo la mancanza della precisazione delle istanze istruttorie non consente comunque alla Corte di Cassazione di apprezzare la rilevanza e la decisività della prova orale sulla quale Abac intenderebbe sostanziare la dimostrazione della pattuizione.
L’istanza di inammissibilità così manchevolmente proposta si scontra quindi con i limiti del procedimento per regolamento di giurisdizione, che si fonda sull’istruzione acquisita e che presenta la necessità di contemperare i limiti dei poteri di accertamento della Corte di cassazione con le esigenze di immediata regolazione della giurisdizione sottese all’istituto del regolamento preventivo.
4.1) In secondo luogo appare ancor più immeritevole di considerazione la pretesa di dimostrare la pattuizione del luogo di consegna attraverso una generica prova per via orale di un termine tratto dagli Incoterms.
È vero infatti, come è stato osservato dalla dottrina, che nella sentenza Electrosteel la novità più singolare – ma anche più sorprendente – è costituita dall’avere attribuito notevole rilevanza agli Incoterms quali elementi rivelatori del luogo di consegna.
Tale valorizzazione non può essere però intesa come fattore destabilizzante del principio, sancito con la sentenza Car Trim e ribadito nella stessa pronuncia 87/10, secondo cui la determinazione contrattuale del luogo di consegna per prevalere sul criterio del luogo di esecuzione della prestazione di consegna di cui all’art. 5, n. 1, lett. b) del Regolamento CE 22 dicembre 2001, n. 44, (come poi trasfuso nella giurisprudenza idi questa Corte da SU 13941/14 e 1134/14) deve essere chiara ed esplicita, intendendosi così dire che deve nitidamente risultare dal contratto.
Resterebbe altrimenti vanificato lo stesso costrutto alla base di questa disposizione regolamentare e dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia, volti a semplificare e uniformare i criteri per l’individuazione del giudice nazionale munito di potestas decidendi.
I termini di resa della merce sono pertanto in concreto utilizzabili in funzione giurisdizionale solo allorquando si risolvano in una facilitazione delle convenzioni e, tramite esse, in una inequivocabile identificazione della giurisdizione competente.
5) Consegue da quanto esposto che con riferimento alle vendite a distanza va riaffermato il principio formulato da Cass. SU 13941/14 (v. infra sub 3), con la precisazione che l’identificazione dei luogo di consegna in base al contratto è possibile anche se siano stati usati in contratto i termini e le clausole generalmente riconosciuti e usati dagli usi del commercio internazionale, purché da essi risulti con chiarezza la determinazione contrattuale.
In accoglimento del ricorso, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Le spese del procedimento devono essere interamente compensate, per la novità delle questioni trattate, segnate da continua evoluzione giurisprudenziale.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso e dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Spese compensate.

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